La mediazione in campo ambientale.
FABRIZIO MISURACA
La mediazione delle controversie è una procedura di risoluzione alternativa delle dispute civili e commerciali, che coinvolgono due o più parti, le quali liberamente decidono di essere facilitate da un terzo professionista nel raggiungimento di una soluzione, la conciliazione, della loro problematica.
In linea generale, la possibilità di una definizione concordata di una controversia dipende certamente nella effettiva disponibilità delle parti di voler raggiungere l’accordo conciliativo.
I vantaggi principali sono la rapidità, l’economicità, la riservatezza, la possibilità di mantenere o riprendere una relazione compromessa tra le due parti.
Il mediatore di controversie è un professionista neutrale ed imparziale, laureato o iscritto presso un ordine professionale, che è in possesso dell’Attestato di Mediatore e che quindi ha seguito un determinato percorso formativo. E’ importante che tale professionista sia capace di percepire l’opportunità di aiutare le parti a muoversi e, in un certo senso, a trasformare i propri atteggiamenti, passando da uno stato di rabbia e di debolezza a uno di forza e di sensibilità nei confronti della controparte.
Si possono avere diversi tipi di mediazione, a seconda del contesto, degli attori, dei referenti istituzionali, delle competenze dei terzi conciliatori o mediatori1.
Nella mediazione non ci sono vincitori o vinti, occorre trovare accordi che possono far incontrare gli interessi e le esigenze di entrambi. Il procedimento si basa sulla collaborazione non sulla competizione! Le controversie si risolvono in maniera amichevole senza ricorrere ad avvocati o tribunali.
Quando si parla di mediazione o conciliazione ambientale ci si riferisce alla stessa procedura sopra descritta ma applicata ad un contesto riguardante la biosfera, con attori-parti che possono essere privati cittadini, aziende o enti pubblici.
L’obiettivo del presente contributo è quello di verificare se sussistono margini per un’applicazione, in materia ambientale, del nuovo istituto della mediazione, introdotto dal D.Lgs. n. 28/2010.
Nell’ultimo decennio, le tematiche legate all’ambiente hanno assunto una posizione di rilievo nel dibattito politico e nella società civile; difendere le risorse e amministrarle in modo razionale e sostenibile rappresenta un riferimento ineludibile per la gestione dei processi decisionali aventi ad oggetto il “bene ambiente”.
I punti di forza della mediazione sono sicuramente la collaborazione tra le parti e il minor tempo per la risoluzione della controversia: tali aspetti sono senz’altro favorevoli all’ambiente che ci circonda. Non va sottovalutato l’aspetto del risparmio economico e temporale e la possibilità che la ricaduta positiva di tali risorse non sprecate vada proprio all’ambiente, come contesto dove soddisfare gli interessi delle diverse parti, piuttosto che come territorio di contesa, con ricadute contrarie a tutti.
Nell’eventualità` di un’effettiva compromissione ambientale potrebbe, talvolta, risultare vantaggioso lo svolgimento di un procedimento di mediazione – ad istanza di parte o su sollecitazione del Giudice – in cui negoziare le modalità del ripristino dello stato dei luoghi, il risarcimento per le c.d. perdite provvisorie e, eventualmente, il danno non patrimoniale da menomazione del rilievo istituzionale dell’ente.
Quanto al ripristino, scegliere la procedura conciliativa potrebbe rivelarsi utile per limitare le contestazioni (e conseguenti contenziosi), incentrati sulla reale efficacia degli interventi messi in atto. Data la brevità che contraddistingue la procedura di mediazione (della durata massima di quattro mesi), sembra realistico un suo utilizzo solo nei casi di modesta compromissione ambientale: nel predetto margine di tempo si dovrebbe addivenire, quantomeno, all’accordo circa il progetto esecutivo di ripristino.
Il d.lgs. n. 28/2010 prevede, peraltro, la possibilista che l’accordo raggiunto tra le parti (in forma amichevole o su proposta del mediatore) possa prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.
In materia di danno ambientale, va precisato, l’intervento dei tecnici è imprescindibile. Esso può esplicarsi in modo più o meno penetrante a seconda dell’entità e dell’estensione del danno: il d.lgs. n. 28/2010, in effetti, prevede due fasi. In primo luogo, nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo di mediazione può nominare uno o più mediatori ausiliari; secondariamente, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i Tribunali.
