Anno: 2018 | Autore: TOMMASO ROSSI

 

 

ANALISI DEI PROFILI DI RESPONSABILITA’ PENALE E AMMINISTRATIVA PER L’ABBANDONO DI RIFIUTI

Avv. Tommaso Rossi
 
 
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 8 maggio 2018, n. 2786, pubb. il 09/05/2018 ha stabilito il principio che è illegittimo l’ordine di rimozione di rifiuti abbandonati a carico del proprietario incolpevole dell’abbandono.
 
A norma dell’art. 192 co.3 d.lgs. 152/06 alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti e, solidalmente, il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità soltanto laddove ad essi sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa. Il Consiglio di Stato, dunque, ribadisce come non è altrimenti configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti. Tali principi restano validi anche quando sia il Comune a procedere per la rimozione con lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, atteso che l’imputabilità sotto il profilo soggettivo dell’inquinamento non può modificarsi a seconda dello strumento amministrativo con il quale si agisce.
 
Ricordando che, le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale o – come nel caso in specie – in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana.
 
Pertanto, secondo il dictum del Consiglio di Stato è censurabile l’operato dell’Amministrazione, e la relativa ordinanza va annullata, ogni qualvolta essa ometta di dedurre, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti.
 
Partendo da questo spunto giurisprudenziale, proviamo ora ad analizzare più in dettaglio scenari e profili di responsabilità in caso di abbandono di rifiuti.
 
   –  L’art. 255 d.lgs. 152/06 disciplina il reato di abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti, che sanziona chiunque abbandona o deposita rifiuti nel suolo  e sul suolo, ovvero li immetta nelle acque superficiali o sotterranee con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 € a 3000 €, aumentata fino al doppio se la condotta riguarda rifiuti pericolosi. Il comma 3 prevede che chiunque non ottemperi l’ordinanza del Sindaco che ordina la rimozione dei rifiuti, il recupero o lo smaltimento degli stessi e il ripristino dello stato dei luoghi, è punito con lapena dell’arresto fino ad un anno e il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato all’esecuzione di quanto disposto nell’ordinanza sindacale.
 
La condotta attribuibile dunque al privato che pone in essere le attività di abbandono è quella prevista dall’art. 255 d.lgs. 152/06 (“Abbandono di rifiuti”) punita unicamente con sanzione amministrativa. 
 
   – L’art. 256 d.lgs.152/06, invece,  sanziona anche penalmente la condotta di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, che sia stata posta in essere all’interno di una attività professionale, e in ogni caso sia con una condotta organizzata, non episodica e non esclusivamente di tipo dismissivo.
 
La pena è dell’arresto da 3 mesi a un anno e l’ammenda da 2600 a 26000 € se si tratta di rifiuti non pericoloso; e dell’arresto da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 2600 a 26000 € se si tratta di rifuiti pericolosie con l’ammenda di € 26000,00 (spesso irrogata con verbale in misura ridotta parti ad un quarto del massimo, € 6500,00 così come indicato nel verbale di prescrizioni).
 
Alla stessa pena soggiace chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione.
 
   –  Il comma 3 dell’art. 256 prevede il reato di discarica abusiva (“non autorizzata”), sanzionando con la pena dell’arresto da 6 mesi a 2 anni e con l’ammenda da 2600 a 26000 euro chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata; e con la pena dell’arresto da 1 a 3 anni e dell’ammenda da 5200 a 52000 € se la discarica è destinata allo smaltimento di rifiuti pericolosi.
 
 
Pubblicato il 09/05/2018

N. 02786/2018REG.PROV.COLL.



N. 03006/2014 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3006 del 2014, proposto da: 
Comune di Pollena Trocchia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sabatino Rainone, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Mangazzo in Roma, via G.G. Belli, n. 39; 

contro

Lidia Giuliani, non costituita in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: Sezione V n. 04363/2013, resa tra le parti, concernente la procedura di bonifica di un sito al fine di eliminare i pericoli per la pubblica e privata incolumità.

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2018 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e udito per il Comune appellante l’avvocato Migliarotti, su delega dell’avv. Rainone Sabatino;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 


FATTO

Il Tribunale Amministrativa Regionale per la Campania, Napoli, sez. V, con la sentenza 18 settembre 2013, n. 4363, ha accolto il ricorso proposto dalla signora Lidia Giuliani per l’annullamento dell’ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati presso il fondo sito alla via Cupa del Pittore e di attivazione delle procedure di bonifica al fine di eliminare i pericoli per la pubblica e privata incolumità (ordinanza n. 36-2009 del 12.8.2009).

