Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4451 | Data di udienza: 14 Maggio 2013

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra costruzioni – Art. 9 D.M. 144/68 – Pareti finestrate – Luci.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Settembre 2013
Numero: 4451
Data di udienza: 14 Maggio 2013
Presidente: Numerico
Estensore: Migliozzi


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra costruzioni – Art. 9 D.M. 144/68 – Pareti finestrate – Luci.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 4 settembre 2013, n. 4451


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Distanze tra costruzioni – Art. 9 D.M. 144/68 – Pareti finestrate – Luci.

La regola del rispetto della distanza dei dieci metri, di cui all’art. 9 del D.M. n.1444/68, si riferisce esclusivamente a pareti munite di finestre qualificabili come vedute e non ricomprende anche quelle su cui si aprono finestre cosiddette lucifere.


(Conferma T.A.R. LIGURIA, n. 555/2009) – Pres. Numerico, Est. Migliozzi –  A.L. (avv.ti Montaldo, Luigi Basso) c. Comune di Diano Marin (avv. Mauceri)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 4 settembre 2013, n. 4451

SENTENZA


CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 4 settembre 2013, n. 4451

N. 04451/2013REG.PROV.COLL.
N. 03433/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3433 del 2010, proposto da:
Amelia Lantero, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Maria Montaldo, Luigi Basso, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, viale delle Milizie, 38;


contro

Comune di Diano Marina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Corrado Mauceri, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14/4 Sc.A;

nei confronti di

Ermanno Novaro;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA: SEZIONE I n. 00555/2009, resa tra le parti, concernente PERMESSO DI COSTRUIRE.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Diano Marina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Paolo Maria Montaldo e Gabriele Pafundi (su delega dell’avv. Corrado Mauceri);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra Lantero Amelia impugnava innanzi al TAR della Liguria il permesso di costruire n.3781 del 23/5/2007 rilasciato dal Comune di Diano Marina al sig. Ermanno Novaro, proprietario di un fabbricato confinante con il compendio immobiliare di cui è titolare la ricorrente, per la realizzazione di lavori di recupero ex lege Regione Liguria n.21/04.

Nella predetta sede giurisdizionale l’interessata deduceva a carico dell’atto impugnato svariati vizi di legittimità, tra cui quello relativo alla violazione dell’art. 9 del D. M. n.1444 del 1968, che fissa la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate di edifici fronteggianti.

L’adito Tribunale, con sentenza n.555/2009, rigettava il ricorso, giudicandolo infondato.

La sig.ra Lantero è insorta avverso tale decisum, deducendo, con quattro mezzi d’impugnazione, altrettanti profili di doglianza; e questa Sezione, con sentenza n. 4484/2012, parzialmente pronunciando, ha respinto il terzo e il quarto motivo d’appello e, per la restante parte, disposto incombenti istruttori.

In particolare, in relazione ai primi due motivi, con cui veniva dedotto l’inverarsi della violazione della norma di cui al citato art.9 del D.M. n.1444/68, si disponeva l’acquisizione di una circostanziata relazione da redigersi, a seguito di opportuni accertamenti tecnici, a cura dell’Ufficio dell’Agenzia del Territorio di Imperia e recante notizie e dati in ordine alla dislocazione dei due edifici, rispettivamente di proprietà della sig.ra Lantero e del controinteressato sig. Novaro.

In esecuzione di detti incombenti il predetto Ufficio ha depositato presso la Segreteria di questa Sezione, in data 13 marzo 2013, la documentazione contenente le risultanze degli accertamenti eseguiti sui luoghi ove insistono i predetti fabbricati.

Le parti interessate hanno, altresì, prodotto memorie difensive in vista dell’udienza di trattazione del merito della causa.

Alla udienza pubblica del 14 maggio 2013 l’appello è stato introitato per la definitiva decisione.


DIRITTO

L’appello si appalesa infondato, anche per gli aspetti ancora da decidere dell’appello, con conferma dell’impugnata sentenza.

Il Collegio, tenuto conto della già resa sentenza parziale, è chiamato in questa sede unicamente a dirimere la questione se il rilascio dell’impugnato titolo ad aedificandum, con cui si autorizza l’esecuzione di lavori di recupero di un sottotetto, comporti o meno la violazione del limite di distanza di dieci metri tra fabbricati vicini, di cui all’art.9 del D.M. n.1444/68.

A tale problematica si ritiene debba darsi risposta negativa, in senso non favorevole alla tesi difensiva propugnata dall’appellante, che tale vizio di violazione di legge ha (erroneamente) denunciato come sussistente.

Com’è noto, il decreto ministeriale n.1444 del 2 aprile 1968, in tema di rispetto delle distanze di vicinato, ha una valenza direttamente precettiva, sino a comportare la disapplicazione degli strumenti urbanistici, anche di tipo regolamentare, con esso contrastanti (Cons. Stato Sez. IV 27 ottobre 2011 n. 5759).

In particolare, la prescrizione di cui all’art. 9, che fissa la distanza di dieci metri fra pareti finestrate di edifici fronteggianti, in quanto volta a salvaguardare imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, ha natura tassativa ed inderogabile ( ex plurimis Cons. Stato Sez. IV 12 giugno 2009 n. 3094).

Ciò preliminarmente precisato, nel caso di specie, in ragione delle caratteristiche dello stato dei luoghi come confermate dalle risultanze emerse dai compiuti accertamenti istruttori, non è ravvisabile, ad opera dell’assentimento alle opere di recupero del sottotetto del fabbricato del sig. Novaro, una situazione comportante il mancato rispetto del limite di distanza dei dieci metri fra pareti finestrate di edifici prospicienti.

Ed invero, come rilevasi dal documento contenente i rilievi tecnici all’uopo esperiti, il fabbricato di proprietà del controinteressato Novaro (indicato sub “A” nella relazione) e quello dell’appellante sig.ra Lantero (indicato sub “B”) sono asimmetrici (il primo è arretrato rispetto al secondo) e tanto sia con riferimento alle altezze, laddove l’edificio della Lantero è più alto, sia per la sagoma, nel senso che i fabbricati sono disallineati, per cui , ai fini de quibus, viene in rilievo solo una porzione di pareti fronteggianti che, però, non sono parimenti finestrate.

Più specificatamente, a fronte del muro perimetrale del fabbricato di proprietà dell’appellante su cui insistono tre finestre allineate verticalmente (e che prospetta sull’edificio dirimpettaio ) sussiste il muro perimetrale dell’edificio di proprietà del controinteressato, ad una distanza di 4,05 metri, la cui parete però non può considerarsi finestrata, giacché la stessa non gode di vedute ma solo di luce.

Ebbene, un preciso orientamento sia della Cassazione (Cass. Sez. Civ., Sez. II 30 aprile 2012 n.6604), sia di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. IV 22 gennaio 2013 n.844) – dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi- ha avuto modo di affermare come la regola del rispetto della distanza dei dieci metri, di cui all’art. 9 del D.M. n.1444/68, si riferisce esclusivamente a pareti munite di finestre qualificabili come vedute e non ricomprende anche quelle su cui si aprono finestre cosiddette lucifere (come nel caso di specie).

Ciò che rileva, insomma, è che il Novaro non ha la possibilità di “inspicere” nell’altrui prospiciente proprietà; e se così è, non v’è luogo all’applicazione della norma ex art. 9 citato, non esistendo, appunto, pareti finestrate su edifici fronteggianti e/o contrapposti (illuminante al riguardo è la riproduzione fotografica n. 4 della documentazione acclusa alla relazione dell’Ufficio accertatore).

In forza delle suestese considerazioni, l’appello, anche con riferimento alle censure qui specificatamente all’esame, si appalesa infondato.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio, nonché quelle relative ai disposti incombenti istruttori, seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese e competenze del presente grado del giudizio

in favore del resistente Comune di Diano Marina, che si liquidano complessivamente in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre IVA e CPA.

Liquida inoltre in favore dell’Agenzia del Territorio-Ufficio Provinciale di Imperia – in ragione della esperita attività istruttoria – la somma di euro 1.057,50, coma da nota spese che si ritiene congrua, il cui pagamento viene posto a carico dell’appellante sig.ra Lantero.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
     
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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