Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 2060 | Data di udienza: 22 Marzo 2013

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi – Pagamento da parte di uno dei responsabili – Estinzione – reiterabilità nei confronti degli altri – esclusione – Carattere speciale rispetto alla legge n. 689/1981.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione: Emilia Romagna
Città: Bologna
Data di pubblicazione: 15 Aprile 2013
Numero: 2060
Data di udienza: 22 Marzo 2013
Presidente: Volpe
Estensore: Schilardi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi – Pagamento da parte di uno dei responsabili – Estinzione – reiterabilità nei confronti degli altri – esclusione – Carattere speciale rispetto alla legge n. 689/1981.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. 5^ – 15 aprile 2013, n. 2060


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi – Pagamento da parte di uno dei responsabili – Estinzione – reiterabilità nei confronti degli altri – esclusione – Carattere speciale rispetto alla legge n. 689/1981.

Le sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non sono sanzioni punitive (cioè correlate esclusivamente alla responsabilità personale dell’autore della violazione), ma costituiscono misure con finalità ripristinatorie, di carattere meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi.  Conseguentemente la violazione dell’art. 6 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora trasfuso nell’art. 29 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, testo unico in materia edilizia), comporta che la sanzione pecuniaria, una volta pagata da uno dei responsabili, estingue l’obbligazione e non è reiterabile nei confronti degli altri. (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 22.2.2006, n. 2684/2004). Giova soggiungere, che la disciplina degli abusi edilizi ha carattere speciale, e non è rapportabile al sistema sanzionatorio previsto per la generalità delle violazioni amministrative dalla legge n. 689/1981. L’art. 11 legge n. 689/1981 consente infatti di graduare la sanzione in relazione al grado di responsabilità e alle condizioni soggettive degli eventuali concorrenti nell’illecito, con un criterio che non può essere osservato nel settore degli abusi edilizi, ove vi è la unicità della sanzione pecuniaria tra un minimo ed un massimo assai diversi, e che una volta riscossa non è reiterabile nei confronti di altri corresponsabili.


(Riforma T.A.R. EMILIA-ROMAGNA, Bologna, n.912/2000) – Pres. Volpe, Est. Schilardi – M.A. (avv.ti Crisci, Pezzi e Menniti) c. Comune di Ravenna (avv.ti Barbantini, Giulianini, Donati e Baldrati)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, sez. 5^ - 15 aprile 2013, n. 2060

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, sez. 5^ – 15 aprile 2013, n. 2060

N. 02060/2013REG.PROV.COLL.
N. 06443/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6443 del 2001, proposto da:
Mazzotti Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Crisci, Raoul Pezzi e Roberto Menniti, con domicilio eletto presso Francesco Crisci in Roma, via degli Scipioni, n. 8;


contro

Comune di Ravenna, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Teresa Barbantini, Patrizia Giulianini, Giorgia Donati e Enrico Baldrati, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA, SEZIONE I, n. 00912/2000, resa tra le parti, concernente sanzione pecuniaria per concessione edilizia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2013 il Consigliere Carlo Schilardi e udito per il Comune appellato l’avvocato Barbantini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. Antonio Mazzotti nel 1989 assumeva l’incarico di direttore dei lavori di ristrutturazione di un immobile di civile abitazione sito in Ravenna, alla via Pazzi 71, di proprietà dei sigg. Lama e Zucchini.

Il Comune di Ravenna, a seguito di verifica da parte del reparto di vigilanza edile effettuata in data 27 aprile 1989, dalla quale emergeva l’esecuzione di interventi in difformità dalla concessione edilizia, con ordinanza n. 232/1989 sospendeva i lavori e, con ordinanze n. 296/1989 e n. 646/1993, applicava la conseguente sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 della legge n. 47/1985.

Con tali provvedimenti veniva ingiunto ai proprietari ed al sig. Antonio Mazzotti di pagare, in via solidale, la sanzione di £. 2.232.908, secondo la stima effettuata dall’ufficio tecnico comunale.

Successivamente le stesse ordinanze venivano parzialmente annullate ed integrate dal provvedimento n. 763/1993.

L’amministrazione comunale, sul presupposto che l’ordinanza n. 646/1993 era erronea nella parte in cui ingiungeva al direttore dei lavori (signor Antonio Mazzotti) di pagare la sanzione in via solidale con i comproprietari, disponeva, con il citato provvedimento n. 763/1993, a termini dell’art. 6 della legge n. 47/1985, che la stessa sanzione dovesse essere applicata in solido tra i proprietari e cumulativamente al sig. Antonio Mazzotti.

A quest’ultimo, pertanto, veniva ingiunto il pagamento della sanzione pecuniaria, applicata individualmente e per l’importo integrale di £. 2.232.908

Avverso tale provvedimento il sig. Antonio Mazzotti proponeva ricorso al T.A.R. per l’Emilia Romagna lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 12 della legge n. 47/1985.

Il T.A.R., con sentenza n. 912 del 17 novembre 2000, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.

Avverso la pronuncia ha proposto appello il sig. Antonio Mazzotti che ne ha lamentato l’erroneità in ordine all’applicazione degli artt. 6 e 12 della legge n. 47/1985.

Il Comune di Ravenna, costituitosi in giudizio, ha chiesto di respingere l’appello perché infondato in fatto ed in diritto, con vittoria di spese ed in subordine, in caso di accoglimento del gravame, la compensazione integrale delle spese di lite.

L’appello è fondato e va accolto.

Va osservato, infatti, che l’art. 6, comma 1, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, rubricata “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie”, recitava: “Il titolare della concessione, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché – unitamente al direttore dei lavori – a quelle della concessione ad edificare e alle modalità esecutive stabilite dalla medesima. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell’abuso”.

Il successivo art. 12 disponeva, poi, che “le opere eseguite in parziale difformità dalla concessione sono demolite a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo, e comunque non oltre centoventi giorni, fissato dalla relativa ordinanza del sindaco. Dopo tale termine sono demolite a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso.

Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il sindaco applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dalla concessione, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell’ufficio tecnico erariale, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.

Orbene, l’appellante sostiene che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la sanzione pecuniaria avrebbe carattere ripristinatorio e non punitivo, con la conseguenza che la stessa doveva essere posta a carico solidale di tutti i soggetti di cui all’art. 6 della legge n. 47/1985 e non in modo cumulativo e ripetitivo.

La tesi dell’appellante è fondata.

Non è condivisibile, infatti, quanto sostenuto dai giudici di primo grado, i quali hanno ritenuto che l’art. 6 della citata legge n. 47/1985 disporrebbe, in via solidale, il solo pagamento della spesa per l’esecuzione in danno ma non anche il pagamento della sanzione pecuniaria e che, conseguentemente, per quest’ultima varrebbe il principio della responsabilità individuale dei soggetti coinvolti; con l’obbligo per l’amministrazione di applicare e conseguire più volte l’importo della medesima sanzione in caso di pluralità di soggetti responsabili.

Va evidenziato, al riguardo, che le sanzioni pecuniarie comminate per abusi edilizi non sono sanzioni punitive (cioè correlate esclusivamente alla responsabilità personale dell’autore della violazione), ma costituiscono misure con finalità ripristinatorie, di carattere meramente patrimoniale, trasmissibili agli eredi.

Conseguentemente la violazione dell’art. 6 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora trasfuso nell’art. 29 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, testo unico in materia edilizia), comporta che la sanzione pecuniaria, una volta pagata da uno dei responsabili, estingue l’obbligazione e non è reiterabile nei confronti degli altri.

In tali sensi si è espressa anche la giurisprudenza, che ha sottolineato che la sanzione pecuniaria, collegata al singolo abuso edilizio, resta quindi oggettivamente unica per ciascun abuso e avendo carattere meramente patrimoniale trasmissibile agli eredi (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 22.2.2006, n. 2684/2004).

Nel disciplinare le singole fattispecie di abuso, d’altronde, la legge fa riferimento all’irrogazione ”della” cioè di una sanzione pecuniaria, e non di tante sanzioni pecuniarie di eguale importo quanti sono gli eventuali responsabili, pena la moltiplicazione della sanzione stessa, non più rapportata al doppio del valore venale del bene oggetto dell’abuso, ma nel caso di tre soggetti coinvolti, moltiplicata fino a sei volte rispetto a tale valore.

L’assunto trova spiegazione logica anche nell’alternatività della sanzione pecuniaria rispetto alla sanzione demolitoria (che incidendo sull’oggetto dell’intervento edilizio non può essere assolta che una tantum, quale che sia il novero degli obbligati), nonché nella parametrazione della sanzione pecuniaria al costo di costruzione dell’opera abusiva, ovvero all’aumento del valore venale conseguente all’abuso edilizio, cioè ad un valore oggettivo correlato al bene fisico.

Giova soggiungere, infine, che la disciplina degli abusi edilizi ha carattere speciale, e non è rapportabile al sistema sanzionatorio previsto per la generalità delle violazioni amministrative dalla legge n. 689/1981.

L’art. 11 legge n. 689/1981 consente infatti di graduare la sanzione in relazione al grado di responsabilità e alle condizioni soggettive degli eventuali concorrenti nell’illecito, con un criterio che non può essere osservato nel settore degli abusi edilizi, ove vi è la unicità della sanzione pecuniaria tra un minimo ed un massimo assai diversi, e che una volta riscossa non è reiterabile nei confronti di altri corresponsabili.

Conclusivamente l’appello è fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va annullata l’ordinanza del Comune di Ravenna n. 763/1993 del 19.11.1993, limitatamente alla parte in cui la sanzione pecuniaria di cui all’art. 12 della legge n. 47/1985 è stata applicata cumulativamente, attraverso più sanzioni, nei confronti dei proprietari e del direttore dei lavori e non in via solidale tra gli stessi con carattere di unicità.

Sulla base della soccombenza le spese del doppio grado di giudizio vanno poste a carico del Comune di Ravenna e si liquidano in misura di complessivi €. 3000,00 (tremila) in favore del signor Antonio Mazzotti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, annulla l’ordinanza del comune di Ravenna n. 763/1993 del 19.11.1993, nei termini di cui in motivazione, limitatamente alla parte in cui la sanzione pecuniaria è stata applicata cumulativamente e non in via solidale, con carattere di unicità, nei confronti dei proprietari e del direttore dei lavori.

Le spese del doppio grado di giudizio sono poste a carico del Comune di Ravenna soccombente e si liquidano in misura di complessivi E. 3000,00 (tremila/00) in favore del signor Antonio Mazzotti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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