Il TAR ha in sintesi rilevato che:

– emerge la carenza della prova di una condotta colposa o negligente a carico della Lidia Giuliani, presupposto indispensabile per l’esercizio del potere sotteso all’emanazione del provvedimento impugnato;

– alla medesima ricorrente non può essere contestato il ritardato inizio dei lavori per la realizzazione del muro di recinzione, dal momento che il fondo era sotto sequestro e, solo nel 2005, il P.M. ha autorizzato il dissequestro parziale dell’immobile.

Il Comune appellante ha contestato la corretta della sentenza del TAR, deducendone l’erroneità alla stregua del seguente, articolato motivo: omessa pronuncia su aspetti decisivi della controversia – carenza di motivazione in relazione all’eccezione di infondatezza del primo motivo di gravame in ragione della condotta gravemente colposa e/o negligente serbata nella vicenda de qua dall’odierna appellata.

L’appellata non si è costituita in giudizio.

All’udienza pubblica del 15 marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

1.1. La Sezione rileva che l’art. 192, comma 3, del d.l.gs n. 152-2006 stabilisce che: "Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate".

Dal dato testuale della disposizione emerge che:

– alla rimozione dei rifiuti è tenuto il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;

– in via solidale è tenuto il proprietario o chi abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;

– non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.

Tali principi sono evidentemente declinabili anche qualora il Comune proceda con lo strumento contingibile e urgente di cui all’art. 50 del d.lgs. n. 267-2000, come nel caso di specie, atteso che l’imputabilità sotto il profilo soggettivo dell’inquinamento non può modificarsi a seconda dello strumento amministrativo con il quale si agisce.

Ne consegue quale corollario:

a) l’insufficienza, ai fini degli obblighi di rimozione e smaltimento, della sola titolarità del diritto reale o di godimento sulle aree interessate dall’abbandono dei rifiuti, atteso che la disposizione richiede la sussistenza dell’elemento psicologico;

b) la necessità dell’accertamento della responsabilità soggettiva, in contraddittorio con i soggetti interessati, da parte dei soggetti preposti al controllo (per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 192 cit.; per quanto riguarda il regime di cui all’art. 50 d.lgs. n. 267-2000, tale accertamento deve coordinarsi con le esigenze di urgenza, particolarmente qualificate, da indicarsi nel provvedimento medesimo che consentono di prescindere dal contraddittorio).

E’ pertanto censurabile l’operato dell’Amministrazione ogni qualvolta essa ometta di dedurre, in concreto e/o in assenza di accertamenti eseguiti in contraddittorio con i soggetti interessati, profili di responsabilità a titolo di dolo o colpa in capo al soggetto sanzionato, essendo essi necessari per imporre l’obbligo di rimozione dei rifiuti.

1.2. Nel caso di specie, non può ritenersi che sussistano le condizioni appena indicate.

Infatti l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato.

In tale ottica la mancata recinzione del fondo, secondo la tempistica indicata dall’Amministrazione e specificata nell’atto di appello, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando peraltro la recinzione una facoltà e non un obbligo, ciò senza contare che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti (cfr. cit. Consiglio di Stato n. 705-2016).

Insomma è ben diverso il mantenere in stato di corretta manutenzione e di pulizia le opere gestite dal rimuovere gli effetti prodotti sulle opere gestite da atti illeciti commessi da terzi ignoti.

Peraltro, se l’area è sottoposta a sequestro, come indicato nel caso di specie, comportando il sequestro la perdita della disponibilità dell’area da parte del proprietario, non si vede quale profilo di colpa possa essergli addebitato, tenuto presente che l’istanza di dissequestro, su cui l’appello insiste, rappresenta un facoltà nell’ambito di una strategia difensiva che non può comportare di per sé nessun profilo di colpa in capo al proprietario medesimo, sia quando sia stata proposta, sia quando non sia stata proposta o sia stata proposta in ritardo, come ipotizza la parte appellante.

1.3. Pertanto non sussiste neppure alcun profilo di omessa pronuncia, atteso che il TAR bene ha individuato il perimetro delle eccezioni formulate dal Comune e le ha complessivamente e sinteticamente, ma efficacemente, valutate, evidenziando la condivisibile assenza di colpa in capo al proprietario, da confermarsi anche sulla base di tutti gli elementi enunciati nell’appello (elementi che non tutti, peraltro, sono contenuti così in specifico nel provvedimento impugnato).

Peraltro, l’Amministrazione, a tutela dell’incolumità, può sempre far eseguire d’ufficio la bonifica oggetto del giudizio, salvo il rimborso delle spese del soggetto che verrà ritenuto responsabile dell’inquinamento.

2. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto.

Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio in assenza di costituzione della parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.

Nulla per le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Carlo Saltelli, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

 

 

 

 

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti   Carlo Saltelli