PROFILI PUBBLICISTICI DEL CODICE DELLA STRADA
di Antonio Cogliandro
Il vigente codice della strada ha segnato una svolta nel modello di intervento pubblico nel settore della circolazione stradale, nella direzione auspicata anni or sono, da autorevole dottrina, Sabino Cassese: un codice della strada “che sia un quadro della programmazione pubblica del settore stradale” (1).
In primo luogo, le disposizioni che regolano la materia sono concentrate in un unico testo tendenzialmente omnicomprensivo, formato da 240 articoli, i quali si segnalano anche per la loro lunghezza e analicità.
La notevole quantità di norme rende la circolazione stradale un settore a tasso di regolazione pubblica. Vi è anche una delimitazione chiara e precisa degli ambiti di competenza attribuiti agli organi pubblici che sono chiamati a vario titolo ad intervenire nella materia. Inoltre, sia il Capo I del titolo II in tema di costruzione e tutela delle strade sia il Capo II del medesimo Titolo in tema di organizzazione della circolazione e di segnaletica stradale, dedicano molta cura alla definizione dell’ambito delle competenze dei vari apparati pubblici interessati.
Anche il numero dei soggetti pubblici coinvolti nella disciplina del settore è vasto. Cosi, per esempio, accanto alle competenze attribuite al Ministero dei Lavori Pubblici, agli enti gestori delle strade, agli enti locali, acquista un certo peso anche il Ministero dell’Ambiente che esercita, tra gli altri, il potere di emanare direttive ed atti di indirizzo in tema di riduzione dell’inquinamento acustico ed atmosferico (art. 13 primo comma) e dà il proprio concerto nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti competente a emanare direttive sulla redazione del piano di traffico (art. 36 sesto comma). Ed ancora, il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali è chiamato poi ad esprimere, che si aggiunge a quello del Ministero dell’Ambiente e del Ministro per i Problemi delle Aree Urbane, in ordine alle direttive del Ministro dei Lavori Pubblici in tema di limitazione alla circolazione nei centri abitati (art. 7 primo comma lett. b). Anche il Consiglio Nazionale delle ricerche è chiamato ad esprimere un parere, che si aggiunge a quello del Consiglio superiore dei lavori pubblici, in ordine alle determinazioni del Ministro dei Lavori Pubblici in materia di catasto delle strade e delle loro pertinenze (art. 13 sesto comma).
Il coinvolgimento di un maggior numero di apparati pubblici non è altro che la dimostrazione di una più ampia gamma di interessi pubblici direttamente o indirettamente coinvolti dal fenomeno della circolazione stradale. Ad esempio, è significativo al riguardo il fatto che già l’art. 1 del codice menzioni, accanto all’interesse tradizionale della sicurezza stradale, quello della protezione dell’ambiente e del risparmio energetico. Anche l’ nteresse alla tutela del patrimonio artistico e culturale acquista rilevanza in relazione ai limiti e ai divieti alla circolazione nei centri abitati (art. 7 comma 9). Anche l’art. 6 primo comma del testo normativo attribuisce il medesimo potere ” per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione, di tutela della salute nonché per esigenze di carattere militare” . Una siffatta tipicizzazione degli interessi finisce cosi per rendere più significativo lo stesso principio di legalità riferito al settore della circolazione stradale che, va precisato, coinvolge un diritto di libertà del cittadino tutelato dalla stessa Costituzione(art. 16).
Il suddetto settore, nel codice della strada si connota sempre più come un campo unitario di intervento dei pubblici poteri, nel quale la varietà degli interessi e dei soggetti pubblici e privati coinvolti rende necessariamente complesso ed articolato il sistema normativo.
Diverse sono le ragioni giustificatrici dell’intervento pubblico in questa materia. Una attiene al fenomeno delle cosiddette ” esternalità” . I soggetti operanti in un mercato non regolamentato in molti casi non hanno alcun incentivo a prevenire danni o costi ingiustificati che ricadono su soggetti terzi. Un riferimento ovvio nel caso della circolazione veicolare può essere il rischio dei danni che possono essere provocati, per esempio, ai pedoni. Un’altra esternalità tipica della quale tiene conto il codice della strada è il danno all’ambiente sotto forma di inquinamento acustico e atmosferico. Così in particolare, le norme per la costruzione delle strade (art. 13) e i piani del traffico (art. 36 quarto comma) devono perseguire l’obiettivo di ridurre questi tipi di inquinamento.
Altra ragione giustificatrice può essere ricondotta al ” paternalismo” , cioè all’imposizione da parte dello Stato di obblighi in capo ai privati, che possono essere percepiti da questi come gravosi e non necessari, allo scopo di tutelarli, volenti o nolenti, da pericoli che essi ignorano o sottostimano. Esempi tipici di questo tipo di approccio possono essere le disposizioni sull’uso del casco protettivo per gli utenti dei veicoli a due ruote (art. 171) o delle cinture di sicurezza (art. 172). Una certa dose di paternalismo emerge anche dalle disposizioni in tema di educazione stradale che si incentrano sulla predisposizione e sul finanziamento di programmi specifici da svolgere come attività obbligatoria in tutte le scuole, comprese quelle materne.
Altra ragione ancora, giustificatrice delle regole e dei poteri conferiti agli apparati preposti al settore della circolazione stradale, può essere sintetizzata nel fattore “scarsità” , cioè nella disponibilità limitata, per ragioni tecniche o economiche oggettive, di un determinato bene o risorsa rispetto alla domanda attuale e potenziale da parte dei fruitori, produttori e utenti. Nel settore della circolazione stradale un problema di scarsità di una risorsa sorge, con tutta evidenza, con riguardo alla rete stradale esistente ed agli spazi da destinare ai parcheggi, specie nei centri abitati a forte urbanizzazione, rispetto al numero dei veicoli in circolazione. La scarsità di questa risorsa giustifica cosi, per esempio, il potere dell’ente proprietario della strada di stabilire divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente o di riservare corsie a determinate categorie di veicoli a rotaia o destinati a determinati usi (art. 6 quarto comma lett. b e c); oppure il potere del Sindaco di prescrivere orari e riservare spazi per i veicoli utilizzati per il carico e lo scarico di cose (art. 7 primo comma lett. g); oppure ancora il potere della giunta comunale di istituire zone a traffico limitato (art. 7 nono comma). Ed ancora, il potere dell’Ente proprietario della strada o del Sindaco di istituire parcheggi a pagamento, (art. 7 primo comma lett. f), ma anche il potere attribuito alla Giunta Comunale di subordinare l’ingresso o la circolazione dei veicoli a motore all’interno delle zone a traffico limitato al pagamento di una somma (art. 7 nono comma).
Un’ultima ragione dell’intervento dei pubblici poteri nel settore della circolazione stradale è quello di far opera di supplenza nei confronti degli utenti che sono in possesso di informazioni inadeguate e per i quali sarebbe eccessivamente dispendioso, in termini di tempo e costi, acquisirle. Si giustifica cosi il compito attribuito al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di fornire all’opinione pubblica i dati più significativi in materia di circolazione stradale utilizzando anche i più moderni sistemi di comunicazione di massa (art. 1 quinto comma). Anche la segnaletica stradale, volta per esempio a indicare con maggiore precisione il tracciato, una curva pericolosa, un ostacolo posto sulla carreggiata, eccetera (art. 38 e seg. ), assolve, per definizione, a una funzione informativa che rende più agevole e sicura la conduzione dei veicoli.
Con l’esame di quest’ultima ragione giustificativa di regole contenute nel codice della strada può ritenersi abbozzato un primo tipo di inquadramento sistematico di questa complessa e articolata disciplina. In realtà, l’analisi dovrebbe essere assai più particolareggiata perché occorrerebbe passare al vaglio, quasi una per una, le disposizioni contenute nel codice della strada.
Inoltre, il codice in questione evidenzia, i poteri normativi attribuiti a varie Autorità pubbliche (Sindaco, Prefetto, Ministro dei Lavori Pubblici) e agli enti proprietari della strade.
Cosi in particolare, l’art. 5 terzo comma chiarisce in generale che i provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi con ordinanze motivate rese note al pubblico mediante i prescritti segnali. Un potere di ordinanza siffatto è attribuito al Prefetto ed al Sindaco per quanto riguarda la circolazione rispettivamente fuori e dentro i centri abitati (art. 5 e 6).
Allo stesso modo il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti emana le norme funzionali e geometriche per la costruzione, il controllo ed il collaudo delle strade, dei relativi impianti e servizi (art. 13). Anche il Ministro dei Trasporti è titolare di poteri normativi molto estesi. Può, per esempio, stabilire periodicamente con proprio decreto le prescrizioni tecniche relative alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi (art. 71 terzo comma), stabilire altresì i dispositivi supplementari di cui devono o possono essere equipaggiati i ciclomotori e i rimorchi e i dispositivi di equipaggiamento dei veicoli destinati a essere condotti o servire al trasporto degli invalidi (art. 72 sesto e settimo comma) ed inoltre disciplinare con proprio decreto “i criteri, i tempi e le modalità per l’effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi” (art. 80 revisioni).
Poteri normativi di questo genere sono indispensabili per rendere più puntuali i precetti inevitabilmente generici contenuti nelle disposizioni di rango legislativo. Una delle questioni principali poste da questo tipo di poteri normativi è data dalla lesività immediata o non immediata di situazioni giuridiche soggettive di particolari soggetti e dunque dalla legittimazione a impugnare immediatamente i provvedimenti adottati. Si tratta però di impugnazione dei regolamenti.
Accanto ai poteri normativi va ricordato il potere di fissare le tariffe, attribuito al Ministro dei Trasporti, di concerto con il Ministro del Tesoro, riferite alle operazioni di revisione periodica degli autoveicoli nonché quelle inerenti ai controlli periodici sulle officine delle imprese concessionarie del servizio di revisione (art. 80 decimo e dodicesimo comma).
Un meccanismo impiegato con molta frequenza anche dal codice della strada è quello del divieto generalizzato, che può essere rimosso o derogato in particolari circostanze con un provvedimento autorizzatorio discrezionale. Si considerino, per esempio, le regole sulla circolazione di veicoli eccezionali e sui trasporti in condizioni di eccezionalità che istituiscono un regime autorizzatorio caso per caso, che prevede condizioni e prescrizioni assai rigide (art. 10). A ciò si possono aggiungere il divieto di competizioni sportive su strade ed aree pubbliche con veicoli o animali e quelle atletiche ” salvo autorizzazione” da parte del Comune (art. 9 primo comma).
Due sono invece gli strumenti più innovativi che fanno segnare un salto di qualità nella direzione di realizzare un vero e proprio sistema di indirizzo e governo del settore della circolazione stradale. Si tratta, per un verso, dello strumento della pianificazione, per altro verso, degli atti di indirizzo e di direttiva.
I piani devono tendere infatti a conseguire “il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto” (art. 36 quarto comma). Il piano urbano del traffico deve essere adeguato “anche agli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale” .
Gli atti emanati I piani del traffico sembrerebbero dunque l’anello finale di una catena discendente di atti di programmazione e pianificazione ad ampio raggio. Si tratta certamente di una concezione razionale dell’approccio ai problemi della circolazione stradale, anche se resta da chiedersi se sia giustificata oggi una cosi grande fiducia in questo tipo di strumenti. In realtà, in presenza di una situazione urbanistica assai degradata, in molti casi in modo irreversibile, specie dei centri urbani di media e grande dimensione, tenuto conto che la rete stradale esistente è caratterizzata in molti casi da strozzature e dalla mancanza di collegamenti con la rete viaria urbana e considerato, infine, il grado di sviluppo assai poco soddisfacente di altri mezzi di trasporto (metropolitane, ferrovie, eccetera), i piani del traffico sembrerebbero disporre di spazi di manovra ristretti e di una gamma limitata di soluzioni volte a risolvere un problema che diventa sempre più grave.
Il secondo strumento innovativo utilizzato di frequente dal codice della strada è quello della direttiva. In particolare, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti può impartire ai Prefetti ed agli enti proprietari delle strade direttive per l’applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione (art. 5). Il Ministro dei Lavori Pubblici può impartire ai Prefetti direttive in tema di sospensione temporanea della circolazione di tutte o di alcune categorie di strade o su tratti di esse (art. 6), di organizzazione della circolazione e della relativa segnaletica stradale (art. 35), in tema di redazione dei piani del traffico (art. 36).
Tenuto conto che le direttive dovrebbero avere un contenuto meno puntuale rispetto agli ordini amministrativi e vanno distinte, almeno in linea teorica, da altri tipi di prescrizioni più puntuali quali, ad esempio, i criteri per la pianificazione del traffico ai quali devono attenersi gli enti proprietari delle strade (art. 35 primo comma), i criteri di uniformità territoriale nella collocazione della segnaletica stradale fissati con decreto dal Ministro dei Lavori Pubblici nel rispetto della normativa comunitaria e internazionale (art. 38 sesto comma), nonché i criteri, i tempi e le modalità per l’effettuazione della revisione generale o parziale dei veicoli a motore stabiliti con decreto del Ministro dei Trasporti (art. 80).
Il potere di direttiva è talora coordinato funzionalmente con l’altro strumento innovativo, e cioè con la pianificazione. Cosi, in particolare, i piani del traffico devono essere predisposti nel rispetto delle già menzionate direttive emanate dal Ministro dei Lavori Pubblici.
Le direttive in questione hanno una funzione essenzialmente organizzativa. Ciò non esclude naturalmente che esse possano acquisire una rilevanza esterna indiretta nel caso in cui vengano impugnati gli atti emanati sulla base della direttiva e che non rispettino i principi e gli standards in essa fissati. La violazione delle direttive può integrare infatti un ipotesi di eccesso di potere.
L’inosservanza delle direttive può assumere anche una rilevanza per cosi dire interna. Nel caso delle direttive del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti per l’applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione stradale, qualora gli enti proprietari non si adeguino e ritardino l’emanazione dei provvedimenti attuativi, scatta il potere sostitutivo del Ministro, previa diffida e con diritto di rivalsa nei confronti degli enti proprietari correlata agli oneri connessi con le opere necessarie per scongiurare situazioni di pericolo grave per la sicurezza della circolazione (art. 5).
Al di là di queste ed altre questioni particolari, il ricorso a strumenti pianificatori e alle direttive l’attribuzione frequente di poteri sostitutivi testimoniano lo sforzo di attribuire maggior unitarietà e omogeneità al settore della circolazione stradale.
Si pensi soltanto all’istituzione dell’albo degli esperti in materia di piani di traffico, formato mediante concorso biennale per titoli, finalizzato alla selezione di coloro ai quali affidare l’ incarico relativo alla predisposizione di tali piani nel caso in cui l’Ufficio tecnico del traffico del Comune non sia sufficientemente attrezzato (art. 36 ottavo comma). Si pensi ancora all’affidamento in concessione del servizio di revisione periodica dei veicoli a motore a imprese di autoriparazione in possesso di requisiti tecnico-professionali, attrezzature e locali e che vengono assoggettate a controlli periodici da parte del Ministero dei Trasporti e della Navigazione (art. 80 ottavo comma). A soggetti privati estranei all’organizzazione amministrativa preposta alla disciplina di settore vengono cosi attribuite funzioni di tipo pubblicistico previa configurazione di una forma di inserimento stabile all’interno di tale organizzazione.
Gli stessi istituti di giustizia concorrono a rafforzare l’unitarietà del sub sistema amministrativo della circolazione stradale. Si consideri a questo riguardo, per esempio, il ricorso amministrativo entro 60 giorni al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, contro i provvedimenti e le ordinanze che dispongono o autorizzano la collocazione della segnaletica stradale (art. 37ultimo comma); oppure il ricorso sempre allo stesso Ministro contro il giudizio delle commissioni mediche locali per l’accertamento dei requisiti fisici e psichici di coloro che hanno fatto domanda per il conseguimento della patente di guida (art. 119 settimo comma); oppure ancora il ricorso al Ministro degli Interno contro il mancato rilascio della patente (art. 120 quarto comma); ed anche il ricorso al Prefetto contro le sanzioni amministrative (art. 203 e seg. ) e cosi via.
L’ analisi sin qui svolta tende complessivamente a dimostrare la tesi che, il settore della circolazione stradale, tramite il codice della strada, è a tasso di regolazione pubblica, causa i profili pubblicistici presenti nel testo. Senza voler attribuire, autonomia scientifica a questa disciplina, tra l’altro non è compito del sottoscritto, certo è che la maggior unitarietà degli apparati pubblici che a vario titolo intervengono nella regolamentazione del settore, la presenza di criteri univoci di individuazione dei destinatari tenuti a rispettarne le regole, la predisposizione di un sistema sanzionatorio e di tutela amministrativa speciale, sono tutti indizi abbastanza evidenti, che possono consentire di valutare di inquadrare l’ordinamento della circolazione stradale come ordinamento giuridico sezionale in qualche misura autonomo, ancorché collegato con l’ordinamento giuridico generale.
Note:
(1) su:” Rivista giuridica della circolazione e dei trasporti” 1976 ed anche: La Regolamentazione pubblica del traffico -atti convegno conferenza del traffico e della circolazione- 1976
Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 10 Maggio 2015
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