* DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Art. 30 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia – Concetto – Verifica – Riferimento alla complessiva trasformazione edilizia.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Giugno 2012
Numero: 3381
Data di udienza: 22 Maggio 2012
Presidente: Numerico
Estensore: Taormina
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Art. 30 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia – Concetto – Verifica – Riferimento alla complessiva trasformazione edilizia.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez.4^ – 7 giugno 2012, n. 3381
DIRITTO URBANISTICO – Lottizzazione abusiva – Art. 30 d.P.R. n. 380/2001 – Finalità – Opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia – Concetto – Verifica – Riferimento alla complessiva trasformazione edilizia.
Il concetto di “opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia” dei terreni deve essere interpretato in maniera “funzionale” alla ratio dell’art. 30 del d.P.R. n. 380/2001 (il cui bene giuridico tutelato è costituito dalla necessità di preservare la potestà pianificatoria attribuita all’amministrazione nonché l’effettivo controllo del territorio da parte del Comune), che tende a garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio ed uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standards compatibili con le esigenze di finanza pubblica. Ne consegue che la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, eventualmente anche regolarmente assentite (giacché tale difformità è specificamente sanzionata dagli artt. 31 e ss. D.P.R. n. 380/2001), bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto, sicché essa conformità ben può mancare anche nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire.
Conferma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n. 2149/2009 – Pres. Numerico, Est. Taormina – M.M. (avv.ti Di Meglio e Cocozza) c. Comune di forio (avv. Tortoriello)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez.4^ – 7 giugno 2012, n. 3381SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Sez.4^ – 7 giugno 2012, n. 3381
N. 03381/2012REG.PROV.COLL.
N. 10033/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10033 del 2009, proposto da:
Michele Mattera, rappresentato e difeso dagli avv. Giancarlo Di Meglio, Vincenzo Cocozza, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, 50, rappresentato e difeso dall’avv. Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso Ferdinando Scotto in Roma, via Alessandro III;
contro
Comune di Forio, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Tortoriello, con domicilio eletto presso il Consiglio Di Stato, Segreteria in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13;
nei confronti di
Teresa Iacono;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall’ Avvocato Rosanna Panariello, domiciliata per legge in Roma, via Poli, n. 29;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. della CAMPANIA –Sede di NAPOLI- SEZIONE VI n. 02149/2009, concernente SOSPENSIONE OPERE EDILIZIE E SEQUESTRO PREVENTIVO.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Forio e di Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2012 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Felice Laudadio su delega di Ferdinando Scotto, Raffaele Tortoriello e Rosanna Panariello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dall’odierno appellante Mattera Michele l’annullamento della ordinanza di sospensione del lavori n.51 del 13.3.2008 emessa dall’appellato comune di Forio (nonché del decreto di sequestro preventivo del 30.1.2007 emesso dal Gip presso il Tribunale Penale di Napoli).
Erano state dedotte le doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere e si lamentava, tra l’altro, la circostanza che i singoli abusi edilizi posti in essere dall’odierno appellante – e per i quali erano state presentate dall’appellante sette istanze di condono – fossero state ricondotte ad una fattispecie di lottizzazione abusiva.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli – con la impugnata sentenza n. 214972009, resa all’adunanza camerale fissata per la delibazione dell’istanza di sospensione cautelare dell’esecutività degli impugnati provvedimenti, ha definito la causa nel merito respingendo il ricorso (e prescindendo, ovviamente, dall’esame di ogni censura avverso il decreto di sequestro delle opere disposto dal giudice penale).
Il primo giudice ha quindi respinto il ricorso sotto un profilo assorbente, evidenziando che da un’immobile di ampiezza originaria pari a mq 70 era stata creata una struttura alberghiera con annessa lavanderia e piscina, ricavando 14 appartamenti ed annesse opere pertinenziali in spregio alla destinazione urbanistica dell’area.
L’odierno appellante ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe (pur non riproponendo numerose censure contenute nel mezzo di primo grado, tra cui quella di incompetenza disattesa dal primo giudice), chiedendo la riforma dell’appellata decisione.
Sostanzialmente, anche giovandosi di una perizia giurata versata in atti, ha sostenuto che non poteva ravvisarsi lottizzazione abusiva; che non era provato che fosse stata avviata una attività turistico-ricettiva abusiva; che in ogni caso erano state presentate domande di condono; che il comune avrebbe dovuto attenderne l’esito prima di intraprendere ulteriori iniziative; che l’atto gravato si era fondato sull’iniziativa del Pubblico Ministero nell’ambito del giudizio penale; che l’iniziativa amministrativa spiegata dalle appellate amministrazioni era carente di autonoma valutazione e priva di istruttoria; che in ogni caso anche opere rientranti in una lottizzazione abusiva potevano essere sanate.
All’adunanza camerale del 10 maggio 2011 la Sezione con ordinanza n. 01303/2012 ha respinto l’istanza di sospensione della esecutività della impugnata decisione, alla stregua della considerazione seguente: “quanto al profilo del fumus boni juris, che l’appello non si presta ad una previsione di favorevole esito, considerato che appare, prima facie, condivisibile l’avviso dei primi giudici sulla natura dell’intervento realizzato, comportante esigenza di valutazione delle necessità di adeguamento delle opere di urbanizzazione; ritenuto che la successiva modificazione della situazione di fatto, determinata dalle demolizioni intervenute in esecuzione di sentenza penale, non influisce in ordine alla legittimità dei provvedimenti a suo tempo emanati dall’amministrazione comunale ed alla correttezza della sentenza, ma, al più, può motivare un’istanza alla amministrazione, che, del resto, l’appellante riferisce di aver appunto già presentato, di valutazione della nuova situazione;”.
L’appellante ha successivamente proposto una istanza volta ad ottenere l’emissione di misure cautelari urgenti e la revoca della suindicata ordinanza cautelare che è stata respinta con decreto presidenziale 01303/2012 alla stregua dell’affermazione per cui “non ricorrono, in base ai citati artt. 56 e 98, co. 1, cod. proc. amm. gli estremi per una misura cautelare connotata dalla estrema urgenza relativamente alla proposta istanza di revoca per la quale non sussistono i presupposti; la domanda di revoca della ordinanza cautelare potrà essere esaminata dalla Sezione, nel rispetto del contraddittorio fra le parti, nella camera di consiglio fissata per il giorno 17 aprile 2012;”.
La trattazione della richiesta di revoca della ordinanza cautelare reiettiva è stata quindi differita alla adunanza camerale del 17 aprile 2012.
Alla predetta camera di consiglio del 17 aprile 2012 sull’accordo delle parti, l’appellante ha rinunciato alla proposta domanda cautelare e si è convenuto di decidere la causa nel merito.
La trattazione del merito della causa – su congiunta richiesta di tutte le parti processuali che hanno rinunciato ai termini ed agli avvisi prestando il consenso all’eventuale deposito di memorie tardive – è stata quindi fissata per la pubblica udienza del 4 maggio 2012.
L’appellante in data 2 maggio 2012 ha depositato una consulenza di parte nella quale si dava atto che erano state demolite le opere ritenute abusive nella sentenza a suo carico resa in data 26 giugno 2008 dal Giudice Monocratico del Tribunale di Napoli e che ulteriori istanze di sanatoria proposte dall’appellante non risultavano ancora essere state esaminate dalla competente autorità comunale.
La Regione Campania in 4 maggio 2012 ha depositato una memoria riepilogativa degli abusi asseritamente posti in essere dall’appellante, chiedendo la reiezione del ricorso: su richiesta dell’appellante – che ha chiesto un breve rinvio per controdedurre alla detta memoria – alla predetta pubblica udienza del 4 maggio 2012 la causa è stata rinviata alla pubblica udienza del 22 maggio 2012.
In vista della pubblica udienza del 22 maggio 2012 l’appellante ha depositato una memoria, puntualizzando le proprie difese e ribadendo che l’azione amministrativa culminata nel provvedimento di sospensione impugnato era viziata per difetto di istruttoria e motivazione, in quanto risultava carente ogni approfondimento motivazionale, essendosi la stessa limitata a riportare pedissequamente il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale penale in data 30 gennaio 2007. Per altro verso, ha rimarcato che la pendenza di istanze di condono non ancora esitate impediva l’emissione di alcun provvedimento sanzionatorio.
L’appellata amministrazione comunale ha depositato scritti difensivi, chiedendo di respingere l’appello perché infondato.
Alla predetta pubblica udienza del 22 maggio 2012 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1. l’appello è infondato e va pertanto respinto.
2. Si rammenta in punto di fatto che l’appellante acquistò un immobile adibito a civile abitazione di mq 70; attraverso successivi e reiterati interventi abusivi (risultano emesse ben dodici ordinanze di demolizione e presentate dall’appellante 7 richieste di condono) la superficie totale ricavata ammonta a mq 450 circa e l’immobile è stato strutturato in 14 miniappartamenti (oltre alle pertinenze, la piscina,una lavanderia e volumi tecnici), come si evince dalla relazione che l’Ufficio tecnico del comune di Forio ha trasmesso ai Carabinieri e che si intende integralmente richiamato in questa sede.
Le opere insistono in parte su area a vocazione agricola ed in parte su un area (B3) destinata ricettività alberghiera, che il Comune ha esplicitamente normato prevedendo che “il numero dei posti-letto per nuove iniziative dovrà essere necessariamente ricompreso tra i centocinquanta e duecentocinquanta posti letto”.
La stessa perizia di parte prodotta dall’appellante dà atto che nel sito è esercitata una attività turistica e “ricettiva” (seppur fornendone una indicazione ridotta in quanto essa si svolgerebbe in due appartamentini al piano terra e tre vani con WC al seminterrato).
2.1. Nell’evidenziare quindi che la citata previsione comunale azzonante ha espressamente inserito la problematica dell’aumento del carico urbanistico nella destinazione dell’area B3 contingentando i posti-letto ricavabili dalle iniziative imprenditoriali di natura turistica nella predetta area, e che per altro verso certamente l’utilizzo turistico-alberghiero è incompatibile con la destinazione agricola, il Collegio ritiene opportuno a questo punto rammentare che l’appellante denuncia la violazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01, erroneità della motivazione ed eccesso di potere per carenza nei presupposti.
Esso sostiene – in sintesi – che:
– per la modestia delle modifiche apportate alla destinazione d’uso, “è da escludersi che….. si possa in alcun modo configurare una lottizzazione materiale sull’area”;
– nessun accertamento è stato compiuto sul reale stato dei lavori, “limitandosi l’Amministrazione a porre a fondamento della propria motivazione gli elementi contenuti nelle domande di condono” presentate e sulle valutazioni espresse dal giudice penale nel decreto di sequestro e nella sentenza ex art. 444 cpp resa in pregiudizio dell’appellante nel 2008.
2.2. Tali censure non sono meritevoli di condivisione.
L’art. 30 del D.P.R. 380/2001, al comma 1, dispone che: “si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
Appare evidente che la lottizzazione abusiva presuppone opere (c.d. lottizzazione materiale) o iniziative giuridiche (c.d. lottizzazione cartolare) che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni urbanistiche.
Al fine di valutare un’ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. materiale, appare necessaria una visione d’insieme dei lavori, ossia una verifica nel suo complesso dell’attività edilizia realizzata, atteso che potrebbero anche ricorrere modifiche rispetto all’attività assentita idonee a conferire un diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione
Proprio in quanto sussiste lottizzazione abusiva in tutti i casi in cui si realizza un’abusiva interferenza con la programmazione del territorio, deve rilevarsi, ad avviso del Collegio, che la verifica dell’attività edilizia realizzata nel suo complesso può condurre a riscontrare un illegittimo mutamento della destinazione all’uso del territorio autoritativamente impressa anche nei casi in cui le variazioni apportate incidano esclusivamente sulla destinazione d’uso dei manufatti realizzati.
Ciò perché è proprio la formulazione dell’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 che impone di affermare che integra un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un carico urbanistico che necessita adeguamento degli standards. Come già affermato dalla giurisprudenza di merito il concetto di “opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia” dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera “funzionale” alla ratio della norma, il cui bene giuridico tutelato è costituito dalla necessità di preservare la potestà programmatoria attribuita all’Amministrazione nonché l’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione (cioè il Comune), al fine di garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio ed uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standards compatibile con le esigenze di finanza pubblica.
Ciò che rileva è il concetto di “trasformazione urbanistica ed edilizia” e non quello di “opera comportante trasformazione urbanistica ed edilizia”.
Ne discende, ad avviso del Collegio, che il mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti può influire sull’assetto urbanistico dei terreni sui quali essi insistono e può altresì comportare nuovi interventi di urbanizzazione.
Il concetto di “opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia” dei terreni, lo si ribadisce, deve quindi essere interpretato in maniera “funzionale” alla ratio della norma (il cui bene giuridico tutelato è costituito, come si diceva in precedenza, dalla necessità di preservare la potestà pianificatoria attribuita all’amministrazione nonché l’effettivo controllo del territorio da parte del Comune), che tende, lo si diceva, appunto, a garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio ed uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standards compatibili con le esigenze di finanza pubblica.
Ne consegue che la verifica circa la conformità della trasformazione realizzata e la sua rispondenza o meno alle previsioni delle norme urbanistiche vigenti deve essere effettuata con riferimento non già alle singole opere in cui si è compendiata la lottizzazione, eventualmente anche regolarmente assentite (giacché tale difformità è specificamente sanzionata dagli artt. 31 e ss. D.P.R. n. 380/2001), bensì alla complessiva trasformazione edilizia che di quelle opere costituisce il frutto, sicché essa conformità ben può mancare anche nei casi in cui per le singole opere facenti parte della lottizzazione sia stato rilasciato il permesso di costruire
Tenuto conto della natura del provvedimento impugnato in primo grado (ordinanza di sospensione per lottizzazione abusiva) cadono quindi tutte le censure fondate sulla mancata definizione delle domande di condono dei singoli – e reiterati- abusi realizzati, in quanto non incidenti sulla riscontrabilità di una condotta lottizzatoria materiale abusiva.
Deve per ulteriore conseguenza affermarsi che può integrare un’ipotesi di lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opere in concreto idonee a stravolgere l’assetto del territorio preesistente, a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, quindi, in ultima analisi, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione (che viene posta di fronte al fatto compiuto) ma anche soltanto un carico urbanistico che necessita di adeguamento degli standards e rimarcare che, avuto riguardo alla tipologia dei reiterati abusivi intereventi realizzati, ove unitariamente considerati, questa è l’evenienza realizzatasi nel caso di specie.
In sostanza: da un modesto immobile di minima consistenza, attraverso una pluralità di opere abusive, poste in essere con sistematicità, ed in spregio anche ai decreti di sequestro via via emessi dall’Autorità amministrativa e giudiziaria (si veda il capo di imputazione sotteso alla sentenza ex art. 444 cpp, laddove è stato contestato il delitto di violazione di sigilli aggravata ex art. 349 cpv cp) si è realizzato un piccolo albergo munito financo di piscina.
2.3. La giurisprudenza della Corte di cassazione penale è ormai stabilmente orientata all’affermazione di detto principio.
Si rammenta in proposito (la fattispecie è speculare a quella in esame) quanto ripetutamente sostenuto da questa giurisprudenza, cioè che: “In materia edilizia, il reato di lottizzazione abusiva mediante modifica della destinazione d’uso da alberghiera a residenziale è configurabile, nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico generale consenta l’utilizzo della zona ai fini residenziali, in due casi: a) quando il complesso alberghiero sia stato edificato alla stregua di previsioni derogatorie non estensibili ad immobili residenziali; b) quando la destinazione d’uso residenziale comporti un incremento degli “standards” richiesti per l’edificazione alberghiera e tali “standars” aggiuntivi non risultino reperibili ovvero reperiti in concreto.” (Cassazione penale , sez. III, 07 marzo 2008 , n. 24096).
In detta pronuncia, in particolare, si è condivisibilmente affermato che il problema della configurabilità del reato di lottizzazione abusiva – allorquando il bene suddiviso consista non in un terreno inedificato, bensì in un immobile già regolarmente edificato – deve essere affrontato anche alla stregua della legislazione urbanistica regionale in materia di classificazione delle categorie funzionali della destinazione d’uso e correlato precipuamente alle previsioni della pianificazione comunale, alle quali deve essere raffrontata, in termini di “compatibilità”, la effettuata trasformazione del territorio.
Ad avviso della Corte di Cassazione, in particolare, “può integrare il reato di lottizzazione abusiva, il mutamento della destinazione d’uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio messo a punto attraverso gli strumenti urbanistici, dovendosi considerare, quanto alla individuazione di siffatta “alterazione”, che l’organizzazione del territorio comunale si attua con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi.
L’assetto territoriale, pertanto, può essere alterato anche allorchè significativamente si incida sulle dotazioni degli standards di zona.”.
Ciò appare peraltro coerente con quanto sin da epoca risalente affermato dalla giurisprudenza amministrativa.
Il Consiglio di Stato (sez. 5^, 3.1.1998, n. 24) ha rimarcato, al riguardo, che “la richiesta di cambio della destinazione d’uso di un fabbricato, qualora non inerisca all’ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensì in un’alternazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede” (nella specie è stato affermato che legittimamente un Comune aveva respinto l’istanza per il cambio di destinazione d’uso di un complesso immobiliare, relativamente ad uso esclusivamente residenziale, del tutto incompatibile con la destinazione di zona).
Quanto al mutamento di destinazione di uso di un immobile attuato attraverso la realizzazione di opere edilizie, deve ricordarsi che, qualora esso venga realizzato dopo l’ultimazione del fabbricato e durante la sua esistenza (ipotesi ricorrente nella vicenda in esame), si configura in ogni caso un’ipotesi di ristrutturazione edilizia secondo la definizione fornita dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), del in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di entità modesta, porta pur sempre alla creazione di “un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”.
2.3.1. La dedotta circostanza che, a particolari condizioni, possa conseguirsi la sanatoria degli immobili abusivamente edificati – (principio costantemente affermato dalla Corte di Cassazione:
“In tema di reati edilizi, l’inapplicabilità della disciplina sul condono edilizio prevista dall’art. 39 L. 23 dicembre 1994, n. 724 al reato di lottizzazione abusiva (art. 18 L. 28 febbraio 1985 n. 47), non esclude l’applicabilità di tale disciplina ai singoli manufatti abusivamente eseguiti, i quali sono suscettibili di condono previa valutazione globale dell’attività lottizzatoria secondo il meccanismo previsto dal combinato disposto degli articoli 29 e 35, comma tredicesimo, L. 28 febbraio 1985, n. 47.”- Cassazione penale , sez. III, 21 novembre 2007 , n. 9982; e confermato pure dalla giurisprudenza amministrativa di merito: si veda T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 27 agosto 2010 , n. 17263) – non inficia la legittimità dell’ordinanza di sospensione gravata, posto che lo stesso principio non può precludere all’amministrazione comunale la ravvisabilità di una fattispecie di lottizzazione materiale abusiva, né l’adozione dei provvedimenti ad essa consequenziali.
Nel caso di specie peraltro, la fattispecie “unica” racchiude in realtà due condotte parimenti illegali: la abusiva edificazione di svariati manufatti (lottizzazione materiale) e la avvenuta adibizione degli stessi, unitamente al pregresso ed originario corpo di fabbrica, ad attività incompatibile (lottizzazione abusiva mercé modifica della destinazione d’uso).
2.4. Tutte le altre censure contenute nell’appello, oltre ad essere esposte in modo confuso e talvolta intrinsecamente contraddittorio (in taluni passaggi ci si è spinti ad affermare che non v’era prova alcuna dell’abusività di alcune opere realizzate, e ciò sebbene in altre proposizioni si fosse affermato che per ogni opera abusiva era stata presentata istanza di condono) non incidono sulla riscontrata legittimità del provvedimento gravato.
In particolare, l’appellante non può dolersi del giudizio espresso dall’amministrazione sulla abusività dei singoli interventi edilizi via via realizzati, posto che è essa stessa che, in parte, li ha ammessi nello stesso atto d’appello, e sotto altro profilo, ivi invoca quale asserita “condizione preclusiva” all’accertamento della sussistenza della lottizzazione abusiva le domande di condono in precedenza da essa stessa presentate, di guisa che la censura di difetto di istruttoria e motivazione è certamente da respingersi.
2.4.1. Allo stesso modo, dimostrato che da un edificio destinato a civile abitazione è stato realizzato un insediamento turistico-alberghiero (del quale è contestata dall’appellante la consistenza ritenuta dalle appellate amministrazioni, ma il cui fatto storico è stato ammesso dalla stessa perizia di parte che fa riferimento ad una attività “ricettiva”), appare superfluo contestare la vocazione agricola dell’area affermata dal primo giudice (che in parte risulta dallo stesso certificato comunale depositato in atti dalla difesa dell’appellante laddove si fa riferimento ad area E2).
Nell’incontestabile convincimento, infatti, che lottizzazione abusiva possa aversi anche allorché si condiziona l’attività programmatoria comunale in punto di standards urbanistici e di previsione di opere di urbanizzazione, e che l’amministrazione comunale aveva espressamente inserito tali elementi nel proprio strumento di zonizzazione, indicando il numero di posti-letto assentibile (ed in disparte la circostanza che l’area di pertinenza dell’appellante ricade in zona agricola E2), le affermazioni dell’appellante secondo cui la modesta consistenza dell’intervento implica “la non necessità di opere di urbanizzazione ulteriore” resta confinata nell’alveo degli apodittici convincimenti di parte.
L’unico soggetto deputato a stabilire una simile evidenza è, infatti, il Comune, e non certo il privato; l’intervento effettuato dall’appellante ha di fatto sottratto detta potestà pianificatoria all’amministrazione comunale, mettendola di fronte al fatto compiuto, il che è proprio ciò che le disposizioni repressive della fattispecie della lottizzazione abusiva si propongono di evitare.
3. In ultimo, neppure le censure di difetto di istruttoria e motivazione colgono nel segno: la circostanza che nell’impugnato provvedimento siano stati recepiti gli accertamenti svolti in sede penale e culminati nel sequestro dell’insediamento alberghiero non vizia alcunché: a fronte della solare evidenza – dimostrata prima facie dalla documentazione fotografica in atti – dell’avvenuta realizzazione di un complesso destinato ad insediamento alberghiero e financo munito di piscina, non è dato comprendere quali ulteriori “autonomi accertamenti” avrebbe dovuto svolgere l’amministrazione comunale.
La ritenuta fattispecie di lottizzazione abusiva materiale, infatti, non integra (diversamente da quanto sembra ritenere l’appellante nei propri scritti difensivi) un “fatto materiale” diverso e distinto dal singolo abuso, ma un “fatto giuridico”, illecito, distinto dal singolo abuso in quanto “ulteriore” rispetto a quest’ultimo: essa discende da una valutazione che ha preminente natura giuridica, e si fonda, lo si ripete ancora, sull’impatto dell’intervento sulla potestà programmatoria.
E’ più grave del semplice abuso (e tale è stato sempre ritenuto dal Legislatore, anche penale) non perché “più imponente”, ma perché, maggiormente lesivo, perché espropria l’amministrazione del proprio potere programmatorio e la “costringe” ad iniziative (opere di urbanizzazione, etc) aggiuntive.
A fronte di tale circostanza, non si comprende quale ulteriore istruttoria doveva essere espletata, o quale motivazione supplementare andava introdotta, dovendosi precisare, ad abundantiam, essere stato, semmai, l’Organo inquirente penale che ha sostanziato la propria attività “giovandosi” degli apporti dell’Autorità amministrativa (riposanti nei reiterati interventi della Polizia Municipale e nella avvenuta emissione di ordinanze di demolizione) per strutturare la fattispecie di lottizzazione abusiva, poi positivamente affermata nella sentenza penale (regiudicata formulata ex art. 444 cpp ed esibita in atti, a propria volta, questa, resa a conclusione di tre distinti processi penali avviati).
3.1. Per altro verso l’appellante continua a prospettare – quale elemento impediente – l’avvenuta presentazione di domande di sanatoria per singoli abusi che, oltre ad essere contestata e non provata in punto di fatto, appare destituita di fondamento in diritto, non potendo, come prima rilevato, le dette istanze di condono incidere sula fattispecie di lottizzazione abusiva riscontrata.
3.2. Lottizzazione abusiva che, per concludere sul tema, non soltanto – come si è detto a più riprese- è stata positivamente comprovata con la su accennata sentenza (divenuta definitiva) ex artt. 444 cpp versata, appunto, in atti, ma che, a seguito della produzione da parte delle appellate delle certificazioni in atti rilasciate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli e dal commissario ad acta, consente di affermare che vi è perfetta coincidenza tra le opere di cui al decreto di sequestro preventivo, quelle valutate ai fini dell’affermazione di penale responsabilità per il reato di abusiva lottizzazione e quelle di cui all’ordinanza eseguita n. 51/2008, di guisa che i dubbi sollevati da parte appellante sul punto non hanno alcuna ragion d’essere.
3.3. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso a fronte della pacifica legittimità dell’azione amministrativa esercitata nei confronti della illecita iniziativa lottizzatoria assunta dall’appellante.
4. Conclusivamente, l’appello è del tutto privo di fondamento e merita la reiezione.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e pertanto l’appellante deve essere condannato al pagamento delle stesse in favore delle appellate amministrazioni nella misura che appare congruo determinare in complessivi Euro seimila (€ 6.000) ripartiti nella misura di tremila Euro (€ 3000//00) in favore di ciascuna delle amministrazioni appellate oltre accessori di legge, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, numero di registro generale 10033 del 2009 come in epigrafe proposto, lo respinge
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate amministrazioni nella misura di complessivi Euro seimila (€ 6.000) ripartiti nella misura di tremila Euro (€ 3000//00) in favore di ciascuna delle amministrazioni appellate oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2012 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)