Infine, e sempre nei casi di modesta compromissione delle matrici ambientali, allorché la PA richieda il risarcimento del danno non patrimoniale, lo strumento della mediazione potrebbe rivelarsi utile nei casi in cui sussista l’interesse del privato (nella specie, piccole o medie realtà aziendali) a chiudere la vicenda nel più breve tempo possibile, evitando il lungo e oneroso contenzioso civile (mediazione pre-processuale) oppure per rendere più celere la sua conclusione (limitando così, usiamo il termine in senso atecnico, un danno all’immagine per la società coinvolta…). Tanto potrebbe accadere a valle di una condanna penale ma anche ove il giudizio penale si sia chiuso senza alcun accertamento in punto di responsabilità (si pensi ai reati estinti per oblazione o prescrizione). Diversamente, ove si controverta in merito al risarcimento monetario del danno ambientale (per impossibilità o eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica), tentare la via della mediazione esporrebbe facilmente la PA all’accusa di fare mercimonio di un bene pubblico a fruizione collettiva, aggredito da una condotta illecita. Infine, nei frequenti casi in cui non si sia verificata alcuna effettiva compromissione delle matrici ambientali, riteniamo che debba reputarsi – in punto di diritto – del tutto infondata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da reato (ex artt. 185 cod.pen. e 2059 cod.- civ.) o da lesione degli interessi costituzionalmente protetti (ex art. 2059 cod.civ.), la cui sussistenza dovrebbe essere veicolata da una lesione del bene ambiente, così come definito dalla Parte Sesta del Testo Unico Ambientale, fatta salva, però , l’opportunità di adire comunque la via conciliativa, nei casi in cui l’autore dell’illecito ambientale valutasse conveniente «chiudere» ogni potenziale controversia giudiziaria, con una somma di denaro ritenuta «equa» nel caso concreto2.
Una prima esperienza di “mediazione ambientale” è stata di recente creata presso l’associazione culturale Attuttambiente di Pisa, in collaborazione con il Centro Interdipartimentale di Scienze per la Pace, promotore dell’omonimo corso di laurea presso l’ateneo pisano, dove si studia anche “Mediazione e conciliazione”. Da tale corso e dall’omonimo “Modulo professionalizzante” sono venuti gli stagisti che hanno costituito ed oggi promuovono e gestiscono lo “Sportello di mediazione e conciliazione ambientale” in collaborazione con l’Eco Sportello giuridico dell’associazione Attuttambiente. Nel caso di problematiche ambientali presentate a tali Sportelli, l’utente può ricevere una consulenza giuridica relativa al complesso e frammentato diritto ambientale italiano, o attivare un vero e proprio tentativo di mediazione che possa portare ad una conciliazione, nel caso in cui l’altra parte aderisca al tentativo e gli interessi siano compatibili.
La casistica di chi si rivolge allo sportello di mediazione e conciliazione ambientale o all’eco sportello giuridico corrisponde in linea di massima a quella rilevata da analoghe prassi sviluppate in paesi dove le problematiche ambientali e le relative soluzioni sono già più avanzate che in Italia.
Si va dal privato in conflitto con un altro privato (il bidone sotto casa, il condizionatore del vicino o i rumori del bar) al privato nei confronti di un’azienda (per lo smaltimento dei rifiuti o l’installazione di un’antenna telefonica) al cittadino in conflitto con l’ente pubblico (per l’installazione o rimozione di verde o per immissioni da terreni pubblici a privati).
Peraltro l’efficacia dell’approccio conciliativo, magari adeguatamente arricchito di competenze giuridiche specifiche, si misura anche quando le parti non si incontrano per un incontro di mediazione di fronte ad un terzo professionista. Infatti il mediazione può egregiamente svolgere un compito di “navetta” tra le parti, facendo in modo che ciascuna capisca correttamente le motivazioni ed i comportamenti dell’altra, chiarendo eventuali malintesi e giungendo spesso ad una soluzione di reciproca soddisfazione. Per citare un caso, fra quelli dello sportello di mediazione e conciliazione ambientale, potremmo ricordare le lamentele espresse da diversi utenti privati nei confronti dell’azienda di raccolta dei rifiuti a causa del ritiro porta a porta, risolti con l’impegno dell’azienda a cogliere e vagliare tutti i suggerimenti derivanti dagli incontri dei mediatori con i privati.
1 P. S. NICOSIA, “La tutela extragiudiziale degli interessi”, La Tribuna, Piacenza, 2002, pag. 100.
2 L. GIAMPIETRO, Ambiente & Sviluppo 3/2011, Pag. 250 e ss.