* APPALTI – Prestazioni periodiche – Richiesta di revisione del prezzo – Termine di prescrizione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Settembre 2012
Numero: 4783
Data di udienza: 3 Luglio 2012
Presidente: Saltelli
Estensore: Gaviano
Premassima
* APPALTI – Prestazioni periodiche – Richiesta di revisione del prezzo – Termine di prescrizione.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 10 settembre 2012, n. 4783
APPALTI – Prestazioni periodiche – Richiesta di revisione del prezzo – Termine di prescrizione.
La richiesta di revisione del prezzo può essere effettuata entro il termine di prescrizione stabilito per le prestazioni che devono essere rese in modo periodico, e quindi nel termine di prescrizione quinquennale dettato dall’art. 2948 n. 4) del c.c.. (C.d.S., III, 19 luglio 2011, n. 4362; III, 1° febbraio 2012, n. 504; V, 20 agosto 2008, n. 3994).
(Riforma T.A.R. BASILICATA, n. 323/2009) – Pres.f.f. Saltelli, Est. Gaviano – V. s.r.l. (avv. Mariani) c. Comune di Policoro (avv.ti Di Pierri e Cirigliano)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 10 settembre 2012, n. 4783SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 10 settembre 2012, n. 4783
N. 04783/2012REG.PROV.COLL.
N. 09297/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9297 del 2009, proposto da Viri S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Mariani, con domicilio eletto presso Studio Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
contro
Comune di Policoro, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Gianni Di Pierri e Francesco Cirigliano, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula, n. 34;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA, SEZIONE I, n. 323/2009, resa tra le parti, concernente revisione prezzi contratto di appalto per i servizi di raccolta trasporto e smaltimento rifiuti solidi urbani;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del Comune di Policoro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Mariani, Gianni Di Pierri e Franceco Cirigliano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La VI.RI. s.r.l., affidataria per nove anni (dal 16/4/1998 al 15/4/2007), per il Comune di Policoro, del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi, nonché di nettezza e igiene urbana e servizi accessori, ricorreva dinanzi al T.A.R. per la Basilicata convenendovi tale Ente per l’accertamento del proprio diritto a vedersi riconosciuta la revisione del canone maturata anno per anno, nonché il conseguente aggiornamento del canone mensile di ogni anno successivo a quello considerato per la determinazione della revisione maturata, con decorrenza dalla data dell’offerta (14/7/1997) e fino al soddisfo, in forza dell’art. 4 del contratto di appalto del 2/4/1998.
La ricorrente (di seguito, anche la VIRI) chiedeva anche la condanna del Comune al pagamento, in proprio favore, di tutte le somme dovute a titolo di compenso revisionale a decorrere dal 1° gennaio 1989, maggiorate degli interessi moratori secondo il tasso legale.
La società ricorrente esponeva in sintesi quanto segue.
Il corrispettivo dovutole annualmente per contratto assommava ad euro 1.337.602,71, con rateo mensile pari a un dodicesimo.
Il contratto in conformità all’art. 44 della legge n. 724/1994, riguardando un servizio a prestazioni continuative, prevedeva al suo articolo 4 modalità e presupposti per la revisione del corrispettivo contrattuale, in caso di variazione dei fattori ponderali per la prestazione dei servizi appaltati.
Detto articolo stabiliva che il canone di appalto sarebbe stato “soggetto a revisione, in caso di variazione dei costi, secondo le modalità appresso indicate, in conformità a quanto previsto dal 4° comma dell’art. 44 della legge 23.12.1994 n. 724, convenendo sin d’ora che l’incidenza della manodopera nel calcolo revisionale rispetto al canone contrattuale è del 51,80%, quella dei costi di esercizio degli automezzi è del 21,90%, quella dei materiali di consumo è del 4,20%, quella dei costi di smaltimento è del 22,10%. Il canone di appalto sarà annualmente revisionato a richiesta di una delle parti contraenti soltanto ove, in costanza del rapporto contrattuale, si avveri anche una soltanto delle seguenti condizioni: a) aumento o diminuzione della retribuzione tabellare (C.C.N.L.) da corrispondere alla manodopera impiegata, con riferimento alla data dell’offerta, che intervenga successivamente all’inizio del servizio; b) aumento o diminuzione dei costi di esercizio degli automezzi determinato con riferimento alla data dell’offerta che intervenga successivamente all’effettivo inizio del servizio; c) aumento o diminuzione dei costi del materiale di consumo conriferimento alla data dell’offerta che intervenga successivamente all’inizio del servizio; d) aumento o diminuzione dei costi di smaltimento presso discariche controllate o altri tipi di impianto (compostaggio, incenerimento, ecc.) con riferimento alla data dell’offerta che intervenga successivamente all’inizio del servizio.
La revisione di cui al punto b) dovrà risultare dai numeri indici dei prezzi Istat alla voce “prezzi al consumo- altri beni e servizi” e l’eventuale aumento di costo sarà corrisposto sul costo determinato nell’offerta”. La revisione di cui al punto d) dovrà risultare da dichiarazione dell’ente gestore dell’impianto di smaltimento circa le variazioni subite dalle tariffe e dall’esibizione di copia autentica delle fatture di pagamento. Gli aumenti revisionali intervenuti nell’anno o negli anni di riferimento saranno liquidati in un’unica soluzione, entro trenta giorni dalla richiesta documentata e il nuovo canone, determinato con le modalità indicate, avrà in ogni caso decorrenza dal primo giorno dell’anno successivo a quello in cui sarà maturato (per esempio: data decorrenza contratto 1/1/98: data maturazione revisione 31/12/98; data richiesta revisione 31/1/99; data liquidazione in unica soluzione somme maturate a titolo di revisione 28/2/99; data decorrenza del nuovo canone aggiornato 1/1/99). Il canone di appalto potrà essere altresì soggetto alle variazioni di cui al successivo art. 5”.
La ricorrente con lettera del 24/3/2003 chiedeva una prima volta il pagamento della revisione prezzi maturata dall’inizio del rapporto contrattuale.
La richiesta veniva riscontrata con tre note del Comune, con le quali la richiedente era invitata a fornire i dati contabili per l’aggiornamento del canone.
A fronte di tali inviti la ricorrente rinnovava, con istanza del 9/12/2004, la propria richiesta di revisione prezzi, ma in risposta, con nota prot. n. 1330 del 17/1/2005, il Comune ancora una volta la invitava a documentare opportunamente la domanda.
La VIRI con istanza del 6/4/2006 reiterava la richiesta di pagamento del compenso revisionale allegando l’occorrente documentazione Istat riferita alla variazione degli indici del costo del servizio di raccolta dei rifiuti, oltre ad un calcolo riepilogativo.
Il Comune ribadiva indi le richieste, in precedenza già formulate, di documentazione, la quale, pur ritenuta dalla società superflua, veniva comunque dalla medesima prodotta con lettera del 15/9/2006, con contestuale reiterazione della domanda del compenso revisionale.
Da ultimo il Comune, con nota del 12/12/06, chiedeva ulteriori dati, relativi ai costi sostenuti per i dipendenti anno per anno, e nelle more si impegnava a provvedere a calcolare la revisione per le altre voci.
Poiché, però, ciò non trovava seguito, la ricorrente con lettera del 30/3/2007 chiedeva la puntuale applicazione dell’art. 4 del contratto, domandando il compenso revisionale maturato fino al novembre 2005 per complessivi euro 1.820.502,74, più gli interessi moratori e l’ulteriore revisione frattanto maturata.
Ed essendo rimasta inevasa anche quest’ultima richiesta la VIRI proponeva il proprio ricorso giurisdizionale, con il quale svolgeva in sintesi i seguenti assunti.
La clausola revisionale contenuta nel contratto di appalto era conforme all’art. 6, comma 4, della legge n. 537/1993 (come modificato dall’art. 44 della legge n. 724/94), vigente al momento della stipula del contratto.
I criteri previsti dalla clausola, conformi anche allo spirito dell’istituto revisionale, avrebbero di conseguenza dovuto trovare applicazione per la determinazione della revisione prezzi.
Nella specie, pertanto, il responsabile del procedimento, sulla base di tale meccanismo contrattuale, avrebbe potuto procedere annualmente al riconoscimento del compenso revisionale via via maturato adeguando il canone, senza necessità di richiedere particolare documentazione alla ricorrente, in osservanza dell’obbligo imposto dall’art. 4 co. 2 del contratto di appalto.
Poiché, peraltro, l’Istat non aveva mai pubblicato la rilevazione ed elaborazione dei costi dei principali beni e servizi acquisiti dalle PP.AA., né constava avervi mai provveduto la sezione centrale dell’Osservatorio dei contratti pubblici (art. 7 del Codice dei Contratti pubblici), ad avviso della ricorrente, e secondo quanto affermato dalla giurisprudenza, si sarebbe dovuto fare riferimento all’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati mensilmente pubblicato dall’Istat, il cd. indice FOI.
In ogni caso, però, neppure di fronte all’invio della documentazione trasmessa dalla ricorrente, e nemmeno dopo l’analitica richiesta formulata dal suo difensore con lettera del 30/3/2007, il Comune aveva riconosciuto alcunché a titolo di revisione.
Resisteva al ricorso della VIRI il Comune di Policoro.
Il Tribunale adìto, con la sentenza n. 323 del 28 maggio 2009, dopo avere disatteso le eccezioni sollevate dalla difesa comunale ritenendo la propria giurisdizione, e reputando interrotta la prescrizione dalla lettera della società del 24/3/2003, accoglieva parzialmente il ricorso, stabilendo:
– che la revisione prezzi non avrebbe potuto essere riconosciuta alla VIRI per gli anni nel corso dei quali non era stata tempestivamente richiesta;
– che la prima richiesta revisionale della società, quella del 25/3/2003, per il fatto di essere del tutto generica, non poteva essere presa in considerazione ai fini dell’eventuale decorrenza della revisione;
– che le uniche istanze ammissibili sotto tale profilo erano quelle da essa presentate nel 2004, nel 2006 e nel 2007;
– che la domanda revisionale collegata ai costi di smaltimento doveva comunque essere rigettata in toto.
Il diritto della ricorrente alla revisione del canone veniva conseguentemente riconosciuto nei soli limiti esposti, con gli interessi legali.
Avverso tale pronuncia la medesima società proponeva il presente appello, articolato in tre mezzi d’impugnativa.
Il primo riguardava la decorrenza della revisione prezzi, ed era specificamente inteso ad avversare l’affermazione del primo Giudice che “se chi ha interesse non chiede tempestivamente la revisione nell’anno considerato, non può poi, in caso di istanza proposta nell’anno o negli anni seguenti, chiedere che la decorrenza della eventualmente disposta revisione comprenda pure gli anni rimasti senza richiesta.” L’appellante chiedeva riformarsi la sentenza nel senso che la decorrenza della revisione doveva iniziare sin dalla data dell’offerta e comprendere anche gli anni rimasti senza richiesta, pur con il riconoscimento degli interessi moratori soltanto dalla presentazione della domanda revisionale.
Il secondo motivo atteneva alla valenza da riconoscere alla prima domanda revisionale, quella del 25 marzo 2003. Il Tribunale l’aveva reputata del tutto generica e come tale priva di effetti, escludendo che potesse essere presa in considerazione ai fini dell’eventuale decorrenza della revisione. L’appellante con il proprio mezzo contestava tale qualificazione e le conclusioni da essa tratte dal primo Giudice.
Il terzo mezzo investiva, infine, il capo della sentenza che aveva respinto in toto la domanda revisionale collegata ai costi di smaltimento, in ragione della mancata allegazione (prevista dal contratto) delle dichiarazioni dell’ente gestore dell’impianto di smaltimento e di copia autentica delle fatture di pagamento. L’appellante sosteneva che anche tale domanda dovesse trovare accoglimento.
Resisteva all’impugnativa il Comune di Policoro, che, oltre a controdedurre rispetto ai motivi di appello avversari, spiegava anche un appello incidentale, contestando la decisione del primo Giudice con riferimento ai capi favorevoli all’avversaria.
La VIRI, a sua volta, eccepiva la tardività dell’appello incidentale comunale, e deduceva comunque l’infondatezza delle argomentazioni svolte a suo sostegno, insistendo per l’accoglimento dell’appello principale.
Alla pubblica udienza del 3 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
1 La difesa della VIRI ha fondatamente eccepito la tardività del’appello incidentale comunale.
Il medesimo, avendo ad oggetto capi della sentenza in epigrafe distinti ed indipendenti da quelli gravati in via principale dalla società, nonché immediatamente lesivi per l’Amministrazione, integra un appello incidentale c.d. improprio.
L’art. 96, comma 4, CPA ammette oggi espressamente la possibilità di un appello incidentale tardivo proposto ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ. anche su capi di sentenza autonomi rispetto a quelli investiti dal relativo appello principale. Il fatto è, però, che sotto l’impero della normativa antecedente, nella vigenza della quale l’appello in trattazione è stato spiegato e va scrutinato, la giurisprudenza amministrativa prevalente escludeva siffatta possibilità, reputando, di contro, che l’appello incidentale autonomo dovesse comunque rispettare gli ordinari termini di impugnativa (cfr. in particolare C.d.S., IV, 7 settembre 2006, n. 5196; V, 29 marzo 2010, n. 1785; 24 aprile 2009, n. 2588; VI, 17 aprile 2007, n. 1736).
La Sezione ritiene di dover fare applicazione, nella presente vicenda, del persuasivo orientamento giurisprudenziale prevalente.
Ciò posto, la sentenza oggetto d’impugnativa è stata pubblicata il 28 maggio 2009.
Per la proposizione dell’appello comunale doveva pertanto essere rispettato il termine c.d. lungo di centoventi giorni da tale pubblicazione, giusta l’art. 23 bis (comma 7, in correlazione con il precedente comma 1 lett. c), in tema di “esecuzione di servizi pubblici”) aggiunto alla legge n. 1034 del 1971 dall’articolo 4 della legge n. 205/2000.
L’appello incidentale comunale è stato tuttavia avviato alla notifica solo in data 7 dicembre 2009, e dunque -pur tenendo nel debito conto la sospensione feriale- senz’altro tardivamente.
L’appello incidentale non può quindi sfuggire ad una declaratoria di irricevibilità.
2 Venendo all’esame dell’appello principale, questo risulta fondato con riferimento al suo primo mezzo, mentre i rimanenti motivi devono essere disattesi.
3 Il primo motivo, come si è premesso, attiene alla decorrenza iniziale della revisione prezzi di spettanza della VIRI, ed è specificamente diretto ad avversare l’affermazione del primo Giudice che “se chi ha interesse non chiede tempestivamente la revisione nell’anno considerato, non può poi, in caso di istanza proposta nell’anno o negli anni seguenti, chiedere che la decorrenza della eventualmente disposta revisione comprenda pure gli anni rimasti senza richiesta.”
3a Il capo di decisione oggetto di contestazione individua il proprio fondamento, da un lato, nella previsione dell’art. 4, comma 2, del contratto, che stabilisce che il suo corrispettivo venga “annualmente” revisionato, onde la base temporale della richiesta revisionale dovrebbe essere proprio quella annuale; dall’altro, nell’esigenza di ciascuna delle parti che sia percepibile la persistente convenienza economica del contratto in corso, esigenza dalla quale discenderebbe l’onere di chi ha interesse alla revisione di mettere la controparte nella condizione di avere cognizione dell’entità della revisione richiesta e degli elementi posti a suo sostegno, in modo tale da tutelarne l’affidamento, in caso di mancata presentazione della richiesta, nella persistenza dell’equilibrio economico a base del contratto.
3b La difesa comunale, a sostegno della decisione del primo Giudice, si richiama alla previsione contrattuale dell’art. 9 ult. comma (“L’Amministrazione si riserva comunque, in ogni momento, in caso che il costo del servizio dovesse risultare eccessivo per le proprie risorse, di sciogliere il presente contratto senza che ciò costituisca titolo per l’Appaltatore di diritto a qualsiasi risarcimento, per qualsiasi motivo”), oltre a fare leva sull’art. 18, penultimo comma, del capitolato, che assegna al nuovo canone revisionato una decorrenza dal primo giorno dell’anno successivo a quello di presentazione della domanda di revisione.
3c L’appellante fa notare, per converso, che la disciplina contrattuale non contempla alcun termine decadenziale, non essendo prevista alcuna forma di sanzione per il caso della presentazione della domanda di revisione successivamente all’anno considerato.
La società soggiunge che l’interpretazione avversata comporta una sostanziale negazione del diritto al compenso revisionale pur previsto dal contratto in coerenza con l’art. 44 della legge n. 724 del 1994, sacrificando l’interesse, in primis pubblico, ad esso sotteso.
Deduce, inoltre, che il ritardo nella presentazione della domanda di revisione non danneggia la controparte, che ha anzi goduto, medio tempore, del vantaggio di corrispondere, a fronte del servizio ricevuto, un compenso inferiore alle variazioni in aumento dei prezzi di mercato già intervenute; e, soprattutto, osserva che lo stesso ritardo lascia inalterata l’esigenza primaria di assicurare il ripristino dell’equilibrio contrattuale anche per gli anni interessati.
Secondo l’appellante, quindi, la ritardata richiesta di revisione del canone potrebbe assumere rilievo unicamente per due aspetti: quello della maturazione del termine di prescrizione del diritto; quello della decorrenza degli interesse di mora, che non potrebbero maturare in assenza di domanda.
La VIRI chiede, pertanto, riformarsi la sentenza nel senso che la decorrenza della revisione dovrebbe iniziare sin dalla data dell’offerta e comprendere anche gli anni rimasti senza richiesta, pur con il riconoscimento degli interessi moratori soltanto a partire dalla presentazione della domanda revisionale.
3d La Sezione ritiene che le doglianze ed argomentazioni dell’appellante così esposte siano fondate.
La tesi di fondo dell’appellante è suffragata dagli indirizzi di questo Consiglio.
La giurisprudenza, in fattispecie analoga, muovendo dalle premesse che la legge non ha provveduto a stabilire espressamente un periodo massimo oltre il quale non sia più possibile richiedere di procedere alla revisione del prezzo, e che, nella relativa fattispecie concreta, nemmeno il contratto sottoscritto fra le parti indicava un termine (decadenziale) entro il quale la richiesta dovesse essere fatta valere, ha concluso che la stessa richiesta potesse essere effettuata “entro il termine di prescrizione stabilito per le prestazioni che devono essere rese in modo periodico, e quindi nel termine di prescrizione quinquennale dettato dall’art. 2948 n. 4) del c.c..” (così C.d.S., III, 19 luglio 2011, n. 4362; nello stesso senso, in pratica, anche III, 1° febbraio 2012, n. 504, secondo la quale “ … la parte interessata ad ottenere il compenso revisionale ha l’onere di attivarsi entro un tempo ragionevole, per provocare una decisione dell’amministrazione. Tale termine non può essere superiore a quello stabilito per la prescrizione dei diritti di credito.”). Sicché, poiché al momento della presentazione della domanda di revisione prezzi non era ancora decorso il predetto termine di prescrizione, la richiesta della società in tal caso appellante avrebbe dovuto trovare accoglimento.
Nella specie decisa da C.d.S., V, 20 agosto 2008, n. 3994, similmente, la richiesta revisionale era stata presentata solo in data 11.12.2006, dopo la scadenza del contratto stipulato il 18 giugno 1998: e nondimeno la Sezione, senza ravvisare decadenze, ha ritenuto semplicemente prescritta la parte di credito revisionale che era maturata più di cinque anni prima della richiesta.
Sempre in senso favorevole all’appellante, si deve rilevare che non solo il contratto tra le parti in epigrafe non contempla per la richiesta revisionale dei termini decadenziali, ma il suo l’art. 4 sembra espressamente ammettere la possibilità che la richiesta di revisione investa un arco di tempo maggiore di quello annuale, là dove esso recita : “Gli aumenti revisionali intervenuti nell’anno o negli anni di riferimento, saranno liquidati in un’unica soluzione, entro trenta giorni dalla richiesta documentata …” (periodo, questo, che precede e supera quello riproduttivo dell’art. 18, penultimo comma, del capitolato, invocato invece dalla difesa municipale).
Non vale, d’altra parte, addurre il carattere “annuale” della revisione. Questo sta ad indicare che la misurazione della dinamica dei costi va compiuta, appunto, su base annuale, ma di per se stesso non impone termini di decadenza per la presentazione della relativa richiesta.
Quanto al richiamo di controparte alla tutela dell’equilibrio economico del contratto, è agevole osservare che è la lettura comunale, semmai, a mettere a repentaglio tale equilibrio, il quale, come fa notare l’appellante, non può essere mantenuto a detrimento dell’interesse, in primis pubblico, sul quale poggiano, in materia, l’operatività dell’istituto revisionale e la valenza imperativa ad esso comunemente riconosciuta. Lo scopo principale dell’istituto nel settore, infatti, secondo le indicazioni giurisprudenziali, è quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni (C.d.S., V, 2 novembre 2009, n. 6709; 20 agosto 2008, n. 3994).
In definitiva, quindi, l’argomento dell’affidamento riposto dall’Ente sull’invarianza del corrispettivo contrattuale non può che cedere il passo all’interesse dell’impresa a vedere regolarmente applicato il meccanismo revisionale previsto, pretesa a sua volta sorretta dalla valenza imperativa che il relativo istituto riveste anche nell’interesse pubblico.
3e Questo primo motivo d’appello deve pertanto trovare accoglimento, unitamente al corrispondente profilo del ricorso di primo grado, con la condanna del Comune ai relativi maggiori adempimenti anche in punto di interessi, decorrenti dalle pertinenti domande di parte.
4 Il secondo motivo di gravame non merita invece adesione.
Ne forma oggetto il valore giuridico da attribuire alla prima domanda revisionale presentata dall’impresa, quella del 24-25 marzo 2003.
Il Tribunale ha reputato tale domanda del tutto generica, ed ha conseguentemente escluso che essa potesse essere presa in considerazione ai fini dell’eventuale decorrenza della revisione.
L’appellante, con il proprio secondo mezzo, contesta tale qualificazione e le conclusioni da essa tratte dal primo Giudice.
Il punto, a seguito dell’accoglimento del precedente motivo d’appello, e stante la reiezione da parte del T.A.R. (rimasta inappellata) dell’eccezione comunale di prescrizione, vede ridimensionata la propria iniziale rilevanza, che ormai si esaurisce sul terreno della decorrenza degli interessi moratori.
Fatta questa precisazione, la Sezione osserva che la valutazione del Tribunale deve essere confermata.
Il primo Giudice, dopo avere rimarcato che la richiesta revisionale dell’impresa, a norma dell’art. 9, penultimo periodo, del contratto, avrebbe dovuto essere “documentata”, ha rilevato come la prima richiesta della VIRI fosse, di contro, oltre che priva di allegazioni documentali, “del tutto generica”.
L’atto, invero, nel formulare domanda “della revisione prezzi maturata” senza quantificarne in alcun modo l’entità, faceva riserva di una “prossima” notificazione al Comune dei “relativiconteggi”, al momento ancora “in corso di redazione”.
Come ricorda il T.A.R., l’Amministrazione ha quindi sollecitato senza indugio, e reiteratamente, la trasmissione dei preannunziati conteggi, dapprima con nota del 15/4/2003, e indi con successive del 3/2/2004 ed ancora del 23/3/2004, senza che i medesimi le venissero però trasmessi, se non quasi due anni dopo.
Ciò posto, la tesi svolta dall’appellante è che ai fini dell’avvio del procedimento revisionale a carico dell’Amministrazione sia sufficiente che venga presentata un’istanza a ciò rivolta, in quanto sulla parte pubblica incomberebbe il dovere di procedere anche d’ufficio alla relativa istruttoria, pur in carenza di conteggi del privato.
La Sezione deve però escludere che l’istanza in discussione possa esser presa in utile considerazione ai fini della decorrenza della revisione, e segnatamente dei correlativi interessi.
Tanto sia alla luce degli oneri di documentazione che la disciplina contrattuale inequivocabilmente poneva a carico dell’impresa, e che con la presentazione della mera istanza in esame non potevano dirsi in alcun modo assolti, sia in ragione dello specifico tenore dell’istanza medesima, con la quale il privato, lungi dal costituire in mora il Comune intimando ad esso di fare alcunché, lo induceva in posizione di passiva, giustificata attesa, rappresentando che i suoi conteggi gli sarebbero stati “prossimamente notificati”.
Al tempo dell’atto, dunque, non era ascrivibile al Comune un ritardo imputabile, e, del resto, il credito revisionale era ancora illiquido.
Da qui l’inconsistenza della seconda doglianza di parte appellante.
5 Anche l’ultimo motivo di appello è privo di fondamento.
Il mezzo investe il capo della sentenza che ha respinto in toto la domanda revisionale collegata ai costi di smaltimento, stante la mancata allegazione alle istanze della richiedente (secondo quanto prescriveva il contratto) delle dichiarazioni dell’ente gestore dell’impianto di smaltimento e di copia autentica delle fatture di pagamento.
Sul punto il T.A.R. ha rilevato, infatti, che “la ricorrente non ha soddisfatto le prescrizioni della clausola contrattuale che imponeva che l’aumento dei costi di smaltimento presso discariche o altri tipi di smaltimento dovesse risultare da dichiarazioni dell’ente gestore dell’impianto di smaltimento circa le variazioni subite dalle tariffe e dall’esibizione di copia autenticata delle fatture di pagamento”.
Con il proprio appello la VIRI deduce che, “pur non essendo stati prodotti tali documenti nel procedimento, tuttavia ben avrebbe potuto l’amministrazione acquisire le occorrenti notizie anche d’ufficio, trattandosi di gestori pubblici”. Viene soggiunto, inoltre, che in sede giudiziaria essa ricorrente aveva prodotto comunque tutte le fatture occorrenti, con la conseguenza che il Giudice adìto avrebbe ben potuto verificare direttamente la sussistenza dei presupposti per la revisione anche rispetto ai costi di smaltimento, dei quali era stata offerta la documentazione.
E’ però fin troppo chiaro che, in presenza di una disciplina contrattuale che esigeva sul punto una richiesta di parte puntualmente documentata da sottoporre all’istruttoria tecnica comunale, e poneva così a carico dell’impresa il relativo onere di procedibilità, ferma la successiva libertà del privato di contestare in giudizio, in seguito, le determinazioni assunte dagli uffici amministrativi causacognita, non può che giudicarsi privo di pregio l’odierno tentativo dell’appellante di ribaltare sulla controparte pubblica lo stesso onere documentale in patente contrasto con la disciplina vigente tra le parti.
E la medesima conclusione non può non valere anche rispetto all’argomento che la documentazione occorrente sarebbe stata comunque da essa VIRI prodotta –non preventivamente, come dovuto, bensì, persaltum, solo- direttamente in questa sede giudiziaria, modus procedendi parimenti incompatibile con la normativa contrattuale.
Prima di invocare, invero, la tutela giurisdizionale di un credito attraverso le possibili azioni di accertamento e condanna, non pare dubbio che questo debba essere fatto valere dal suo titolare nei confronti della propria controparte sostanziale nei modi previsti dalla disciplina contrattuale convenuta.
Le ragioni addotte a base di quest’ultimo motivo d’appello si rivelano dunque inidonee a confutare la decisione in epigrafe.
6 In conclusione, mentre l’appello incidentale comunale deve essere dichiarato irricevibile, quello principale può essere accolto limitatamente al suo primo mezzo, dovendone essere invece disattesi i due restanti.
Stante la reciprocità della soccombenza, le spese di lite del doppio grado possono essere equitativamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così provvede:
– dichiara irricevibile l’appello incidentale;
– accoglie l’appello principale limitatamente al suo primo motivo, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie il corrispondente profilo del ricorso di primo grado e condanna il Comune ai relativi maggiori adempimenti;
– respinge i restanti motivi di appello.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)