* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Linee guida per il corretto insediamento – Regione – Termine di 90 gg per l’adeguamento delle discipline regionali – Corretta interpretazione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Novembre 2017
Numero: 5121
Data di udienza: 19 Ottobre 2017
Presidente: Anastasi
Estensore: Taormina
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Linee guida per il corretto insediamento – Regione – Termine di 90 gg per l’adeguamento delle discipline regionali – Corretta interpretazione.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 6 novembre 2017, n. 5121
DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili – Linee guida per il corretto insediamento – Regione – Termine di 90 gg per l’adeguamento delle discipline regionali – Corretta interpretazione.
Il termine di novanta giorni contenuto nel comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003 perché le regioni adeguassero le rispettive discipline alle linee guida per il corretto insediamento degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non può essere interpretato nel senso preclusivo ad ogni successiva determinazione regionale : la norma “fotografava” la condizione iniziale, all’indomani dell’entrata in vigore della suindicata normativa, ed aveva natura acceleratoria, al fine di evitare vuoti di tutela. Essa non può quindi essere intesa né nel senso che decorsi i novanta giorni indicati nella legge le regioni consumassero radicalmente il potere di provvedere; né nel senso che la disciplina da esse eventualmente dettata nei novanta giorni fosse immodificabile sine die.
(Conferma T.A.R. PUGLIA, Bari, n. 487/2016) – Pres. Anastasi, Est. Taormina – M. s.r.l. (avv.ti Scoca, Scoca, Mescia e Mescia) c. Regione Puglia (avv. Bucci) e Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo e altro (Avv. Stato)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 6 novembre 2017, n. 5121SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 6 novembre 2017, n. 5121
Pubblicato il 06/11/2017
N. 05121/2017REG.PROV.COLL.
N. 06880/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6880 del 2016, proposto dalla società Margherita s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Maria Chiara Scoca, Giuseppe Mescia, Giacomo Mescia, con domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via Paisiello, 55;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Bucci, con domicilio eletto presso lo studio . Delegazione Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;
Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA –Sede di BARI – SEZIONE III n. 487/2016, resa tra le parti, concernente approvazione piano paesaggistico territoriale – introduzione vincoli per l’insediamento di impianti di produzione energia da fonti rinnovabili
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali e del Turismo e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Tranquilli su delega di Scoca, Mescia, Bucci e l’Avvocato dello Stato D’Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Sede di Bari – ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso proposto dall’odierna parte appellata volto ad ottenere il parziale annullamento:
I) della deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015, pubblicata sul B.U.R.P. n. 40 del 23 marzo 2015, con la quale era stato definitivamente approvato il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia (PPTR) e di tutti gli allegati di detta delibera, parte integrante e sostanziale della stessa;
II) del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR) e di tutti gli elaborati di cui lo stesso è composto, non esclusi:
a) delle linee guida 4.4.1., parte prima Linee guida sulla progettazione e localizzazione di impianti di energia rinnovabile e parte seconda Componenti di paesaggio e impianti di energie rinnovabili;
b) delle norme tecniche di attuazione, le schede degli ambiti paesaggistici, l’allegato 1 del PPTR, il Manifesto dei produttori di paesaggio;
c) della relazione generale;
III) della deliberazione della Giunta Regionale 13 aprile 2007, n. 474, pubblicata sul B.U.R.P. n. 64 del 2 maggio 2007, recante: «Approvazione schema di intesa interistituzionale tra il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e la Regione Puglia per l’elaborazione congiunta del piano paesaggistico della Regione Puglia»;
IV) dell’Intesa interistituzionale, sottoscritta in data 15 novembre 2007, tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e la Regione Puglia;
V) della deliberazione della Giunta Regionale 13 novembre 2007, n 1842, pubblicata sul BURP n. 168 del 27 novembre 2007, recante «Piano paesaggistico territoriale della Regione Puglia (PPTR) Approvazione del Documento programmatico» e relativo allegato;
VI) della deliberazione della Giunta Regionale 2 agosto 2013, n. 1435, pubblicata sul B.U.R.P. n. 108 del 6 agosto 2013, recante: « Adozione del Piano paesaggistico territoriale della Regione Puglia (PPTR) »;
VII) della deliberazione della Giunta Regionale 29 ottobre 2013, n. 2022, pubblicata sul B.U.R.P. n. 145 del 6 novembre 2013, recante: «Modifiche al Titolo VIII delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico Territoriale della Puglia adottato il 2 agosto 2013 con D. G.R. n. 1435 – Modifica e correzione di errori materiali»;
VIII) dell’accordo di copianificazione, sottoscritto in data 16 gennaio 2015, tra il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e la Regione Puglia;
2. La parte odierna appellata aveva illustrato le ragioni sottese proposizione del ricorso di primo grado, facendo presente che:
a) essa operava da tempo nel settore della progettazione e realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare da fonte eolica e fotovoltaica;
b) in tale qualità, aveva presentato alla Regione Puglia numerosi progetti aventi ad oggetto la realizzazione di impianti di tale natura (eolici e fotovoltaici);
c) la deliberazione della Giunta Regionale della Puglia n. 176 del 16 febbraio 2015, con la quale la Regione aveva approvato il piano paesaggistico territoriale (PPTR), era immediatamente lesiva dei propri interessi, in quanto aveva introdotto, nuovi vincoli che precludevano o, comunque, limitavano l’insediamento di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (FER).
2.1. La parte odierna appellante, nel merito, aveva articolatogli cinque macrocensure deducendo che gli atti impugnati erano illegittimi per violazione di legge ed eccesso di potere.
3. La Regione Puglia, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si erano costituiti in giudizio chiedendo, nel merito la reiezione del ricorso in quanto infondato e, in via preliminare, la declaratoria di inammissibilità del medesimo per carenza d’interesse, in quanto:
a) non era stato specificato quale pregiudizio il PPTR avrebbe arrecato alla sfera dei suoi interessi, né erano state indicate e quindi, era impossibile, ai fini della tutela demolitoria, anche solo verificare le parti di esso illegittime;
b)a dimostrazione della sussistenza dell’interesse a ricorrere, erano state allegate istanze di autorizzazione all’insediamento di impianti eolici e fotovoltaici presentate in data anteriore all’adozione e approvazione del PPTR per le quali, ai fini della verifica di compatibilità paesaggistica, sarebbe stato applicabile il previgente PUTT/P;
c) i pareri negativi – non impugnati – già rilasciati dalla Regione su alcune delle istanze predette erano stati motivati dalla incompatibilità dell’intervento proposto con il PUTT/P, prima ancora che con il PPTR e dunque, parte originaria ricorrente nessuna utilità avrebbe potuto ritrarre dall’accertamento di illegittimità e annullamento del PPTR, perché i pareri negativi non ne sarebbero risultati coinvolti, neppure in via derivata, avendo comunque, fondamento anche nel rilevato contrasto dei progetti con il PUTT.
4. Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tar ha accolto in via pregiudiziale la eccezione di inammissibilità del ricorso (omettendo quindi di pronunciarsi sul merito della impugnazione) avendo premesso, sotto il profilo fattuale che:
a) la parte originaria ricorrente aveva ricondotto il proprio interesse all’annullamento degli atti impugnati alla presentazione di istanze di autorizzazione alla realizzazione sul territorio pugliese di impianti FER, ai pareri negativi sulla compatibilità ambientale resi dalla Regione su alcuni progetti di impianti FER per i quali erano in corso i relativi procedimenti e, infine, all’intenzione di presentarne altri;
b) la circolare regionale interpretativa per la prima applicazione del PPTR, disponeva che “Le norme di salvaguardia di cui all’art. 105 delle NTA del PPTR si applicano a tutti i procedimenti di rilascio delle Autorizzazioni Paesaggistiche e dei titoli abilitativi non ancora conclusi” ed inoltre che “il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e dunque impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica:
a) per interventi edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo edilizio;
b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato.
b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato”;
c) contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione, quindi, le istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti eolici restavano soggette – se non ancora definite sotto il profilo edilizio e paesaggistico – al regime di tutela introdotto dal PPTR, e non al PUTT, sebbene fossero relative al periodo 2007/2010 e il PPTR fosse ad esse successivo (era stato adottato soltanto il 2.8.2013 ed approvato il 16.2.2015).
4.1. Alla stregua di tale situazione di fatto, il T.a.r. ha evidenziato che in mancanza di allegazioni sull’esito di tali procedimenti si poteva presumere che, decorso il termine massimo di 180 giorni dalla presentazione di ciascuna delle predette istanze, entro il quale doveva concludersi, ex art. 12 del d.lg. n. 387/2003, il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica, la Regione avrebbe potuto:
– aver adottato un provvedimento espresso, di assenso o di diniego;
– essere rimasta silente fino allo scadere di detto termine, (di natura perentoria, incompatibile con sospensioni o interruzioni: C.d.S. 5413/2012 Corte Costituzionale sentenze n. 364/2006, e n. 282/2009).
4.2. Nella suindicata situazione, erano quindi ipotizzabili varie eventualità, tutte contrarie alla sussistenza di un interesse concreto ed attuale in capo alla originaria parte ricorrente alla proposizione del ricorso, in quanto:
a) se il procedimento autorizzatorio si fosse concluso con il rilascio dell’autorizzazione, sarebbe stato carente l’interesse all’annullamento del PPTR perché, in tal caso, sarebbe stata ottenuta l’utilità sperata;
b) se invece, fosse sopravvenuto un diniego o il silenzio inadempimento (per inutile decorso del termine per provvedere) l’interesse sarebbe stato ravvisabile soltanto se la originaria ricorrente avesse impugnato rispettivamente il diniego o il silenzio, in quanto l’acquiescenza al diniego di autorizzazione o al silenzio formatosi sull’istanza, avrebbe estinto l’interesse a gravare il PPTR, quale presupposto rilevante nel relativo procedimento, essendo ormai precluso l’accesso all’utilità sostanziale per la quale il procedimento era stato avviato;
c) le istanze prodotte dalla originaria ricorrente dal 2007 al 2010 non superavano, quindi in nessun caso, l’eccezione di difetto di interesse sollevata dalla Regione, non risultando provato che i procedimenti con esse avviati fossero in corso e che, di conseguenza fossero ad essi applicabili i provvedimenti impugnati ovvero che avessero avuto esiti pregiudizievoli tempestivamente gravati.
4.3. La carenza di interesse al ricorso è stata affermata dal T.a.r. anche con riferimento ai pareri negativi espressi dal “Servizio Assetto del territorio” della Regione sulla compatibilità di taluni progetti di insediamento di impianti FER proposti dalla originaria ricorrente, in quanto il contestato PPTR non era l’unico parametro di riferimento in relazione al quale era stato espresso un giudizio negativo di compatibilità in tutti i pareri allegati dalla originaria ricorrente; al contrario, da essi risultava che i progetti sottoposti a verifica erano stato giudicati, rispettivamente, in contrasto con gli indirizzi di tutela o con le NTA del PUTT o interessavano aree classificate inidonee dal r.r. 24/2010 o, ancora, contrastavano con le NTA del PUG di Troia, uno dei comuni interessati all’insediamento degli impianti.
L’interesse a ricorrere non poteva pertanto, ritenersi dimostrato dal fatto che detti pareri erano motivati anche dalla incompatibilità dei progetti con il PPTR: al più tale circostanza avrebbe giovato a dimostrarne la concorrente ma non esclusiva, idoneità lesiva con la conseguenza che l’annullamento del PPTR non avrebbe comportato l’illegittimità derivata dei predetti pareri in quanto fondati, su altre, autonome motivazioni ex se sfavorevoli alla realizzazione degli impianti.
