Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Inquinamento del suolo Numero: 1054 | Data di udienza: 15 Dicembre 2015

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Attività di bonifica – Recupero del bene – Destinazione urbanistica del momento di attuazione degli interventi – Diversa destinazione al tempo dell’inquinamento – Irrilevanza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Marzo 2016
Numero: 1054
Data di udienza: 15 Dicembre 2015
Presidente: Pajno
Estensore: Tarantino


Premassima

INQUINAMENTO DEL SUOLO – Attività di bonifica – Recupero del bene – Destinazione urbanistica del momento di attuazione degli interventi – Diversa destinazione al tempo dell’inquinamento – Irrilevanza.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 16 marzo 2016, n. 1054


INQUINAMENTO DEL SUOLO – Attività di bonifica – Recupero del bene – Destinazione urbanistica del momento di attuazione degli interventi – Diversa destinazione al tempo dell’inquinamento – Irrilevanza.

La disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152/2006, mira a tutelare il bene ambiente, facendo ricadere la responsabilità dell’inquinamento sul suo autore, onerandolo di rimuovere le condizioni che compromettono l’ambiente. La conseguente attività di bonifica deve ottenere il risultato di recuperare la fruizione del bene sulla scorta della destinazione legale al tempo in cui l’attività di bonifica deve essere autorizzata e non in ragione delle caratteristiche che il sito aveva al tempo dell’inquinamento. Un simile approccio salvaguarda la condizione dinamica del territorio ed è diretta conseguenza della natura di illecito permanente che caratterizza il comportamento del responsabile dell’inquinamento, fino a che quest’ultimo non abbia eliminato il danno ambientale prodotto. In definitiva, l’attività in questione deve ottenere di assicurare l’utilizzo attuale del bene secondo le vocazioni che esprime al tempo in cui gli interventi di eliminazione dell’inquinamento vengono attuati.


(Conferma T.A.R. LOMBARDIA, Milano, n. 1116/2014) – Pres. Pajno, Est. Tarantino – P. s.p.a. (avv.ti De Nora, Manganiello e Cancrini) c. Comune di Milano (avv.ti Mandarano, Cozzi, Montagnani e Izzo) e altri (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 16 marzo 2016, n. 1054

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 16 marzo 2016, n. 1054

N. 01054/2016REG.PROV.COLL.
N. 07177/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7177 del 2014, proposto da:
Pirelli & C. S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca De Nora, Massimiliano Manganiello, Arturo Cancrini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via G. Mercalli, n. 13;

 

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Paola Cozzi, Alessandra Montagnani, Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3; Provincia di Milano, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia -Dipartimento Milano, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Lombardia – U.O. Bonifiche, Azienda Sanitaria Locale di Milano;

nei confronti di

Alcati S.r.l.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV, n. 1116/2014, resa tra le parti, concernente mancata approvazione del documento di analisi del rischio in relazione a bonifica area.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Arturo Cancrini, Antonello Mandarano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia trae origine del ricorso proposto dall’odierna appellante dinanzi al TAR per la Lombardia, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento del Comune di Milano determinazione dirigenziale pg 375014/2012 del 5 giugno 2012. Con l’atto in questione non veniva approvato il documento di analisi del rischio, presentato dalla società Pirelli, in veste di proprietaria di un complesso immobiliare sito in Milano Via Caviglia, n. 3, già adibito a stabilimento industriale costituito da un terreno di circa mq. 28.870, successivamente ceduto alla Immobiliare San Paolo s.r.l. con contratto di compravendita, nel quale si dava atto della presenza di una contaminazione ambientale, in relazione alla quale l’odierna appellante aveva già avviato la procedura volta alla bonifica dell’area, impegnandosi con la società acquirente a proseguire l’attività di ripristino ambientale e ad ottenere la certificazione di regolarità da parte della p.a.

Sempre in prime cure la società Pirelli proponeva ricorso per motivi aggiunti avverso il provvedimento dell’amministrazione appellata dell’11 gennaio 2013, con il quale il Comune di Milano approvava il progetto di bonifica delle acque sotterranee proposto dalla società ricorrente con obbligo di presentazione di un nuovo documento di analisi di rischio che recepisca le osservazioni e prescrizioni di cui ai verbali delle Conferenze di Servizi del 20 febbraio 2012, del 31 maggio 2012 e dell’11 gennaio 2013.

2. Il primo giudice valutava come infondati tutti i motivi di ricorso, ritenendo: a) legittima la richiesta dell’amministrazione comunale all’originaria ricorrente di predisporre il documento di Analisi dei rischi in linea con lo stato di fatto dell’area interessata sulla base della presenza di presenza di insediamenti residenziali sia pure abusivi; b) irrilevante che la stessa amministrazione non avesse impedito la realizzazione dei suddetti manufatti abusivi; c) non inficiante i provvedimenti impugnati la mancata convocazione di tutti i soggetti interessati, non avendo provato la società ricorrente che l’intervento degli stessi avrebbe modificato il contenuto del provvedimento; d) infondato il motivo di ricorso teso a contestare la mancata trasmissione dei referti analitici del monitoraggio delle acque di falda del 23.4.2012, trasmessi alla società ricorrente in data 10.8.2012; e) infondato il motivo di doglianza relativo al termine di sessanta giorni previsto nella determina dirigenziale del 5 giugno 2012 per presentare un nuovo documento di analisi di rischio, trattandosi di termine che non ha carattere perentorio; f) infondato il motivo di ricorso teso a contestare il mancato coinvolgimento della Regione Lombardia nella Conferenza di Servizi; g) insussistente il difetto di istruttoria denunciato a carico della conferenza di servizi conclusasi con il provvedimento dell’11 gennaio 2013.

3. L’originaria ricorrente propone appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, dolendosi del fatto che avrebbe errato il TAR, nel ritenere: a) legittima la scelta dell’amministrazione comunale di imporre la bonifica del sito in ragione della situazione di fatto (scuola, edifici a destinazione residenziale) esistente piuttosto che della legittima destinazione urbanistica dei siti. L’allegato 1 DM 471/1999, l’art. 240, l’art. 242 d.lgs. 152/2006, l’allegato 3 al Titolo V, d.lgs. 152/2006, farebbero, infatti, riferimento alla destinazione d’uso dei siti, in conformità agli strumenti urbanistici. Il PRG vigente destinerebbe la zona ad uso industriale e commerciale con preclusione all’uso a fini residenziali. Pertanto, l’amministrazione comunale dovrebbe esercitare il proprio potere di repressione edilizia, per eliminare le situazioni di abuso; b) ininfluente la mancata partecipazione di tutti i soggetti interessati al procedimento, avendo partecipato solo gli amministratori di condominio; c) vi sarebbe stato un trasferimento di competenze dalla regione al comune grazie all’art. 5, lett. f), l.r. Lombardia, 30/2006, che, invece, prevedrebbe che i comuni possano approvare il progetto di bonifica solo per le aree di ridotte dimensioni ex art. 249, d.lgs. 152/2006; d) non inficiante il fatto che i parere resi da A.R.P.A. e dalla Provincia di Milano avrebbero sostenuto la necessità di tenere in considerazione i dati più recenti del 2012, che non sarebbero stati acquisiti. In ogni caso, ai sensi dell’art. 242 comma 13 d.lgs. 152/2006, sarebbe stato, necessario all’esito della conferenza motivare sulle ragioni espresse con le posizioni dissenzienti.

4. Costituitasi in giudizio, l’amministrazione comune invoca il rigetto dell’odierno gravame, sostenendo di avere adottato i provvedimenti sanzionatori in relazione alla destinazione urbanistica, e precisando, da un lato che il sito scolastico sarebbe compreso nell’area di bonifica, dall’altro che la destinazione residenziale dell’area sarebbe quella ammessa dal PGT vigente. Inoltre, l’amministrazione appellata pone in luce che la formale destinazione d’uso dell’area retrocederebbe dinanzi all’assetto attuale, concreto ed effettivo come si desumerebbe dall’allegato 3 lett. f) alla parte IV del d.lgs. 152/2006.

5. Nelle successive difese l’appellante precisa che il comune avrebbe dato atto della non conformità dell’uso residenziale dell’area rispetto a quanto previsto dallo strumento urbanistico generale del comune di Milano, tanto che nella comunicazione di riscontro alla Procura della repubblica di Milano farebbe rifermento al superamento dei valori soglia in relazione ai parametri previsti per le aree industriali. Inoltre, in relazione all’area in questione sia il PRG previgente che quello attuale escluderebbe la possibile destinazione ad uso residenziale, con ciò che ne consegue anche in termini di impossibilità ad ottenere qualsiasi sanatoria, come acclarato anche dalla sentenza del TAR Lombardia n. 1151/2013.

6. In sede di replica l’amministrazione appellata evidenzia che il comune non avrebbe mai dato rassicurazioni sull’inizio delle attività di bonifica all’esito del giudizi di appello. Inconferente l’affermazione secondo la quale il superamento dei valori soglia riguardi la tipologia commerciale/industriale e non quella per la destinazione residenziale. Le condizioni del suolo devono essere adeguate alla nuova destinazione residenziale prevista nel PGT.

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

7.1. Quanto all’esame del primo motivo d’appello si deve premettere che nelle more della procedura di approvazione delle opere di bonifica è entrato in vigore il nuovo strumento urbanistico generale del comune di Milano (P.G.T.), che all’art. 5 delle N.T.A. prevede espressamente la possibilità di variare la destinazione urbanistica da quella industriale a quella residenziale per tutte le aree, ivi comprese quelle di via Caviglia. Pertanto, anche a quest’ultime deve essere riconosciuta in termini potenziali una vocazione residenziale. Prima dell’entrata in vigore del suddetto P.G.T. non è dubbio, invece, che le aree in questione avessero una destinazione industriale. Tanto premesso occorre chiarire che l’appellante non può dolersi del fatto che l’amministrazione abbia tenuto in considerazione i diversi valori soglia inerenti alla mutata destinazione urbanistica del sito, dal momento che la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152/2006, mira a tutelare il bene ambiente, facendo ricadere la responsabilità dell’inquinamento sul suo autore, onerandolo di rimuovere le condizioni che compromettono l’ambiente. La conseguente attività di bonifica deve ottenere il risultato di recuperare la fruizione del bene sulla scorta della destinazione legale al tempo in cui l’attività di bonifica deve essere autorizzata e non in ragione delle caratteristiche che il sito aveva al tempo dell’inquinamento. Un simile approccio salvaguarda la condizione dinamica del territorio ed è diretta conseguenza della natura di illecito permanente che caratterizza il comportamento del responsabile dell’inquinamento, fino a che quest’ultimo non abbia eliminato il danno ambientale prodotto. Infatti, l’art. 240, d.lgs. 152/2006, detta la seguente definizione di ripristino e ripristino ambientale: “gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici”. Allo stesso modo l’allegato 3 al Titolo V, al d.lgs. 152/2006, precisa che: “Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali:.. f) adeguare gli interventi di ripristino ambientale alla destinazione d’uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell’area.”. Analogamente, l’art. 2, comma 1, del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471, precisa che: “Ai fini dell’applicazione del presente decreto si intende per:…h – Ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, costituenti complemento degli interventi di bonifica nei casi in cui sia richiesto, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d’uso conforme agli strumenti urbanistici in vigore, assicurando la salvaguardia della qualità delle matrici ambientali;”. In definitiva, l’attività in questione deve ottenere di assicurare l’utilizzo attuale del bene secondo le vocazioni che esprime al tempo in cui gli interventi di eliminazione dell’inquinamento vengono attuati.

Da ciò deriva che la presenza di situazioni di fatto incompatibili con la pregressa destinazione delle aree e le tempestive o meno iniziative di repressione edilizia da parte dell’amministrazione comunale non incide sulla legittimità degli atti impugnati.

7.2. Del pari infondato è il secondo motivo, la mancata convocazione di tutti i condomini alla conferenza di servizi del 31 maggio 2012 non può essere invocata quale vizio di legittimità dall’odierno appellante, atteso che l’art. 8, comma 4, l. n. 241/90, dispone che: “L’omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista”, non potendosi intendere per tale l’odierno appellante, che vanta, peraltro, un interesse antagonista rispetto ai soggetti pretermessi.

7.3. Del pari non può trovare accoglimento il terzo motivo d’appello, dal momento che l’art. 5, lett. f), l.r. Lombardia, 30/2006, trasferisce ai comuni anche le funzioni relative alla procedura in questione.

7.4. Stessa sorte segue l’ultimo motivo d’appello, atteso che non si rinviene alcun deficit istruttorio o motivazionale, in ragione del numero di elementi e di dati acquisiti al complesso iter procedurale svolto e dell’adeguata motivazione che opera un congruo riferimento al bilanciamento degli interessi in gioco.

8. L’appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese possono essere compensate in ragione della particolare complessità in fatto ed in diritto delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Sabato Guadagno, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
        
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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