* DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Piano di zona – Realizzazione di opere di urbanizzazione e cessione delle aree stradali e dei servizi – Osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Azione ex art. 2932 c.c. – Esperibilità innanzi al G.A.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: Adunanza Plenaria
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Luglio 2012
Numero: 28
Data di udienza: 16 Aprile 2012
Presidente: Giovannini
Estensore: Saltelli
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Piano di zona – Realizzazione di opere di urbanizzazione e cessione delle aree stradali e dei servizi – Osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Azione ex art. 2932 c.c. – Esperibilità innanzi al G.A.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria –20 luglio 2012, n. 28
DIRITTO URBANISTICO – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Piano di zona – Realizzazione di opere di urbanizzazione e cessione delle aree stradali e dei servizi – Osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale – Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo – Azione ex art. 2932 c.c. – Esperibilità innanzi al G.A.
Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia concernente l’osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale, in connessione con l’assegnazione di aree comprese in un piano di zona, volti alla realizzazione di opere di urbanizzazione ed alla cessione gratuita all’ente delle aree stradali e dei servizi, In tale ambito è esperibile dinanzi a detto giudice l’azione di cui all’art. 2932 c.c.
Pres. Coraggio, Est. Saltelli – Consorzio L. (avv. Picozza) c. Roma Capitale (avv.ti Ceccarelli, Magnanelli e Rossi)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria – 20 luglio 2012, n. 28SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Adunanza Plenaria –20 luglio 2012, n. 28
N. 00028/2012REG.PROV.COLL.
N. 00004/2012 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4 di A.P. del 2012, proposto da:
CONSORZIO LA FONTE MERAVIGLIOSA FRA COOPERATIVE EDILIZIE – ABITAZIONE – SOCIETA’ COOPERATIVA A RESPONSABILITA’ LIMITATATA E SOCIETA’ IL RIDOTTO S.R.L., ciascuna in persona del rispettivo legale rappresentante in carica, rappresentate e difese dall’avv. Eugenio Picozza, con domicilio eletto presso l’avv. Eugenio Picozza in Roma, via di San Basilio, n. 61;
contro
ROMA CAPITALE, in persona del sindaco in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Americo Ceccarelli, Andrea Magnanelli e Domenico Rossi, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
nei confronti di
SPASOJEVIC OLIVERA, CESARONI GIULIO, FALCHI FRANCESCO, DELLE SITE ANTONIO, NAZZICONE ROBERTO, BUCCHI MARIO, TORSELLO FABIO MASSIMO, rappresentati e difesi dall’avv. Gabriella Napoli, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriella Napoli in Roma, via Tommaso Arcidiacono, n. 209;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II BIS, n. 9227 del 24 novembre 2011, resa tra le parti, concernente TRASFERIMENTO AL PATRIMONIO COMUNALE DI IMMOBILI;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dei signori Olivera Spasojevic, Giulio Cesaroni, Francesco Falchi, Antonio Delle Site, Roberto Nazzicone, Mario Bucchi e Fabio Massimo Torsello;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 aprile 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Picozza, Magnanelli, Rossi e Napoli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso giurisdizionale notificato il 10 maggio 2010 il Comune di Roma, dopo aver premesso che:
a) il Consorzio La Fonte Meravigliosa fra Cooperative Edilizie – Abitazione – Società cooperativa a responsabilità limitata (d’ora in avanti, il Consorzio) aveva avuto in assegnazione terreni per l’edificazione e l’urbanizzazione di aree, in parte di sua proprietà ed in parte da espropriare, ricadenti nel piano di zona n. 40, Vigna Murata, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, approvato con d.m. ll.pp. 11 agosto 1964, n. 3266;
