Tutela dell’ambiente, crescita del Paese e “aree di crisi industriale complessa”. L’esempio di Taranto.
VALENTINA CAVANNA*
È bene premettere che in questa sede non si intende entrare nel merito del caso di Taranto, che è attualmente oggetto anche di procedimento penale e di attenzione mediatica. Scopo del presente contributo è bensì quello di tentare una sintetica disamina delle innumerevoli normative che si sono avvicendate in materia di tutela dell’ambiente nel caso di aree industriali (anche complesse). Una disamina che, seppur sintetica e non esaustiva (non è presente, ad esempio, la disciplina penale, anch’essa importante in vista della tutela dell’ambiente), è sufficiente a dare un’idea dell’enorme (ed abnorme) quantità di discipline e strumenti giuridici che possono trovare applicazione in una singola area industriale1; Taranto ne costituisce un esempio2.
La gestione di un’area industriale può comportare molteplici tipologie di inquinamento. In generale, vi è il rischio di lesione della salute umana e dell’ambiente, inteso in senso ampio, a ricomprendere fauna, flora, suolo, acqua, aria, clima, paesaggio e patrimonio culturale.
Nel corso del tempo di sono susseguite numerose normative aventi l’obiettivo di evitare o comunque ridurre al minimo tali rischi.
Vi è innanzitutto la legge 8 luglio 1986, n. 349, recante “Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale”. L’art. 6, con i decreti attuativi D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 e D.P.C.M. 27 dicembre 1988 (applicati fino al 31 luglio 2007), ha introdotto la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) in ambito statale3. In ambito regionale essa sarà regolata dal DPR 12/4/1996 e dalle singole leggi regionali. La VIA si applica a tutti i progetti di opere che possono avere impatti elevati sull’ambiente, tra cui raffinerie di petrolio greggio, centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica pari o maggiore di 300 MW, centrali nucleari, acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio, impianti chimici integrati.
È stato poi emanato il DPR 203/1988, recante “attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali”. In esso si prevede una autorizzazione alle emissioni in atmosfera degli stabilimenti industriali.
La Legge 9/12/1998, n. 426, all’articolo 1, disciplina la realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, anche al fine di consentire il concorso pubblico. Il comma 4 individua, tra i siti di bonifica di interesse nazionale, quello di “Taranto”, atteso l’alto livello di inquinamento dell’area e l’elevata compromissione delle diverse matrici ambientali e conseguente pericolo per la salute della collettività. Il SIN di Taranto è stato poi perimetrato con Decreto del Ministero dell’Ambiente 10/1/2000.
Successivamente, si ha il D. Lgs. 4/8/1999 n. 372 in materia di autorizzazione integrata ambientale (IPPC). In parziale applicazione della Direttiva 96/61/CE4, il decreto “disciplina la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività di cui all’allegato I; esso prevede misure intese ad evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti e per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso”. Nell’allegato I sono ricomprese le seguenti attività industriali: raffinerie di petrolio e di gas, cokerie, impianti di gassificazione e liquefazione del carbone, produzione e trasformazione dei metalli (tra cui impianti di produzione di ghisa o acciaio, compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all’ora, nonché impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all’ora), industria chimica.
Il D. Lgs. 18/2/2005 n. 59 recepisce integralmente la Direttiva IPPC (diversamente dal D. Lgs. 372/1999) e prescrive la sottoposizione degli impianti riportati nell’allegato I ad una autorizzazione ambientale unica denominata AIA, sostitutiva di tutte le altre autorizzazioni ambientali eventualmente necessarie in base alle normative di settore. Il riferimento è all’elenco di cui all’allegato II (in cui rientrano Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, Autorizzazione allo scarico di cui al D. Lgs. 152/1999, Autorizzazione alla realizzazione e modifica di impianti di smaltimento o recupero dei rifiuti di cui al D. Lgs. 22/1997). Viene anche previsto il coordinamento tra IPPC e sistemi di certificazione ambientale. Da sottolineare che la disciplina in tema di AIA va coordinata con gli articoli 216 e 216 R.D. 27/7/1934 n. 1265 (“Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”, c. d. TULLSS)5.
Il D. Lgs. 3/4/2006 n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, costituisce un testo organico (ma non esaustivo) in materia ambientale. Esso, tra l’altro, regola la Valutazione di Impatto Ambientale, la Valutazione Ambientale Strategica, i rifiuti, gli scarichi industriali, la bonifica di siti contaminati, i “Siti di Interesse Nazionale” ai fini della bonifica, l’Autorizzazione Integrata Ambientale6. Il c. d. “Codice dell’Ambiente” ha anche previsto il coordinamento tra VIA e AIA7, disponendo (nella versione in vigore il 31/7/2007) una integrazione facoltativa della VIA nell’AIA e successivamente la sostituzione dell’AIA con la VIA8.
In particolare, l’art. 29-quater disciplina la procedura per il rilascio dell’AIA. Il comma 15 dispone che “in considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell’impianto”, possono essere conclusi specifici accordi tra le amministrazioni al fine di garantire, “in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l’armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali”. Sono poi previsti accordi di programma (art. 246) con riferimento alla bonifica di siti contaminati, per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti. Ai sensi dell’art. 252, ai fini della bonifica possono essere individuati siti di interesse nazionale: viene ripresa la legge 426/1998. Inoltre, ai sensi dell’art. 252-bis, sono individuati siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale e lo sviluppo economico-produttivo, tra cui quelli di cui alla legge 426/1998 ed ulteriori (si veda il D.M. 18 settembre 2001, n. 468).
Per quanto riguarda l’area di Taranto, è stato stipulato apposito Accordo di Programma in data 11 aprile 20089 e, successivamente, vi è stato un Protocollo d’Intesa sul SIN di Taranto il 5 novembre 2009.
Il D. Lgs. 13/8/2010 n. 155 ha recepito la Direttiva 2008/50/CE sulla “qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”. La finalità è quella di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso; ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente (intesa come l’aria esterna presente nella troposfera, ad esclusione di quella presente nei luoghi di lavoro definiti dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) come base per individuare le misure da adottare per contrastare l’inquinamento e gli effetti nocivi dell’inquinamento sulla salute umana e sull’ambiente e per monitorare le tendenze a lungo termine, nonché i miglioramenti dovuti alle misure adottate; mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi; garantire al pubblico le informazioni sulla qualità dell’aria ambiente. Il predetto decreto stabilisce, tra l’altro, i valori limite per le concentrazioni nell’aria ambiente di biossido di zolfo, biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio, piombo e PM10.
Da sottolineare che alla normativa emanata a livello nazionale si va ad aggiungere la normativa in ambito regionale (esempi possono essere, nel caso della Puglia, la Legge Regionale n. 44/2008, recante “Norme a tutela della salute, dell’ambiente e del territorio: limiti alle emissioni in atmosfera di policlorodibenzodiossina e policlorodibenzofurani”, nonché la Legge Regionale n. 3/2011, recante “Misure urgenti per il contenimento dei livelli di benzo(a)pirene”).
Nel 2011 è stato pubblicato il rapporto ”Sentieri” (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), una ricerca coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) che ha analizzato il profilo di mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di aree industriali in diverse regioni quali, a titolo esemplificativo: Puglia (Taranto), Liguria (Cogoleto), Umbria (Terni-Papigno), Toscana (Massa Carrara), Sardegna (Porto Torres).
Nel 2009, in proposito, il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie ha finanziato un ulteriore progetto, avviato nel 2010 ed ancora in corso, relativo alla “Sorveglianza epidemiologica di popolazioni residenti in prossimità di siti contaminati”, coordinato dall’Istituto superiore di sanità”.
L’art. 57 del decreto legge 9/2/2012, n. 5 (convertito con legge 4/4/2012 n. 35), detta “Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in tema di bunkeraggio”. Il nuovo elenco di infrastrutture integra quello di cui al la legge 239/2004 ed include gli stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali. Si prevede un procedimento unico autorizzatorio che deve essere coordinato con la VIA. Il comma 9 dispone: “Nel caso di attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare a essere eserciti senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica, ai sensi dell’articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
Sulla Gazzetta Ufficiale del 26 giugno 2012 è stato pubblicato il decreto legge n. 83/2012 (convertito con legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 11 agosto 2012), recante “misure urgenti per la crescita del Paese”, allo scopo di emanare “disposizioni per favorire la crescita, lo sviluppo e la competitività nei settori delle infrastrutture, dell’edilizia e dei trasporti, nonché per il riordino degli incentivi per la crescita e lo sviluppo sostenibile finalizzate ad assicurare, nell’attuale situazione di crisi internazionale ed in un’ottica di rigore finanziario e di effettivo rilancio dello sviluppo economico, un immediato e significativo sostegno e rinnovato impulso al sistema produttivo del Paese, anche al fine di garantire il rispetto degli impegni assunti in sede europea”. Dopo aver previsto una serie di misure economiche e fiscali, è stato inserito l’art. 27, dal titolo “Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa”. Si dispone che il Ministero dello sviluppo economico adotti “Progetti di riconversione e riqualificazione industriale” nel caso di aree ove vi sia una crisi industriale non risolvibile con risorse e strumenti di competenza regionale. Detti progetti promuovono, tra l’altro, il recupero ambientale e sono adottati mediante accordi di programma.
Per quanto concerne Taranto, in data 26 Luglio 2012 è stato stipulato (tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministro per la coesione territoriale, la regione Puglia, la provincia di Taranto, il comune di Taranto, il Commissario straordinario del porto di Taranto) il Protocollo di intesa per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto. Nel Protocollo si fa riferimento all’art. 15 della legge 7/8/1990, n. 241, che attribuisce alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di concludere accordi tra loro per lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
Il 9 agosto 2012 è entrato in vigore il decreto legge n. 129/2012, recante “Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto”. Il predetto decreto è stato emanato al fine di “fronteggiare e superare le gravi situazioni di criticità ambientale e sanitaria accertate in relazione al sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto, individuato come sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, al fine di accelerarne il risanamento ambientale e, nel contempo, di sviluppare interventi di riqualificazione produttiva e infrastrutturali, anche complementari alla bonifica, nonchè di individuare misure volte al mantenimento e al potenziamento dei livelli occupazionali, garantendo in tale modo lo sviluppo sostenibile dell’area”. Nel D. L. 129/2012 l’area industriale di Taranto è riconosciuta quale area in situazione di crisi industriale complessa ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012 , n. 83. Per assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal Protocollo d’intesa del 26 luglio 2012, è stato nominato un Commissario straordinario autorizzato ad esercitare i poteri di cui all’articolo 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni.
Difficile è dare un giudizio circa l’efficacia delle disposizioni, susseguitesi nel tempo, di cui si è tentato di dare conto nel presente contributo. Sicuramente, si può notare che in certi ambiti vi è stata una iper-produzione normativa, con difficoltà di coordinamento10, ed in altri, al contrario, una inerzia del legislatore11 (un esempio è la disciplina della VIA). Non vi è dubbio, comunque, che la mancanza di certezza del diritto rende ardua, da un lato, la gestione dei siti industriali (soprattutto in situazioni complesse) e, dall’altro, una tutela concreta dell’ambiente. Ciò crea pesanti ripercussioni sulla salute umana e ci allontana dalla meta dello sviluppo sostenibile12.
* Avvocato del Foro di Genova
1 Tenendo poi presente che la tutela dell’ambiente richiede “l’utilizzo di una molteplicità di strumenti giuridici: da quelli propri del diritto amministrativo, ad istituti di diritto civile… o al tipico sistema sanzionatorio penale, dagli strumenti di natura cogente … al ricorso a quelli volontari e negoziali, sino al cosiddetto soft law”: così G. Spina, Strumenti di tutela dell’ambiente: dal diritto penale ai sistemi (volontari) di gestione ambientale, in Ambiente & Sviluppo, 7/2012, pag. 649. Il riferimento è, ad esempio, al sistema UNI EN ISO 14001:2004 e alla registrazione EMAS.
2 Un altro esempio può essere l’A.C.N.A. di Cengio e Saliceto: sul punto, si veda A. Paire, La bonifica dei siti inquinati nella realtà piemontese: profili normativi e amministrativi, in Ambiente & Sviluppo, 5/2012, pag. 421.
3 Essa costituisce una prima applicazione della Direttiva 85/337/CEE, che è stata oggetto di successive modifiche ed è stata poi codificata con la Direttiva 2011/92/UE.
4 La Direttiva nel corso degli anni è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese; pertanto, è stato ritenuto necessario provvedere alla codificazione della stessa con la Direttiva 2008/1/CE, entrata in vigore il 28/2/2008.
5 Sul punto, si veda S. Maglia, Attualità della disciplina delle industrie insalubri di cui agli artt. 216 e 217 TULLSS, in Ambiente & Sviluppo, 5/2012, pag. 415.
6 Sul punto, si veda anche A. Muratori, Autorizzazione integrata ambientale: a presto un ulteriore restyling, in Ambiente & Sviluppo, 4/2012, pag. 305.
7 Problemi di coordinamento si sono posti anche tra l’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio di un impianto che utilizza fonti rinnovabili (ex art. 12 D. Lgs. 387/2003), VIA e AIA: sul punto, A. Milone, Il procedimento autorizzatorio degli impianti di produzione di energia rinnovabile: rapporti con VIA e AIA, in Ambiente & Sviluppo, 12/2009, pag. 1123.
8 Si veda A. Muratori, VIA e AIA: affinità e differenze di finalità e contenuti tra giurisprudenza e norme “espresse”, in Ambiente & Sviluppo, 6/2012, pag. 539.
9 In applicazione dell’art. 20, c. 5 del D. Lgs. 59/2005. Sul punto si veda A. Buonfrate, AIA e impianti di rilevante impatto e preminente interesse nazionale: l’accordo dell’«area industriale di Taranto», in Ambiente & Sviluppo, 7/2009 pag. 646 e 8/2009, pag. 733.
10 Quale esempio di difficoltà di coordinamento tra normative in materia ambientale mi si consenta di rimandare a V. Cavanna, LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (V.I.A.) E IL SUO COORDINAMENTO CON ALTRI PROCEDIMENTI PER LA TUTELA DELL’AMBIENTE. Quadro di sintesi aggiornato alla legge 23 Luglio 2009, n. 99, in http://www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2009/via_cavanna.htm. Si veda anche S. Valeri, Il coordinamento tra le procedure di AIA e VIA in relazione agli impianti produttivi già esistenti: l’esperienza della Regione Abruzzo, in Ambiente & Sviluppo, 4/2012, pag. 325.
11 Sul punto, A. Muratori, Se il legislatore (ambientale) è … di memoria corta: ke discipline «mutilate» per omessa emanazione delle norme esecutive, in Ambiente & Sviluppo, 3/2009, pag. 205, 4/2009, pag. 305, 6/2009, pag. 528.
12 Sul punto, F. Giampietro, I primi vent’anni della Rivista … e le ultime leggi sull’ambiente, in Ambiente & Sviluppo, 5/2012, pag. 405. Si veda anche A. Muratori, La controriforma «a rate» del T.U. ambientale: per la Parte Quinta, una «proposta indecente», in Ambiente & Sviluppo, 7/2010, pag. 605. Sulla nozione di sviluppo sostenibile e l’efficacia della VIA, mi si permetta il richiamo a V. Cavanna, Note sulla Valutazione di Impatto Ambientale e lo sviluppo sostenibile, in http://www.ambientediritto.it/home/dottrina/note-sulla-valutazione-di-impatto-ambientale-e-lo-sviluppo-sostenibile. Si veda anche F. Fonderico, Sviluppo sostenibile e principi del diritto ambientale, in Ambiente & Sviluppo, 10/2009, pag. 921.