4.4. Quanto, infine, al terzo “versante” che nella prospettazione della originaria ricorrente avrebbe dimostrato l’attualità dell’interesse ad impugnare il PPTR e gli atti ad esso connessi (e cioè l’affermato proposito, di presentare altre istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti FER) il Tar ne ha affermato la ininfluenza, in quanto:
a) la (ipotetica) localizzazione degli stessi non era stata neppure individuata;
b) gli atti di pianificazione hanno di norma un contenuto generale ed a tale regola non si sottraeva il PPTR che, oltre a recepire vincoli puntuali eteroprodotti, dettava le norme d’uso del territorio regionale ai sensi dell’art. 135, comma 1, d.lg. 42/2004 e pertanto il soggetto che sosteneva di ricaverne un pregiudizio in via immediata avrebbe avuto l’onere, di indicare quale fosse e dove sarebbe stato localizzabile l’intervento che si assumeva essere interdetto dalle scelte di piano;
c) senonchè, detto onere non era stato assolto, di guisa che neppure tale versante, in quanto rimasto sul piano meramente assertivo, avrebbe potuto ritenersi dimostrativo di un differenziato ed attuale interesse ad impugnare gli atti.
4. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni profilo e riproponendo, nel merito, le tesi rappresentate al T.a.r. in primo grado e da questo non esaminate (ivi compresa quella volta a postulare l’asserita illegittimità ed incompatibilità della presupposta disciplina paesaggistica, di cui agli artt. 131,134,135, 143 del d.Lgs n. 42/2004 e di cui all’art. 10 della legge n. 137/2002 in relazione agli artt. 3, 41, 42, 76 e 97 della Costituzione ed all’art.1 Prot. 1 della Cedu) .
4.1. In particolare, ha in primo luogo ripercorso, anche cronologicamente, la sottesa vicenda (pag. 1-6 dell’atto di appello) ed ha fatto presente che:
a) era indubitabile il proprio interesse ad impugnare il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia in quanto contenente vincoli alla realizzabilità degli impianti in estesi territori della Puglia (tra cui quasi tutta l’area della provincia di Foggia) e, pertanto, immediatamente lesivo della propria posizione (pagg. 7-27 dell’atto di appello) e pertanto la sentenza in rito del T.a.r. era errata ed anche intrinsecamente contraddittoria, oltre che collidente con le maggioritarie e consolidate affermazioni della giurisprudenza amministrativa ;
b) nel merito (pagg. 27-56 dell’atto di appello) ha riproposto tutte le censure già prospettate in primo grado, e non esaminate dal T.a.r.;
c) ha richiesto che venisse disposta in via istruttoria una verificazione, al fine di accertare la estensione e la consistenza delle prescrizioni preclusive alla realizzazione degli impianti contenute negli avversati atti (pag. 57 dell’atto di appello);
d) ha infine ribadito la richiesta subordinata (già prospettata in primo grado con la memoria difensiva dell’8.2.2016) incentrata sull’asserita illegittimità ed incompatibilità della presupposta disciplina paesaggistica, di cui agli artt. 131,134,135, 143 del d.Lgs n. 42/2004 e di cui all’art. 10 della legge n. 137/2002 con gli artt. 3, 41, 42, 76 e 97 della Costituzione e con l’art.1 Prot. 1 della Cedu.
5. In data 7.9.2016 il Ministero dei beni e delle Attività Culturali e del Turismo ed il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si sono costituiti in giudizio depositando atto di stile ed in data 14.9.2017 hanno depositato la documentazione già prodotta nel corso del giudizio di primo grado.
6. In data 10.9.2016 la Regione Puglia ha depositato un controricorso chiedendo la reiezione dell’appello e deducendo che:
a) parte appellante non aveva documentato né chiarito la propria legittimazione: la mera intenzione di presentare progetti futuri, non meglio localizzati, era insufficiente a tale fine;
b) essa non aveva alcun interesse concreto ed attuale a censurare le prescrizioni del PPTR: i progetti presentati non erano assentibili in quanto collidenti, per più ragioni, con il Putt/P: il contrasto con le prescrizioni (anche) del PPTR integrava motivazione aggiuntiva non indispensabile per la reiezione.
6.1. Nella seconda parte del controricorso, la Regione Puglia ha sostenuto che comunque l’appello era infondato nel merito, deducendo che:
a) la dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 12 d.lg. 387/2003 e del d.m. del Ministro dello Sviluppo Economico del 10.9.2010 era stata genericamente affermata ed era insussistente ai sensi dell’art. 17 delle Linee Guida di cui al d.M predetto;
b) non rispondeva al vero che la Regione non aveva osservato i criteri a tal fine stabiliti dal d.M. 10.9.2010 (che vietavano l’interdizione di porzioni significative del territorio e la generica classificazione delle aree agricole come inidonee): ivi non era stabilita alcuna preclusione alla possibilità che la Regione individuasse aree del proprio territorio inadatte ad ospitare impianti del genere di quelli per cui è causa;
c) la tesi per cui sarebbe stato violato l’allegato 3 al d. M del 2010 era stata genericamente prospettata (tanto che non erano state neppure indicate le porzioni del PPTR che in tesi avevano inverato tale violazione);
d) non era stata violata alcuna prescrizione comunitaria: il Piano si era semplicemente limitato a raccomandare il ricorso a forme di compartecipazione tra promotori, enti pubblici, e cittadini, senza ciò imporre; né era rispondente al vero che la preclusione avrebbe riguardato la quasi totalità del territorio regionale;
e) la asserita violazione dell’art. 117 della Costituzione era stata soltanto apoditticamente affermata;
f) la asserita violazione dell’art. 6 l. 241/1990 inverata (in tesi) nella circostanza che il PPTR immotivatamente avrebbe vietato, anche su aree qualificate idonee dal r.r. 24/2010, l’insediamento di impianti eolici siccome visibili dalla aree incluse nell’elenco dei beni di interesse paesaggistico, muoveva dal fraintendimento che le Linee Guida allegate al PPTR costituissero disposizioni vincolanti e prescrittive alla stregua di quanto prevedevano le Nta del piano: tuttavia così non era, trattandosi di mere raccomandazioni.
6.Alla camera di consiglio del 13 ottobre 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione la trattazione della controversia, sull’accordo di tutte le parti, è stata differita all’udienza di merito.
7. In data 6.9.2017 la Regione Puglia ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa, riposante in nove Decreti Direttoriali di rilascio dell’Autorizzazione Unica per impianti di produzione da Fer in favore di numerose ditte richiedenti (per tre di esse l’istante era la ditta odierna appellante).
8. In data 18.9.2017 la Regione Puglia ha depositato una memoria, facendo presente che dalla documentazione da essa depositata emergeva che le paure paventate dall’appellante erano infondate, e che questa non aveva interesse né a proporre il ricorso di primo grado, né a coltivare l’appello: medio tempore, infatti, la Regione Puglia aveva rilasciato numerosi Decreti Direttoriali di rilascio dell’Autorizzazione Unica per impianti di produzione da Fer in favore di numerose ditte per impianti collocati sia nella provincia di Foggia che in altre province pugliesi: il ricorso, peraltro generico ed indeterminato dell’odierna appellante, era quindi sfornito di interesse; esso era anche infondato, in quanto gli impianti Fer, in quanto produttivi di rilevanti modifiche sul territorio, erano soggetti alla prescrizione di cui all’art. 143 lett. H del d.Lgs n. 42/2004, in relazione al disposto di cui all’art. 12 del d.Lgs n. 387/2013.
8. In data 28. 9.2017 la società odierna appellante ha depositato una memoria di replica, puntualizzando le proprie difese e deducendo che dalla documentazione depositata in giudizio dalla regione Puglia non poteva affatto evincersi che si versasse in una situazione di cessata materia del contendere, in quanto:
a) l’appellante aveva ricevuto positiva risposta dalla Regione Puglia per un numero di impianti assai inferiore a quelli per i quali aveva presentato la richiesta;
b) le altre pratiche erano bloccate, a cagione dei vincoli preclusivi imposti ne PTTR;
c) permaneva intatto l’interesse dell’appellante a coltivare l’impugnazione;
d) né il ricorso di primo grado, né l’appello erano generici, in quanto ivi si era fatto presente che il PTTR precludeva la realizzazione di impianti Fer in vastissime aree del territorio pugliese.
9.Alla odierna pubblica udienza del 19 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.L’appello è infondato e va respinto, nei sensi di cui alla motivazione che segue. La sentenza va quindi confermata, sia pure con le integrazioni motivazionali che verranno di seguito precisate.
1.1.Preliminarmente, il Collegio evidenzia che:
a) a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno dei ricorsi in appello, senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015);
b) la causa appare sufficientemente istruita, e le censure proposte sono in massima parte di natura giuridica, dal che discende la superfluità dei richiesti supplementi istruttori (verificazione);
c) non v’è spazio per la ipotizzata declaratoria di improcedibilità dell’appello (ovvero financo del ricorso di primo grado) sollecitata dalla appellata regione Puglia, anche in occasione del deposito documentale in ultimo dalla stessa effettuato, in quanto:
I) per tradizionale quanto granitica giurisprudenza, l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92).
b) parimenti, costituisce jus receptum quello per cui eventuali cause di improcedibilità dedotte dalle parti vadano valutate con rigore, al fine di evitare che simili pronunce inverino, nella sostanza, un diniego di giustizia;
II) nel caso di specie, la vibrata affermazione di parte appellante di avere un persistente interesse a coltivare l’appello, e la evidenza riposante nella circostanza che certamente non tutte le richieste di autorizzazione per impianti Fer dalla stessa presentate siano state positivamente assentite (neppure la regione Puglia si è spinta ad affermare ciò) inducono ad escludere che anche la produzione documentale in ultimo effettuata dalla Regione consenta di dichiarare improcedibile l’appello.
2. Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritario l’esame delle censure volte a dolersi della statuizione di inammissibilità pronunciata dal T.a.r., in quanto soltanto laddove eventualmente quest’ultima venisse rimossa potrebbe essere esaminato dal Collegio (direttamente, e senza dichiarare la nullità della sentenza di primo grado con restituzione della causa al T.a.r. ex art. 105 del c.p.a.)il merito delle censure prospettate dall’appellante società.
2.1.Ciò premesso, l’appello è in parte qua solo parzialmente fondato: la sola circostanza che le sopravvenute disposizioni della deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015, con la quale è stato definitivamente approvato il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della regione Puglia (PPTR) siano state opposte all’appellante quale elemento ostativo alla realizzazione di richieste autorizzative di impianti Fer dalla stesse proposte, implica che la legittimazione attiva dell’appellante sia innegabile e la statuizione di inammissibilità vada rimossa Nè la circostanza che tali disposizioni non fossero le uniche che ostavano alla realizzazione degli impianti, non può inficiare detta conclusione.
3. Contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r., infatti, la concorrente ( ancorchè non esclusiva) idoneità lesiva delle prescrizioni impugnate legittima la parte istante ad agire in giudizio: rimuovendo tale causa ostativa, infatti, essa potrebbe determinarsi a presentare un progetto che non impinga in ulteriori criticità in relazione a differenti disposizioni (nel caso di specie secondo l’argomentare della sentenza di primo grado “gli indirizzi di tutela o con le NTA del PUTT aree classificate inidonee dal r.r. 24/2010 o, ancora, le NTA del PUG di Troia”).
4. Così corretta la motivazione della sentenza, sul punto, occorre interrogarsi su un ulteriore profilo di ammissibilità dell’originario ricorso di primo grado, puntualmente sollevato dalla regione Puglia nel proprio controricorso (e comunque rilevabile ex officio).
Affermata, in astratto, la legittimazione della parte odierna appellante a promuovere l’impugnazione, appare necessario poi esaminare, infatti, gli ulteriori requisiti di ammissibilità del ricorso, riposanti nell’interesse in concreto (attualità della asserita lesione subita) e nella specificità delle censure contenute nel ricorso medesimo (e dell’odierno appello) in relazione alla individuazione delle prescrizioni asseritamente lesive.
4.1. A tale proposito, devono essere immediatamente segnalati due angoli prospettici da esaminare accuratamente, che – ad avviso del Collegio – costituiscono altrettante “anomalie” dell’odierno procedimento, in quanto:
a) sotto un primo profilo, la parte odierna appellante non ha impugnato nell’odierno procedimento singoli provvedimenti e pareri negativi che asseritamente si sarebbero fondati sulle prescrizioni del Piano impugnato e sugli atti (parimenti impugnati) a questo connessi;
b) conseguentemente, non soltanto il Collegio non potrebbe scrutinare tali singole prescrizioni (asseritamente) lesive, ma – come può evincersi dalla lettura del ricorso di primo grado, e del ricorso in appello – le stesse non sono state neppure specificamente segnalate. La parte appellante, in sostanza, si duole genericamente di un supposto straripamento di competenze da parte del PPTR, di un implementamento delle prescrizioni impeditive alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, ed elenca (sistematicamente nelle “note” contenute nell’appello) singole indicazioni contenute nella relazione generale, ma non deduce neppure una singola ipotesi specifica, né chiarisce in che termini detta specifica prescrizione lederebbe il proprio specifico interesse (es: la prescrizione x, in punto di tutela delle lame, lede l’interesse dell’appellante y, in quanto impedisce la realizzazione dell’impianto Z da ubicarsi nella località W);
c) ne deriverebbe pertanto che la statuizione dispositiva di un ipotetico accoglimento dovrebbe essere estesa a tutte le prescrizioni contenute negli atti impugnati nelle quali è contenuta una disposizione che “interessa” la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile (anche, in teoria, non intersecante alcuna delle richieste di autorizzazione avanzate dalla parte odierna appellante) e ciò appare già prima facie inammissibile (sul punto, che riveste importanza nodale, ci si soffermerà di nuovo di qui a breve);
d) sotto un secondo angolo visuale (che tuttavia appare recessivo) la prospettazione del ricorso di primo grado e dell’appello è incentrata sul presupposto che le suddette prescrizioni impeditive contenute nel PPTR, ed integranti un (in tesi illegittimo) incremento delle prescrizioni impeditive alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile abbiano natura vincolante (e pertanto immediatamente lesiva): ma la tesi è contestata dalla regione Puglia che nella memoria depositata in data 10.9.2016 ha fatto presente che le Linee Guida allegate al PPTR integrerebbero mere “raccomandazioni” emanate ai sensi dell’art. 143, comma 8 del T.U. Ambiente.
4.2. Quanto al primo complesso profilo oggetto di disamina, si osserva che – in conseguenza di quanto si è in premessa evidenziato- la prospettazione contenuta nel ricorso in appello (e, prima, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) è ammissibile solo in parte; invero, una volta che non sono state indicate le singole prescrizioni lesive, e che non è stato dedotto, contro ciascuna di esse, alcuno specifico motivo di censura teso a dimostrarne la illogicità, irrazionalità, etc, la doglianza appare inammissibile per genericità, almeno in parte.
E del pari si osserva che – nel momento in cui non è stato chiarito quale prescrizione impeditiva attinga direttamente l’interesse della parte appellante, determinando l’impossibilità, in capo a quest’ultima di ottenere il bene della vita cui aspira – risulta carente in concreto, l’interesse a proporre l’impugnazione.
L’unico profilo ammissibile – e sul quale di seguito ci si pronuncerà- fonderebbe sulla radicale tesi secondo la quale il PPTR non avrebbe potuto contenere alcuna misura che conducesse ad un incremento delle ipotesi ostative alla realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile in quanto integrante violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, dell’art. 17 del d M. 10 settembre 2010 e dell’allegato 3 al predetto decreto 10 settembre 2010 del Ministero dello sviluppo economico recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”.
4.2.1. Ora, anche ammesso (ma così per il vero non è) che la parte odierna appellante avesse in concreto realmente dimostrato che a cagione delle prescrizioni del PPTR sia preclusa in “enormi parti del territorio regionale” la realizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ( l’appellata regione sostiene, in contrario senso, che il PPTR non abbia imposto alcun vincolo ulteriore rispetto a quelli indicati dal Regolamento regionale n. 24 del 2010) ed anche ammesso (ma così non è) che avesse dimostrato che a cagione di taluna di dette prescrizioni le è stato impedito di realizzare un certo impianto, ubicato in una certa località (così inverandosi quella “concreta lesione” che è presupposto di ammissibilità del ricorso di primo grado) si osserva che la radicale tesi secondo la quale alla regione Puglia fosse del tutto impedito di introdurre nel proprio PPTR ogni e qualsiasi disposizione preclusiva alla realizzazione di tale tipologia di impianti è infondata, in quanto:
a) l’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003 ,n. 387 così dispone: “1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.
2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell’interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
3. La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione o dal Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all’articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.
4. L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. [In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.] Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Fatto salvo il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilita’ sul progetto preliminare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non puo’ essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall’articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto .
5. All’installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività.
6. L’autorizzazione non può essere subordinata nè prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.
7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.
Nell’ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.
[ 8. Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non superiore a 3 MW termici, sempre che ubicati all’interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, nel rispetto delle norme tecniche e prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’articolo 31 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione. È conseguentemente aggiornato l’elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui all’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991. ]
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all’articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.
10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali.”;
b) l’art. 17 del d M. 10 settembre 2010 , a propria volta, così stabilisce: “17. Aree non idonee
17.1. Al fine di accelerare l’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni
delle presenti linee guida, le Regioni e le Province autonome possono
procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di
specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e
sulla base dei criteri di cui all’Allegato 3. L’individuazione della non idoneità
dell’area è operata dalle Regioni attraverso un’apposita istruttoria avente ad
oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del
paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari
locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di
protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di
specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero,
pertanto, una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione. Gli esiti dell’istruttoria, da richiamare nell’atto di cui al punto
17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non
idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la
descrizione delle incompatibilità riscontrate con gli obiettivi di protezione
individuati nelle disposizioni esaminate.
17.2. Le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela
dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle
energie rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota
minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden
sharing), in applicazione dell’articolo 2, comma 167, della legge n. 244 del
2007, come modificato dall’articolo 8-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13,
di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, assicurando uno
sviluppo equilibrato delle diverse fonti. Le aree non idonee sono, dunque,
individuate dalle Regioni nell’ambito dell’atto di programmazione con cui sono
definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di
burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la
regione individua le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente
già previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico obiettivo
assegnatole.
17.3. Nelle more dell’emanazione del decreto di cui all’articolo 8-bis della legge
27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del decreto-legge 30 dicembre 2008,
n. 208, le Regioni possono individuare le aree non idonee senza procedere alla
contestuale programmazione di cui al punto 17.2. Entro 180 giorni dall’entrata
in vigore del sopraccitato decreto ministeriale le Regioni provvedono a
coniugare le disposizioni relative alle aree non idonee nell’ambito dell’atto di
programmazione di cui al punto 17.2, anche attraverso opportune modifiche e
integrazioni di quanto già disposto.”
L’allegato 3 al predetto d. M. 10 settembre 2010, (recante “Criteri per l’individuazione di aree non idonee”) infine, prevede che: L’individuazione delle aree e dei siti non idonei mira non già a rallentare la realizzazione degli impianti, bensì ad offrire agli operatori un quadro certo e
chiaro di riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.
L’individuazione delle aree non idonee dovrà essere effettuata dalle Regioni con
propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti strumenti di pianificazione
ambientale, territoriale e paesaggistica, secondo le modalità indicate al
paragrafo 17 e sulla base dei seguenti principi e criteri:
a) l’individuazione delle aree non idonee deve essere basata esclusivamente su
criteri tecnici oggettivi legati ad aspetti di tutela dell’ambiente, del paesaggio e
del patrimonio artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del
territorio e del sito;
b) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei deve essere differenziata con
specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto;
c) ai sensi dell’articolo 12, comma 7, le zone classificate agricole dai vigenti
piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei;
d) l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non può riguardare porzioni
significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela
dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi
nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da
specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi è infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate, nei casi
previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle Regioni, agli enti locali
ed alle autonomie funzionali all’uopo preposte, che sono tenute a garantirla
all’interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell’Impatto
Ambientale nei casi previsti. L’individuazione delle aree e dei siti non idonei
non deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di
accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e
all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche
caratteristiche e vocazioni del territorio;
e) nell’individuazione delle aree e dei siti non idonei le Regioni potranno tenere
conto sia di elevate concentrazioni di impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili nella medesima area vasta prescelta per la localizzazione, sia delle
interazioni con altri progetti, piani e programmi posti in essere o in progetto
nell’ambito della medesima area;
f) in riferimento agli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono
procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche
tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle
trasformazioni territoriali o del paesaggio, ricadenti all’interno di quelle di
seguito elencate, in coerenza con gli strumenti di tutela e gestione previsti
dalle normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità di sviluppo delle
diverse tipologie di impianti:
– i siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, le aree ed i beni
di notevole interesse culturale di cui alla Parte Seconda del D.Lgs. n. 42 del
2004, nonché gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai
sensi dell’art. 136 dello stesso decreto legislativo; – zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i
luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattiva turistica;
– zone situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini ad
emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso;
– le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite
ai sensi della Legge n. 394/1991 ed inserite nell’Elenco Ufficiale delle Aree
Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di
riserva generale orientata di cui all’articolo 12, comma 2, lettere a) e b) della
legge n. 394/1991 ed equivalenti a livello regionale;
– le zone umide di importanza internazionale designate ai ai sensi della
convenzione di Ramsar;
– le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla direttiva
92/43/CEE (Siti di importanza Comunitaria) ed alla direttiva 79/409/CEE (Zone
di Protezione Speciale);
– le Important Bird Areas (I.B.A.);
– le aree non comprese in quelle di cui ai punti precedenti ma che svolgono
funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità (fasce di rispetto o
aree contigue delle aree naturali protette); istituende aree naturali protette
oggetto di proposta del Governo ovvero di disegno di legge regionale
approvato dalla Giunta; aree di connessione e continuità ecologico-funzionale
tra i vari sistemi naturali e seminaturali; aree di riproduzione, alimentazione e
transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di
specie animali e vegetali soggette a tutela dalle Convenzioni internazionali
(Berna, Bonn, Parigi, Washington, Barcellona) e dalle Direttive comunitarie
(79/409/CEE e 92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di
estinzione;
– le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità
(produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G.,
produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all’art. 12, comma 7,
del decreto legislativo n. 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se
previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un’elevata capacità
d’uso del suolo;
– le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico
perimetrate nei Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle competenti
Autorità di Bacino ai sensi del D.L. n. 180/1998 e s.m.i.;
– zone individuate ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42 del 2004 valutando la
sussistenza di particolari caratteristiche che le rendano incompatibili con la
realizzazione degli impianti.”.
