Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 3415 | Data di udienza: 4 Maggio 2017

* APPALTI – Conflitto di interesse – Art. 42, c. 2 d.lgs. n. 50/2016 – Nozione di “personale” – Organi e uffici direttivi – Rientrano.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Luglio 2017
Numero: 3415
Data di udienza: 4 Maggio 2017
Presidente: Severini
Estensore: Perotti


Premassima

* APPALTI – Conflitto di interesse – Art. 42, c. 2 d.lgs. n. 50/2016 – Nozione di “personale” – Organi e uffici direttivi – Rientrano.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 11 luglio 2017, n. 3415


APPALTI – Conflitto di interesse – Art. 42, c. 2 d.lgs. n. 50/2016 – Nozione di “personale” – Organi e uffici direttivi – Rientrano.

L’espressione “personale” di cui 42, comma 2 del d.lgs. 50 del 2016 va riferita non solo ai dipendenti in senso stretto (ossia, i lavoratori subordinati) dei soggetti giuridici ivi richiamati, ma anche a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di validamente impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l’attività esterna. Diversamente, si entrerebbe nella contraddizione di escludere dalla portata della norma – dalla manifesta funzione preventiva – proprio quei soggetti che più di altri sono in grado di condizionare l’operato dei vari operatori del settore (pubblici e privati) e dunque si darebbe vita a situazioni di conflitto che la norma vuol prevenire, ossia i componenti degli organi di amministrazione e controllo. Invero, se la norma sul conflitto di interessi si applica sicuramente ai dipendenti “operativi”, a maggior ragione andrà applicata anche agli organi ed uffici direttivi e di vertice (nonché ai dirigenti e amministratori pubblici), come si evince proprio dal richiamo all’art 7 del d.P.R. n. 62 del 2013, per indicare le ampie categorie di soggetti cui fare riferimento.

(Conferma T.A.R. Abruzzo, Pescara, n. 21/2017) – Pres. Severini, Est. Perotti  – C. società cooperativa (avv.ti Alfarano e Grippo) c. Società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (avv. De Carolis)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 11 luglio 2017, n. 3415

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 11 luglio 2017, n. 3415

Pubblicato il 11/07/2017

N. 03415/2017REG.PROV.COLL.
N. 00345/2017 REG.RIC.
N. 00364/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 345 del 2017, proposto da:
Società Cattolica di Assicurazione – società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Alfarano ed Emanuele Grippo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

contro

Società Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Diego De Carolis, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

nei confronti di

TUA – Società Unica Abruzzese di Trasporto s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Referza, con domicilio eletto presso lo studio legale Antonio Ruggero Bianchi in Roma, via Leonardo Greppi, 77;
Società Cattolica di Assicurazione – società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Alfarano ed Emanuele Grippo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

sul ricorso numero di registro generale 364 del 2017, proposto da:
TUA – Società Unica Abruzzese di Trasporto s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pietro Referza, con domicilio eletto presso lo studio legale Antonio Ruggero Bianchi in Roma, via Leonardo Greppi, 77;

contro

Società Unipolsai Assicurazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Diego De Carolis, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

nei confronti di

Dughera Assicurazioni Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Mariani, domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
Società Cattolica di Assicurazione – società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Alfarano ed Emanuele Grippo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Gesti.Ass. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Bruno, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Savoia, 31;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Abruzzo – Sez. Staccata di Pescara, Sezione I, n. 00021/2017, resa tra le parti, concernente procedura aperta per l’affidamento dei servizi assicurativi RCA ed all risks di TUA s.p.a.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e della Società Unipolsai Assicurazioni s.p.a., nonché di Dughera Assicurazioni Group s.r.l. e di Società Cattolica di Assicurazione – società cooperativa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Alfarano e De Carolis, nonché Ruggiero Bianchi per delega di Referza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

Risulta dagli atti che la società Unipolsai Assicurazioni s.p.a., seconda classificata in gara, impugnava i verbali della procedura aperta per l’affidamento, con il metodo del prezzo più basso, dei servizi assicurativi RCA ed “all risks” di TUA s.p.a. (Società Unica Abruzzese di Trasporto), indetta con bando pubblicato in GUCE del 6 maggio 2016, n. 88.

Con ricorso per motivi aggiunti, la stessa estendeva il gravame al provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore della società Cattolica Assicurazioni s.p.a., risultata prima classificata.

La ricorrente eccepiva, tra l’altro, che tra la Gesti.Ass. S.r.l – ossia il broker incaricato dalla società pubblica TUA del servizio di consulenza e redazione e/o collaborazione nel predisporre gli atti di gara – e la Cattolica Assicurazioni vi sarebbero stati legami dovuti ai componenti delle due compagini societarie.

Denunziava, in pratica, l’esistenza di un conflitto di interessi (sanzionato con l’obbligo di esclusione) tra il broker incaricato dalla stazione appaltante della predisposizione degli atti di gara e l’aggiudicataria.

Da ciò deduceva una violazione degli artt. 42 e 80 del d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) codice, con conseguente obbligo di esclusione della medesima società dalla gara e successiva aggiudicazione ad Unipolsai.

La ricorrente sottoponeva all’attenzione del giudice, in particolare, alcuni rapporti personali e societari tra l’organo di amministrazione del broker Gesti.Ass. s.r.l. e quello di un’agenzia generale di Cattolica Assicurazioni (Dughera Assicurazioni Group s.r.l.), la quale, verosimilmente, sarebbe risultata beneficiaria delle provvigioni dell’appalto in questione, atteso che materialmente avrebbe rilasciato le relative polizze e gestito sul territorio il rapporto assicurativo, curando l’esecuzione del contratto di servizio.

Nello specifico, veniva allegato che tra i tre membri del consiglio di amministrazione di Dughera s.r.l. erano presenti, oltre a tale Dughera Chiara, anche l’amministratore unico e socio maggioritario (con il 98,33%) della società Fel Fin s.r.l., detenente il 76% delle quote del broker Gesti.Ass s.r.l. (e di cui era membro del consiglio di amministrazione), ossia Dughera Gianfilippo, e Giudo Ciuffo, qualificato come delegato di Cattolica. Il che, ad avviso della ricorrente, avrebbe dimostrato l’esistenza di legami – oltre che di vere e proprie identità soggettive – tra alcuni componenti del consiglio di amministrazione di Dughera s.r.l. – agente della concorrente aggiudicataria Cattolica – e del consiglio di amministrazione del broker Gesti.Ass s.r.l., che aveva concorso alla preparazione degli atti di gara.

Nel costituirsi in giudizio, la stazione appaltante deduceva che dai rapporti rilevati dalla ricorrente non sarebbe comunque potuto derivare alcun vantaggio competitivo a favore dell’aggiudicataria Cattolica Assicurazioni, stante il sistema meccanico (prezzo più basso) di aggiudicazione prescelto ed il notevole ribasso di prezzo operato dalla suddetta società. Riconosceva inoltre che il broker Gesti.Ass s.r.l. aveva partecipato ai lavori preparatori dell’appalto pubblico come proprio consulente, scelto sulla base di una di procedura selettiva specifica (cfr. pag. 2 della relativa memoria di costituzione).

Da parte sua, la società Cattolica Assicurazioni riconosceva, nei propri scritti difensivi, che Dughera Assicurazioni s.r.l. era un proprio agente generale, né contestava i rapporti societari e familiari esistenti tra la relativa compagine gestionale e quella del broker incaricato della predisposizione di parte degli atti di gara: deduceva però che tali circostanze, nel caso di specie, non integrassero alcuna ipotesi di incompatibilità prevista dalla legge.

Il Tribunale amministrativo dell’Abruzzo accoglieva infine il ricorso, con sentenza 9 gennaio 2017, n. 21, annullando conseguentemente i provvedimenti impugnati e dichiarando inefficace il contratto nelle more stipulato con la società Cattolica Assicurazioni, con conseguente diritto al subentro della ricorrente Unipolsai s.p.a.

Avverso tale decisione interponevano due distinti appelli sia l’aggiudicataria Cattolica Assicurazioni che la stazione appaltante, deducendone l’illegittimità.

La prima formulava due articolati motivi di ricorso, aventi ad oggetto:

1) errore sui presupposti e travisamento dei fatti in relazione alla denunciata violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 con riferimento alla affermata sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla norma per poter configurare il denunciato conflitto di interessi;

2) errore sui presupposti e travisamento dei fatti, nonché violazione dell’art. 122 del d.lgs. n. 104 del 2010 con riferimento al disposto subentro di Unipolsai nel contratto.

La stazione appaltante deduceva a sua volta, nel proprio atto di appello, i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione dell’art. 42 d.lgs. 50/2016: il broker Gesti.Ass s.r.l. non è prestatore di servizi;

2) Violazione dell’art. 42 d.lgs. 50/2016: violazione dei principi comunitari di proporzionalità e di parità di trattamento.

Si costituivano in giudizio sia Unipolsai s.p.a., che chiedeva la reiezione degli appelli, sia – ad adiuvandum di TUA (formalmente, in opposizione di terzo) – Gesti.Ass s.r.l., che patrocinava l’accoglimento del relativo gravame.

DIRITTO

Preliminarmente all’esame, nel merito, degli specifici motivi d’appello, va innanzitutto disposta la riunione dei gravami separatamente proposti da Cattolica Assicurazioni e da TUA, riferendosi entrambi alla medesima sentenza.

Per ragioni di ordine logico, vanno esaminate per prime le ragioni di impugnazione di Cattolica Assicurazioni s.p.a.

Quest’ultima, come si è detto, era stata esclusa dalla gara per effetto della sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto sussistere una particolare situazione di “conflitto di interesse” nascente dai particolari rapporti (societari e personali) tra la compagnia di assicurazione, il suo agente generale territorialmente competente per l’esecuzione del servizio oggetto della gara (in caso di aggiudicazione) ed una terza società – di fatto posseduta da quest’ultimo – a suo tempo incaricata di redigere i Capitolati di gara.

Con il primo – e principale – motivo di appello, Cattolica Assicurazioni nega la sussistenza, nel caso di specie, di una situazione di “conflitto di interesse” rilevante ai sensi dell’art. 42, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice degli appalti pubblici).

Invero, sulla premessa che “Il T.A.R. Pescara […], tra tutti i soggetti a vario titolo richiamati da Unipolsai nel proprio ricorso, ha ritenuto che integrassero la denunciata situazione di conflitto di interessi esclusivamente il Signor Gianfilippo Dughera, nella sua qualità di consigliere di amministrazione della società Dughera Assicurazioni Group S.r.l. e della società di Broker Gesti. Ass S.r.l. e il Signor Guido Ciuffo nella sua mera veste di Amministratore delegato di Dughera Assicurazioni Group S.r.l.”, eccepisce che “mentre con riferimento al Dughera Gianfilippo difettano all’evidenza i presupposti di natura soggettiva ed oggettiva previsti dalla norma sopra citata, come meglio evidenziato infra (I.2, I.2.1, I.2.2), la norma non può trovare applicazione nei confronti di Guido Ciuffo, neppure a voler seguire l’errata interpretazione sostenuta dal T.A.R., non avendo quest’ultimo alcun tipo di rapporto (né familiare, né societario, né di altro genere) con il Broker Gesti. Ass S.r.l. […] è, infatti, evidente che il Signor Guido Ciuffo, nella sua veste di Amministratore Delegato della Dughera Assicurazioni Group S.r.l. e di mero incaricato di Cattolica a presenziare solo alle sedute pubbliche di apertura delle buste della Gara, non solo non è inquadrabile tra il “personale” di TUA (e ciò è ovvio) né del Broker da quest’ultima incaricato, ma, nemmeno riveste alcuna carica all’interno dell’organo di amministrazione del Broker né di Cattolica, e ciò qualora si accedesse alla più ampia e, per quanto si dirà infra, errata accezione sostenuta dal T.A.R. Pescara.

Pertanto, con riferimento a tale soggetto, in nessun modo poteva configurarsi il rilevato conflitto di interessi, venendo a mancare il presupposto fondante della norma, ovverosia la sussistenza di un qualunque rapporto dello stesso con il personale della Stazione appaltante o del Broker”.

Decisiva, per l’appellante, sarebbe la circostanza che “nessuno dei due soggetti che, secondo il T.A.R. Pescara, verserebbero in detta situazione di conflitto (Gianfilippo Dughera e Guido Ciuffo) riveste pacificamente la qualifica di “personale” del Broker Gesti Ass. S.r.l.”.

Inoltre, sostiene sempre l’appellante, erroneamente il Tribunale amministrativo dell’Abruzzo avrebbe esteso il significato letterale della norma (la quale, testualmente, si riferisce al “personale” della stazione appaltante o di un prestatore di servizi da questa incaricato), così da ricomprendervi pure quei “soggetti che «…rivestendo un’influente posizione sociale o di gestione amministrativa, hanno giocoforza un maggior interesse finanziario, economico o altro interesse personale»”.

In effetti,“A parte l’ovvia impossibilità di ampliare il novero delle fattispecie sanzionatorie che, come noto, hanno natura tassativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3956), la norma, riferendosi espressamente al “personale”, può trovare esclusiva applicazione nei riguardi dei “dipendenti”, perché questi sono i soli soggetti che intervengono materialmente sugli atti di gara, mentre i Consiglieri di amministrazione non svolgono alcuna mansione tecnica e, per questo motivo, la norma non è a questi ultimi riferibile”.

Le considerazioni dell’appellante non appaiono persuasive.

L’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, n. 50 prevede che “Si ha conflitto di interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della Stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, ha direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, 62”.

A sua volta, il richiamato art. 7 d.P.R. n. 62 del 2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), rubricato “Obbligo di astensione”, stabilisce che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

In ragione altresì di uno specifico rilievo di parte appellante, è appena il caso di ricordare, in via incidentale, che l’art. 24 della direttiva 2014/24/UE (cui il predetto art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016 dà attuazione), non sembra dettare una disciplina univoca del “conflitto di interesse”, ma indica solamente una soglia minima di contenuto e tutela: “Gli Stati membri provvedono affinché le amministrazioni aggiudicatrici adottino misure adeguate per prevenire, individuare e porre rimedio in modo efficace a conflitti di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.

Il concetto di conflitti di interesse copre almeno i casi in cui il personale di un’amministrazione aggiudicatrice o di un prestatore di servizi che per conto dell’amministrazione aggiudicatrice interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti o può influenzare il risultato di tale procedura o ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto”.

La fattispecie descritta dall’art. 42, comma 2 del d.lgs. 50 del 2016 ha portata generale, come emerge dall’uso della locuzione “in particolare”, riferita alla casistica di cui al richiamato art. 7 d.P.R. n. 62 del 2013, avente dunque mero carattere esemplificativo.

Ritiene il Collegio – considerate anche le finalità generali di presidio della trasparenza e dell’imparzialità dell’azione amministrativa – che bene il primo giudice abbia ritenuto che l’espressione “personale” di cui alla norma in questione vada riferita non solo ai dipendenti in senso stretto (ossia, i lavoratori subordinati) dei soggetti giuridici ivi richiamati, ma anche a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di validamente impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l’attività esterna.

Diversamente, si entrerebbe nella contraddizione di escludere dalla portata della norma – dalla manifesta funzione preventiva – proprio quei soggetti che più di altri sono in grado di condizionare l’operato dei vari operatori del settore (pubblici e privati) e dunque si darebbe vita a situazioni di conflitto che la norma vuol prevenire, ossia i componenti degli organi di amministrazione e controllo.

Invero, se la norma sul conflitto di interessi si applica sicuramente ai dipendenti “operativi”, a maggior ragione andrà applicata anche agli organi ed uffici direttivi e di vertice (nonché ai dirigenti e amministratori pubblici), come si evince proprio dal richiamo all’art 7 del d.P.R. n. 62 del 2013, per indicare le ampie categorie di soggetti cui fare riferimento.

Nella specie, risulta dagli atti che un componente del consiglio di amministrazione della Gesti.Ass s.r.l. (Dughera Gianfilippo) fosse altresì membro del consiglio di amministrazione della Dughera Assicurazioni Group s.r.l., agenzia generale della Cattolica Assicurazioni s.p.a..

Lo stesso Dughera Gianfilippo risulta, a sua volta, amministratore unico e socio maggioritario (con il 98,33%) della società Fel Fin s.r.l., che deteneva il 76% delle quote del broker Gesti.Ass s.r.l..

Per effetto di tali partecipazioni societarie, appare difficile contestare che il Dughera Gianfilippo esercitasse il controllo della Gesti.Ass s.r.l., la quale, come si è detto, aveva svolto per conto della stazione appaltante il servizio – fondamentale, ai fini dell’appalto di cui trattasi – di predisposizione dei Capitolati di gara (apportando, rispetto ai precedenti, anche modifiche significative come l’eliminazione della franchigia).

Risulta dagli atti processuali che la stessa società avrebbe inoltre fornito chiarimenti durante i termini per presentare le domande di partecipazione e, tramite suo rappresentante, come da verbali di gara, avrebbe pure presenziato all’apertura delle buste.

Ciò premesso, i legami personali e societari tra i soggetti coinvolti nella vertenza apparivano articolati, e precisamente:

il sig. Ciuffo Guido (delegato della Società Cattolica a presenziare alle sedute della gara su cui si controverte) era nipote di Dughera Gianfilippo, come rilevato (e non contestato) nella memoria di costituzione in appello di Unipolsai. Lo stesso era anche amministratore delegato della Dughera Assicurazioni Group s.r.l.;

la Dughera Assicurazioni Group era agenzia generale di Cattolica Assicurazioni s.p.a., come si evince dall’estratto del RUI tenuto dall’IVASS; inoltre, l’organo amministrativo della Dughera Assicurazioni Group s.r.l era composto, oltre che dal Ciuffo Guido, dalla sig.ra Dughera Chiara (figlia di Dughera Gianfilippo), quale presidente del consiglio di amministrazione, e dal medesimo Dughera Gianfilippo, vicepresidente del consiglio di amministrazione.

lo stesso Dughera Gianfilippo era poi procuratore della società Dughera Assicurazioni Group s.r.l., agenzia generale della società Cattolica di Assicurazioni, con procura del 27 aprile 2009;

l’organo di amministrazione del broker Gesti.Ass. s.r.l. era composto da Carini Maria Rosaria (presidente del consiglio di amministrazione), Bandini Marco (amministratore delegato), nonché Dughera Gianfilippo (consigliere di amministrazione). Gesti.Ass. s.r.l. era partecipata al 24% dalla sig.ra Carini Maria Rosaria (moglie del Dughera Gianfilippo) ed al 76% da Fel. Fin. s.r.l. Quest’ultima, come già detto, era a sua volta partecipata per l’1,67% dalla medesima Carini Maria Rosaria e, per l’ulteriore 98,33%, dal Dughera Gianfilippo, che ne era pure amministratore unico.

Alla luce di quanto sopra esposto, non pare revocabile in dubbio che vi fosse una stretta correlazione tra la Dughera Assicurazioni Group s.r.l. – agente generale dell’aggiudicataria Cattolica Assicurazioni s.p.a. – e la Gesti.Ass s.r.l., in precedenza incaricata di predisporre parte degli atti di gara.

A sua volta, a rimarcare lo stretto rapporto tra la suddetta società Dughera e l’aggiudicataria Cattolica Assicurazioni s.p.a., nel caso di specie, vi è la circostanza – del pari incontestata – che la seconda aveva ritenuto più opportuno nominare, quale delegato a rappresentarla nella gara in esame, non un suo dipendente, bensì proprio l’amministratore (delegato) della Dughera Assicurazioni Group s.r.l. (il Ciuffo Giudo).

La società appellante sostiene inoltre che l’interpretazione della fattispecie accolta in sentenza sarebbe incompatibile con la previsione di cui al successivo art. 67 d.lgs. n. 50 del 2016 che, a quel punto, “non avrebbe ragione di esistere, posto che l’art. 42, nella interpretazione estensiva del Giudice di primo grado, ne attrarrebbe completamente il campo di applicazione”.

Da ciò vien fatta discendere, in ragione del principio di non contraddizione dell’ordinamento giuridico, l’illegittimità (o, comunque, l’erroneità) della stessa.

Tale deduzione risulta però inammissibile, essendo stata formulata per la prima volta nel giudizio di appello.

In ogni caso, non appare comunque fondata, attesa la diversità di presupposti delle due norme (l’art. 67, che recepisce l’art. 41 della direttiva 2014/24/UE, in materia di partecipazione precedente di candidati o offerenti, andrebbe infatti letto in stretta correlazione con il precedente art. 66, relativo alla particolare ipotesi della consultazione di mercato per la preparazione dell’appalto), non richiedendosi, in particolare, il profilo di interesse che caratterizza la fattispecie di cui all’art. 42.

Per l’effetto, deve respingersi il primo motivo di appello e confermarsi, sul punto, la sentenza impugnata.

Con il secondo motivo di appello Cattolica Assicurazioni s.p.a. deduce invece l’illegittimità, per difetto di motivazionee, dell’aggiudicazione diretta disposta, in sentenza, a favore di Unipolsai s.p.a.

Ciò in quanto la stessa sarebbe avvenuta, a suo avviso, in modo pressoché automatico, senza dare affatto conto dell’esistenza di un interesse pubblico a preferire, comunque, l’offerta comportante il minor costo per l’amministrazione.

L’art. 122 Cod. proc. amm., viene ricordato, “riconosce al Giudice amministrativo, che annulla l’aggiudicazione, il potere di stabilire, nei casi di minor gravità dei vizi riscontrati, se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità, per il ricorrente, di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta”.

Poiché, a detta dell’appellante, il prezzo da essa offerto sarebbe stato inferiore di circa 2.100.000,00 euro rispetto a quello della controinteressata, “il Giudice di prime cure nel permettere a Unipolsai “automaticamente” e senza minimamente considerare l’interesse pubblico vantato da TUA a contenere i costi di esecuzione dell’appalto, ha omesso di effettuare il necessario contemperamento degli interessi in gioco espressamente impostogli dall’art. 122 sopra citato.

Né il T.A.R. si è preoccupato di considerare che, così statuendo, avrebbe inevitabilmente sacrificato l’interesse pubblico di TUA a far eventualmente valere la facoltà che si era espressamente riservata con l’art. 23 del Bando di gara di non procedere alla stipula del contratto anche “«qualora intervenga l’aggiudicazione definitiva»”.

Anche tale motivo di gravame non appare fondato.

Va infatti detto, in primo luogo, che l’affermazione per cui il giudice di prime cure non avrebbe effettuato le necessarie ed opportune valutazioni nell’optare per l’aggiudicazione in favore di Unipolsai s.p.a. è generica e indimostrata. E’ del resto dubbio che, nel caso di specie, possa darsi per scontata l’applicabilità dell’art. 42, comma 2 cit., difficilmente potendosi ricondurre la fattispecie del “conflitto di interessi” nel novero dei vizi “di minor gravità”, ai quali soli si applica lo speciale regime di cui trattasi.

Inoltre, risulta dagli atti che, nel caso di specie, la stessa stazione appaltante aveva autolimitato la propria discrezionalità di valutazione, scegliendo il criterio automatico del massimo ribasso e prevedendo la copertura della spesa per il triennio, rinnovabile.

Essendo pervenute solo due offerte, una delle quale avrebbe dovuto alla fine essere scartata, non emergono degli evidenti ostacoli a che il giudice, scrutinando il rapporto alla luce degli atti e dei motivi di ricorso, potesse statuire nei termini in cui ha provveduto.

E’ appena il caso, infine, di rilevare l’inammissibilità – per genericità e carenza di interesse – dell’ulteriore, residuale profilo di censura, per cui il Tribunale amministrativo adito, “così statuendo, avrebbe inevitabilmente sacrificato l’interesse pubblico di TUA a far eventualmente valere la facoltà che si era espressamente riservata con l’art. 23 del Bando di gara di non procedere alla stipula del contratto”.

Da un lato, infatti, non stati neppure indicati i presupposti di fatto e di diritto in presenza dei quali, nel caso in esame, si sarebbe dovuto far ricorso a tale rimedio; dall’altro si tratterebbe di una doglianza, al più, pertinente la sola stazione appaltante.

Né, significativamente, quest’ultima ha sollevato tale censura nel proprio atto d’appello, non ritenendo evidentemente sussistere il relativo vulnus.

Conclusivamente, l’appello della società Cattolica Assicurazioni s.p.a. va respinto.

Passando all’appello proposto da TUA – Società Unica Abruzzese di Trasporto s.p.a., la suddetta stazione appaltante deduce, quale primo motivo di gravame, che illegittimamente la sentenza appellata considera “i signori Dughera e Ciuffo, e le compagini menzionate nella sentenza del TAR […] “personale … di un prestatore di servizi”, nel senso in cui ne discorre l’art. 42: l’espressione utilizzata dal legislatore “prestatore di servizi”, dal significato lasco, affida all’interprete il compito di valutare in concreto la soglia di ingerenza nello svolgimento della procedura di aggiudicazione, oltre la quale l’esecuzione di prestazioni comunque legate al procedimento selettivo del contraente possa determinare eventuali vantaggi competitivi”.

La questione è già stata affrontata in precedenza – in termini generali – nel senso opposto a quello propugnato dall’appellante, il cui gravame, sul punto, andrà pertanto respinto.

Con secondo motivo di impugnazione, TUA sostiene che la valutazione del presunto conflitto di interessi contenuta in sentenza sarebbe formalistica ed astratta, laddove un tale giudizio avrebbe dovuto essere invece condotto in concreto: nella specie, ad avviso dell’appellante, il primo giudice non avrebbe tenuto conto di una serie di riscontri fattuali, dai quali emergerebbe invece l’impossibilità di configurare la fattispecie di cui all’art. 42, comma 2 Codice degli appalti.

Presupposto di tale ragionamento è che “Gesti. Ass. non ha preso parte alla procedura di aggiudicazione, avendo svolto un’attività marginale, esterna e prodromica rispetto al procedimento selettivo in senso stretto (appunto, la procedura di aggiudicazione dell’appalto), di mera revisione formale dei capitolati assicurativi precedenti, rimasti peraltro sostanzialmente invariati […]; ed ulteriormente controllati, modificati ed approvati dall’apparato burocratico della società”.

Quindi, evidenzia la stazione appaltante, ove si consideri che il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, in quanto automatico, prescinde da valutazioni di carattere tecnico / finanziario dell’offerta, dovrebbe necessariamente concludersi che “in alcun modo il soggetto in potenziale conflitto di interessi ha precostituito le condizioni per alterare la par condicio dei concorrenti, influenzare le valutazioni della commissione o comunque condizionare gli esiti della gara. Né qualcuno ha adombrato il contrario e lo stesso TAR discorre di un conflitto di interessi che si configura in una prospettiva di pura astrazione”.

Inoltre, sempre ad avviso della stazione appaltante, l’apporto professionale concretamente fornito dal broker Gesti.Ass s.r.l. non sarebbe stato particolarmente rilevante: “Le uniche differenze sostanziali tra la disciplina negoziale che regolamenta i rapporti con l’aggiudicataria della gara contestata, e quella precedente concordata con la ricorrente, sembrano concernere esclusivamente la misura del massimale (elevato da € 10.000.000,00 ad € 15.000.000,00) e l’eliminazione della franchigia di € 1.650,00 per sinistro”, differenze poste non a beneficio di qualche concorrente, bensì nell’interesse pubblico “alla salvaguardia delle risorse finanziarie” e, comunque, “prive di incidenza sulla precostituzione di condizioni idonee a corrompere il lineare funzionamento del confronto concorrenziale”.

In sintesi, il giudice di prime cure non avrebbe svolto alcuna verifica – in concreto – circa l’effettiva lesività del riscontrato conflitto di interesse, limitandosi ad una sua valutazione in termini puramente astratti.

L’argomentazione dell’appellante non pare fondata.

Seppur sia riferito al previgente sistema normativo in materia di contratti pubblici, costituito dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e dal d.P.R. 10 dicembre 2010, n. 207, dove non vi era una specifica disciplina del conflitto di interessi, il Collegio ritiene di poter fare applicazione, in quanto non contraddetto dalla disciplina attualmente vigente, del costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 19 settembre 2006, n. 5444) per cui “le situazioni di conflitto di interessi, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite”.

Per l’effetto, al di là delle singole disposizioni normative, ogni situazione che determini un contrasto, anche solo potenziale, tra il soggetto e le funzioni attribuitegli, deve comunque ritenersi rilevante a tal fine: invero, secondo consolidata giurisprudenza, “ogni Pubblica Amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione, al principio generale di imparzialità e di trasparenza ex art. 97 Cost. (Cons. Stato, sez. IV, 7 ottobre 1998, n. 1291; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giur., 26 aprile 1996, n. 83; Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 1995, n. 775), tanto che le regole sull’incompatibilità, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della Pubblica Amministrazione ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o non un risultato illegittimo (Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2004, n. 563)”.

Ritiene il Collegio che in quest’ottica si collochi, senza soluzione di continuità, il principio adesso normativamente espresso dall’art. 42, comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016.

In effetti, le ipotesi ivi previste (in termini generali ed astratti) si riferiscono a situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta nell’esercizio del potere decisionale. Si verificano quando il “dipendente” pubblico (ad esempio, il Rup ed i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale, esecuzione contratto e collaudi) ovvero colui (anche un soggetto privato) che sia chiamato a svolgere una funzione strumentale alla conduzione della gara d’appalto, è portatore di interessi della propria o dell’altrui sfera privata, che potrebbero influenzare negativamente l’esercizio imparziale ed obiettivo delle sue funzioni.

La definizione normativa, del resto, appare coerente con lo ius receptum per cui le regole sull’incompatibilità, oltre ad assicurare l’imparzialità dell’azione amministrativa, sono rivolte ad assicurare il prestigio della pubblica amministrazione, ponendola al di sopra di ogni sospetto, indipendentemente dal fatto che la situazione incompatibile abbia in concreto creato o meno un risultato illegittimo (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2004, n. 563).

Nel caso di specie, come già evidenziato in relazione al primo motivo di appello di Cattolica Assicurazioni s.p.a., i complessi rapporti personali e societari tra il broker incaricato di approntare i Capitolati di gara (nonché, parrebbe – trattandosi di questione rilevata da Unipolsai e non contestata dalle appellanti – incaricato altresì di fornire eventuali chiarimenti nel periodo di presentazione delle offerte) con una delle offerenti, per il tramite dell’agente generale di quest’ultima, apparivano sicuramente idonei ad integrare, perlomeno, un astratto vulnus del prestigio dell’azione amministrativa, come in precedenza delineato.

Vulnus che l’appellante TUA non ha né confutato nei suoi elementi strutturali, né dimostrato essere comunque venuto meno, nel caso di specie.

Neppure appare pertinente – infine – all’oggetto della presente vertenza il richiamo ai principi espressi nella sentenza 13 ottobre 2015, n. 403/12 del Tribunale di I grado UE, effettuato da TUA: in effetti, la fattispecie di “conflitto di interessi” cui si fa riferimento nel suddetto arresto è quella, speciale, di cui all’art. 94 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, recante il Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.

Tale specialità discende dal fatto che il Regolamento in questione (e, dunque, anche la previsione di cui all’art. 94 cit.) si applica esclusivamente agli appalti pubblici finanziati interamente o parzialmente dal bilancio dell’Unione, circostanza che però non ricorre nel caso qui controverso (riconducibile alla fattispecie generale di cui all’art. 24 della direttiva 2014/24/UE).

Conferma se ne trarrebbe, sotto un profilo di carattere generale, dalla stessa precisazione di cui al p.to 74 della richiamata sentenza del Tribunale UE, laddove “a tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 94 del regolamento finanziario consente di escludere un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico unicamente quando la situazione di conflitto di interessi considerata dalla detta disposizione è reale e non ipotetica”.

Per contro, la nozione di “conflitto di interesse” delineata all’art. 24 della direttiva 2014/24/UE (che, come già anticipato, prevede solamente un livello minimo ed essenziale di tutela, lasciando agli Stati membri la possibilità di predisporre forme più anticipate ed estese di protezione) ha invece una portata più indiretta ed ipotetica, essendo integrata allorché il soggetto interveniente – su cui si discute – può già solo “influenzare il risultato di tale procedura o ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità”.

Anche l’appello della stazione appaltante va quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Condanna le appellanti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore dell’appellata Unipolsai s.p.a., che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
        
L’ESTENSORE
Valerio Perotti
        
IL PRESIDENTE
Giuseppe Severini
        
        
IL SEGRETARIO

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