L’EMPOWERMENT DEI CITTADINI.
di Antonio Cogliandro
Dal principio di sussidiarietà discende la necessità di un potenziamento del ruolo dei cittadini, di un loro empowerment, in quanto, uscendo dallo schema tradizionale che contrappone cittadini e pubblica amministrazione ed entrando nello schema sussidiario, i cittadini sono riconosciuti come parte delle amministrazioni territoriali e locali. Infatti quest’ultime esistono per soddisfare e garantire l’interesse generale, prendendosi cura dei bisogni e delle aspettative di un territorio e della comunità che lo abita. Gli enti di governo territoriali e locali agiscono pertanto con ed anche attraverso i cittadini, singoli e aggregati.
La questione si sposta dai soggetti ai contenuti dell’azione:è la qualità degli obiettivi, vale a dire la loro classificazione come vettori di interesse generali, a discriminare se i soggetti e le azioni poste in essere siano in grado o meno di interpretare il bene comune.
Il principio di partecipazione dei cittadini è fondamentale. Non si dà, infatti, funzione pubblica senza la partecipazione e l’inclusione dei cittadini. Ma la partecipazione può avvenire a due condizioni:
– che i cittadini siano motivati ad agire responsabilmente per la propria comunità;
– che le amministrazioni siano aperte e orientate a considerare i cittadini fonte della propria legittimazione ad agire e parte integrante della propria azione di governo territoriale.
Il primo passo non può che essere fatto dalle istituzioni pubbliche. Proprio in logica sussidiaria spetta agli enti di governo creare le condizioni per l’attivazione dei soggetti sociali. D’altro canto la Costituzione è molto chiara a questo proposito: tutti gli enti locali ed anche lo Stato devono favorire, con azioni positive, le forme di sussidiarietà orizzontale e non soltanto tollerarle odrarle ed accertarle. proposito:Comuni, Provincie;Regioni e Stato devono favorire nti di governo cr accertarle.
Sono stati introdotti alcuni strumenti che possono facilitare l’autonoma scelta o azione delle persone e delle famiglie, come il finanziamento della domanda piuttosto che dell’offerta di servizi attraverso voucher o buoni di natura economica, attribuiti direttamente ai beneficiari dell’intervento di carattere pubblico. In tal modo si assegna ai singoli cittadini la possibilità di selezionare e organizzare le forme di risposta ai propri bisogni, affidando ad essi la scelta del soggetto erogatore tra i molti accreditati a svolgere un certo tipo di servizio.
In tutta Europa, del resto, negli ultimi anni, si è consolidata una significativa spinta al protagonismo dei cittadini, che anima forme di democrazia diretta e che porta alla definizione di specifiche politiche finalizzate alla inclusione sociale.
Il processo di empowerment dei cittadini è particolarmente interessante per l’Italia. Da autorevoli studi effettuati, la percezione diffusa tra gli amministratori e i tecnici, in particolare degli Enti territoriali che gestiscono ed erogano direttamente servizi pubblici, è che cittadini e imprese si rivolgano alla pubblica amministrazione con due modalità predominanti: cla “lamentazione” per eventuali disservizi di cui sarebbero stati oggetto oppure la formulazione di “richieste” tese ad ottenere vantaggi di varia natura. Le pratiche in atto in alcuni Paesi europei, centrate sulla promozione della partecipazione dei cittadini confortano sul fatto che la considerazione dei cittadini come risorse del territorio e la loro inclusione nei processi amministrativi, attraverso strumenti di governante (tavoli partenariali, conferenze, comitati di consultazione, attribuzione di cariche negli organismi di gestione, ecc.), favoriscano l’attivazione consapevole e finalizzata di molteplici soggetti. Le modalità di relazione, come è stato più volte indicato, influenzano direttamente la qualità e la densità della partecipazione e il livello di consenso attivo. Detto in termini più semplici: i cittadini spesso non si attivano nel modo sperato perché non vengono messe in atto, da parte delle istituzioni pubbliche preposte, azioni coordinate di sensibilizzazione e di attribuzione di responsabilità e perché non vengono attivati in forma diffusa gli strumenti della sussidiarietà. Spesso i cittadini, singoli e associati, se non dotati di forza e risorse proprie e di una consolidata capacità di autogoverno dei propri bisogni, non vengono abilitati ad agire per l’ interesse generale da parte delle pubbliche amministrazioni.
L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ha formulato dieci principi guida per coinvolgere i cittadini nella gestione delle politiche pubbliche, di seguito riportati: impegno, diritti, trasparenza, tempo, imparzialità, risorse, coordinamento, rendicontazione, valutazione, cittadinanza attiva.
Soffermiamoci su alcuni di questi punti:
Diritti: i diritti dei cittadini ad accedere alle informazioni, a disporre di un ritorno, a essere consultati e partecipare attivamente alla elaborazione delle politiche pubbliche che devono essere basate sulle leggi e sugli indirizzi politici.
Trasparenza: Gli obiettivi e le limitazioni dell’informazione, della consultazione e della partecipazione attiva devono essere ben definiti dall’inizio. Le informazioni fornite dal governo nel corso dell’attuazione di una politica devono essere obiettive, complete e accessibili.
Risorse: Adeguate risorse finanziarie, umane e tecniche sono necessarie per rendere efficace l’informazione pubblica e la partecipazione attiva alla formulazione e attuazione delle politiche.
Valutazione: I governi hanno bisogno di strumenti, informazioni e capacità per valutare le proprie azioni rivolte a fornire informazioni, condurre consultazioni e attivare i cittadini.
Cittadinanza attiva: I governi possono trarre benefici dalla cittadinanza attiva e da una società civile dinamica e possono assumere atti concreti per facilitare l’accesso alle informazioni e la partecipazione, per aumentare la consapevolezza, per rafforzare l’educazione civica dei cittadini e la loro capacità di azione, cosi come per sostenere la costruzione di competenze da parte delle organizzazioni della società civile.
In poche parole dare più potere ai cittadini e alle comunità amministrative, è la strada suggerita dall’Ocse per rendere più efficaci le politiche pubbliche.
Non sembra questa la condizione attuale del nostro paese, in cui si sta vivendo la fase della dinamica sussidiaria: l’affidamento alla società civile di spazi d’autonomia dopo l’esperienza più che secolare di uno Stato centralista che si era arrogato il ruolo di interprete unico dell’interesse generale, non è ancora totalmente realizzata.
La questione cruciale oggi sul tappeto è come trovare un equilibrio soddisfacente, sul versante della sussidiarietà orizzontale, per ovviare al rischio di un ruolo pubblico residuale, dal momento che gli enti di Governo dovrebbero intervenire maggiormente soltanto quando la persona, la famiglia, il privato non profit e profit non fossero in grado di operare adeguatamente.
Molte questioni importanti sono ancora aperte e probabilmente potranno essere progressivamente risolte soltanto quando la sussidiarietà diventerà ancora di più una dimensione quotidiana della funzione di governo degli enti territoriali e locali, poiché la stessa sussidiarietà, soprattutto quella orizzontale, è un modo attraverso il quale i cittadini, possono compiutamente appropriarsi della propria vita. E’ la possibilità di vivere una vita autentica, cioè una vita responsabile, che non delega ad altri la soddisfazione dei propri bisogni e la realizzazione dei propri desideri, ma si impegna attivamente, in prima persona.
Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 27 Giugno 2015
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