b) l’attuazione delle relative previsioni edificatorie ed urbanizzazioni era stata subordinata alla sottoscrizione di un atto d’obbligo (rep. n. 8044 del 14 dicembre 1972, rogato dal notaio Felicetti), con il quale il Consorzio aveva assunto a proprio carico gli oneri di urbanizzazione e l’obbligo di cedere gratuitamente al Comune di Roma le aree destinate a: – sede stradale, foglio 882, p.lle nn. 16p, 119p, 17p, 120p, 121p, 133p, 137p, 135p, 54p, 175p, 136p, 41p, 39p, 83p, 45, 32p, 71p, 72p, 75p, 43p, 39p, 35p, 21p, 100, 98p, 21p, 145, 144p, 112, 66p, 73p, 33p, 34p, 166p, 165p, 164p, 163p, 121p, 16p, 30p, 102p, 87p, 18p, 105p, 53p, 16p, 30p, 102p, 143p, 106p, 102p; – servizi scolastici, foglio 882, p.lle nn. 16p, 87p, 18p, 102p, 103p, 27p, 61p, 32p, 71p, 39p, 135p, 82p, 83p, 75; – altro scopo, foglio 882, p.lle nn. 168p, 106p, 103p, 104p, 107p, 72p, 71p, 32p; – verde pubblico, foglio 882, p.lle nn. 54p, 175p, 40p, 41p, 173p; foglio 886, p.lle nn. 451p, 1p, 2p, 18p;
c) a seguito di varianti urbanistiche apportate al piano di zona, ed in particolare della c.d. variante ter, il Consorzio con altro atto d’obbligo, rep. n. 11343 del 18 dicembre 1981 (rogato dal notaio Terzi) si era obbligato ad osservare, nell’esecuzione degli impegni già assunti, le variazioni urbanistiche al piano di zona 40 bis – Vigna Murata;
d) approvata formalmente la predetta variante urbanistica c.d. ter con delibera consiliare dell’11 febbraio 1982, con decreto n. 407 dell’11 marzo 1987 il Presidente della Giunta regionale del Lazio aveva disposto, per la realizzazione del piano di zona 40 bis, l’espropriazione delle predette aree, le quali erano state trasferite al Consorzio, giusta atto rep. n. 6981 del 4 dicembre 1987 del notaio Terzi;
e) con atti, rep. n. 60360 dell’8 febbraio 1989, rep. n. 64166 del 17 luglio 1989, rep. n. 71588 del 2 maggio 1990, rep. n. 62198 del 5 maggio 1990, del notaio Misurale, il Consorzio aveva effettivamente ceduto alcune delle aree in questione, trattenendone ancora altre, tra cui quelle oggetto del ricorso;
f) in data 13 giugno 1990 (prot. rip. XVI n. 4961) era stato sottoscritto il verbale di cessione gratuita di aree, con il quale il Comune di Roma si era immesso effettivamente nel possesso delle aree del piano di zona di pertinenza del Consorzio, il quale aveva rinnovato espressamente l’impegno di “…completare la cessione delle aree situate all’interno del piano di zona non incluse negli atti precedentemente citati”;
tutto ciò premesso, ritenuta sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell’articolo 34 del D. Lgs. 31 marzo 1980, n. 98, come interpretato dal giudice delle leggi con le sentenze n. 204 e n. 281 del 2004, ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio: 1) in via cautelare, ai sensi dell’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, l’autorizzazione all’immissione provvisoria nel possesso dei beni in questione o quanto meno del solo bene identificato al foglio 882, p.lle n. 59, 327, 331 (Casale denominato Santa Rita); 2) nel merito: 2a) l’accertamento dell’inadempimento da parte del Consorzio degli obblighi derivanti dagli atti d’obbligo a rogito rispettivamente del notaio Felicetti (rep. n. 8044 del 14 novembre 1972) e del notaio Terzi (rep. n. 11343 del 18 dicembre 1981); 2b): l’emanazione di una sentenza ex art. 2932 c.c. per il trasferimento a titolo gratuito in sua proprietà delle aree precedentemente indicate; 3) in via istruttoria, disporsi apposita consulenza tecnica d’ufficio per acclarare eventuali modifiche dei riferimenti catastali delle particelle immobiliari identificate, al fine di addivenire ad un corretto trasferimento delle aree.
Il Consorzio, costituitosi in giudizio, ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, l’inesistenza del titolo idoneo (accordo preliminare) ai fini dell’azione costitutiva ex art. 2932 C.C. e la prescrizione dell’obbligazione di cessione delle aree a causa del decorso del termine decennale dal momento in cui aveva acquisito le aree in questione.
Si sono costituiti ad adiuvandum i signori Olivera Spasojevic, Giulio Cesaroni, Francesco Falchi, Antonio Delle Site, Roberto Nazzicone, Mario Bucchi e Emilio Fabio Torsello, che hanno ribadito la sussistenza della legittimazione passiva del Consorzio e della giurisdizione del giudice amministrativo.
Su richiesta della ricorrente amministrazione comunale è stato integrato il contraddittorio nei confronti della società Ridotto s.r.l., acquirente dei beni in questione, che, costituitasi in giudizio, ha anch’essa dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, instando per il rigetto del ricorso per inammissibilità e infondatezza.
2. L’adito tribunale, sez. II bis, con la sentenza non definitiva n. 9227 del 24 novembre 2011, rilevato che la questione concerneva la realizzazione di un programma edificatorio (in particolare il Piano di zona n. 40 “Vigna Murata”, approvato con D.P.R. 15 dicembre 1962), oggetto di successive varianti cc.dd. “bis” e “ter”, approvate con d.m. 2 aprile 1968 e delibera consiliare 11 febbraio 1982) e ricordato, per un verso, che, ai sensi degli artt. 10 e 11 della legge n. 167 del 1962, il Comune poteva riservarsi l’acquisizione delle aree ricomprese nel Piano (in misura non superiore al 50%), mentre le rimanenti aree potevano essere richieste da vari soggetti (tra cui le cooperative a favore dei propri soci per la costruzione di edifici di carattere economico popolare), i quali dovevano indicare al sindaco le aree da scegliere e l’entità delle costruzioni, e, per altro, verso che all’epoca della vigenza della citata legge n. 167 del 1962 non era prevista la sottoscrizione di una convenzione (a differenza di quanto successivamente disposto dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865), così che l’atto d’obbligo rep. n. 8044 del 14 settembre 1972, registrato e trascritto il successivo 16 settembre 1972 (che ha subordinato la legittimità del rilascio del titolo concessorio alla cessione unilaterale di aree private inserite nel Piano di Zona in questione) doveva considerarsi inserito nel procedimento generale di attuazione e realizzazione del Piano stesso, ha ritenuto sussistente nel caso di specie la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a questi appartenendo la domanda con cui il Comune agisce per ottenere l’esecuzione dell’obbligo assunto dal privato di cedere a titolo gratuito le aree per opere di urbanizzazione o servizi di interesse generale e di verde pubblico e in particolare la domanda volta ad accertare e dichiarare il diritto del Comune stesso di ottenere con sentenza ex art. 2932 C.C. il loro trasferimento, previo accertamento del diritto del Comune ad acquisire in proprietà le predette aree dall’attuale proprietario; ha poi respinto l’eccezione di prescrizione del diritto azionato ed infine, pur ritenendo fondate e meritevoli di accoglimento le richieste avanzate dal Comune di Roma di cessione delle aree da parte del Consorzio, ai fini della completa cognizione del giudizio, ha disposto puntuali incombenti istruttori, demandandone l’espletamento al Direttore dell’Agenzia del Territorio.
3. Il Consorzio e la società Il Ridotto s.r.l. hanno chiesto la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità alla stregua di tre articolati motivi di gravame, rubricati rispettivamente, il primo “I.I) Violazione e falsa applicazione in generale dell’art.7 comma 1 e 5 del codice del processo amministrativo ed art. 133 lett. f) del medesimo codice, ob relationem agli articoli 24, 103 e 113 Costituzione. Eccesso di potere giurisdizionale. I.II) Violazione e falsa interpretazione dell’art. 1 c.p.a. e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. ob relationem, all’art. 360 c.p.c.”; il secondo, “II) Violazione di legge. Violazione dell’art. 2946 C.C. – Violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Carenza di motivazione” ed il terzo “III) Violazione di legge. Violazione dell’articolo 9 e 18 della legge 18 aprile 1962, n. 167 in combinato disposto con l’articolo 17, comma 1 legge 17 agosto 1942, n. 1150. Decadenza della validità ed efficacia del piano di zona”.
Le appellanti, inoltre, dopo aver lamentato la consequenziale illegittimità dell’ordinanza istruttoria, hanno in via subordinata formulato istanza di rinvio all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99 c.p.a. sulla questione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e sulla esperibilità dell’azione ex art. 2932 C.C. innanzi al giudice amministrativo..
Hanno resistito al gravame chiedendone il rigetto il Comune di Roma ed i signori Olivera Spasojevic, Giulio Cesaroni, Francesco Falchi, Antonio Delle Site, Roberto Nazzicone, Mario Bucchi ed Emilio Fabio Torsello.
4. Il ricorso in questione, stante l’apposita istanza formulata dalle parti appellanti ed in virtù del rilievo delle questioni di massima su cui è imperniato, è stato deferito alla decisione dell’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a.
Le parti hanno illustrato con apposite puntuali memorie difensive le proprie rispettive tesi.
All’udienza pubblica del 16 aprile 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. Con il primo motivo di gravame, lamentando ““I.I) Violazione e falsa applicazione in generale dell’art. 7 comma 1 e 5 del codice del processo amministrativo ed art. 133, lett. f) del medesimo codice, ob relationem agli articoli 24, 103 e 113 Costituzione. Eccesso di potere giurisdizionale. I.II) Violazione e falsa interpretazione dell’art. 1 c.p.a. e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. ob relationem all’art. 360 c.p.c.”, gli appellanti hanno sostenuto che, diversamente da quanto erroneamente e comunque contraddittoriamente ritenuto dai primi giudici, l’atto d’obbligo a suo tempo sottoscritto con il Comune di Roma (rep. n. 8044 del 14 settembre 1972, registrato e trascritto il successivo 16 settembre 1972) costituiva soltanto una manifestazione di volontà del privato, fonte di una obbligazione tipicamente privatistica, priva di qualsiasi connotazione pubblicistica, non inquadrabile pertanto in un procedimento amministrativo, negando la sussistenza di un qualsiasi accordo ed insistendo per il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; d’altra parte, sempre secondo la tesi degli appellanti, la circostanza che la legge n. 167 del 1962 (artt. 10 e 11) non contenesse alcuna disposizione né in tema di convenzionamento, né in tema di atto d’obbligo, ma prevedesse un mero elenco delle aree che si intendevano acquistare o espropriare da parte degli enti indicati nell’articolo 1 e delle aree di cui all’articolo 16, sulle quali i proprietari avessero richiesto di costruire in proprio case popolari, escludeva in radice la sussistenza di un atto convenzionale, in quanto la fonte dell’obbligo era costituito solo dall’elenco stesso ovvero dal verbale di assegnazione, ed impediva l’ammissibilità della proposta azione ex art. 2932 c.c. (utilizzabile solo per gli obblighi di fonte legale), tanto più che alcun sinallagma poteva configurarsi tra il procedimento di assegnazione, di natura reale, e l’obbligo (di cessione delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria) che non era stato neppure concepito come condizione di efficacia dello stesso.
La pur articolata e suggestiva tesi non merita favorevole considerazione.
5.1. Come si ricava dagli atti versati in giudizio, in data 22 aprile 1971 la Commissione di cui all’art. 11 della legge n. 167 del 1962 (18^ riunione), esaminato il progetto di variante al piano di zona di Vigna Murata, adottato dall’amministrazione comunale, e dato atto che “le domande di vari consorzi, alcuni dei quali già proprietari delle aree coprono l’intera superficie del piano tranne una parte che viene riservata a cooperative finanziate dallo Stato”, procedeva, per quanto qui interessa, all’assegnazione delle aree richieste al Consorzio Fonte Meravigliosa (foglio 882, p.lle 43p, 80p, 81p, 176p, 177, 178, 179 e 45p), alla Cooperativa Capoiale Star (foglio 886, p.lle 2p, 18p, 451; foglio 882, p.lle 119p, 16, 87, 18p, 27p, 102, 30, 17p, 53, 226, 36, 88, 89, 120, 105, 107, 103, 104, 106, 61p, 73p, 33p, 72p, 71p, 32p, 121p, 133p, 137, 135, 174p, 54, 60, 173, 17, 136, 134, 40, 41, 39p, 83p, 98p, 127p, 132p, 191, 163p, 192, 22p, 100p, 90p, 186p, 109p, 82p e 99p), alla Cooperativa Eliotropio (foglio 882, p.lle 42p, 45p, 77, 59, 76p, 78p, 185, 35p, 39p, 32p, 71p, 72p, 75, 163, 164, 33p, 165, 166, 167, 168, 34, 73p, 113, 21, 145, 99p e 100p).
Nel verbale era espressamente stabilito che le predette assegnazioni“…si intendono effettuate ai sensi dell’art. 10, ma per l’attuazione le cooperative e i consorzi, con esclusione di quelle di cui all’art. f) [Coop. Marquita, Roseto in fiore, Casa sociale, Barbara 67, Fara Estense, Venti Ottobre, Tiberius, Stella del mattino, Riboty, finanziate dallo Stato], dovranno procedere alla stipulazione di atto d’obbligo per l’assunzione degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi”.
Con atto d’obbligo, rep. n. 8044, prot. n. 3015 del 14 settembre 1972, rogato dal notaio Felicetti, premessa la ricordata assegnazione di aree del 22 aprile 1971; rilevato che una parte del terreno assegnato era già stato acquistato (mq. 83.200 da parte del Consorzio Fonte Meravigliosa e dalle sue cooperative Puntoni Sigma, Supereur e Uria Redenta; mq. 24.800 da parte della Cooperativa Eliotropio e mq. 107.414 da parte della Cooperativa Capoiale Star) e dato atto espressamente che le suddette assegnazioni erano state fatte “…a condizione che gli enti interessati all’attuazione dovranno sottoscrivere l’assunzione a proprio carico degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi”, il Consorzio, in proprio e per le cooperative ad esso associate (Uria Redenta, Eliotroprio e Capoiale Star”), oltre alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria (art. 1), assumeva l’obbligo (art. 2) di cedere senza corrispettivo al Comune di Roma: a) aree destinate a sede stradale (indicate in blu nella planimetria sub C) per una superficie di mq. 73.530 (assegnate al Consorzio e alle Cooperative associate Uria Redenta, Eliotropio e Capoiale Star): foglio 882, p.lle 16p, 119p, 17p, 120p, 121p, 133p, 137p, 13, 54p, 175p, 136p, 41p, 39p, 83p, 45, 32p, 71p, 72p, 75p, 43p, 39p, 35p, 21p, 100, 98p, 21p, 145, 144p, 112, 66p, 73p, 33p, 166p, 165p, 164p, 163p, 121p, 16p, 30p, 10, 87p, 18p, 105p, 53p, 16p, 30p, 102p, 143p, 106p, 102p; b) aree destinate a servizi scolastici (indicate in rosso nella planimetria sub D) per una superficie di mq. 46.770: foglio 882, p.lle 16p, 87p, 18p, 10, 103p, 27p, 61p, 32p, 71p, 39p, 135p, 82p, 83p, 75p; c) aree destinate ad altro scopo, ugualmente pubblico, quali mercato, chiesa, servizi amministrativi, culturali e sanitari (indicate in giallo nella planimetria sub C), pure assegnate al Consorzio e alle Cooperative associate Uria Redenta, Eliotropio e Capoiale Star, per una estensione di mq. 13.800, foglio 882, p.lle 168p, 106p, 103p, 104p, 107p, 72p, 71p e 32 p; d) aree destinate a verde pubblico, per un estensione di mq. 26.630, foglio 882, p.lle 54p, 175p, 40p, 41p e 173p; foglio 886, p.lle 451p, 1p, 2p e 18p.
L’ultimo comma dell’art. 2 del predetto atto d’obbligo precisava: “Il Comune potrà, comunque, a mezzo di varianti al piano adottare diversa utilizzazione pubblica delle aree come sopra cedute, senza che questo possa in ogni caso dar luogo ad azione di danno o di retrocessione da parte del Consorzio o dei suoi aventi causa”.
Con altro atto d’obbligo, rep. n. 11343, raccolta n. 4239, rogato dal notaio Terzi in data 18 dicembre 1981, il Consorzio e le cooperative ad esso associate (Capoiale Star, Eliotropio e Uria Redenta), “fermi restando gli impegni assunti con l’atto d’obbligo a rogito Felicetti del 14/9/1972 Rep. 8044”, si obbligavano nei confronti del Comune di Roma ad osservare, nell’esecuzione ed attuazione dei predetti impegni, le variazioni urbanistiche al piano di zona 40 bis – Vigna Murata – legge 167/1962 apportato con la delibera citata in premessa (delibera della Commissione urbanistica del Comune di Roma del 29 marzo 1979).
5.2. Ciò chiarito in punto di fatto, la tesi degli appellanti, secondo cui l’atto d’obbligo rep. n. 8044, prot. n. 3015 del 14 settembre 1972, rogato dal notaio Felicetti (così come quello successivo, rep. n. 11343, raccolta n. 4239, rogato dal notaio Terzi in data 18 dicembre 1981) costituirebbe una mera obbligazione privatistica, del tutto svincolata e priva di qualsiasi collegamento con l’atto di assegnazione delle aree di cui al verbale del 22 aprile 1971 della Commissione di cui all’art. 11 della legge 18 aprile 1962, n. 167, è priva di fondamento giuridico.
5.2.1. Anche a prescindere dal fatto che una siffatta natura dell’atto d’obbligo ne implicherebbe l’invalidità per carenza di “causa”, requisito di ogni atto negoziale (ex art. 1325 c.c.), non potendo essere consentito uno spostamento patrimoniale privo di giustificazione giuridica (e non essendo altrimenti comprensibili le ragioni per le quali il Consorzio si sarebbe obbligato unilateralmente ad un determinato facere, a titolo gratuito, nei confronti del Comune di Roma), occorre rilevare che l’atto di assegnazione delle aree era in realtà “condizionato” alla sottoscrizione di atto d’obbligo per l’assunzione degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi.
Ciò emerge inconfutabilmente, in modo chiaro ed inequivocabile, dalla lettura del ricordato verbale di assegnazione delle aree in data 22 aprile 1971 che delinea uno stretto vincolo logico – giuridico tra la realizzazione degli interventi edificatori e l’assunzione degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi, prevedendo espressamente, come già ricordato, che “Le assegnazioni si intendono effettuate ai sensi dell’art. 10, ma per l’attuazione le cooperative ed i consorzi…dovranno procedere alla sottoscrizione di atto d’obbligo per l’assunzione degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree e dei servizi”.
Lo stesso Consorzio è stato sempre pienamente consapevole di ciò, avendo dato spontaneamente attuazione a quella previsione, correttamente interpretandola come condizione (indipendentemente dal nomen juris concretamente utilizzato), come si ricava dalla lettura delle premesse del già citato atto rep. n. 8044, prot. n. 3015 del 14 settembre 1972, rogato dal notaio Felicetti, laddove è affermato che “…le assegnazioni suddette sono fatte a condizione che gli enti interessati all’attuazione dovranno sottoscrivere atto d’obbligo per l’assunzione a proprio carico degli oneri di urbanizzazione e della cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi”.
5.2.2. L’atto d’obbligo in questione, lungi dal costituire una mera obbligazione privatistica, sfornita di qualsivoglia giustificazione giuridica, deve essere configurato quale atto privato accessivo all’assegnazione, necessario per la stessa efficacia di quest’ultima, collocandosi pertanto, come correttamente rilevato dai primi giudici, nell’ambito del complesso e articolato procedimento amministrativo di attuazione degli interventi di edilizia economica e popolare.
Né all’effettiva esistenza di un simile procedimento amministrativo, come delineato nella ricostruzione dei fatti operata nel paragrafo 5.1., può ritenersi essere d’ostacolo la mancanza all’epoca di una apposita previsione normativa: l’esigenza di coordinare tra di loro la volontà pubblica dell’amministrazione (manifestatasi nell’assegnazione delle aree) e quella privata (di cessione gratuita delle aree necessarie per strade e servizi a fronte della possibilità di dare attuazione ai progettati interventi edificatori) era ben presente all’amministrazione che ha dato vita in concreto ad un – sia pur embrionale – modello convenzionale, indispensabile per la corretta e adeguata disciplina dei rapporti tra amministrazione assegnante e soggetti assegnatari – attuatori e per l’effettivo perseguimento dei fini pubblici (e sociali) insiti nella realizzazione dei piani di zona. E’ appena il caso di ricordare che, successivamente, tale possibilità è stata espressamente confermata dalla modifica apportata agli originari articoli 10 e 11 della legge n. 167 del 1962 per effetto degli articoli 35 e 38 della legge n. 865 del 1971, con cui è stato previsto lo strumento appunto della convenzione per regolare i rapporti tra concessionari (assegnatari) e pubblica amministrazione e, in particolare (art. 10, comma 8, lett. b) “il corrispettivo delle opere di urbanizzazione da realizzare a cura del comune o del consorzio, ovvero, qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del concessionario, le relative garanzie finanziarie, gli elementi progettuali delle opere da eseguire e le modalità del controllo sulla loro esecuzione nonché i criteri e le modalità per il loro trasferimento ai comuni od ai consorzi”.
Sotto altro profilo deve anche evidenziarsi che con delibera della Giunta comunale n. 1293 del 20 aprile 1999 il Comune di Roma ha preso atto dei due ricordati atti d’obbligo del 14 settembre 1972 e del 18 dicembre 1981 nonchè degli atti unilaterali di cessione gratuita sottoscritti dal Consorzio per l’attuazione ed il trasferimento delle aree pubbliche ricadenti nel Piano di Zona n. 40 Vigna Murata, accettando espressamente tali cessioni gratuite di cui agli atti rogati dal notaio Misurale rep. n. 60630 in data 8 febbraio 1989, n. 62198 in data 5 maggio 1989 e n. 64166 in data 17 luglio 1989, così concludendosi – in parte – proprio il complesso e articolato procedimento per la realizzazione dei relativi alloggi di edilizia economica e popolare, salva la cessione delle ulteriori aree ancora rimaste nella disponibilità del Consorzio.
5.3. Non merita in definitiva censura la statuizione di primo grado nella parte in cui ha riconosciuto che la presente controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, atteso che, come giustamente rilevato, anche a non voler considerare che essa rientri tra quelle aventi ad oggetto gli accordi, la stessa concerne in ogni caso l’adempimento di un atto della pubblica amministrazione in materia di urbanistica ed edilizia ed in particolare la pretesa del Comune di Roma all’esatto adempimento degli obblighi nascenti dall’atto di assegnazione delle aree del 22 aprile 1971 e dai connessi atti d’obblighi cui era condizionata l’assegnazione stessa, obblighi pacificamente non ancora completamente adempiuti.
5.4. Quanto alla contestata ammissibilità nel caso di specie dell’azione costitutiva di cui all’art. 2932 c,c., deve osservarsi quanto segue.
La giurisprudenza ha anche recentemente di ribadito (Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160) che “il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c. a fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, deve ritenersi applicabile non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra ipotesi dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o ad un fatto dai quali detto obbligo possa sorgere ex lege (Cass. n. 6792 del 08/08/1987; v. Cass. n. 7157 del 15/04/2004; v. Cass. n. 13403 del 23/05/2008 in tema di rifiuto di prestare il consenso di una cooperativa edilizia all’atto traslativo dell’immobile al socio assegnatario; Cass. n. 8568 del 05/05/2004 in tema di stipulazione di contratto di lavoro)”.
Non vi è pertanto motivo per ritenere che non possa essere oggetto dell’azione ex art. 2932 c.c. il mancato adempimento da parte del Consorzio dell’obbligo, assunto con i ricordati atti d’obbligo del 14 settembre 1972 e del 18 dicembre 1981 di cessione delle aree ivi indicate, tale adempimento non essendo peraltro minimamente condizionato ad eventuali contrapposti adempimenti da parte del Comune ricorrente.
Né può addursi, a fondamento della pretesa inammissibilità dell’azione in questione, la sua asserita natura speciale ed eccezionale, in quanto mista, cognitiva ed esecutiva insieme, derogatoria pertanto della normale separazione tra azione cognitoria e azione esecutiva, Invero tale natura non la rende incompatibile (né è stata fornita alcuna significativa argomentazione al riguardo) con la struttura del processo amministrativo come delineato dal relativo codice, tanto più che, da un lato, non solo è espressamente prevista un’azione (di ottemperanza), anch’essa caratterizzata dalla coesistenza in capo al giudice di poteri di cognizione ed esecuzione insieme e, d’altro lato, non può neppure sostenersi la tesi di una eventuale “tipicità” delle azioni proponibili nel processo amministrativo, tipicità che sarebbe in stridente ed inammissibile contrasto, oltre che con i fondamentali principi di pienezza ed effettività della tutela, ex art. 1 c.p.a., con la stessa previsione dell’art. 24 della Costituzione.
Ma a prescindere da tali considerazioni di carattere generale, sta comunque il fatto che nella specie, per quanto innanzi esposto, si verte in una ipotesi di giurisdizione esclusiva la quale, là dove vengano in discussione questioni su diritti, come è per l’appunto nel caso in esame, non può che garantire agli interessati la medesima tutela e, dunque, le medesime specie di azioni riconosciute dinanzi al giudice ordinario.
Né può condividersi la tesi secondo cui l’effetto dell’acquisizione delle aree in questione avrebbe potuto essere conseguito dall’amministrazione pubblica utilizzando i propri poteri autoritativi, quale l’acquisizione d’ufficio: a tacer d’altro, è sufficiente al riguardo rilevare che l’eventuale possibilità di esperire poteri amministrativi non rende di per sé inammissibile la proposizione di una domanda giudiziale.
Il motivo in esame è pertanto da respingere.
6. Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto “II) Violazione di legge. Violazione dell’art. 2946 c.c. – Violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Carenza di motivazione”, sostenendosi l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto interrotto il termine decennale di prescrizione delle obbligazioni derivanti dall’atto d’obbligo, per effetto del verbale del 13 giugno 1990 e delle successive intimazioni dell’amministrazione comunale, senza avvedersi tuttavia che detto verbale (e l’impegno ivi contenuto a cedere ulteriori aree di completamento delle opere di urbanizzazione secondaria, quali servizi scolastici, mercato e chiesa, impegno peraltro dettato dalla situazione di difficoltà economica in cui versava il Comune e finalizzato ad ottenere il rilascio delle licenze abitative) non si riferiva affatto all’immobile Santa Rita, come del resto confermato dall’inserimento di detto immobile nelle Norme Tecniche di Attuazione del nuovo piano regolatore generale del Comune di Roma come immobile di proprietà privata della “Città Consolidata” – Tessuti di espansione novecentesca a tipologia edilizia libera – T3 e dalla simbologia utilizzata nelle relative tavole di zonizzazione (in cui solo le altre aree già indicate nell’atto d’obbligo a rogito notaio Felicetti, escluso l’immobile in questione, sono evidenziate come destinate a “Sistema dei servizi e delle infrastrutture”).
Il motivo non può essere accolto.
6.1. Come si è avuto modo di rilevare, gli obblighi di cessione gratuita delle aree stradali e dei servizi, di cui all’atto d’obbligo del 14 settembre 1972, sono stati prima confermati con l’atto d’obbligo del 18 dicembre 1981 e poi adempiuti, ma solo parzialmente, con gli atti di cessione unilaterali, rep. n. 60630 in data 8 febbraio 1989, n. 62198 in data 5 maggio 1989 e n. 64166 in data 17 luglio 1989, atti tutti di cui il Comune ha preso atto, accettandoli con la delibera di Giunta comunale n. 1293 del 20 aprile 1999, facendo espressamente salva l’ulteriore cessione di aree rientranti nella previsione degli atti di obblighi.
In data 13 giugno 1990 le parti (il Consorzio ed il Comune di Roma) hanno proceduto alla redazione di un “verbale di cessione gratuita di aree al Comune di Roma”, nel quale tra l’altro il predetto Consorzio si è espressamente “impegnato a completare la cessione delle aree situate all’interno del p.z. non incluse negli atti precedentemente citati”, cioè la cessione di tutte le aree indicate negli atti d’obbligo rogati rispettivamente il 14 settembre 1972 dal notaio Felicetti ed il 18 dicembre 1981 dal notaio Terzi.
Come rappresentato dall’amministrazione comunale appellata nella memoria difensiva depositata il 15 marzo 2012, il Consorzio è stato più volte sollecitato alla cessione delle ulteriori aree, giusta note Rip. XVI n. 7396 del 27 giugno 1985; Rip. XVI n. 1052/1996 del 31 gennaio 1996; Rip. XVI n. 3554/1997 del 16 giugno 1997; Dip. IX n. 78841 del 14 dicembre 1999; Dip. IX del 15 maggio 2001 e Dip. IX n. 26649 del 23 aprile 2007.
6.2. Posto che non è stata contestata né l’esistenza delle ricordate note di intimazione alla cessione delle aree, né la loro idoneità ad interrompere la prescrizione del diritto del Comune di Roma alla cessione gratuita delle aree in questione, non vi è alcun motivo per dubitare della natura di riconoscimento del debito (o dell’altrui diritto) della dichiarazione fatta dal rappresentante del Consorzio nel predetto verbale del 13 giugno 1990 in ordine alla persistenza dell’obbligo di cessione delle aree di cui ai precedenti atti d’obbligo, adempimento non ancora del tutto esattamente completato, e dell’impegno a procedere in tal senso.
Tale dichiarazione è stata infatti formulata dal legale rappresentante del Consorzio, da soggetto cioè legittimato e fornito dei poteri dispositivi (trattandosi della stessa persona fisica costituita nei citati atti d’obbligo) e per il suo conciso, ma puntuale contenuto, anche in ragione degli espressi richiami operati ai precedenti atti di obbligo ed unilaterali di cessione delle aree già intervenuti, deve ritenersi connotata da una specifica consapevole intenzione ricognitiva, coerentemente del resto allo stesso significato delle attività oggetto della verbalizzazione, dovendosi pertanto, in mancanza di qualsiasi elemento indiziante in tal senso, escludersi che essa avesse finalità diverse o che fosse condizionata da elementi estranei (Cass. civ., III, 24 novembre 2010, n. 23822); ciò senza contare che, come ribadito dalla giurisprudenza, non occorrono formule sacrali per aversi riconoscimento di debito.
Né, a togliere valore alla predetta dichiarazione di riconoscimento del debito ovvero del diritto del Comune di Roma ad ottenere la cessione delle aree di cui si tratta, può valere l’omessa indicazione o specificazione dell’edificio Santa Rita, in quanto la dichiarazione in questione si riferiva in modo chiaro ed inequivoco, ancorché omnicomprensivo, agli obblighi assunti con gli atti d’obbligo del 14 settembre 1972 e del 18 dicembre 1981.
L’eccezione di prescrizione è pertanto destituita di fondamento (in tal senso anche T.A.R. Lazio, sez. II, 14 ottobre 2009, n. 9900, pronunciata in una controversia proprio tra l’odierno Consorzio appellante ed il Comune di Roma in relazione ad un atto dirigenziale di immissione nel possesso di area, foglio 882, p.lla 33, di cui ai più volte citati atti d’obbligo).
Per mera completezza deve osservarsi che la questione se l’edificio Santa Rita rientri nelle aree da cedere (come sostenuto dall’amministrazione comunale, in quanto rientrante negli obblighi assunti con l’atto d’obbligo rogato dal notaio Terzi il 18 dicembre 1981 per effetto dell’impegno assunto dal Consorzio “…ad osservare, nell’esecuzione ed attuazione di detti impegni le variazioni urbanistiche al piano di zona 40 bis – Vigna Murata – legge 167/1962 apportate con la delibera citata in premessa”) o meno, come sostenuto dalle appellanti, attiene alla fondatezza della domanda proposta dall’amministrazione comunale e non alla eventuale prescrizione del diritto di cessione (prospettazione quest’ultima che peraltro induce a ritenere che le stesse parti appellanti siano consapevoli che anche tale immobile sia oggetto degli obblighi di cessione).
7. Con il terzo motivo di gravame, rubricato “III) Violazione di legge. Violazione dell’articolo 9 e 18 della legge 18 aprile 1962, n. 167 in combinato disposto con l’articolo 17 comma 1 legge 17 agosto 1942, n. 1150. Decadenza della validità ed efficacia del piano di zona”, le appellanti hanno infine sostenuto che, essendo scaduto in data 17 agosto 1984, il termine di validità del primo PEEP del Comune di Roma, in cui è compreso il Piano di zona n. 40 di Vigna Murata, era venuta meno anche la possibilità per il Comune di Roma di acquisire le aree oggetto dell’atto d’obbligo, con conseguente inutilità della stessa ricostruzione di quest’ultimo come atto endoprocedimentale.
La censura è priva di pregio.
Come ha affermato la giurisprudenza, la perdita di efficacia di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, quale piano urbanistico attuativo, comporta che lo stesso non può più essere portato ad esecuzione per la parte in cui è rimasto inattuato, non potendosi pertanto più eseguirsi gli espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, né potendosi procedere all’edificazione residenziale, fermo restando invece che devono continuare ad osservarsi le prescrizioni previste dallo stesso, destinate ad essere applicate a tempo indeterminato anche in presenza di un piano urbanistico generale (C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 2009, n. 6572; 12 dicembre 2008, n. 6182; sez. V, 20 marzo 2008, n. 1216).
Le conseguenze della scadenza dell’efficacia del piano di zona si esauriscono pertanto nell’ambito della sola disciplina urbanistica, non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi di edilizia economica e popolare, che solo mediatamente trovano fonte nel piano urbanistico attuativo (nel caso di specie, piano di zona), radicandosi piuttosto nelle convenzioni urbanistiche, disciplinate dall’art. 11 della legge n. 167 del 1962, come modificato dalla legge n. 865 del 1971, ovvero negli atti d’obbligo accessivi al provvedimento di assegnazione, come nel caso di specie, del tutto svincolati dalla efficacia del piano stesso.
8. L’appello deve pertanto essere respinto; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
9. In conclusione, in base alle esposte considerazioni, l’Adunanza plenaria afferma il seguente principio di diritto:
“Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia concernente l’osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale, in connessione con l’assegnazione di aree comprese in un piano di zona, volti alla realizzazione di opere di urbanizzazione ed alla cessione gratuita all’ente delle aree stradali e dei servizi, In tale ambito è esperibile dinanzi a detto giudice l’azione di cui all’art. 2932 c.c.”.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le parti, in solido tra di loro, al pagamento di €. 5.000,00 (cinquemila) in favore di Roma Capitale e di €. 5.000,00 (cinquemila), in favore dei signori Olivera Spasojevic, Giulio Cesaroni, Francesco Falchi, Antonio Delle Site, Roberto Nazzicone, Mario Bucchi e Fabio Massimo Torsello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Gaetano Trotta, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Carmine Volpe, Presidente
Alessandro Botto, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
IL PRESIDENTE
L’ESTENSORE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione