Anno: 2012 | Autore: ALICE VOLINO

 

Nota a sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 22.11.2012, n. 5936


ALICE VOLINO
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Procedura di gara – Gestione porto turistico – Nozione di servizio pubblico locale – Non rientra – Affidamento di servizi – Richiesta di accesso agli atti da parte di società non partecipante alla gara – Interesse strumentale alla rinnovazione della procedura di gara – Requisito di rigida necessità e non mera “utilità”.

A. Le vicende processuali: brevi cenni.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 5936/2012 (la “Sentenza”) riguarda l’esercizio del diritto di accesso da parte di una società che non ha partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti nel Porto Turistico di Marina di Pescara conclusa con l’affidamento ad altra società.
In particolare, la società Ecologica Sangro S.p.a. (la “Sangro”), in data 1° febbraio 2012 presentava alla società Marina di Pescara (la “Stazione appaltante”), che aveva indetto la gara de qua, istanza di accesso agli atti.
Intervenuto, con nota del Presidente della Stazione appaltante n. 98 del 2 febbraio 2012, il rigetto dell’istanza di accesso, la Sangro presentava un’ulteriore istanza il 6 febbraio successivo, anch’essa rigettata.
Con il ricorso n. 103 del 2012, proposto al TAR per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, e con la sentenza n. 235 del 2012 dello stesso TAR, si ordinava alla Stazione appaltante di rendere disponibili alla Sangro gli atti richiesti. Avverso tale provvedimento la Stazione appaltante si rivolgeva al giudice di secondo grado per richiedere l’annullamento della sentenza di primo grado.
La Stazione appaltante era individuata, nella sentenza di primo grado, come gestore di un pubblico servizio essendo, da un lato, un soggetto di proprietà totalitaria di un ente pubblico, qual è la Camera di Commercio e dall’altro, gestore di un porto turistico che, anche se a scopo di lucro, perseguiva finalità pubbliche.

