Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 553 | Data di udienza: 3 Dicembre 2015

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Canne fumarie – Titolo abilitativo edilizio.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2016
Numero: 553
Data di udienza: 3 Dicembre 2015
Presidente: Baccarini
Estensore: Buricelli


Premassima

* DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Canne fumarie – Titolo abilitativo edilizio.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 9 febbraio 2016, n. 553


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Canne fumarie – Titolo abilitativo edilizio.

E’ necessario il previo rilascio del permesso di costruire per le canne fumarie, rientrandosi nella categoria dei lavori di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, realizzati tramite inserimento di nuovi elementi ed impianti, qualora tali strutture non si presentino di piccole dimensioni, siano di palese evidenza rispetto alla costruzione e alla sagoma dell’immobile e non possano considerarsi un elemento meramente accessorio, ovvero di ridotta e aggiuntiva destinazione pertinenziale, come tale assorbito o occultato dalla preesistente struttura dell’immobile; mentre l’intervento di mera sostituzione di una canna fumaria, con le stesse dimensioni e identica localizzazione rispetto alla precedente, va considerato di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, soggetto quindi a dia ai sensi dell’art. 22, comma 1 del d.P.R. n. 380 del 2001. E’ anche vero peraltro che in taluni casi, avuto riguardo all’entità, minima, dell’intervento, si può rientrare nel campo di applicazione di cui all’art. 3 comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui sono interventi di manutenzione ordinaria gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

(Riforma T.A.R. LAZIO, Roma, n. 9535/2014) – Pres. Baccarini, Est. Buricelli – R.C.  e altro (avv. Ciprotti) c. Roma Capitale (avv. Garofoli)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 9 febbraio 2016, n. 553

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 9 febbraio 2016, n. 553

 

N. 00553/2016REG.PROV.COLL.
N. 02803/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
 

sul ricorso numero di registro generale 2803 del 2015 proposto da
Rita Carosi e Antonio Carosi, rappresentati e difesi dall’avv. Alessia Ciprotti, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. Umberto Garofoli dell’Avvocatura di Roma Capitale, domiciliata in Roma, Via del Tempio di Giove, .21;

nei confronti di

Xinyuan di Sun Suirong & C. Snc, Sun Suirong, n. c. ;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO -ROMA -SEZIONE I QUATER, n. 9535/2014, resa tra le parti, concernente ingiunzione di pagamento di sanzione pecuniaria nella misura di euro 10.000,00 conseguente alla presunta realizzazione di opere in assenza di titolo abilitativo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 3 dicembre 2015 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Ciprotti e Garofoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto, a spese compensate, il ricorso proposto dai signori Rita e Antonio Carosi contro la determinazione dirigenziale di Roma Capitale n. 1018 del 10 giugno 2009 con la quale era stato loro ingiunto di pagare la somma di euro 10.000,00, ai sensi dell’art. 19 della l. reg. n. 15 del 2009 –interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività, in conseguenza della realizzazione di opere abusive e in relazione alla posa in opera –in Viale di Villa Pamphili, 21- di elementi modulari in acciaio per la sostituzione di una preesistente canna fumaria presumibilmente in eternit, non risultando essere stata presentata al riguardo denuncia di inizio di attività (dia), né altra istanza di accertamento di conformità.

Dinanzi al Tar i signori Carosi avevano dedotto:

1) di essere proprietari dei locali commerciali situati in Roma, Viale di Villa Pamphili, n. 19, 19/a), 19/b), e non anche di quelli posti al civico 21, con conseguente illegittimità dell’ingiunzione. Si tratta di un immobile locato a terzi, all’epoca dei fatti, e tuttora, adibito a ristorante; 2) eccesso di potere per travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti e violazione dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, non avendo i ricorrenti mai effettuato alcuna sostituzione della preesistente canna fumaria. Interventi di manutenzione sarebbero stati comunque adottati dai conduttori dell’immobile, in esecuzione di quanto disposto dal Tribunale civile di Roma, in relazione a una causa instaurata dai proprietari dell’attico del civico 19 contro i Carosi e i gestori del ristorante, affinché questi ultimi fossero condannati a sostituire le due canne fumarie. Inoltre l’attività di sostituzione della parte terminale di una canna fumaria non necessita di alcun titolo abilitativo, configurandosi quale intervento di manutenzione ordinaria -attività libera ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001; 3) violazione dell’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, per omessa indicazione delle ragioni per le quali l’illecito edilizio sarebbe da ritenersi sanzionabile pecuniariamente, e per la mancata specificazione delle ragioni della quantificazione della sanzione nell’importo di € 10.000, alquanto vicino all’importo massimo previsto dalla legge, quando l’art. 19 della l. reg. n. 15 del 2009 stabilisce l’applicazione di una sanzione pecuniaria da un minimo di euro 1.500,00 a un massimo di euro 15.000,00, in relazione allagravità dell’abuso; 4) eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità, in punto individuazione dei soggetti responsabili del presunto contestato abuso, in quanto negli atti presupposti del procedimento i responsabili del presunto illecito vengono individuati in soggetti terzi, vale a dire nei gestori del ristorante, e non nelle persone dei ricorrenti odierni, non responsabili dell’intervento compiuto.

Roma Capitale si è costituita per resistere.

Con ordinanza n. 4390 del 25 settembre 2009 il Tar ha accolto l’istanza di misure cautelari poiché l’intervento in questione, consistente nella sistemazione della parte terminale della canna fumaria, ha carattere meramente temporaneo e precario essendo in corso di perfezionamento la denuncia di inizioattività per la sostituzione definitiva delle due canne fumarie.

Il 7 settembre del 2009 la signora Carosi ha presentato presso il IX Dipartimento la dia per la rimozione e bonifica delle vecchie canne fumarie in eternit e installazione di due nuove canne fumarie in acciaio a servizi del locale commerciale. Dagli atti risulta che la rimozione delle vecchie canne fumarie in eternit e la sostituzione con le due nuove in acciaio è stata eseguita previa deposito di apposita dia (cfr. comunicazione del 31 agosto 2010 di fine lavori).

Con la sentenza n. 9535 del 2014 il Tar ha respinto il ricorso osservando in sintesi:

-sub 1), che dagli atti di causa e, segnatamente, dal contratto di compravendita dei locali commerciali di proprietà dei ricorrenti del 1952, uno dei vani risulta avere accesso dal civico 21, con conseguente riconducibilità di quest’ultimo numero civico ai locali di proprietà dei ricorrenti assoggettati all’ingiunzione impugnata;

-sub 2), che la realizzazione dell’intervento edilizio ritenuto abusivo non risulta essere stata preceduta dal titolo edilizio richiesto. In generale, l’installazione di una canna fumaria deve considerarsi riconducibile ai lavori di ristrutturazione edilizia con la necessaria acquisizione di un preventivo titolo abilitativo. Nel caso in esame, la posa in opera di elementi modulari in acciaio in sostituzione di una preesistente canna fumaria doveva essere preceduta dall’acquisizione del titolo edilizio, risultando, secondo la documentazione fotografica in atti, quale entità di palese evidenza rispetto alla costruzione e alla sagoma dell’immobile e non potendosi considerare un elemento meramente accessorio ovvero di ridotta e aggiuntiva destinazione pertinenziale, tale da configurarsi quale intervento edilizio ex art. 6 del D.P.R. n. 380/2001;

-sui residui motivi di doglianza, ad avviso del giudice di primo grado risulta applicata in modo corretto la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 19 della l. reg. n. 15 del 2008, trattandosi di misura commisurata …al valore di quanto abusivamente costruito anche con riferimento alla tipologia di attività alla quale il bene realizzato risulta asservito.

2. I signori Carosi hanno proposto appello con sei motivi, riguardanti in sintesi travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, errata, contraddittoria e insufficiente motivazione, violazione degli articoli 3 e 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 19 della l. r. n. 15 del 2008 e omessa pronuncia su una questione decisiva della controversia.

Roma Capitale si è costituita per resistere.

Con ordinanza n. 2194 del 19 -20 maggio 2015 l’istanza cautelare è stata accolta e l’esecutività della sentenza sospesa e, all’udienza del 3 dicembre 2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

3. L’appello è fondato e va accolto con riferimento ai motivi sub 2) e 5).

In via preliminare e in termini generali è esatto che nel caso delle canne fumarie la giurisprudenza considera necessario il previo rilascio del permesso di costruire, rientrandosi nella categoria dei lavori di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, realizzati tramite inserimento di nuovi elementi ed impianti, qualora tali strutture non si presentino di piccole dimensioni, siano di palese evidenza rispetto alla costruzione e alla sagoma dell’immobile e non possano considerarsi un elemento meramente accessorio, ovvero di ridotta e aggiuntiva destinazione pertinenziale, come tale assorbito o occultato dalla preesistente struttura dell’immobile; e che ritiene occorrente il permesso di costruire tutte le volte in cui venga in rilievo un intervento che, per dimensioni, altezza e conformazione, risulti incidere in modo significativo sul prospetto e sulla sagoma della costruzione sulla quale la canna fumaria è installata; mentre l’intervento di mera sostituzione di una canna fumaria, con le stesse dimensioni e identica localizzazione rispetto alla precedente, va considerato di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001, soggetto quindi a dia ai sensi dell’art. 22, comma 1 del d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente perseguibilità dell’intervento compiuto in assenza di titolo in base a quanto prevede l’art. 19 della legge della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 15 -interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività, in base al quale in casi come quelli suindicati si applica una sanzione pecuniaria da un minimo di millecinquecento euro ad un massimo di 15 mila euro, in relazione alla gravità dell’abuso.

E’ anche vero peraltro che in taluni casi, avuto riguardo all’entità, minima, dell’intervento, si può rientrare nel campo di applicazione di cui all’art. 3 comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui sono interventi di manutenzione ordinaria gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

Questo è senz’altro vero in termini generali.

Peraltro, la giurisprudenza sulla necessità di un titolo edilizio in materia e sulla conseguente legittimità di un’ingiunzione di pagamento di una sanzione pecuniaria nel caso d’intervento effettuato in assenza o in difformità dal titolo edilizio previsto, non sembra poter trovare applicazione nel caso –per vero del tutto peculiare- sottoposto all’esame del collegio.

3.1. Nella fattispecie, riconosciuta, in via preliminare, e doverosamente, la non piena perspicuità della situazione di fatto quale emerge dagli atti e dai documenti di causa, con riferimento alla data dell’adozione del provvedimento impugnato (giugno 2009) sembra(va) venire in questione, come del resto era stato rilevato dal Tar nella fase cautelare (v. sopra, p. 1.), non la già avvenuta realizzazione, sine titulo, di due canne fumarie in acciaio in sostituzione delle preesistenti, quanto invece la mera sostituzione temporanea della parte terminale di una delle due canne fumarie, finalizzata a migliorare la funzionalità della stessa, e ciò in adempimento al provvedimento emesso dal Tribunale civile di Roma in data 3 marzo 2008 nell’ambito della controversia tra vicini cui si è fatto cenno sopra, al p. 1. ; con conseguente ricaduta dell’intervento, diversamente da quanto sostiene la difesa civica, nel campo di applicazione di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), e di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, vale a dire nell’àmbito dell’attività libera.

Più in particolare, la descrizione, oggettivamente generica, dell’intervento sanzionato –posa in opera di elementi modulari in acciaio per la sostituzione di una preesistente canna fumaria presumibilmente in eternit, non chiarisce con sicurezza se si tratta della sostituzione e della rimozione delle canne fumarie per intero o se, invece, ci si riferisca soltanto all’intervento sulla parte terminale –a quanto consta- di una delle due canne fumarie, quella “fessurizzata”, in esecuzione dell’ordine del giudice civile, “essendo in corso di perfezionamento la dia per la sostituzione definitiva delle canne fumarie”. Intervento temporaneo rivolto come detto al miglioramento della funzionalità dell’impianto, in attesa della successiva sostituzione definitiva di ambedue gli impianti.

In questo contesto d’incertezza interpretativa sull’oggetto dell’ingiunzione impugnata, incertezza che la scarna documentazione in atti non fa venire meno, non sembrando d’altronde risolutiva la documentazione fotografica prodotta, appare improprio il richiamo operato dalla difesa civica all’orientamento giurisprudenziale, pacifico, per cui il verbale della polizia municipale fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.

Qui infatti viene in rilievo la diversa questione dell’interpretazione da attribuire all’ingiunzione impugnata, se cioè essa riguardi solo la parte terminale o la canna fumaria per intero.

Se dunque, come affermano gli appellanti, la posa in opera di elementi modulari in acciaio era da intendersi riferita non alla sostituzione integrale delle canne fumarie ma più limitatamente alla manutenzione della parte terminale della canna fumaria a scopo temporaneo di mantenimento in efficienza e di miglioramento della funzionalità dell’impianto; intervento eseguito nel 2008 in attesa dell’intervento “risolutivo” di cui alla dia del 7 settembre 2009 e alla comunicazione 31 agosto 2010 di fine lavori e certificato di collaudo; ne consegue che si fuoriesce dal campo di applicazione di cui all’art. 19 della l. r. n. 15 del 2008. E invero, diversamente da quanto sostiene la difesa civica in memoria, l’intervento sulla parte terminale della canna fumaria non può essere equiparato alla sostituzione integrale della stessa e ben può essere fatto rientrare nella manutenzione ordinaria –attività libera ex art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Ben altra cosa, rispetto all’intervento sulla parte terminale della canna fumaria, risulta essere la rimozione e la successiva installazione delle due nuove canne fumarie, che risulta essere stata eseguita nel 2009 previo rituale deposito, presso il competente ufficio comunale, della dichiarazione di inizio di attività (cfr. comunicazione di fine lavori del 31 agosto 2010).

Di qui l’accoglimento del secondo motivo d’appello, imperniato sui vizi di travisamento dei fatti e violazione degli articoli 3 e 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.

3.2. Nonostante il carattere risolutivo delle osservazioni esposte sopra, non pare superfluo rilevare come sia inoltre fondato e vada accolto anche il quinto motivo d’appello, imperniato sul difetto di motivazione circa le ragioni per le quali, tra un importo minimo di sanzione applicabile di 1.500 euro e un massimo di 15.000, l’Amministrazione ha stabilito di irrogare la sanzione pecuniaria nella misura –per vero più vicina al limite superiore che a quello inferiore- di euro 10.000.

In base all’art. 19 della l. reg. n. 15 del 2008, infatti, nel caso d’interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività, la sanzione pecuniaria applicabile va da un minimo di € 1.500 a un massimo di € 15.000, in relazione alla gravità dell’abuso.

Nella fattispecie, non sono state minimamente spiegate le ragioni per le quali Roma Capitale ha deciso di applicare la sanzione nella misura di € 10.000; non risultano esplicitati i criteri utilizzati in concreto per quantificare la sanzione nella misura anzidetta. Anche il richiamo alla valutazione economica predisposta dal Servizio Urbanistica con nota n. 39613 del 4 giugno 2009 non spiega nulla, posto che la nota citata da ultimo si limita a richiamare la tipologia di lavori eseguiti –posa in opera di elementi modulari in acciaio per la sostituzione di una preesistente canna fumaria presumibilmente in eternit, da perseguire ai sensi dell’art. 19 della l. r. n. 15 del 2008, e si limita ad aggiungere in maniera del tutto immotivata importo € 10.000.

Sul punto la sentenza parla, in modo assai generico, di commisurazione della sanzione al valore di quanto abusivamente costruito.

Il difetto di motivazione appare in definitiva manifesto.

In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, assorbiti gli ulteriori motivi dedotti e non esplicitamente esaminati, in riforma della sentenza impugnata il ricorso di primo grado va accolto e la determinazione impugnata annullata.

Nella non piena perspicuità della situazione in fatto e comunque nella particolare natura della controversia il collegio ravvisa, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c. , eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l’atto impugnato in primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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