4.3. Le disposizioni surrichiamate non escludono quindi, seppure con particolari limiti e condizioni, uno specifico potere regionale in materia di individuazione di siti non idonei: la critica incentrata sullo straripamento di potere è quindi destituita di fondamento, mentre la carenza di indicazione in ordine a singole prescrizioni viziate (ed allo specifico danno da esse arrecate alla singola iniziativa progettata dalla parte appellante) implica la inammissibilità di tali articolazioni delle censure.
4.3.1. Deve quindi evidenziarsi che le più radicali censure contenute nel ricorso di primo grado erano in parte qua ammissibili, ma infondate, come del pari infondato è l’odierno appello nella parte in cui ribadisce tale versante di critica ancorandolo ad un barrage temporale: il comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 387/2003 (“in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali”) non può infatti essere interpretato nel senso preclusivo ad ogni successiva determinazione regionale.
Il termine di novanta giorni condiziona il potere regionale, nel senso che in carenza di una determinazione regionale che intervenga nel succitato termine, debbano comunque trovare applicazione le linee-guida nazionali (e ciò per evitare che si creino fasi di ingiustificato stallo nei procedimenti autorizzativi: si veda sul punto Corte Costituzionale, 6 maggio 2010, n. 168).
Ma all’evidenza dalla disposizione in parola non può discendere un divieto assoluto per la regione di determinarsi anche dopo il detto termine, e/o di intervenire a più riprese sul punto come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 6 novembre 2009, n. 282.
La prescrizione-chiave contenuta nella citata disposizione, infatti, è quella (“in attuazione di tali linee guida”) che prescrive che le Regioni si attengano alle medesime, e quindi, laddove non sia contestata una divergenza in tale senso le linee guida predisposte dalla regione non possono essere tout court tacciate di illegittimità: possono esserlo soltanto laddove si discostino da quelle nazionali, ma tale evenienza, nel caso di specie, non è né contestata né tampoco dimostrata.
4.3.1.1. Per concludere sul punto: il termine di novanta giorni contenuto nella prescrizione normativa nazionale “fotografava” la condizione iniziale, all’indomani dell’entrata in vigore della suindicata normativa, ed aveva natura acceleratoria, al fine di evitare vuoti di tutela.
Essa non può essere intesa:
a) né nel senso che decorsi i novanta giorni indicati nella legge le regioni consumassero radicalmente il potere di provvedere, per sempre;
b) né nel senso che la disciplina da esse eventualmente dettata nei novanta giorni fosse immodificabile sine die.
4.3.2. Quanto alla (logicamente subordinata) tesi di uno straripamento in concreto da parte della regione, ribadita la genericità ed indeterminatezza delle doglianze sul punto, che emerge già dalla stessa disamina degli atti di impugnazione, e che si ritiene di avere prima compiutamente dimostrato, ciò che emerge dalla lettura degli elaborati impugnati, è quanto segue:
a) nell’elaborato (significativamente denominato “scenario strategico), di cui alle linee guida 4.4.1. (“componenti di paesaggio ed impianti di energie rinnovabili), il PPTR pugliese:
I) non esclude tout court le aree agricole quali aree destinate ad ospitare gli impianti, e semmai esprime un criterio preferenziale;
II) contempla prescrizioni riferite a specifiche aree, aventi particolarità rilevanti di natura morfologica, idrologica etc (versanti, lame e Gravine, grotte, etc);
III) del pari contempla disposizioni con riferimento ad aree (già) protette, singolarmente individuate.
4.3.3. L’appellante – si ripete- non dimostra né che alcuna di queste prescrizioni interferisca con una propria richiesta autorizzativa, ovvero ne interdica certamente l’accoglimento, e di converso non sembra positivamente riscontrata la censura (questa sì in ipotesi accoglibile) che contrariamente alle prescrizioni delle linee guida nazionali nelle aree agricole pugliesi sia stato inibita la realizzazione di simili impianti.
Ciò fermo restando che, laddove una singola autorizzazione sia negata per specifico contrasto ad una data prescrizione asseritamente contenuta nel PPTR e nelle linee guida del medesimo, l’appellante potrà ben impugnare il singolo diniego con successo ove riesca a dimostrare che quella singola prescrizione (e/o l’interpretazione che ne è stata resa in sede di diniego) sia illogica, errata, od anche semplicemente contrastante con le linee-guida nazionali.
4.3.4. Tale considerazione concerne tutti i riproposti originari motivi del ricorso di primo grado, ed anche la questione di legittimità costituzionale prospettata in via subordinata dalla parte appellante: esclusa la fondatezza della censura a monte, rilevata la non dimostrata specifica lesività delle disposizioni che la parte appellante (senza enumerarle o specificamente indicarle, rapportandole a singole richieste autorizzative dalla stessa avanzate) considera preclusive, non v’è interesse neppure sotto tale angolo prospettico.
4.3.5. Si evidenzia infine, che l’appellata regione Puglia fa presente che, sotto il profilo più generale:
a) anche in virtù della espressa indicazione contenuta sub comma 10 dell’art. 12 del d.Lgs. 29 dicembre 2003,n. 387 del quale si è prima riportato il testo, gli impianti oggetto dell’autorizzazione unica per cui si controverte costituiscono ed integrano modificazioni dell’assetto del territorio:
b) l’art. 143 comma I lett. h del d.Lgs del 22 gennaio 2004 n. 42 contiene una disposizione amplissima sebbene non esaustiva (“L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno:
“h) individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate; ”) che conduce a ritenere che il Piano paesaggistico (“almeno”) debba fare riferimento ad ogni trasformazione del territorio, tra le quali, come si è visto, rientrano gli impianti Fer.
c) sostenere che il piano paesaggistico, anche a livello di linea tendenziale ed obiettivi da perseguire (e contesti da salvaguardare) nulla potesse indicare in proposito appare francamente approdo del tutto non condivisibile;
d) la regione può provvedere, purchè non travalichi il solco “in negativo” tracciato dalle linee guida nazionali, ad esempio precludendo del tutto la realizzazione di impianti in aree agricole: ma ciò non sembra sia avvenuto, e la considerazione contenuta nella nota dell’Avvocatura in ultimo richiamata dall’appellante nella propria memoria di replica, secondo cui il Pttr avrebbe dettato prescrizioni più stringenti che in passato è, appunto, una considerazione generale che però non si lega ad alcuna censura prospettata nell’odierno appello.
4.4. Tanto esaurisce la disamina del Collegio, e conduce alla reiezione dell’appello, senza che sia necessario esplorare il secondo (complementare) versante di indagine che parimenti dovrebbe condurre alla inammissibilità del ricorso di primo grado, per carenza dell’interesse concreto e per difetto di lesione.
4.5. Si rammenta brevemente in proposito, per completezza, che come rilevato dall’appellata regione, e come discende dall’ art. 6 (recante “Disposizioni normative”)delle n.t.a. al PTTR (“1. Le disposizioni normative del PPTR si articolano in indirizzi, direttive e prescrizioni, oltre che in
linee guida per orientare strumenti o interventi di particolare rilievo.
2. Gli indirizzi sono disposizioni che indicano ai soggetti attuatori gli obiettivi generali e specifici
del PPTR da conseguire.
3. Le direttive sono disposizioni che definiscono modi e condizioni idonei a garantire la
realizzazione degli obiettivi generali e specifici del PPTR da parte dei soggetti attuatori mediante i
rispettivi strumenti di pianificazione o di programmazione. Esse, pertanto, devono essere recepite
da questi ultimi secondo le modalità e nei tempi stabiliti dal PPTR, nelle disposizioni che
disciplinano l’adeguamento dei piani settoriali e locali, contenute nel Titolo VII delle presenti
norme, nonché nelle disposizioni che disciplinano i rapporti del PPTR con gli altri piani.
4. Le prescrizioni sono disposizioni conformative del regime giuridico dei beni oggetto del PPTR,
volte a regolare gli usi ammissibili e le trasformazioni consentite. Esse contengono norme
vincolanti, immediatamente cogenti, e prevalenti sulle disposizioni incompatibili di ogni strumento
vigente di pianificazione o di programmazione regionale, provinciale e locale.
5. In applicazione dell’art. 143, comma 8, del Codice le linee guida sono raccomandazioni
sviluppate in modo sistematico per orientare la redazione di strumenti di pianificazione, di
programmazione, nonché di interventi in settori che richiedono un quadro di riferimento unitario di
indirizzi e criteri metodologici, il cui recepimento costituisce parametro di riferimento ai fini della
valutazione di coerenza di detti strumenti e interventi con le disposizioni di cui alle presenti norme.
Una prima specificazione per settori d’intervento è contenuta nell’allegato 4.3.”)
le contestate linee guida costituirebbero delle (mere) raccomandazioni, e sarebbero prive di efficacia immediatamente cogente.
4.5.1. La suindicata disposizione delle N.t.a. richiama espressamente il comma 8 dell’art. 143 del decreto legislativo – 22 gennaio 2004, n.42 ( Il piano paesaggistico puo’ individuare anche linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti. ) e “doppia”, ribadendola, l’indicazione ivi contenuta: la espressa previsione di cui alla norma di legge richiamata, impedisce di ritenere che la regione Puglia abbia straripato dalle proprie competenze dedicando talune disposizioni delle linee guida agli impianti di produzione delle energie rinnovabili.
4.5.2. A fronte di ciò, discenderebbe comunque (T.A.R.,- Lazio-, sez. I, 18/05/2001, n. 4191
TA.R. Lecce, -Puglia-, sez. I, 24/02/2010, n. 622, e si veda anche. T.A.R. Roma, -Lazio- , sez. II, 02/03/2011, n. 1950 laddove si fa presente che “alla "raccomandazione", adottata in sede regionale nel procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico, va riconosciuto valore di atto di indirizzo, non autoritativo e non vincolante nei confronti del Comune destinatario” ) che:
a) la parte appellante non avrebbe e non ha alcun concreto ed attuale interesse ad impugnare dette prescrizioni, stante la non cogente valenza delle stesse;
b) potrebbe avere, invece, interesse ad impugnare singoli provvedimenti di diniego e/o singoli pareri negativi (ma ciò, si ribadisce, non è avvenuto nell’odierno processo) laddove questi, ad esempio, si incentrassero su disposizioni delle linee guida 4.4.1. (parte seconda Componenti di paesaggio e impianti di energie rinnovabili) erroneamente ritenute quali immediatamente cogenti, ovvero laddove fossero state male interpretate, immotivamente applicate, inesattamente estese, etc;
c) allo stato, trattandosi di mere raccomandazioni, non avrebbe né interesse ad impugnarle, né dalle stesse discenderebbe alcuna diretta ed immediata lesione, per cui anche sotto tale profilo il ricorso non supera la preliminare valutazione di ammissibilità;
d) tale considerazione concerne tutti i riproposti originari motivi del ricorso di primo grado, ed anche la questione di legittimità costituzionale prospettata in via subordinata dalla parte appellante: esclusa la valenza cogente delle disposizioni che la parte appellante (pur senza enumerarle o specificamente indicarle) considera preclusive, non v’è interesse o rilevanza neppure sotto tale angolo prospettico.
5. Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza di prime cure resta confermata, con le integrazioni motivazionali sopra evidenziate.
6. Quanto alle spese del presente grado di giudizio, esse seguono la soccombenza e pertanto la parte appellante deve essere condannata al pagamento delle medesime in favore della regione Puglia, nella misura che appare equo determinare in Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti, mentre vanno compensate nei confronti delle amministrazioni centrali appellate, stante la limitata attività defensionale da queste espletata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, nei sensi di cui alla motivazione che precede.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore della regione Puglia, nella misura di Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti, e le compensa tra le altre Parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
L’ESTENSORE
Fabio Taormina
IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO