Anno: 2015 | Autore: ANTONIO COGLIANDRO

 

 

RIFLESSIONI SUL RICORSO AL DIFENSORE CIVICO REGIONALE E SUI RICORSI AI TRADIZIONALI MEZZI DI TUTELA.

(Avv. ANTONIO COGLIANDRO)
 
Il Difensore civico è stato formalmente previsto solo nel 1990 dalla legge n. 142, anche se in precedenza alcune Regioni lo avevano già introdotto nei propri Statuti. La legittimità dell’ingresso del Difensore civico all’interno dell’ordinamento regionale, trova il suo fondamento nel potere  autorganizzatorio delle Regioni, potere sancito peraltro dall’art. 123 della Costituzione. Questo istituto,non obbligatorio, è stato soppresso nei Comuni a seguito dell’art 2 comma 186 della Finanziaria 2010, mentre con la abolizione degli enti intermedi  è prossima la “scomparsa”  anche nelle Provincie. Ad oggi, è presente in quasi tutte le venti Regioni, solo Calabria Sicilia e Puglia, non hanno mai proceduto alla nomina. E’ stato  istituito con la finalità di garantire l’efficienza ed il buon andamento dell’azione amministrativa, nonché con l’obiettivo di poter soddisfare le esigenze di tutela e di assistenza dei cittadini. E’ un organo  che si pone da un lato come garante delle situazioni soggettive dei cittadini, soprattutto di quelli che non riescono ad accedere, principalmente per problemi economici, ai tradizionali strumenti di tutela e dall’altro, rilevando le inefficienze e le disfunzioni dell’amministrazione svolge anche una funzione di vigilanza e controllo sul corretto esercizio del potere amministrativo. I tempi eccessivamente lunghi dei processi, l’inefficienza dei ricorsi amministrativi, i costi eccessivi dei tradizionali mezzi di tutela, avrebbero dovuto far emergere compiutamente la figura del difensore civico. Certamente, uno dei motivi di ciò, è da attribuirsi alla mancanza di un difensore  civico  nazionale. Dal 1994 è stato istituito il coordinatore nazionale, più che altro un organismo associativo, eletto ogni due anni dal coordinamento dei difensori civici regionali comprensivo delle provincie autonome di Trento e Bolzano. Purtroppo,  il medesimo non ha gli stessi poteri di un difensore civico nazionale,di cui l’Italia è l’unico Stato fondatore dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa ad esserne privo,malgrado la presenza di tale istituto venga considerata parametro di democraticità delle istituzioni di un paese. Infatti, tale condizione imprescindibile posta dal Consiglio d’Europa e dall’Unione Europea, è obbligatoria per ammettere nuovi Stati a far parte, come d’altronde stabilito da ultimo dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa con la Risoluzione n. 1959/2013, che raccomanda l’istituzione di un Difensore civico nazionale. Vi sono proposte di legge per l’istituzione della suddetta figura che non decollano, poiché si tratta di fare i conti con le ragioni della politica e con le esigenze di bilancio. Con l’istituzione, certamente si rilancerebbe tale figura, attribuendogli  maggiore rilievo, con una offerta pubblica gratuita  ad ogni cittadino, indipendentemente  dalla sua residenza, con garanzie procedimentali uniformi per tutti e qualificherebbe maggiormente l’attività stessa  del difensore, con una presenza omogenea sull’intero territorio nazionale. Con una normativa  che sancisca l’autonomia e l’indipendenza, anche funzionale del Difensore civico e che garantisca altresì l’attività su tutto il territorio nazionale a presidio dei servizi pubblici essenziali oltre che a garantire procedimenti uniformi per tutti i cittadini, si arriverebbe sicuramente ad una difesa civica efficiente che si rifletterà  sulla diffusione di buone pratiche amministrative. Inoltre, cosa di non poco conto, si arriverebbe certamente ad una deflazione del contenzioso giurisdizionale. Negli altri paesi Europei, invece tale figura rientra a pieno titolo nella compagine istituzionale. Infatti, il fatto di essere l’unico per tutto il territorio nazionale permette all’Ombusdsman (termine che deriva dalla Svezia dove è nato il difensore civico) di godere di maggiore visibilità, di essere riconoscibile dai cittadini e di mantenere l’autorevolezza necessaria per essere ascoltato dai membri del Parlamento che lo hanno designato.
 
Comunque, ad oggi, è anche incerta la stessa collocazione di questi nostri ombusdam locali, essendosi affiancata ad una prospettiva che li vuole inseriti tra le strutture di controllo dell’Amministrazione regionale, una visione dai tratti più indefiniti che li riporta addirittura alla partecipazione, facendone tramiti dell’intervento degli amministrati nell’amministrazione. E’ chiaro che le leggi regionali sono estremamente restie a consentirgli misure più incisive, ad attribuire cioè alle sue azioni effetti più penetranti. Le suddette leggi non gli consentono né gli potrebbero consentire di travalicare con efficacia l’ambito che è loro proprio. E’ in questa ottica che deve essere inquadrato anche il problema del ricorso al difensore civico; ricordando sempre che il suo non è un intervento sugli atti ma solo sul comportamento. Non si pone di conseguenza il problema circa i termini entro i quali, a pena di decadenza,il cittadino può chiedere l’intervento dell’ombusdman locale; non si pone la questione se colui che ricorre deve essere il titolare dell’interesse a ricorrere poiché egli deve limitarsi a sindacare la trattazione di una pratica.
 
Sembra però che tra i due mezzi di tutela, cioè ricorsi amministrativi e giurisdizionali e ricorsi al difensore civico, possa delinearsi una sorta di parallelismo in materia di conciliabilità tra i due. Ad esempio, diversi casi di “ritardi” i quali sono espressione di una cattiva amministrazione che spingono il cittadino a sollecitare un intervento che sani la situazione, possono portare ad un azione convergente tra la tutela realizzabile per mezzo dei tradizionali mezzi e quella ottenibile tramite l’azione dell’ombusdam. Anche molti casi di “irregolarità”, che possono emergere da una poco attenta e puntuale azione amministrativa, possono essere “sanati” tramite un intervento del difensore civico invocato dal cittadino il quale, non essendo ancora scaduti i termini per produrre un ricorso amministrativo o giurisdizionale, invoca il suo intervento al fine di indurre l’Amministrazione ad annullare, revocare o modificare l’atto in oggetto. Il vantaggio che un simile percorso presenta, risiede nel fatto che viene evitato un procedimento più lungo ed oneroso quale è quello amministrativo e giurisdizionale, ottenendo inoltre un duplice vantaggio e per il cittadino e per l’Amministrazione. Un problema più sottile si presenta invece nel momento in cui si tratta la questione del “silenzio”. Il difensore civico non può intervenire validamente ed entro gli stessi limiti in tutti i casi di silenzio previsti dalla legge.
 
Comunque, l’errore che sicuramente sino ad oggi è stato fatto, è che molto spesso si sono nutrite nei confronti di questa figura aspettative smisurate rispetto alle sue reali capacità di intervento, perché ci si attende infatti quella tutela che nemmeno il giudice amministrativo è in grado di  assicurare. Se è impensabile attribuire al difensore civico il compito di risolvere i problemi della giustizia amministrativa, compito che invece spetta al legislatore, si deve tuttavia riconoscere la sua funzione di integrazione rispetto alle garanzie giurisdizionali; e poiché l’istituzione dell’Ombusdman trova il proprio fondamento nell’esigenza di rispondere ad una domanda di giustizia sostanziale non altrimenti soddisfatta, il suo compito sembra essere quello di compensare lo squilibrio fra amministrazione e cittadino.
 
E’ importante precisare, come esso si pone, rispetto ai tradizionali rimedi di giustizia amministrativa. Questi ultimi riguardano atti già formati ed intervengono ex post, a favore di situazioni soggettive giuridicamente rilevanti. Il difensore civico, invece, si pone come strumento di garanzia di situazioni soggettive prive di rilevanza giuridica, ma per le quali si sente il bisogno di apprestare una qualche forma di tutela. Si tenga comunque presente che lo stesso può intervenire anche su provvedimenti  definitivi e/o inoppugnabili. In tal caso la sua azione è diretta a sollecitare il potere di autotutela dell’amministrazione, in funzione di garanzia dell’efficienza e del buon andamento dell’azione amministrativa. Solitamente  però il difensore civico interviene quando il procedimento è ancora in corso. 
 
Si  noti altresì che la collocazione del difensore civico fra gli strumenti di tutela e di assistenza delle situazioni soggettive non è compromessa dalle disposizioni che prevedono l’iniziativa d’ufficio, questo infatti non consente di qualificare il difensore civico in termini di controllo, ma significa soltanto che egli può attivarsi senza attendere l’istanza di parte.
 
Inoltre, si ribadisce che l’ombusdsman oltre a svolgere attività di consulenza e di informazione, svolge anche una funzione di mediazione fra cittadino e amministrazione, che in alcuni casi consente di evitare il ricorso al contenzioso giurisdizionale. Si tratta quindi di una “garanzia sussidiaria” del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, di un contrappeso per riportare in equilibrio la posizione di sostanziale inferiorità del cittadino nei confronti dell’amministrazione. Quindi è nettamente distinto il suo intervento rispetto a quello degli altri organi (giurisdizionali e non) di giustizia amministrativa. Inoltre ancora, l’intervento del difensore civico si realizza mediante il suo inserimento nel procedimento amministrativo, evidenziando all’amministrazione le situazioni  non correttamente valutate e consigliando soluzioni che tengono presenti anche gli interessi di coloro che hanno richiesto il suo intervento, senza interferire con la discrezionalità della p.a..
                                                                     
 
Bibliografia:
 
– Mortati, L’Ombusdam
– R.Ferrara, Il Difensore Civico
– R.Lombardi, Il Difensore civico tra continuità e novità
– Caracciolo La Grotteria, Note critiche sul Difensore civico
– D.Borgonovo Re, Ombusdam
– Vandelli, Le Autonomie Locali
 

 

Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 06 Aprile 2015

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