Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 1315 | Data di udienza: 11 Dicembre 2012

* APPALTI – Project financing – Fasi – Artt. 153 e ss. d.lgs. n. 163/2006 – Revoca – Art. 158 d.lgs. n. 163/2006 – Lex specialis rispetto all’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 – Mancanza dei presupposti applicativi dell’art. 158 (revoca intervenuta anteriormente al rilascio del titolo concessorio) – Indennizzo ex art. 21 quinquies  – Spettanza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Marzo 2013
Numero: 1315
Data di udienza: 11 Dicembre 2012
Presidente: Giovannini
Estensore: De Michele


Premassima

* APPALTI – Project financing – Fasi – Artt. 153 e ss. d.lgs. n. 163/2006 – Revoca – Art. 158 d.lgs. n. 163/2006 – Lex specialis rispetto all’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 – Mancanza dei presupposti applicativi dell’art. 158 (revoca intervenuta anteriormente al rilascio del titolo concessorio) – Indennizzo ex art. 21 quinquies  – Spettanza.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 5 marzo 2013, n. 1315


APPALTI – Project financing – Fasi – Artt. 153 e ss. d.lgs. n. 163/2006.

La procedura del project financing – disciplinata prima dagli articoli 37 e seguenti della legge n. 109/1994 e successivamente dagli articoli 153 e seguenti del d.lgs. n. 163/2006 – risulta articolata in due fasi, distinte ma strettamente connesse: la scelta del promotore, caratterizzata da ampia discrezionalità amministrativa per l’accoglimento della proposta, proveniente talvolta del promotore stesso, alla stregua della già effettuata programmazione delle opere pubbliche, con gara preliminare per la valutazione comparativa delle diverse offerte, seguita da eventuali modifiche progettuali e da rilascio della concessione, ovvero da una ulteriore fase selettiva ad evidenza pubblica (secondo le regole nazionali e comunitarie) fra più aspiranti alla concessione in base al progetto prescelto, con risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. Quanto sopra, con fattispecie a formazione progressiva, il cui scopo finale (aggiudicazione della concessione, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) è interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 28.1.2012, n. 1; Cons. St., sez. V, 6.10.2010, n. 7334, 8.2.2011, n. 843, 7.4.2011, n. 2154; Cons. St., sez. IV, 26.1.2009, n. 391).

(Riforma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n. 1500/2011) – Pres. Giovannini, Est. De Michele – S. s.p.a. e altri (avv. Vulpetti) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e altri (avv. Stato)

APPALTI – Project financing – Revoca – Art. 158 d.lgs. n. 163/2006 – Lex specialis rispetto all’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 – Mancanza dei presupposti applicativi dell’art. 158 (revoca intervenuta anteriormente al rilascio del titolo concessorio) – Indennizzo ex art. 21 quinquies  – Spettanza.

Per il project financing, una disciplina peculiare in materia di revoca è contenuta nell’art. 158 del d.lgs. n. 163/2006, da considerare – sussistendone i presupposti – lex specialis rispetto all’art. 21 quinquies L. n. 241/1990. Tuttavia, ove non siano ravvisabili i presupposti applicativi del citato art. 158 d.lgs. n. 163/2006 (ad es, perché, come nella specie, la caducazione del provvedimento è intervenuta anteriormente al rilascio del titolo concessorio) al promotore deve riconoscersi giusto titolo per l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990. L’introduzione, con d.l. 31.1.2007, n. 7, del comma 1 bis del citato art. 21 quinquies consente infatti, dalla data di approvazione della norma, di collegare l’indennizzo in questione anche agli atti ad efficacia istantanea che incidano su rapporti negoziali: rapporti, di cui non può negarsi la sussistenza dopo l’approvazione del progetto del promotore e l’apertura su di esso di una ulteriore fase selettiva, benchè non ancora conclusa.

 (Riforma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n. 1500/2011) – Pres. Giovannini, Est. De Michele – S. s.p.a. e altri (avv. Vulpetti) c. Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e altri (avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 5 marzo 2013, n. 1315

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 5 marzo 2013, n. 1315

N. 01315/2013REG.PROV.COLL.
N. 05363/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5363 del 2011, proposto dalla società Syremont S.p.A. in proprio e quale Mandataria Ati con Ielet Spa, Gruppo Piemme Cda Srl, Son Et Lumiere Srl, Venezia The Creative Experience Company Srl, Quadranet Srl, rappresentati e difesi dall’avv. Valentino Vulpetti, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Sabotino, 2/A;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza Consiglio dei Ministri – Commissario Delegato per L’Emergenza dell’Area Archeologica Napoli e Pompei, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 01500/2011, resa tra le parti, concernente procedura di project financing per la realizzazione di un’attrazione storico scenografica sulla distruzione di Pompei;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, della di Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario Delegato per l’Emergenza nell’Area Archeologica di Napoli e Pompei;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Vulpetti e l’avvocato dello Stato Dettori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli, sez. I, n. 1500/2011 del 18.3.2011 (che non risulta notificata) è stato respinto il ricorso proposto da un raggruppamento di imprese (capogruppo la società Syremont s.p.a.) avverso gli atti con cui il Commissario delegato per l’Emergenza dell’Area Archeologica di Napoli e Pompei aveva deciso di non procedere alla conclusione della procedura di project financing, per la realizzazione di un’attrazione storico-scenografica sulla distruzione di Pompei.

Nella citata sentenza – rilevato l’avvenuto deposito degli atti, in precedenza oggetto di una richiesta di accesso parzialmente respinta – si affermava la legittimità dell’annullamento, disposto in via di autotutela, della procedura anzidetta per iniziativa del citato Commissario delegato: iniziativa avviata con nota n. 849 in data 8.3.2010 e recepita con deliberazione del Consiglio di Amministrazione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei n. 50/10/5 SNP del 16.3.2010, per ragioni riconducibili al carattere disarmonico del progetto posto a base di gara, rispetto a quelli inseriti nel Piano degli interventi, approvato dalla Commissione ministeriale in data 13.11.2009 e confermato il 31.3.2010.

Tali ragioni erano ritenute adeguate per escludere l’affidamento del progetto al promotore (unico partecipante alla gara) ed anche qualsiasi forma di indennizzo o risarcimento, pur non potendo essere riconosciuta la possibilità per l’Amministrazione di inserire nel bando clausole, che rendessero di fatto aleatoria l’esecuzione del progetto posto a base di gara (in quanto una clausola di tal genere avrebbe avuto carattere di condizione meramente potestativa, preclusa ex art. 1355 cod.civ.), con ulteriore inammissibilità di clausole di esonero dalla responsabilità per dolo o colpa dell’Amministrazione, a norma dell’art. 1229, comma 1, cod.civ..

Nella situazione in esame, in ogni caso, la posizione del promotore non avrebbe potuto essere assimilata a quella dell’impresa, aggiudicataria di una gara ad evidenza pubblica, tenuto conto peraltro dell’avvenuta partecipazione della parte interessata al procedimento e della sussistenza di effettive ragioni di sopravvenuta inutilità della progettazione, originariamente valutata con esito positivo, dopo la ridefinizione ex novo della mappatura degli interventi sul sito archeologico.

Infondata avrebbe dovuto ritenersi anche la rivendicata spettanza di un indennizzo, ai sensi dell’art. 21 quinques della legge n. 241/1990, trattandosi di beneficio accordabile solo per rapporti destinati a persistere nel tempo, mentre nella fattispecie la procedura sarebbe stata revocata prima del formale affidamento.

Ugualmente infondata sarebbe risultata l’istanza risarcitoria per responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, non configurabile in caso di arresto procedurale antecedente alla conclusione della procedura ad evidenza pubblica.

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 5363/11, notificato il 16.6.2011), sulla base dei seguenti motivi di gravame (reiterativi delle censure prospettate in primo grado):

1) omesso avviso di procedimento; violazione degli articoli 7 e 8 della legge n. 241/1990, non essendo mai stata emessa la comunicazione, doverosa ai sensi delle citate norme prima dell’assunzione di misure in via di autotutela, con conseguente erroneità della sentenza appellata, in cui tale comunicazione si afferma effettuata;

2) incompetenza e/o carenza di potere del Commissario straordinario; eccesso di potere per sviamento e violazione dei principi di imparzialità e buon andamento, essendo detto Commissario (in base alle ordinanze della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attributive dei relativi poteri) responsabile solo della gestione emergenziale affidata alla Protezione Civile, indipendentemente dalla realizzazione di un’attrazione storico-scenografica, da realizzarsi all’interno del sito archeologico. Ogni diversa interpretazione dell’ordinanza della P.C.M. n. 3795/2000 (cautelativamente impugnata) sarebbe stata illegittima, ove comprensiva delle modalità di fruizione del sito stesso estranee alle ragioni di emergenza, giustificative dell’attribuzione di poteri al Commissario straordinario, in violazione delle disposizioni di legge sulle competenze della Protezione Civile. Dette ragioni di emergenza – peraltro ritenute insussistenti dalla Corte dei Conti con deliberazione n. 16/2010/P del 4.8.2010 – avrebbero in ipotesi dovuto consentire al citato Commissario di sostituirsi al Soprintendente e non, come in effetti avvenuto, di rivolgere un mero invito, acriticamente accolto dalla Soprintendenza; non sarebbe stato ravvisabile, inoltre, alcun contrasto fra il “visitor center” – con suggestioni multimediali legate all’eruzione vulcanica, al territorio vesuviano e alla ricostruzione virtuale degli ambienti – e l’attrazione storico-scenografica, prevista dal project financing.

3) Violazione dei principi vigenti in materia di autotutela per l’affidamento di appalti; carenza di motivazione; violazione degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per sviamento, illogicità manifesta, violazione del principio di affidamento, travisamento dei presupposti, sviamento e falsa applicazione di legge, tenuto conto della sussistenza di potestà di autotutela, in ordine all’eventuale interruzione dell’iter procedimentale in materia di gare, solo per effettive ragioni di pubblico interesse, previa valutazione dell’affidamento e degli interessi delle parti, da evidenziare con adeguata motivazione, come ribadito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. V, 18.6.2002, n. 92). Nella fattispecie, la logica della decisione assunta ed i relativi presupposti resterebbero non comprensibili, tenuto conto anche del tempo trascorso tra l’avvio della gara (5.12.2007) e l’emanazione dell’impugnata ordinanza n. 3742 (16.3.2010), quando erano già intervenute onerose integrazioni del progetto, a seguito di specifiche richieste della Soprintendenza. Contraddittorio, inoltre, sarebbe risultato il richiamo a presunti poteri, attribuiti al Commissario delegato, senza tuttavia che fosse quest’ultimo ad intervenire sulla procedura di cui trattasi. Del tutto carente, infine, dovrebbe ritenersi sui punti segnalati la motivazione della sentenza appellata;

4) Situazione tutelabile dell’ATI Syremont, già individuata come potenziale concessionario in quanto unica partecipante alla gara, nonostante la mancata conclusione della prevista fase ad evidenza pubblica;

5) Legittimazione della medesima ATI a perseguire il risarcimento del danno in forma specifica o pecuniaria, quanto meno per le spese sostenute (2,5% dell’investimento proposto di €. 11.000.000,00);

6) In subordine, giusto titolo all’indennizzo, di cui all’art. 21 quinques della legge n. 241/1990;

7) Responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione, per condotta contraria a correttezza e buona fede nel corso della procedura di gara;

8) Risarcimento dei danni non patrimoniali, tenuto conto della lesione di immagine della società, per l’illegittima interruzione della procedura.

L’Amministrazione appellata, costituitasi in giudizio, resisteva formalmente all’accoglimento del gravame.

DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne una procedura di project financing, avviata per la ricerca di offerenti, disponibili a realizzare un’attrazione storico-scenografica sulla distruzione di Pompei, da effettuare all’interno del noto sito archeologico. Detta procedura – disciplinata prima dagli articoli 37 e seguenti della legge n. 109/1994 e successivamente dagli articoli 153 e seguenti del d.lgs. n. 163/2006 – risulta articolata in due fasi, distinte ma strettamente connesse: la scelta del promotore, caratterizzata da ampia discrezionalità amministrativa per l’accoglimento della proposta, proveniente talvolta del promotore stesso, alla stregua della già effettuata programmazione delle opere pubbliche, con gara preliminare per la valutazione comparativa delle diverse offerte, seguita da eventuali modifiche progettuali e da rilascio della concessione, ovvero da una ulteriore fase selettiva ad evidenza pubblica (secondo le regole nazionali e comunitarie) fra più aspiranti alla concessione in base al progetto prescelto, con risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti. Quanto sopra, con fattispecie a formazione progressiva, il cui scopo finale (aggiudicazione della concessione, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) è interdipendente dalla fase prodromica di individuazione del promotore (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 28.1.2012, n. 1; Cons. St., sez. V, 6.10.2010, n. 7334, 8.2.2011, n. 843, 7.4.2011, n. 2154; Cons. St., sez. IV, 26.1.2009, n. 391).

Nella peculiare procedura, sopra sommariamente descritta, così come in generale per ogni procedimento – selettivo o meno – possono verificarsi interruzioni anche definitive, connesse a provvedimenti assunti dall’Amministrazione in via di autotutela, rapportati a vizi di legittimità, o a revoche motivate da ragioni di interesse pubblico: queste ultime – disciplinate in via generale dall’art. 21 quinquies della legge 7.8.1990, n. 241, nel testo aggiunto dall’art. 14 della legge 11.2.2005, come successivamente modificato ed integrato – possono corrispondere a sopravvenuti motivi di pubblico interesse, a mutamento della situazione di fatto o a nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. VI, 17.3.2010, n. 1554; Cons. St., sez. V, 6.10.2010, n. 7334 e 6.12.2010, n. 8554).

Per il project financing, una disciplina peculiare in materia di revoca è contenuta nell’art. 158 del citato d.lgs. n. 163/2006, da considerare – sussistendone i presupposti – lex specialis rispetto al predetto art. 21 quinquies L. n. 241/1990 (che parte della giurisprudenza riteneva inapplicabile all’approvazione di un progetto preliminare di project financing o alla fase di aggiudicazione provvisoria, poiché riguardante – prima dell’inserimento, con d.l. n. 7/2007, del comma 1 bis – i soli provvedimenti ad efficacia durevole: cfr. Cons. St., sez. VI, 17.3.2010, n. 1554).

Nella situazione in esame, risultava avviato nel 2007 – con termine per la presentazione delle offerte fissato al 30.5.2008 – il project financing per la realizzazione un’attrazione storico-scenografica nel sito archeologico di Pompei, con successiva individuazione del promotore nell’ATI, guidata dalla società Syremont s.p.a., rimasta unica offerente nella successiva procedura di gara: procedura che – dopo alcune variazioni progettuali, richieste ed ottenute dalla Soprintendenza – risultava non ancora conclusa con rilascio della concessione quando, con DP.C.M. del 4 luglio 2008, emesso ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 24.2.1992, n. 225, veniva dichiarato lo stato di emergenza della predetta area archeologica, con successiva emanazione dell’ordinanza n. 3692 in data 11.7.2008, con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri nominava un commissario delegato per l’attuazione degli interventi ritenuti necessari.

Detto Commissario veniva sostituito con ordinanza del medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3742 del 18.2.2009, con successiva proroga (tramite D.P.C.M. del 24.7.2009) dello stato di emergenza fino al 30.6.2010, poi revocato con D.P.C.M. del 10.6.2010, con ulteriore fissazione – tramite O.P.C.M. n. 3884 del 18.6.2010 – delle disposizioni applicabili alla fase post-emergenziale, con gestione commissariale prorogata al 31.7.2010, anche ai fini degli adempimenti necessari, per assicurare il subentro nella medesima gestione della Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.

Nel contesto della gestione commissariale, il Consiglio di Amministrazione della citata Soprintendenza – con atto n. 50/10/5 SNP del 16.3.2010 – deliberava l’annullamento delle precedenti decisioni assunte dal medesimo Consiglio, circa il project financing di cui trattasi, in quanto rienrante nelle specifiche competenze del Commissario straordinario.

Le articolate ragioni di tale decisione sono desumibili dalla nota n. 849 del 2.3.2010, nella quale si illustravano le competenze del medesimo Commissario – in base alle citate ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri nn. 3692/2008 e 3795/2009 – per “idonee iniziative, volte a garantire la migliore fruizione del sito archeologico da parte dei visitatori, anche attraverso l’utilizzo delle più moderne tecnologie”, nonché tramite “elaborazione ed esecuzione di attività di comunicazione integrata, attinenti alla promozione e valorizzazione delle aree archeologiche, anche attraverso campagne di informazione, attivazione di siti web, produzioni multimediali e adeguata promozione attraverso gli organi di stampa, da realizzarsi in Italia e all’estero, in sinergia con le istituzioni competenti per materia”.

Nell’ambito delle competenze sopra indicate, era stato elaborato un Piano degli Interventi, approvato il 13.11.2009 dalla Commissione generale di indirizzo e coordinamento, istituita presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali; in tale piano era prevista la realizzazione di un “visitor center”, con “suggestioni multimediali legate all’eruzione vulcanica, al sistema territoriale vesuviano ed alla ricostruzione virtuale degli ambienti”: un progetto, quello appena indicato, che il Commissario delegato giudicava incompatibile con il project financing di cui trattasi, in rapporto al quale si sottolineavano l’assenza di atto conclusivo, giuridicamente vincolante nei confronti dell’unica offerente, l’elaborazione progettuale non ancora soddisfacente e l’opportunità di annullare la procedura di gara.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che le prospettazioni difensive dell’attuale appellante, riportate nella parte in fatto della presente decisione, non possano trovare accoglimento, ad eccezione di quella riferita all’indennizzo, conseguente all’intervenuta revoca.

La nomina di un Commissario delegato – che assume, in via surrogatoria, le prerogative e le funzioni degli organi, normalmente competenti per determinati settori di attività di un Ente statale o territoriale – corrisponde infatti, con emanazione di atto politico, o di alta amministrazione, a situazioni eccezionali di crisi, per le quali la legge consente la previsione di un organo straordinario, investito di pieni poteri, da esercitare anche in deroga alle ordinarie procedure operative e di spesa, per l’effettuazione di interventi rapidi ed efficaci, spesso incompatibili con le procedure ordinarie. L’operato del Commissario in questione costituisce servizio onorario, non rientrante nello schema del lavoro subordinato, anche di livello dirigenziale, o del lavoro autonomo, con attribuzione di pubbliche funzioni secondo le scelte discrezionali dell’Amministrazione (cfr. anche, per il principio, Corte Cost. 19.10.2012, n. 234; Cons. St., sez. V, 19.7.1989, n. 431; Cons. St., sez. VI, 3.8.2010, n. 5140; TAR Lazio, Roma, 8.4.2003, n. 3276).

Nel caso di specie, appare ragionevole che il sito archeologico di Pompei – la cui eccezionale valenza storico/culturale ed i cui problemi di conservazione, nonché di adeguata fruizione da parte del pubblico possono ritenersi fatto notorio, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. (con mera conferma deducibile dalla documentazione giornalistica, prodotta in giudizio) – sia stato sottoposto ad un periodo di gestione commissariale, implicante una sommatoria di competenze in capo al Commissario delegato, che – nei termini sopra riportati – era incaricato anche di pianificare iniziative di carattere informativo e turistico, tali da contribuire al rilancio ed alle esigenze finanziarie per la manutenzione dei beni protetti.

Altrettanto ragionevole appare – alla luce di tali competenze, sopravvenute rispetto alla fase iniziale del project financing di cui si discute – che l’Autorità originariamente competente (Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei) abbia provveduto a revocare gli atti prodromici della procedura in questione, che non si era ancora conclusa.

A tale riguardo non appaiono condivisibili le argomentazioni difensive contenute nell’atto di appello, per le ragioni di seguito indicate.

Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento (censura n. 1), si deve sottolineare che non solo l’azzeramento procedurale di cui trattasi si inseriva in un procedimento (quello di project financing) avviato su istanza di parte e non ancora formalmente concluso, ma anche che le ragioni della revoca (cessata competenza della Soprintendenza e ravvisata incompatibilità del progetto posto a gara con il nuovo piano di interventi del Commissario delegato) escludevano che il provvedimento adottato potesse avere contenuto diverso, con conseguente applicabilità dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, che esclude per gli atti vincolati il carattere invalidante dell’adempimento procedurale in questione, ove pure ritenuto espletabile.

La censura n. 2, riferita ad incompetenza per l’adozione degli atti impugnati sotto vari profili, appare a sua volta infondata, in considerazione dell’integrale gestione del sito archeologico, in effetti trasferita al Commissario straordinario, per il dichiarato periodo di crisi. Erano da considerare rimessi a detto Commissario, infatti, pieni poteri per assicurare non solo eccezionali esigenze di conservazione e restauro dell’area di cui trattasi, ma anche una pianificazione a medio termine di rilancio della medesima e di potenziamento delle risorse, ad essa riconducibili. Anche i rilievi critici, al riguardo formulati dalla Corte dei Conti non consentono di superare il dettato legislativo (art. 5, comma 1, L. n. 225/1992 cit), che aveva consentito nel periodo che qui interessa una dilatazione dei compiti della Protezione Civile ed una gestione delle emergenze molto allargata, che consentiva di affidare al Commissario straordinario compiti non limitati alle specifiche ragioni dell’emergenza, ma estesi ad iniziative anche strutturali, per la maggiore rapidità ed efficienza degli interventi resi possibili (ordinanze cosiddette “libere”: cfr. Cass. SS.UU. 7.3.2006, n. 4813). In tale contesto, non può ritenersi illegittimo il D.P.C.M. che consentiva nel caso di specie interventi ad ampio raggio, così come appare legittimo che il Commissario delegato si fosse limitato a segnalare l’incompatibilità del project financing precedentemente avviato rispetto ai nuovi piani programmatici, restando tuttavia rimessa alla Soprintendenza l’emanazione del “contrarius actus”, revocatorio di procedure dalla stessa avviate e non compatibili col nuovo quadro operativo (cfr. per il principio, applicabile ai provvedimenti di secondo grado, da adottare con la medesima procedura seguita per l’adozione dell’atto annullato o revocato: Cons. St., sez. V, 18.12.2012, n. 6505; Cons. St, sez. VI, 18.11.2010, n. 8107). Consegue in parte dalle ragioni sopra illustrate anche l’infondatezza del terzo motivo di gravame (in cui si contestano, sostanzialmente, la sussistenza di ragioni di pubblico interesse per la revoca, il mancato intervento diretto del medesimo Commissario, ove ritenuto competente ed il difetto di motivazione della sentenza): oltre alla questione di competenza, da ultimo esaminata e spettante alla Soprintendenza, le ragioni di pubblico interesse dovevano ritenersi insite nell’avvio – con atto di alta amministrazione, espressivo di ampia discrezionalità – della gestione commissariale e tali da rendere l’interruzione di procedure non compatibili con essa atto dovuto, con ulteriore profilo di applicabilità del citato art. 21 octies della legge n. 241/1990 (che esclude per tali atti l’efficacia caducante dei vizi formali, come il difetto di motivazione); per la sentenza appellata, poi, la censura di difetto di motivazione è resa inammissibile dall’effetto devolutivo dell’appello, in quanto in secondo grado di giudizio il Giudice è chiamato a valutare tutte le domande, integrando – ove necessario – le argomentazioni della sentenza appellata e senza che rilevino, pertanto, le eventuali carenze motivazionali di quest’ultima (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. V, 13.2.2009, n. 824; Cons. St., sez. VI, 24.2.2009, n. 1081).

La posizione del promotore, benchè certamente tutelabile, doveva d’altra parte ritenersi recessiva rispetto al superiore interesse pubblico giustificativo dell’intervento commissariale, né per la revoca, legittimamente adottata in presenza di nuove scelte per la gestione del sito, potevano configurarsi responsabilità precontrattuale o altri presupposti di danno risarcibile, in assenza di colpa dell’Amministrazione, con conseguente rigetto anche del quarto, quinto settimo e ottavo motivo di gravame.

A diverse conclusioni, invece, si deve pervenire per la sesta censura, prospettata in via subordinata, con riferimento all’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

Alla riconosciuta facoltà per l’Amministrazione di revocare i propri atti – legittimamente emessi, ma ritenuti non più compatibili con l’interesse pubblico – si contrappone infatti la concessione di un indennizzo per il soggetto che subisca la negativa incidenza della revoca, quale tipica forma di ristoro per lesioni conseguenti ad atti leciti. In materia di project financing, un indennizzo commisurato sia ai costi che al mancato guadagno è previsto dall’art. 158 del d.lgs. n. 163/2006, che tuttavia fa esplicito riferimento a revoca della concessione e presuppone, pertanto, una caducazione intervenuta dopo il completamento della procedura.

Nel caso di specie, viceversa, il titolo concessorio non era ancora stato rilasciato, mentre risultava già perfezionata la prima autonoma fase della procedura, finalizzata alla scelta del promotore ed al riconoscimento del carattere di pubblico interesse del progetto preliminare, da questi presentato.

In tale situazione, mentre non sono ravvisabili i presupposti applicativi del citato art. 158 d.lgs. n. 163/2006, non può negarsi che il promotore – in quanto riconosciuto tale sulla base della sua proposta, che apre una fase negoziale in cui il medesimo partecipa in posizione rafforzata, rispetto ad altri eventuali concorrenti – abbia in caso di revoca giusto titolo per l’indennizzo, di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990. A tale riguardo deve considerarsi superato l’indirizzo giurisprudenziale, già in precedenza ricordato, che limitava l’applicabilità della predetta norma a fattispecie di revoca dei provvedimenti ad efficacia durevole, non comprendendo fra questi l’aggiudicazione provvisoria di una gara e la mera conclusione della prima fase della finanza di progetto.

L’introduzione, con d.l. 31.1.2007, n. 7, del comma 1 bis del citato art. 21 quinquies consente infatti, dalla data di approvazione della norma, di collegare l’indennizzo in questione anche agli atti ad efficacia istantanea che incidano su rapporti negoziali: rapporti, di cui non può negarsi la sussistenza dopo l’approvazione del progetto del promotore e l’apertura su di esso di una ulteriore fase selettiva, benchè non ancora conclusa (sulla peculiare posizione e sulle prerogative del promotore, come titolare di una situazione soggettiva protetta in ambito negoziale cfr. anche Cons. St., Ad. Plen. n. 1/2012 cit.).

All’attuale appellante deve pertanto essere corrisposto l’indennizzo in questione, che la norma circoscrive – in presenza di determinati requisiti, che nella fattispecie appaiono sussistenti – al “danno emergente”, da considerare comprensivo delle spese di partecipazione alla procedura – adeguatamente documentate – per lesione dell’interesse protetto alla positiva conclusione delle trattative avviate (cfr. in tal senso Cons. St., sez. IV, 4.10.2007, n. 5179; Cons. St., sez. VI, 21.5.2009, n. 3144).

Le spese rimborsabili, in quanto debiti di valore, dovranno essere maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria, nei termini previsti dalla vigente normativa (cfr. al riguardo Cons. St., sez. VI, 21.5.2009, n. 3144).

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere in parte accolto, con gli effetti precisati in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio ne ritiene equa la compensazione per i due gradi di giudizio, data la complessità della vicenda controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in appello indicato in epigrafe e, in riforma della sentenza appellata, accoglie altresì il ricorso di primo grado nei limiti precisati in motivazione.

Condanna l’Amministrazione resistente a corrispondere l’indennizzo ex art. 21 quinques L. n. 241/90 a favore dell’appellante.

Spese dei due gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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