La rilevanza della fase di informazione e partecipazione pubblica in una recente sentenza della Corte Costituzionale.
Anno: 2013 | Autore: MATTEO CERUTI
PROCEDURA DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE.
La rilevanza della fase di informazione e partecipazione pubblica in una recente sentenza della Corte Costituzionale
MATTEO CERUTI*
1. Con la sentenza n. 227 depositata lo scorso 22 luglio 2011 la Corte Costituzionale, nel decidere il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri contro alcune disposizioni della “Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2010” della Regione Friuli Venezia Giulia, ha affrontato, tra gli altri, il tema della disciplina della fase dell’informazione e partecipazione pubblica alla valutazione di impatto ambientale (si vedano i paragrafi 6, 6.1. e 6.2 della parte in diritto).
La norma censurata dal Governo1 disponeva che il proponente del progetto e dello studio di impatto ambientale, entro cinque giorni dal ricevimento di una comunicazione (da parte della struttura regionale competente per la VIA della richiesta di parere sul progetto e sullo studio di impatto ambientale alle autorità interessate), era tenuto a far pubblicare sul quotidiano locale maggiormente diffuso nell’ambito provinciale interessato, l’annuncio della presentazione del progetto ai fini della VIA, e quindi doveva dar notizia dell’avvenuta pubblicazione alla struttura regionale competente e alle autorità interessate; e contestualmente alla pubblicazione dell’avviso, la documentazione presentata veniva messa a disposizione del pubblico, anche mediante pubblicazione nel sito web della Regione, per un periodo di sessanta giorni, affinché chiunque ne possa prendere visione.
Per l’Alta Corte una simile disciplina risulta difforme da quella stabilita dall’art. 23, comma 1, del Codice dell’ambiente di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, il quale impone, invece, che all’istanza presentata sia già allegata copia dell’avviso a mezzo stampa, che dev’essere pubblicato a cura del proponente contestualmente alla presentazione del progetto.
2. La sentenza risulta espressiva di una giurisprudenza del Giudice costituzionale particolarmente attenta nel riconoscere al legislatore statale la competenza esclusiva nella materia della valutazione di impatto ambientale.
Invero, con la stessa decisione (al precedente paragrafo 5 della parte in diritto), nel dichiarare incostituzionale una previsione recante un ulteriore difformità della disciplina regionale del Friuli V.G. rispetto alla normativa statale relativamente ai contenuti della domanda di compatibilità ambientale2, la Corte ribadisce quanto affermato nelle precedenti sentenze n. 186 del 2010 e n. 234 del 2009, ossia che la normativa sulla valutazione d’impatto ambientale attiene alle procedure che accertano la sostenibilità ambientale degli interventi e che rientrano quindi nella materia della “tutela dell’ambiente” di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Per cui, pur in presenza di ambiti materiali di spettanza regionale, deve ritenersi prevalente il titolo di legittimazione dello Stato, proprio in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame. In tale contesto le Regioni – anche quelle ad autonomia speciale laddove, come nel caso del Friuli V.G., lo statuto non contempli la tutela dell’ambiente tra le materie specificatamente attribuite alla competenza regionale – sono dunque tenute a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente e a rispettare i “livelli uniformi di tutela” apprestati in materia dallo stesso d.lgs. 152/2006.
3. Quel che preme maggiormente evidenziare è però l’estrema attenzione dedicata dai Giudici costituzionali alla fase dell’informazione/partecipazione pubblica alla procedura di VIA, e quindi il particolare rigore con cui è stata valutata una deviazione anche minima della legislazione regionale rispetto al paradigma procedimentale statale.
Per pervenire alla declaratoria di illegittimità costituzionale è stata infatti ritenuta sufficiente la mera ritardata pubblicazione dell’avviso sulla stampa rispetto alla presentazione della domanda di VIA, senza che da ciò conseguisse una compressione dei termini – di sessanta giorni- per consultare la documentazione e per presentare osservazioni, (termini infatti che comunque, secondo la norma caducata, scattavano solo dal momento del predetto annuncio pubblico). Una difformità quest’ultima che – secondo la Corte – andava comunque censurata in quanto “non determinando una miglior tutela ambientale, ed anzi ritardando la pubblica conoscenza del procedimento iniziato, è suscettibile di ritardare per ciò stesso la possibilità di partecipazione e decisione informata del procedimento medesimo e, quindi, di tutelare con minore efficacia il bene dell’ecosistema, a presidio del quale il legislatore statale, nell’ambito della propria competenza, ha dettato la menzionata disciplina”.
4. Le conclusioni cui è pervenuto in questo caso il Giudice costituzionale non possono non avere conseguenze su quell’orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha sinora giudicato con tolleranza (talvolta estrema) le carenze ed omissioni nelle misure di pubblicità preliminare e di partecipazione dei cittadini alle procedure di VIA, anche in conseguenza di difformità delle legislazioni regionali rispetto alla disciplina statale.
A tale ultimo proposito non si può omettere di menzionare la sentenza3 del TAR Friuli V.G. n. 112 del 12 marzo 2009 con cui il Giudice amministrativo ebbe occasione di dichiarare manifestamente infondati i dubbi di legittimità costituzionale relativi al testo originario della legge regionale 43/1990 disciplinante un complesso sub-procedimento di informazione e partecipazione pubblica recante più di una significativa deviazione dalla normativa statale:
– sia in relazione alla pubblicità preventiva, giacché la pubblicazione dell’annuncio sulla stampa non forniva informazioni in ordine agli uffici pubblici in cui era disponibile per la consultazione lo studio di impatto, né alle modalità ed ai termini per la visione degli atti e a quelli per la presentazione di osservazioni, che erano invece contenute in un provvedimento regionale di cui era prevista esclusivamente la pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale (e non sui giornali);
– sia in ordine alla consultazione dello studio di impatto, per la quale veniva previsto un termine di 15 giorni (dalla predetta pubblicazione sul BUR);
– sia con riferimento alla fase della presentazione delle osservazioni, limitata temporalmente a 20 giorni, e circoscritta al “pubblico interessato” individuato dal direttore del servizio regionale sulla VIA con apposito provvedimento, emesso su espressa istanza da presentare entro termini perentori di 10 giorni dall’annuncio sulla stampa, e dal quale risultavano esclusi i cittadini che non fossero residenti nei comuni interessati e non avessero “un interesse inerente alla realizzazione dell’opera”.
Dunque, con la sentenza n. 227/2011 la scure dell’Alta Corte è (in qualche modo, paradossalmente) calata su una legge regionale con cui s’era tentato, in fondo, di porre rimedio alla testè ricordata normativa giuliana sulla VIA recante evidenti compressioni alle facoltà informative e partecipative dei cittadini. E tuttavia – val la pena di ricordare che – nell’occasione il TAR ritenne che la previsione delle suddette difformità rispetto alla disciplina statale risultavano consentite dallo Statuto di autonomia del Friuli V.G. e, comunque, non potevano ritenersi una diminuzione delle garanzie partecipative; aggiungendo altresì come la circostanza che la materia "ambiente" ormai rientri nella competenza legislativa esclusiva dello Stato “non è incompatibile con un intervento di dettaglio della Regione negli ambiti che le sono propri”; precisando infine che in ogni caso le questioni poste in ordine alla procedura di VIA attenevano più propriamente all’accesso alle informazioni ambientali e dunque non “alla materia ambiente, bensì a quella dell’accesso ai documenti, le cui disposizioni non risultano violate”.
Tutte conclusioni che meritano una rimeditazione alla luce dei principi posti ora dal Giudice delle leggi.
* Avvocato in Rovigo
1 Si tratta dell’art. 115, commi 1, 2 e 3 della legge regionale n. 17 del 2010, sostitutivo dell’art. 14 della leg. reg. n. 43 del 1990, relativo alla pubblicità del progetto e dello studio di impatto ambientale.
2 Si trattava della previsione contenuta anch’essa nella richiamata “legge di manutenzione dell’ordinamento regionale” modificativa della leg. reg. 43/1990 la quale disponeva che il soggetto proponente presentasse alla struttura regionale competente in materia di VIA il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale senza tuttavia prevedere, che all’istanza fosse «altresì allegato l’elenco delle autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati, già acquisiti o da acquisire ai fini della realizzazione e dell’esercizio dell’opera o intervento», come invece imposto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006.
3 Citata anche nel commento all’art. 24 del d.lgs. 152/2006 contenuto nel “Commentario breve alle leggi in materia di urbanistica ed edilizia” (a cura di R. Ferrara e G. F. Ferrari).
4 La legge regionale 43/1990 prevedeva in particolare che:
– contestualmente alla presentazione della domanda di VIA con l’allegato studio di impatto ambientale, il proponente provveda a pubblicare un annuncio su un quotidiano locale (art. 10);
– quindi associazioni, comitati e cittadini che siano però residenti nei comuni interessati ed “abbiano un interesse inerente alla realizzazione dell’opera” sono tenuti a presentare istanza all’Amministrazione regionale entro 10 giorni dalla pubblicazione del predetto annuncio di inclusione nel “pubblico interessato” (art. 13, comma 2);
– a questo punto con provvedimento del direttore del Servizio regionale VIA, pubblicato sul BUR, viene individuato il “pubblico interessato” all’opera proposta tra i gruppi associativi ed i singoli cittadini che ne abbiano presentato istanza (oltre che le autorità interessate) (art. 13);
– contestualmente alla pubblicazione sul BUR del predetto provvedimento di individuazione del pubblico interessato l’Amministrazione provvede a depositare presso i competenti uffici regionali e comunali copia dello studio di impatto “per la durata di 15 giorni consecutivi durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione” e di inviare ad associazioni e comitati (non ai singoli cittadini) inclusi tra il “pubblico interessato” copia dello studio medesimo (art. 14, comma 1);
– e quindi “fino alla scadenza del termine perentorio di 20 giorni dalla pubblicazione” sul BUR del provvedimento di individuazione del pubblico interessato “possono essere presentate al Servizio per la valutazione dell’impatto ambientale osservazioni, istanze, pareri da parte del pubblico interessato” (art. 16, comma 1).