Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Aree protette, Procedimento amministrativo Numero: 1330 | Data di udienza: 31 Gennaio 2012

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO –  AREE PROTETTE – Apprezzamenti discrezionali – Perimetrazione di un Parco naturale – Principio dell’insindacabilità nel merito – Evoluzione – Parametri di attendibilità della valutazione (discrezionalità tecnica) e di non arbitrarietà della scelta (discrezionalità amministrativa).


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 8 Marzo 2012
Numero: 1330
Data di udienza: 31 Gennaio 2012
Presidente: Volpe
Estensore: De Michele


Premassima

* PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO –  AREE PROTETTE – Apprezzamenti discrezionali – Perimetrazione di un Parco naturale – Principio dell’insindacabilità nel merito – Evoluzione – Parametri di attendibilità della valutazione (discrezionalità tecnica) e di non arbitrarietà della scelta (discrezionalità amministrativa).



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 8 marzo 2012, n. 1330


PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO –  AREE PROTETTE – Apprezzamenti discrezionali – Perimetrazione di un Parco naturale – Principio dell’insindacabilità nel merito – Evoluzione – Parametri di attendibilità della valutazione (discrezionalità tecnica) e di non arbitrarietà della scelta (discrezionalità amministrativa).

Il principio dell’’insindacabilità nel merito degli apprezzamenti discrezionali, come quelli sottesi alla perimetrazione di un Parco naturale, ha subito nel tempo una significativa evoluzione, in linea con i principi costituzionali e comunitari del “giusto processo” e del “giusto procedimento amministrativo”, che vede la pubblica autorità chiamata a rendere conto in modo sempre più incisivo della razionalità delle proprie determinazioni. Le formule che limitavano il sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali all’esatta rappresentazione dei fatti ed alla congruità dell’iter logico, seguito dall’Autorità emanante il provvedimento, devono ormai ritenersi superate dai parametri di attendibilità della valutazione (discrezionalità tecnica), e di non arbitrarietà della scelta (discrezionalità amministrativa). Sotto il primo profilo, è infatti, ormai, pacificamente censurabile la valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia; un’evoluzione analoga non può non investire la discrezionalità cosiddetta amministrativa, sotto il profilo non tanto dell’“an” e del “quid”, ma del “quomodo”, soprattutto ove le scelte si proiettino su complessi bilanciamenti di interessi, legati ai parametri costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione. Un criterio di scelta, formulato come discrezionale e pertanto insindacabile nel merito, può infatti ritenersi funzionalmente deviato – ed essere sindacabile sul piano della legittimità – quando non renda esplicita e verificabile la logica interna che lo ispira, non consentendo di appurare l’effettivo perseguimento della scelta ottimale fra più soluzioni possibili, nell’interesse pubblico ed in comparazione con ogni altro possibile interesse – anche privato – coinvolto.

(Conferma T.A.R. LAZIO, Roma,n. 32805/2010) – Pres. Volpe, Est. De Michele – Comune di Satriano di Lucania (avv. Pugliese) c. T.s.r.l. (avv. Pellegrino)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 8 marzo 2012, n. 1330

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 8 marzo 2012, n. 1330


N. 01330/2012REG.PROV.COLL.
N. 03642/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3642 del 2011, proposto dal Comune di Satriano di Lucania, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Matteo Pugliese, con domicilio eletto presso l’avv. Gianluigi Matteo Pugliese (Studio legale Ughi e Nunziante) in Roma, via XX Settembre, 1;

contro

Tyke s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Valeria Pellegrino, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, corso Rinascimento, 11;

nei confronti di

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Corte dei Conti, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12; Conferenza Unificata, Provincia di Potenza, Ente Parco Nazionale Appennino Lucano Val D’Agri-Lagonegrese; Regione Basilicata, rappresentata e difesa dall’avv. Valerio Di Giacomo, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Basilicata in Roma, via Nizza, 56;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II BIS, n. 32805/2010, resa tra le parti, concernente il DPR 8/12/2007 di ISTITUZIONE DEL PARCO NAZIONALE DELL’APPENNINO LUCANO – VAL D’AGRI – LAGONEGRESE

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Tyke s.r.l., del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Corte dei Conti e della Regione Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Pugliese per se e per delega dell’avvocato Di Giacomo, l’avvocato Gianluigi Pellegrino per delega dell’avvocato Valeria Pellegrino e l’avvocato dello Stato Galluzzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la legittimità del D.P.R. in data 8.12.2007, con il quale è stato istituito il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese, nonché dei relativi atti presupposti (e specificamente della delibera del Consiglio Regionale della Basilicata n. 552 del 23.10.2002, nonché della delibera di Giunta della medesima Regione n. 537 del 17.4.2007).

Gli atti in questione venivano contestati dalla società Tyke s.r.l., nella parte in cui non risultavano esclusi dalla perimetrazione del Parco terreni di proprietà della medesima società, che aveva avviato le procedure autorizzative per realizzare sugli stessi una discarica. Con sentenza del Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sez. II bis, n. 32805 del 13.10.2010, il ricorso proposto dalla citata società Tyke veniva accolto, in primo luogo per omessa valutazione dei pareri degli enti locali, contrari alla perimetrazione del Parco approvata con il decreto impugnato.

L’art. 77, comma 2, del D.Lgs. 31.3.1998, n. 112, d’altra parte – nel prevedere la convocazione della Conferenza unificata – definisce un sistema di partecipazione collettiva alla gestione ambientale del territorio, con coinvolgimento dell’Amministrazione centrale e di quelle locali.

Nella situazione in esame la Conferenza unificata, nella seduta del 20.9.2007, risulta avere emesso parere favorevole alla costituzione del Parco di cui trattasi, ma senza tenere conto delle riserve espresse da alcuni dei Comuni interessati e senza ulteriore convocazione del richiesto tavolo tecnico. Un deliberato di maggioranza avrebbe dunque assorbito, ignorandole, le opinioni dissenzienti, non potendo ritenersi sufficiente che, nella seduta terminale della conferenza unificata, le Province e i Comuni interessati fossero presenti con la sola mediazione dell’UPI e dell’ANCI. Non avrebbe infatti trovato alcuno spazio, in tale contesto, la rappresentata situazione di degrado dell’area di proprietà della società ricorrente, caratterizzata da insediamenti umani e da strutture industriali, nonché in particolare da una centrale elettrica con numerosi tralicci, senza alcuna presenza di vegetazione arborea o arbustiva. Non sarebbe stata comprensibile, in conclusione, l’inclusione nel Parco di una zona per la quale gli accertamenti istruttori avevano escluso ogni valore ambientale.

In sede di appello (n. 3642/11, notificato il 12.4.2011), il Comune di Satriano di Lucania ha sottolineato la volontà dell’Amministrazione di non escludere dalla perimetrazione del Parco le aree di proprietà della società Tyke, non diversamente da quanto richiesto da Comuni vicini e dalla pronuncia definitiva della Regione Basilicata. La normativa di riferimento d’altra parte (art. 2, comma 5, L. n. 426/1998) prevedrebbe la mera consultazione, ma non l’obbligatoria presenza di Comuni e Province alla riunione della Conferenza unificata.

L’area dove si vorrebbe realizzare una discarica di rifiuti, peraltro, risulta confinante con zone di pregio (Torre di Satriano, Parco Archeologico di Satriano Antica e Bosco Ralle), di modo che la realizzazione della discarica stessa sarebbe comunque impedita dalle norme di salvaguardia del Parco.

Si sono costituiti nel presente grado di giudizio la società Tyke s.r.l., il Ministero dell’Ambiente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Corte dei Conti e la regione Basilicata, le citate amministrazioni e la Corte dei Conti anche con proposizione di appello incidentale.

La prima (società Tyke) insiste sui vizi in procedendo e sul mancato coinvolgimento della Provincia di Potenza, nonché sulla censura di eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittorietà (non escluse anche ipotesi di sviamento, riconducibile – in assenza di qualsiasi pregio ambientale dell’area di cui trattasi – allo specifico intento di perseguire, attraverso l’ampliamento del Parco, l’interruzione della procedura autorizzativa della discarica, ormai quasi conclusa).

Il Ministero dell’Ambiente, la Presidenza del Consiglio, la Corte dei Conti e la Regione Basilicata sottolineano, invece, l’avvenuto superamento dei vizi procedurali, a suo tempo segnalati dalla Corte dei Conti; di quest’ultima e della Presidenza del Consiglio dei Ministri – in quanto non investite nella fattispecie di compiti di amministrazione attiva – è stata inoltre richiesta l’estromissione, mentre la Regione Basilicata ha posto in dubbio la legittimazione della società Tyke in ordine al ricorso proposto in primo grado, in assenza di provvedimento autorizzatorio per la realizzazione della discarica ed ha ribadito l’insindacabile scelta di merito, sottesa alla delineazione perimetrale del Parco, sottolineando anche la necessità di previa impugnazione del parere obbligatorio e vincolante della Conferenza unificata. La Regione Basilicata, con l’appello incidentale, segnala in particolare l’inammissibilità del ricorso di primo grado in rapporto all’impugnazione di atti endoprocedimentali.L’originaria contrarietà alla delimitazione del Parco, espressa da diversi Comuni (fra cui quello di Satriano di Lucania), si sarebbe infine concretizzata nella mera richiesta di un tavolo tecnico, con riserva di presentazione di un documento ufficiale, viceversa mai pervenuto, di modo che in sede di Conferenza unificata non avrebbero potuto essere spese argomentazioni “in ordine ad un dissenso non puntualmente esplicitato”; in base ad inconfutabili prove documentali, in ogni caso, non potrebbe essere contestata la reale volontà del Comune di Satriano di Lucania di ottenere l’inclusione del proprio territorio nel perimetro del Parco.

Le argomentazioni interpretative dell’appellante e quelle delle altre Amministrazioni costituite, da ultimo sintetizzate, non sono condivise dal Collegio, ad eccezione di quella riferita alla carenza di legittimazione passiva della Corte dei Conti. Mentre, infatti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri (nel cui ambito organizzativo è inserita la Conferenza unificata) non può ritenersi totalmente estranea al presente giudizio, data la contestazione in primo grado del parere espresso dalla Conferenza unificata prima dell’emanazione del D.P.R. di perimetrazione del Parco, i rilievi formulati dalla Corte dei Conti non si inserivano di per sé (a differenza delle misure adeguatrici adottate dall’Amministrazione) nella sequenza procedimentale, essendo espressione di una funzione di controllo esercitata in posizione neutra da un organismo indipendente, estraneo all’apparato amministrativo dello Stato ed operante esso stesso a livello di giurisdizione, con atti che si sottraggono pertanto al sindacato di cui all’art. 113 della Costituzione (cfr. per il principio, comunque pacifico, Cons. St., sez. IV, 20.5.1996, n. 636 e 8.10.1996, n. 1089).

Ancora in via preliminare, inoltre, debbono essere esaminate le eccezioni sollevate con gli appelli incidentali: eccezioni che appaiono infondate, sia per quanto riguarda la legittimazione attiva della società Tyke a ricorrere avverso la perimetrazione del Parco, nella parte in cui venivano inclusi – con applicazione di un rigido regime vincolistico – terreni di proprietà della stessa (terreni, oltre tutto, coinvolti da un progetto di utilizzazione, in fase di avanzata istruttoria, difficilmente compatibile con la nuova configurazione del territorio), sia con riferimento alla omessa tempestiva impugnazione di atti interni che, per quanto obbligatori e vincolanti, non concretizzavano tuttavia lesione attuale, prima della conclusiva approvazione dell’atto istitutivo del Parco e della relativa perimetrazione, come già rilevato nella sentenza di primo grado.

Quanto all’eccepita (da parte della Regione) inammissibilità del ricorso di primo grado con riguardo all’impugnazione di atti endoprocedimentali, l’argomentazione può ritenersi assorbita, in quanto l’impugnazione di tali atti è stata effettuata congiuntamente a quella avverso il provvedimento conclusivo del procedimento (D.P.R. 8.12.2007).

Anche le altre argomentazioni difensive, espresse dalle Amministrazioni sopra citate e dal Comune appellante, non appaiono poi meritevoli di accoglimento.

Come rappresentato dal Comune di Satriano di Lucania, infatti, è vero che, nell’ambito della prevista istituzione del Parco di cui trattasi (art. 2, comma 5 della legge 9.12.1998, n. 426) si richiedeva soltanto la previa consultazione dei Comuni e delle Province interessate, senza precise prescrizioni in ordine al fatto che i citati enti locali dovessero obbligatoriamente presenziare alle sedute della Conferenza unificata, di cui all’art. 77, comma 2 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 112); è anche vero, tuttavia, che, pur volendo escludere formalismi procedurali vincolanti in ordine alle modalità di acquisizione – e alla valutazione – dei pareri richiesti dalla normativa, non potevano in concreto risultare eluse le finalità della medesima, in ordine all’avvenuta ponderazione di tutti gli interessi rappresentati, quale ragione giustificatrice delle previste forme di partecipazione al procedimento, tenuto conto dei valori ultimi di buon andamento ed imparzialità dell’Amministrazione, cui si richiamano gli istituti partecipativi in questione. In tale ottica, la registrazione di posizioni di dissenso da parte di alcune Amministrazioni locali, nemmeno presenti alla seduta conclusiva e sostituite da organismi rappresentativi (UPI e ANCI), che non ne hanno ripreso le argomentazioni, non concretizzava un’effettiva consultazione degli enti locali territorialmente coinvolti, come voluta dalla norma, pur restando fermo che si richiedeva nella fattispecie non l’unanimità dei consensi, ma quanto meno un adeguato bilanciamento (non reperibile nella motivazione degli atti impugnati) delle posizioni negative espresse con quelle addotte a sostegno della perimetrazione, successivamente approvata.

Il fatto che le Amministrazioni dissenzienti non avessero formalizzato le proprie ragioni in un preannunciato documento non consente di superare il vizio sopra indicato, in assenza di termini perentori per la conclusione dell’iter procedurale ed avendo detta conclusione avuto impulso da parte dell’Amministrazione regionale procedente, d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, senza ulteriore coinvolgimento delle singole Amministrazioni locali interessate.

Nella medesima ottica si deve quindi sottolineare come la perimetrazione del Parco, definitivamente sancita con D.P.R. in data 8.12.2007, inglobasse un’area, di proprietà della società Tyke s.r.l., subentrata alla s.p.a. Tolla geom. Michele, per la quale erano già stati ottenuti tutti i necessari assensi, di seguito elencati, per la realizzazione di una discarica di tipo 2B per lo smaltimento di rifiuti speciali, in esito ad un’istanza presentata il 4.7.1996: assenso preventivo della Giunta regionale del 12.5.1997, parere favorevole di impatto ambientale, con prescrizioni, con delibera della Giunta regionale n. 1435 in data 11.5.1998, previo parere del Comitato Tecnico regionale per l’Ambiente, (con controdeduzioni alle osservazioni negative pervenute dai Comuni di Tito e Satriano, con riferimento all’interferenza con il costituendo Parco Nazionale, in quanto l’area in questione sarebbe stata esterna a quelle vincolate, con dimostrata non interferenza “con le peculiarità paesaggistiche e percettive del territorio”); approvazione del progetto ai soli fini del giudizio di compatibilità ambientale il 31.8.1998 e successivo avvio dell’iter per l’approvazione del progetto stesso, ex art. 27 D.Lgs. n. 22/1997. A tale ultimo riguardo, si registrava anche parere favorevole della conferenza di servizi, convocata il 18.1.1999, con lavori conclusi il 21.1.2000 e assenso espresso dai competenti uffici regionali e dall’Amministrazione provinciale di Potenza, benché sempre con parere contrario dei Comuni di Tito e Satriano di Lucania. Successivamente, l’idoneità del sito per la realizzazione della discarica veniva ribadita dalla Regione Basilicata con autorizzazione n. 5102/99U45 del 6.8.1999, nonché nella consulenza richiesta dalla medesima Regione, con D.G.R. n. 2063/2000, all’Università degli Studi di Lecce (parere del prof. Meale) e nell’ulteriore approfondimento, richiesto il 17.4.2001 all’Università di Bari (parere del prof. Spilotro), con successivo invio alla Giunta Regionale, nel mese di agosto 2001, dello schema di delibera di approvazione del progetto.

L’esame conclusivo del progetto in questione, tuttavia, veniva sospeso con delibera della Giunta regionale n. 2398 del 16.11.2001, “nelle more dell’imminente esame dell’intesa fra Regione Basilicata e Ministero dell’Ambiente” “quale “atto preliminare all’istituzione del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese”: decisione ribadita con successiva delibera di G.R. n. 766 del 29.4.2002 (delibere, quelle sopra indicate, tuttora sub iudice in primo grado di giudizio). Parallelamente, si svolgeva quindi la procedura per l’istituzione del Parco, nel quale venivano poi incluse le aree del Comune di Satriano di Lucania, oggetto dell’intervento progettato da Tolla s.p.a., con delibera della Giunta Regionale n. 11/2002, ratificata con delibera consiliare n. 552 del 23.12.2002, oggetto della successiva Conferenza unificata, i cui lavori risultano svolti fra il 2003 e il 2007. Nel corso di tali lavori interveniva, con diffida notificata il 21.9.2004, anche la società Tolla s.p.a., che esponeva l’insussistenza degli “estremi fattuali e giuridici per l’inclusione delle aree, oggetto del progettato intervento di discarica nel perimetro dell’istituendo Parco”.

In data 8.12.2007, tuttavia, la perimetrazione contestata trovava definitiva approvazione, nel testo in questa sede contestato. Nell’ambito di successive osservazioni, prospettate sia dalla società interessata che dall’Organo di controllo, la Regione Basilicata osservava anche (con nota dirigenziale 21/01/2008 PROT. n. 1/RIS) come il divieto di apertura di discariche nelle aree naturali protette, di cui all’art. 11, comma 3, L. n. 394/1991, non rivestisse “carattere di assolutezza”, stante il disposto del successivo comma 4, secondo cui “il regolamento del Parco stabilisce….le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3”, con conseguente possibile rinvio a tale fase regolamentare della problematica inerente l’iter approvativo della discarica.

Nella complessa vicenda sintetizzata appaiono ravvisabili, ad avviso del Collegio, i vizi ritenuti sussistenti nella sentenza appellata, per non corretta formazione dell’apprezzamento discrezionale, eccesso di potere per omessa rappresentazione di fatti rilevanti e contraddittorietà nelle valutazioni, riferite alla conclusiva perimetrazione del Parco.

Deve infatti essere sottolineato come la perimetrazione contestata risulti successiva di oltre dieci anni ad una proposta di utilizzazione dell’area, poi conclusivamente ricompresa nel Parco, come discarica, in base ad un progetto che aveva ricevuto l’approvazione delle Autorità territoriali coinvolte e che rispondeva ad interessi non solo privati, ma anche pubblici, in considerazione delle note problematiche, concernenti lo smaltimento dei rifiuti sul territorio nazionale.

Si sottolinea in proposito che la Regione Basilicata, con nota n. prot. 36693/75 del 24.2.2005, aveva rappresentato come “allo stato attuale, l’unico impianto cantierizzabile, capace di soddisfare nell’immediato le esigenze di smaltimento del sub-bacino centro, con l’inceneritore di Potenza in esercizio o meno…” fosse “quello della ditta Tolla, ricadente in territorio comunale di Satriano di Lucania”. Con nota n. prot. DPN-2007-0018513 del 3.7.2007, indirizzata alla citata impresa, inoltre, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio comunicava l’assenza ”nella zona interessata” di “aree protette di alcun tipo”.

A fronte dell’iter – ormai pressoché concluso, dopo una lunga e complessa fase istruttoria, per la realizzazione della discarica – nonché in presenza di caratteristiche dell’area tali da non suggerire, visivamente, un particolare pregio paesaggistico della stessa (per la fitta presenza di tralicci elettrici e la scarsa vegetazione, come confermato nella relazione del 23.1.1999 del Servizio Conservazione Natura del Ministero dell’Ambiente) si pone in via pressoché esclusiva la deliberazione della Giunta Comunale n. 57 del 26.5.2003, nella quale l’estensione della perimetrazione del parco viene riferita all’esigenza di “legare la zona già perimetrata a Parco e l’antica Satriano, includendo…le zone già sottoposte a vincolo paesistico e archeologico”, nonché “il centro storico del Comune di Satriano di Lucania” senza alcuno specifico riferimento alla porzione territoriale di cui trattasi e nonostante le osservazioni negative, al riguardo emerse nel corso del procedimento, con ulteriore carattere marginale dell’area, per la quale non sembravano imporsi ragioni di continuità territoriale (peraltro, non specificamente dedotte) rispetto alla zona di effettivo pregio paesaggistico (“cresta collinare – montuosa, che si sviluppa dai ruderi dell’antica Satriano fino al bosco Ralle, già inserito nell’ipotesi di perimetrazione, di notevole interesse ambientale e storico”, nonché ”antica Satriano…, già investita di vincolo archeologico, mentre una zona del pendio è sottoposta a vincolo paesistico con apposito decreto del Ministro per i Beni Culturali ed Ambientali”, con ulteriore “dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona Torre di Satriano….”).

Appare contraddittorio, peraltro, che la difesa comunale invochi ora la mera contiguità territoriale dell’area in questione, (non soggetta a vincoli) rispetto alle zone vincolate, come fattore preclusivo per la realizzazione della discarica (in quanto non localizzabile comunque nella fascia cosiddetta “di rispetto”), mentre ad un’osservazione della Corte dei Conti, incentrata appunto sull’immotivato superamento delle ragioni che avevano in precedenza consentito tale localizzazione, veniva risposto con rinvio alla futura regolamentazione del Parco, che avrebbe potuto rendere assentibile il progetto (cfr. nota dirigenziale della regione 21/01/2008 PROT. n. 1/RIS cit., già in precedenza citata).

Tenuto conto delle ragioni sopra sintetizzate, che già avevano portato all’accoglimento del ricorso proposto dalla società ora appellata – e che risultano fondate ed assorbenti – nessuna delle ragioni difensive prospettate dalle parti appellanti, anche in via incidentale, può trovare accoglimento.

Per quanto riguarda infatti, in particolare, la segnalata insindacabilità nel merito di apprezzamenti discrezionali, come quelli sottesi alla perimetrazione di un Parco naturale, sembra opportuno ricordare come la predetta insindacabilità abbia subito nel tempo una significativa evoluzione, in linea con i principi costituzionali e comunitari del “giusto processo” – inscindibile dalla effettività della tutela – e del “giusto procedimento amministrativo”, che vede la pubblica autorità chiamata a rendere conto in modo sempre più incisivo – e con accresciute modalità di partecipazione e di verifica dei diretti interessati – della razionalità delle proprie determinazioni.

Le vecchie formule, che limitavano il sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti discrezionali all’esatta rappresentazione dei fatti ed alla congruità dell’iter logico, seguito dall’Autorità emanante il provvedimento, debbono ormai ritenersi superate dai parametri di attendibilità della valutazione, che sia frutto di discrezionalità tecnica, e di non arbitrarietà della scelta, ove sia stata esercitata una discrezionalità amministrativa.

Sotto il primo profilo, è infatti, ormai, pacificamente censurabile la valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201; Cons. St., sez. VI, 6.2.2009, n. 694 e 27.10.2009, n. 6559; Corte europea dei diritti dell’uomo, Albert et Le Compte c. Belgio, par. 29, 10 febbraio 1983 e Obermeier c. Austria, par 70, 28 giugno 1990).

Un’evoluzione analoga non può non investire la discrezionalità cosiddetta amministrativa, sotto il profilo non tanto dell’“an” e del “quid”, ma del “quomodo”, soprattutto ove le scelte si proiettino su complessi bilanciamenti di interessi, legati ai parametri costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione.

Un criterio di scelta, formulato come discrezionale e pertanto insindacabile nel merito, può infatti ritenersi funzionalmente deviato – ed essere sindacabile sul piano della legittimità – quando non renda esplicita e verificabile la logica interna che lo ispira, non consentendo di appurare l’effettivo perseguimento della scelta ottimale fra più soluzioni possibili, nell’interesse pubblico ed in comparazione con ogni altro possibile interesse – anche privato – coinvolto.

Nella situazione in esame le numerose circostanze, in precedenza segnalate, inducono a ravvisare il predetto vizio funzionale, tanto da indurre il Collegio a ritenere che l’appello principale e gli appelli incidentali debbano essere respinti, ad eccezione della domanda riferita all’estromissione della Corte dei Conti, come specificato in dispositivo. Quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della complessità della questione sottoposta a giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello specificato in epigrafe, in accoglimento parziale dell’appello incidentale delle amministrazioni statali, estromette dal giudizio la Corte dei Conti; respinge l’appello principale del Comune di Satriano di Lucania, l’appello incidentale della Regione Basilicata e, in parte, l’appello incidentale delle amministrazioni statali.

Compensa le spese giudiziali

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        
      
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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