B. Profili specifici
B.1. I servizi pubblici locali a rilevanza economica
In riferimento alla gestione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica (“SPL”), in primo luogo, è essenziale stabilire quali siano le attività soggette alle norme in materia.
Una prima corretta definizione di “servizi pubblici locali” era contenuta nell’art. 112 del D.Lgs. 267/2000 e ss.mm.ii. (il “T.U.E.L”) che li individuava come “i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.  In tal senso i Giudici del Consiglio di Stato hanno specificato che: “per servizio pubblico si intende qualsiasi attività che si concretizzi nella produzione di beni o servizi in funzione di un’utilità per la comunità locale, non solo in termini economici ma anche in termini di promozione sociale, purché risponda ad esigenze di utilità generale o ad essa destinata in quanto preordinata a soddisfare interessi collettivi” (Consiglio di Stato n. 2605/2001); mentre per “per servizio pubblico locale si intende qualsiasi attività che si concreta nella produzione di beni e servizi in funzione di un’utilità per la Comunità locale non solo in termini economici ma anche ai fini di promozione sociale” (Consiglio di Stato n. 2024/2003).
A puro scopo riepilogativo, si evidenzia che la materia dei SPL – di rilevanza economica – disciplinata unitariamente dall’art. 113 del T.U.E.L. (l’“Art. 113”), ha subito una rilevante modifica con l’introduzione dell’art. 23-bis D.L. 112/2008, convertito in L.133/2008 (l’“Art. 23-bis”) e del DPR 168/2010 (il “Regolamento di attuazione”) che ha introdotto una nuova disciplina organica del settore dei SPL – di rilevanza economica – e che ha abrogato l’Art. 113 nelle “parti incompatibili”.
Successivamente, la sentenza della Corte Costituzionale n. 325/2010 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 23-bis, comma 10, lettera a), prima parte (assoggettamento al patto di stabilità) alla quale è seguita una proposta di integrale caducazione di suddetto articolo e del suo Regolamento di attuazione, conclusasi il 12 – 13 giugno 2011 con una consultazione referendaria.
All’indomani della consultazione referendaria il D.L. 138/2011, convertito in legge 148/2011 ha introdotto l’art. 4, “Disposizioni di adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali all’esito referendario ed alla normativa comunitaria” (l’“Art. 4”). L’Art. 4, dedicato all’adeguamento della disciplina dei SPL al referendum popolare e alla normativa dell’Unione europea, aveva introdotto modifiche al settore dei  SPL, tentando di introdurre nel sistema elementi di razionalizzazione funzionale, destinati a riordinare un settore economicamente rilevante.
Anche in questo caso, è recentemente intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012 che ha sancito la violazione del divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare ex art. 75 della Costituzione. Infatti, l’Art. 4 aveva introdotto una nuova disciplina dei SPL, caratterizzata dalla medesima ratio di quella abrogata e letteralmente riproduttiva di varie disposizioni dell’Art. 23-bis e di molte disposizioni del suo Regolamento attuativo.
Allo stato attuale, l’abrogazione dell’Art.4 ha azzerato il quadro normativo nazionale di riferimento e ha determinato la necessità di un nuovo intervento legislativo. Nelle more, è disposta l’applicazione immediata nel nostro ordinamento della normativa comunitaria, che ha una portata meno restrittiva rispetto a quella interna oggi abrogata.
In particolare, circa l’individuazione della nozione di SPL, muovendo dalla costante giurisprudenza comunitaria, spetta al legislatore nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio è prestato, tenendo conto, in particolare, dell’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche all’eventuale finanziamento pubblico dell’attività in questione (cfr. Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa C-18/01; Corte Cost. n. 272/2004).
In riferimento ai principi comunitari che informano la materia, occorre individuare i servizi a rilevanza economica, tenendo conto, oltre che del profilo teleologico del servizio – ossia della natura degli interessi o bisogni collettivi che si intendono soddisfare – e oltre che dell’aspetto organizzativo – cioè delle modalità di erogazione dello stesso – anche del profilo strettamente economico del servizio, cioè dell’impatto che l’attività può avere sul mercato della concorrenza e sui suoi caratteri di redditività in funzione delle concrete modalità di prestazione. Bisogna, per di più, porre in rilievo l’inesistenza di una stabile definizione di rilevanza economica poiché si tratta di un concetto mutevole nel tempo e nel luogo. Del resto, tale definizione ha necessitato chiarimenti, per esempio, della Corte dei Conti, sez. regionale di controllo della Lombardia, che con il parere n. 195 del 13 marzo 2009, ha avuto modo di affermare che “non è possibile individuare a priori, in maniera definita e statica, una categoria di servizi pubblici a rilevanza economica, che va, invece, effettuata di volta in volta, con riferimento al singolo servizio da espletare, da parte dell’ente stesso avendo riguardo all’impatto che il servizio stesso può avere sul contesto dello specifico mercato concorrenziale di riferimento ed ai suoi caratteri di redditività/autosufficienza economica (ossia di capacità di produrre profitti o per lo meno di coprire i costi con i ricavi)”. Si veda, altresì, il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 10 settembre 2010, n. 6529 ove si segnala come non si debba far ricorso “all’astratto criterio sostanzialistico del carattere remunerativo, o meno, della loro erogazione tramite attività d’impresa svolta nel mercato, la quale garantisca la remunerazione efficace del capitale (la capacità di produrre utili)”, poiché qualsiasi attività può essere svolta in forma di impresa. Piuttosto la scelta dipende, in definitiva, “più da valutazioni politiche che dai caratteri intrinseci dei servizi”: occorre quindi – stante l’assenza di schematismi o classificazioni rassicuranti – assumere un “criterio relativistico, che tenga conto delle peculiarità del caso concreto, quali la concreta struttura del servizio, le concrete modalità del suo espletamento, i suoi specifici connotati economico-organizzativi, la natura del soggetto chiamato ad espletarlo, la disciplina normativa del servizio (…)”.
Proprio in questo senso, la Sentenza in commento, coerentemente con le precedenti pronunce, ha affermato che “la gestione del porto turistico, pur se svolta da un soggetto in proprietà pubblica, non rientra nella nozione di servizio pubblico locale; non si tratta infatti di un’attività avente una finalità sociale di interesse pubblico, cioè diretta a soddisfare le esigenze dei residenti nel comune che istituisce il servizio, considerati in quanto tali, o quelle di una cerchia indifferenziata di utenti, con i connessi obblighi di continuità, qualità e regolarità del servizio stesso, ma di un’attività imprenditoriale, non tenuta perciò all’osservanza di condizioni e tariffe uniformi rispetto a parametri generali ma modulabile quanto alle modalità di prestazione del servizio e all’area degli utenti secondo le esigenze proprie di un tale tipo di attività”. Inoltre, e qui rileva il criterio relativistico e l’analisi c.d. “caso per caso” “gli atti oggetto dell’istanza di accesso riguardano, in ogni caso, il servizio di pulizia parziale che è attività di carattere interno e non inerente, perciò, alla gestione del porto turistico”.

B.2. Il diritto di accesso agli atti di gara
Al di là dei cospicui e validi spunti che la Sentenza offre in tema di SPL, la giurisprudenza di questo Consiglio ha fondato la propria conclusione sulla questione del diritto di accesso agli atti di gara chiarendo che per l’applicazione del comma 7 dell’art. 24 della Legge 241/1990 “Occorre…la dimostrazione di una rigida “necessità” e non mera “utilità” del documento” cui si chiede di accedere “Tanto più nei casi in cui l’accesso sia esercitato non già in relazione agli atti di un procedimento amministrativo di cui il richiedente è parte, ma in relazione agli atti di procedimenti amministrativi rispetto ai quali il richiedente è terzo”, non configurandosi, di conseguenza, la posizione legittimante quando “i documenti richiesti non sono necessari per la difesa in giudizio ma solo utili per articolare la difesa in giudizio secondo una particolare modalità, ossia per articolare una particolare censura(Sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117)”.
Nel caso in esame, dunque, l’accesso non può riconoscersi per il solo interesse strumentale alla rinnovazione della procedura di gara indetta, non sussistendo una regola generale di indifferenziata titolarità della legittimazione al ricorso – con esercizio perciò dell’accesso a fini di cura o difesa di interessi giuridici collegati – basata sulla mera qualificazione soggettiva di imprenditore potenzialmente aspirante all’indizione di una nuova gara (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 4 del 2011).

Sebbene la Sentenza non si sia soffermata sul punto, occorre sottolineare che l’art. 13, comma 1 del D.Lgs. 163/06 e ss.mm.ii. (il “Codice”), rubricato “Accesso agli atti e divieti di divulgazione”, prescrive: “Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, e’ disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni”. Pertanto, le norme contenute nel Codice costituiscono disciplina speciale in rapporto alle previsioni contenute nella Legge 241/90, che, viceversa, trovano applicazione in via generale.
 
L’art. 13, comma 5 del Codice stabilisce, tra l’altro, che “Sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.
Di conseguenza, occorre tutelare anche la riservatezza dei concorrenti, che nello specifico settore degli appalti pubblici è volta, in particolare, alla tutela del c.d. “segreto industriale” che prevale sul principio di trasparenza nella documentazione di gara.

Vi sono, infatti, due opposti interessi che sia il Codice, sia la Sentenza hanno calibrato in favore della protezione del know-how dell’impresa aggiudicataria a scapito del diritto ad accedere alla documentazione di gara vantato dalla ricorrente.
Infine, quantunque l’art. 13, comma 6 del Codice consenta comunque “l’accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso”, la Sentenza ha optato per la tutela della riservatezza, ai sensi dell’art. 24 della L. 241/90, il cui comma 6, lett. d), la considera prevalente rispetto alla tutela del diritto di accedere agli atti di gara.

* Avvocato in Roma

N. 05936/2012REG.PROV.COLL.
N. 05181/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5181 del 2012, proposto dalla s.r.l. Societa’ Unipersonale Marina di Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Di Baldassarre, con domicilio eletto presso Alessandra Mattioli in Roma, via Lago Tana, 59;

contro

la s.p.a. Ecologica Sangro, non costituita nel presente grado del giudizio;
nei confronti di
la s.r.l. Mantini, non costituita nel presente grado del giudizio;
il Consorzio Nazionale Servizi (Cns) Società Cooperativa, non costituito nel presente grado del giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. ABRUZZO – SEZIONE STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 235/2012, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012 il consigliere Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato Di Baldassarre;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La s.p.a. Ecologica Sangro in data 1° febbraio 2012 ha presentato alla società Marina di Pescara istanza di accesso agli atti della procedura indetta per l’affidamento dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti nel Porto Turistico di Marina di Pescara conclusa con l’affidamento alla s.r.l. Mantini. Nell’istanza la Ecologica Sangro richiama di essere ricorrente, davanti al T.a.r. di Pescara, avverso l’aggiudicazione alla s.r.l. Mantini di un affidamento su gara indetta dal Comune di Guardiagrele e di avere perciò interesse “nell’ambito delle proprie attività di ricerca degli elementi di difesa…ad acquisire informazioni relativamente alla presenza di contratti stipulati in via diretta o non conformi alle modalità di legge”.
Intervenuto con nota del Presidente della società Marina di Pescara n. 98 del 2 febbraio 2012 il rigetto dell’istanza di accesso, la Ecologica Sangro ha presentato un’ulteriore istanza il 6 febbraio successivo (prot. n. 149), in cui si indica, in sintesi, che: la verifica della correttezza dell’affidamento alla s.r.l. Mantini da parte della Società Marina di Pescara rileva rispetto alla partecipazione di questa società alle gare indette dai Comuni di Guardiagrele e Montesilvano; se il suddetto affidamento non risultasse corretto sussiste, inoltre, l’interesse della stessa Ecologica Sangro alla partecipazione alla gara che la società Marina di Pescara dovrà bandire; l’accesso è dovuto essendo la gestione di servizi nel porto turistico un servizio pubblico, oltre che alla luce dell’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990.
Il Presidente della società Marina di Pescara, con nota n. 121 del 13 febbraio successivo, affermato che la società, pur svolgente attività commerciale senza contribuzioni pubbliche e non sottoposta perciò alle prescrizioni della legge n. 241 del 1990, opera comunque con criteri di trasparenza, ha negato l’accesso mancando il presupposto dell’interesse ed essendo inammissibili richieste di controllo generalizzato dell’attività amministrativa.
2. La s.p.a Ecologica Sangro, con il ricorso n. 103 del 2012, proposto al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, ha chiesto l’annullamento delle citate note del Presidente della società Marina di Pescara n. 98 e n. 121 del 2 e del 13 febbraio 2012.
3. Il giudice adito ha accolto il ricorso, con la sentenza n. 235 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (Sezione prima), ed ha ordinato alla Società Marina di Pescara di rendere disponibili alla Ecologica Sangro gli atti richiesti entro giorni 30 (trenta) dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della sentenza; ha condannato la società Marina di Pescara al pagamento delle spese del giudizio a favore della ricorrente che ha liquidato in euro 2.000,00.
4. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado.
5. Alla camera di consiglio del 23 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nella sentenza di primo grado si afferma:
– la società unipersonale Marina di Pescara è gestore di un pubblico servizio poiché, da un lato, è un soggetto di proprietà totalitaria di un ente pubblico, qual è la Camera di Commercio, e, dall’altro, la gestione di un porto turistico, anche se a fini di lucro, rientra tra le finalità pubbliche, considerate, altresì, le connesse ripercussioni economiche sul territorio;
– tutte le attività della detta Società, inclusi i servizi di pulizia parziale, si annoverano quindi tra le finalità pubbliche che legittimano l’applicazione della legge n. 241 del 1990 e in particolare del relativo art. 23, per il quale il diritto di accesso si esercita nei confronti dei gestori di pubblici servizi;
– nella specie sussiste l’interesse legittimante all’esercizio del diritto di accesso, poiché, come dedotto dalla ricorrente, la s.r.l. Mantini, in caso di scorretto affidamento dell’appalto da parte della società Marina di Pescara, non risulterebbe titolata a partecipare ad altre gare in forza dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito in legge n. 112 del 2008), configurandosi così la potenzialità di una lesione della sfera giuridica della ricorrente in connessione con l’eventualità di una necessità di tutela in sede giurisdizionale.
2. Nell’appello si deduce l’erroneità della sentenza di primo grado, poiché:
a) la gestione del porto turistico, pur se svolta da un soggetto in proprietà pubblica, non rientra nella nozione di servizio pubblico locale; non si tratta infatti di un’attività avente una finalità sociale di interesse pubblico, cioè diretta a soddisfare le esigenze dei residenti nel comune che istituisce il servizio, considerati in quanto tali, o quelle di una cerchia indifferenziata di utenti, con i connessi obblighi di continuità, qualità e regolarità del servizio stesso, ma di un’attività imprenditoriale, non tenuta perciò all’osservanza di condizioni e tariffe uniformi rispetto a parametri generali ma modulabile quanto alle modalità di prestazione del servizio e all’area degli utenti secondo le esigenze proprie di un tale tipo di attività;
b) gli atti oggetto dell’istanza di accesso riguardano, in ogni caso, il servizio di pulizia parziale che è attività di carattere interno e non inerente, perciò, alla gestione del porto turistico;
c) non sussiste comunque nella specie l’interesse legittimante l’esercizio del diritto di accesso, poiché: la società istante non ha partecipato alla gara ai cui atti richiede di accedere; non ha rilievo il mero interesse strumentale alla rinnovazione della gara asserito soltanto in quanto operatore del settore; mancano dunque i presupposti di attualità, concretezza e adeguata motivazione dell’interesse richiesti dalla legge risultando l’istanza, di conseguenza, diretta ad una generica attività informativa sull’operato della società Marina di Pescara.
3. Il Collegio ritiene che sia da accogliere il motivo ora sintetizzato sub 2.c).
Infatti:
– l’interesse legittimante all’accesso è stato indicato nelle istanze della s.p.a. Ecologica Sangro con il richiamo all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, per il quale l’accesso deve comunque essere garantito se la conoscenza dei documenti in questione sia “necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici”, volendo l’istante poter contestare la partecipazione della s.r.l. Mantini in altra gara se risultasse viziata l’aggiudicazione a tale società dell’appalto da parte della società Marina di Pescara nella gara afferente alla gestione del porto turistico;
– tale interesse sarebbe tutelabile in considerazione del fatto che, come affermato dal primo giudice “la soglia richiesta per l’accesso risulta inferiore a quella necessaria per legittimare un ricorso giurisdizionale, risultando sufficiente anche solo una potenziale lesione alla propria sfera giuridica e la mera eventualità di una necessità di tutela in sede giurisdizionale”, ciò che si verificherebbe nella specie data l’ipotesi di applicazione dell’art. 23-bis della legge n. 133 del 2008;
– questa ricostruzione non appare rapportabile al caso in esame; la giurisprudenza di questo Consiglio ha infatti chiarito che, per l’applicazione del citato comma 7 dell’art. 24 “Occorre…la dimostrazione di una rigida “necessità” e non mera “utilità” del documento” cui si chiede di accedere “Tanto più nei casi in cui l’accesso sia esercitato non già in relazione agli atti di un procedimento amministrativo di cui il richiedente è parte, ma in relazione agli atti di procedimenti amministrativi rispetto ai quali il richiedente è terzo”, non configurandosi, di conseguenza, la posizione legittimante quando “i documenti richiesti non sono necessari per la difesa in giudizio ma solo utili per articolare la difesa in giudizio secondo una particolare modalità, ossia per articolare una particolare censura” (Sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 117), configurandosi altrimenti, si deve soggiungere, la fattispecie del mero controllo generalizzato dell’attività amministrativa precluso dall’articolo 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990;
– nella specie la società istante non dimostra che la conoscenza degli atti della gara in questione, in cui non è stata parte, sia rigidamente “necessaria” per la propria difesa nel giudizio relativo ad una diversa gara, risultando perciò tale conoscenza soltanto “utile”, in quanto evidentemente articolazione di un particolare motivo difensivo nell’ambito di un giudizio già instaurato; un motivo, si deve anche considerare, la cui utilità difensiva è peraltro del tutto potenziale non essendo sufficiente soltanto asserire, a tal fine, un vizio invalidante di un intero procedimento ma dovendo tale vizio essere stato riconosciuto ad esito di un giudizio; neppure rivestendo perciò l’asserito interesse all’accesso l’altresì previsto carattere di effettiva concretezza (art. 22, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990);
– né l’accesso può riconoscersi nel caso in esame per il solo interesse strumentale alla rinnovazione della procedura di gara indetta dalla società Marina di Pescara non sussistendo una regola generale di indifferenziata titolarità della legittimazione al ricorso -con esercizio perciò dell’accesso a fini di cura o difesa di interessi giuridici collegati- basata sulla mera qualificazione soggettiva di imprenditore potenzialmente aspirante all’indizione di una nuova gara, salvo i casi del contrasto in radice della scelta della stazione appaltante di indire la procedura, dell’affidamento senza gara e della previsione nel bando di una specifica e lesiva clausola escludente, casi nella specie non provati (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 4 del 2011).
4. Per le ragioni che precedono il motivo di appello sopra sintetizzato sub 2. c) è fondato e pertanto, con assorbimento dei motivi restanti, l’appello deve essere accolto.
Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello in epigrafe, n. 5181 del 2012, e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara (Sezione prima), n. 235 del 2012, respinge il ricorso di primo grado n. 103 del 2012.
Condanna la s.p.a. Ecologica Sangro al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio a favore della società unipersonale Marina di Pescara che liquida in euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) oltre gli accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012, con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)