APPALTI – Responsabilità precontrattuale – Comportamento dell’amministrazione anteriore al bando – Comportamenti successivi alla pubblicazione del bando – Rimessione della questione all’Adunanza Plenaria.
Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Novembre 2017
Numero: 5492
Data di udienza: 26 Ottobre 2017
Presidente: Frattini
Estensore: Veltri
Premassima
APPALTI – Responsabilità precontrattuale – Comportamento dell’amministrazione anteriore al bando – Comportamenti successivi alla pubblicazione del bando – Rimessione della questione all’Adunanza Plenaria.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 24 novembre 2017, ordinanza n. 5492
APPALTI – Responsabilità precontrattuale – Comportamento dell’amministrazione anteriore al bando – Comportamenti successivi alla pubblicazione del bando – Rimessione della questione all’Adunanza Plenaria.
Vanno rimesse all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni: 1. Se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione; 2. Se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione.
Pres. Frattini, Est. Veltri – Regione Calabria (avv. Naimo) c. L. s.r.l. e altro (avv. Perrone)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ - 24 novembre 2017, ordinanza n. 5492SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 24 novembre 2017, ordinanza n. 5492
Pubblicato il 24/11/2017
N. 05492/2017 REG.PROV.COLL.
N. 02591/2017 REG.RIC.
N. 04973/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso numero di registro generale 2591 del 2017, proposto dalla Regione Calabria, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso lo studio Graziano Pungi’ in Roma, via Sabotino;
contro
La Cascina Global Service S.r.l., Cardamone Group S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini N.30;
nei confronti di
Siarc Spa, non costituita in giudizio;
Asp di Cosenza, in persona del direttore generale p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Gangi, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
sul ricorso numero di registro generale 4973 del 2017, proposto da:
La Cascina Global Service S.r.l. in proprio e quale mandataria del RTI con Cardamone Group S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso lo studio Michele Perrone in Roma, via Barnaba Tortolini N.30;
contro
Regione Calabria, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso lo studio Graziano Pungi’ in Roma, via Sabotino;
Regione Calabria – Autorità Regionale – Stazione Unica Appaltante – S.U.A., non costituita in giudizio;
nei confronti di
S.I.A.R.C. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Izzo, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Izzo, in Catanzaro, corso Mazzini 74;
Asp di Cosenza, in persona del Direttore generale p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Gangi, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi
della sentenza del T.A.R. CALABRIA – Catanzaro – Sezione I, n. 515/2017, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento: del decreto del dirigente generale della Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria prot. n. 82 del 29.8.2016 avente ad oggetto “Annullamento in autotutela del Decreto SUA n. 15575 del 15.11.2013 di indizione della gara per l’affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Calabria”, nonché del successivo Decreto SUA n. 10959 del 13.10.2015 di approvazione degli atti di gara, entrambi nella parte in cui si riferiscono al Lotto n. 4 denominato “Servizio di ristorazione degenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”; nonché la domanda di condanna della P.A. al risarcimento dei danni.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio de La Cascina Global Service S.r.l. e di Cardamone Group S.r.l., dell’Asp di Cosenza, della Regione Calabria e di S.I.A.R.C. S.p.A.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Graziano Pungì su delega di Giuseppe Naimo, Michele Perrone e Luciana Canonaco su delega di Angelo Gangi Michele Perrone;
DEI FATTI PROCESSUALI
1.La Stazione Unica appaltante della Regione Calabria ha indetto una gara, suddivisa in sette lotti, per l’affidamento del servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione.
Il raggruppamento temporaneo di imprese “La Cascina Global Service S.r.l. – Cardamone Group S.r.l.” ha partecipato alla gara in relazione al lotto n. 4, riguardante l’Azienda sanitaria di Cosenza, avente un valore stimato di € 18.927.347,40, per la durata di 36 mesi.
Il R.T.I. menzionato, cui è stato attribuito il punteggio più alto a seguito dell’esame dell’offerte tecnica, è stata escluso dalla gara, in quanto avrebbe presentato un’offerta in aumento rispetto all’importo annuale dell’appalto.
È stata escluso, per ragione analoga, anche l’unico altro concorrente rimasto in gara R.T.I. Innova S.p.a. – Ladisa S.p.a. (l’altro concorrente S.I.AR.C. S.r.l., infatti, era stato già escluso in precedenza).
La gara è stata pertanto dichiarata deserta.
2. Con sentenza n. 1730 del 18 novembre 2015 il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, chiamato a decidere il ricorso del R.T.I. La Cascina Global Service S.r.l. – Cardamone Group S.r.l., lo ha accolto ed ha conseguente annullamento l’atto di esclusione. La sentenza citata è stata confermata con sentenza n. 2497 del 10 giugno 2016 del Consiglio di Stato nella quale si afferma: “Quanto alla non convenienza dell’offerta, in quanto superiore al prezzo pubblicato sull’Osservatorio, va rilevato che la non sostenibilità dell’impegno economico non poteva giustificare l’esclusione dalla gara della concorrente, potendo invece consentire l’adozione di altro genere di rimedi, quale, ad esempio, la revoca della gara (ovvero il suo annullamento, nel caso di rilevazione di un errore materiale in cui sia incorsa l’autorità nella predisposizione degli atti precedenti di indizione della gara)”.
3. La Stazione Unica appaltante, con provvedimento del 29 agosto 2016, anzichè concludere la gara ha disposto, ritenendo evidentemente tale provvedimento in linea con quanto giudicato, l’annullamento dei decreti n. 15575 del 15 novembre 2013 e n. 10959 del 13.10.2015, rispettivamente di indizione della gara e del decreto di approvazione degli atti di gara, entrambi nella parte relativa al Lotto n. 4, concernente il servizio di ristorazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
4. La Cascina Global Service S.r.l., e Cardamone Group S.r.l. hanno impugnato tale provvedimento, deducendone l’illegittimità e chiedendo l’annullamento oltre che la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
4.1. In particolare, con unico articolato motivo, le parti ricorrenti hanno dedotto dinanzi al TAR la nullità del provvedimento per violazione o elusione del giudicato, la violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990; l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e in particolare per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, non essendo asseritamente condivisibile il passaggio motivazionale del provvedimento con il quale viene addotto, quale fondamento della statuizione di annullamento, la contraddittorietà tra atti, foriera di incertezza. Secondo i ricorrenti, la regola per la quale, in caso di contraddizioni tra atti, deve essere data prevalenza al bando, avrebbe dovuto invece consentire di sciogliere la rilevata situazione di incertezza. E in applicazione del principio di prevalenza del bando, il mero errore materiale, non sarebbe potuto assurgere a fondamento del provvedimento di autotutela. Il provvedimento non terrebbe altresì conto degli interessi del raggruppamento ricorrente, la cui posizione di aggiudicataria si sarebbe ormai consolidata anche a causa del lungo tempo trascorso tra l’indizione della gara e l’annullamento in autotutela degli atti della stessa.
5. Il TAR ha respinto la domanda demolitoria così statuendo: “4.1 Non sussiste, innanzi tutto, alcuna violazione del giudicato. Le sentenze intervenute in relazione alla vicenda, pronunciate in primo grado e in appello, si sono occupate unicamente dell’aspetto relativo alla legittimità dell’esclusione, per la situazione di incertezza che ha indotto in errore i concorrenti. Entrambe le sentenze, però, hanno fatto espresso riferimento alla possibilità di adozione di un atto di autotutela. Nella sentenza di appello, in particolare, si è fatto riferimento alla revoca o all’annullamento quale rimedio idoneo ad ovviare alla non sostenibilità dell’impegno economico. Nella sentenza di primo grado sono stati fatti salvi i successivi provvedimenti dell’amministrazione. 4.2 Quanto agli altri profili evocati dalle ricorrenti, nelle sentenze sopra richiamate si è fatta applicazione del principio secondo cui le conseguenze della presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse.
Nella sentenza del Consiglio di Stato si specifica che deve essere attribuito rilievo decisivo alle previsioni del bando, che ha fissato il termine di durata del contratto in 36 mesi.
È stato, quindi, richiamato il principio cui fa riferimento parte ricorrente, per il quale, in caso di contrasto tra le previsioni del disciplinare o del capitolato e quelle del bando, deve essere attribuita prevalenza a quest’ultimo.
Questo principio, tuttavia, ha assunto rilievo ai fini dell’accertamento del carattere illegittimo dell’esclusione dei concorrenti, non certo della legittimità di un atto che, proprio in considerazione della necessità di applicare il principio stesso e delle conseguenze che ciò comporterebbe, ha provveduto ad annullare in autotutela gli atti di gara”.
5.1. Il giudice di prime cure ha invece accolto (sia pure in parte) la domanda, formulata in via di subordine dalle ricorrenti, tesa ad ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede incombenti sulle parti nel corso delle trattative.
Queste le motivazioni e le precisazioni del primo giudice: “Osserva il Collegio che appare condivisibile la tesi di parte ricorrente che inquadra la fattispecie nell’alveo della responsabilità precontrattuale. Il lamentato pregiudizio, infatti, appare connesso, più che al provvedimento di annullamento degli atti della gara, al fatto che la gara stessa non sia stata portata alla sua naturale conclusione, con un provvedimento di aggiudicazione e, quindi, con la stipulazione del contratto…… nel caso di specie, l’atto di autotutela che ha determinato l’annullamento dell’intero procedimento è stato causato dalla rilevata contraddittorietà delle previsioni della lex specialis predisposta dalla stazione appaltante. Tale circostanza implica di per sé la violazione degli obblighi nei confronti dei soggetti che, nel quadro del procedimento amministrativo, abbiano fatto affidamento sulla correttezza, buona fede e professionalità dell’amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale. ….Sulla base di ciò deve, pertanto, affermarsi la responsabilità dell’Amministrazione regionale per i danni subiti dal R.T.I. odierno ricorrente, nei limiti, come rilevato nello stesso ricorso, dell’interesse negativo. A tale proposito, spetta, innanzi tutto, il ristoro del pregiudizio economico correlato alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, nei limiti in cui verrà dimostrato dal R.T.I. che le spese sono state realmente effettuate, non essendo al riguardo sufficiente l’esibizione di fatture, che non dimostrano l’avvenuto pagamento. Tra tali spese va ricompreso il pregiudizio connesso alla retribuzione del personale dipendente e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, ma il danno deriva dal fatto che le società hanno destinato una parte delle loro risorse umane e materiali alla partecipazione alla gara, rinunciando al loro utilizzo in altre attività (così, Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633). Non è possibile quantificare con precisione l’ammontare di tale danno, per cui esso può essere determinato in via equitativa nella misura del 25% dell’importo relativo alle spese sostenute per i c.d. costi vivi affrontati per la predisposizione dell’offerta e la partecipazione alla gara (criterio utilizzato in Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633, cit.). Parte ricorrente ha chiesto anche che sia riconosciuto il danno connesso al fatto di non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali. Essa, tuttavia, non ha curato di fornire la benché minima prova al riguardo, perlomeno mediante indicazione delle occasioni perse a causa della partecipazione alla gara considerata in questa sede.
Non può essere riconosciuto, benché richiesto, il risarcimento del c.d. danno curriculare, atteso che, secondo l’orientamento prevalente, esso attiene all’interesse positivo, vale a dire all’interesse all’esecuzione del contratto e, quindi, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall’esecuzione (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633, cit.).
Con riferimento ai pregiudizi in relazione ai quali è stato riconosciuto ristoro, il Collegio ritiene di avvalersi del disposto dell’art. 34, comma 4, c.p.a. e di assegnare alle parti il termine di giorni 120 entro il quale la Regione Calabria dovrà proporre alle ricorrenti il pagamento di una somma, determinata sulla base della documentazione probatoria esibita dalle stesse.”
6.Avverso la sentenza hanno proposto appello sia la Regione Calabria (RGR 2591 del 2017) che la Cascina Global Service S.r.l. – Cardamone Group S.r.l.(RGR n.4973 del 2017).
La Regione Calabria ha in particolare dedotto che: 1. La responsabilità precontrattuale non sarebbe configurabile anteriormente alla scelta del contraente, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono ancora meri partecipanti ad una gara e possono vantare solo un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione (è citato Cons. Stato, V, 15/07/2013, n. 3831; id. 21 agosto 2014 n. 4272; III, 29.7.15 n. 3748; id., 14.2.17, n. 660); addirittura la giurisprudenza del Consiglio di Stato avrebbe ritenuto non accoglibile tale domanda finanche ove formulata dall’aggiudicatario provvisorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 06/03/2015, n. 1142); 2. la pronuncia appellata avrebbe inoltre omesso totalmente di individuare l’elemento soggettivo in capo alla Regione, anche solo in termini di colpa, e tale mancato “rinvenimento” inciderebbe insanabilmente sulla possibilità di accogliere la domanda; 3. in ogni caso – anche prescindendo dalle superiori censure – il Tribunale avrebbe dovuto respingere, in applicazione ex artt. 63 e 64 c.p.a. e 2697 c.c., la domanda risarcitoria, considerato che, nell’azione di responsabilità per danni il principio dell’onere della prova “opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento”, non potendo supplirvi la c.d. “sentenza sui criteri”. Quest’ultima sarebbe emanabile quando la quantificazione del danno necessiti di ulteriore attività collaborativa da parte della P.A., e non quando la totale mancanza di prova documentale da parte della parte istante non consenta una pronuncia di accoglimento.
6.1.In questo giudizio si è costituita l’ASP di Cosenza ed ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva. Si sono altresì costituiti Cascina Global Service S.r.l. e Cardamone Group S.r.l. ed hanno chiesto la reiezione del gravame
7. Queste ultime nel loro appello hanno per converso dedotto che: 7.1. Le statuizioni del TAR si fonderebbero sull’erroneo presupposto che l’eventuale aggiudicazione della gara, in favore di esse appellanti, comporterebbe per le casse pubbliche una spesa in tre anni, pari a quella che la ASP aveva preventivato di impegnare in quattro. In particolare – secondo le appellanti – se il TAR avesse esaminato compiutamente tutti gli atti sottoposti al suo vaglio si sarebbe reso conto che tale assunto è erroneo, atteso che, in concreto, l’offerta si porrebbe nettamente al di sotto dell’impegno di spesa assunto dalla ASP sia che lo stesso venga parametrato a tre anni sia che lo stesso venga rapportato ad un quadriennio; 7.2. Le sentenze che hanno preceduto il provvedimento impugnato in primo grado, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza gravata, avrebbero a ben vedere affermato che l’aggiudicazione al RTI appellante è doverosa, essendo illegittima l’esclusione. Del resto la P.A. avrebbe difeso in due gradi di giudizio la legittimità della procedura, salvo modificare completamente idea proprio quando era giunto il momento di aggiudicare la gara alle appellanti; 7.3. Diversamente da quanto opinato dal TAR emergerebbe chiaramente che l’Amministrazione non ha ritenuto di specificare l’interesse pubblico concreto posto alla base della propria determinazione, limitandosi ad uno sterile rimando ai principi dell’ordinamento; 7.4. Il giudice di primo grado, nel valutare la legittimità dell’atto in quanto tendente ad assicurare l’integrità delle casse pubbliche avrebbe invaso la sfera della discrezionalità pubblica, ove si consideri che il provvedimento non era di “revoca” ma di “annullamento”. 7.5. Quanto alla domanda risarcitoria, il Tar avrebbe errato nel non riconoscere il danno connesso al fatto di non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali, poiché così facendo avrebbe imposto l’onere di dimostrare un fatto negativo, del tutto obliterando l’oramai pacifico principio secondo il quale “negativa non sunt probanda”. Avrebbe altresì errato nel non riconoscere il risarcimento del c.d. danno curriculare, posto che l’appellante era da ritenersi sostanzialmente aggiudicataria.
8.In questo giudizio si è costituita la Regione Calabria chiedendo la reiezione del gravame, nonché l’ASP, la quale anche in questo caso ha reiterato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva.
9. La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 26 ottobre 2017.
DIRITTO
1.Con sentenza parziale pubblicata in data odierna la Sezione ha:
1.1.Riunito, ex art.96 comma 1 c.p.a., i due appelli, avendo gli stessi ad oggetto la medesima sentenza.
1.2. Rigettato i motivi dell’appello di Cascina Global Service S.r.l. e Cardamone Group S.r.l. concernenti il capo della sentenza con la quale il TAR ha respinto la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati a mezzo del ricorso introduttivo.
1.3. Sospeso il giudizio in ordine ai rimanenti motivi concernenti il quantum del disposto risarcimento;
1.4. Dato avviso che con separata ordinanza sarebbe stata richiesto l’intervento dell’Adunanza Plenaria, dirimente ai fini della decisione dell’intero gravame proposto dalla Regione Calabria, nonchè di parte del gravame proposto Cascina Global Service S.r.l. e Cardamone Group S.r.l.
2. Con la presente ordinanza il Collegio osserva quanto segue.
3. La Regione Calabria, nel suo appello, pone un problema preliminare che riguarda, in radice, i presupposti per il configurarsi della responsabilità contrattuale.
Essa, ritiene, con il conforto della giurisprudenza ritenuta dominante, che siffatto genere di responsabilità non venga in rilievo se non quando il contraente sia individuato a mezzo dell’aggiudicazione. Nel caso di specie, poiché il procedimento si sarebbe arrestato a seguito di una serie di esclusioni, per poi essere posto nel nulla per l’effetto del gravato provvedimento, non si sarebbe mai giunti alla fase dell’“individuazione”.
4. Cascina Global Service S.r.l. e Cardamone Group S.r.l. replicano sostenendo, per contro, che la responsabilità precontrattuale prescinde dal pronunciamento dell’aggiudicazione ed è piuttosto collegata alla violazione dell’affidamento riposto da tutti gli offerenti in ordine alla fisiologica conclusione della gara. E ciò anche a voler sottacere che essi appellanti dovrebbero considerarsi aggiudicatari “di fatto” per essere stati i presentatori dell’unica offerta giudizialmente “validata”.
5. Rileva il Collegio che sulla cennata quaestio iuris sussista un contrasto fra le Sezioni, necessitante di un intervento nomofilattico dell’Adunanza Plenaria.
6. Nessuno dubita dell’assoggettabilità della pubblica amministrazione al disposto dell’art. 1337 c.c.., disposizione quest’ultima avente ad oggetto il comportamento, quale "corretto contraente", di qualunque soggetto dell’ordinamento.
6.1. E’ a partire dalla sentenza della Corte di Cassazione, n. 2110/74, che si è, in particolare, andato progressivamente consolidando l’indirizzo che ritiene configurabile una responsabilità precontrattuale della P. A. anche in materia di contratti ad evidenza pubblica, in tutti i casi in cui l’ente pubblico, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buona fede, alla cui puntuale osservanza anch’esso è tenuto (Cass. nn. 477/2013; 27678/011; 23393/08; 4856/07; 12313/05; Cons. Stato Ad. Plen., 05/09/2005, n. 6)
Si è al riguardo precisato (cfr. Cass. S. U. n. 11656/08) che si tratta di una responsabilità da comportamento e non da provvedimento, che non investe la legittimità degli atti amministrativi posti in essere dalla P. A., nè richiede l’annullamento, ma postula unicamente la lesione dell’affidamento dell’altra parte nella fase formativa del contratto. Essa può dunque sussistere anche in presenza di atti di autotutela (revoca, annullamento, diniego di stipula o di approvazione) pienamente legittimi, ove assistiti dai presupposti per la loro emanazione, e va pertanto tenuta distinta dalla responsabilità per lesione di un interesse legittimo, che, pur facendo anch’essa capo ai canoni della correttezza e della buona fede (cfr. Cass. n. 500/99) ha come presupposto, non unico, ma comunque necessario, un vizio di legittimità dell’atto amministrativo.
6.2. Per lungo tempo la Corte di Cassazione ha tuttavia escluso la configurabilità di una responsabilità precontrattuale della P. A. nella fase procedimentale che precede l’aggiudicazione della gara. Si è osservato a riguardo che l’apertura della competizione ad una pluralità di concorrenti non instaura ancora una relazione specifica tra soggetti, paragonabile allo svolgimento di trattative cui è riferibile in sede privatistica l’art. 1337 c.c., e che il partecipante alla gara non può nutrire alcun legittimo affidamento sull’esito della stessa e sulla conclusione del relativo contratto, ma è unicamente titolare di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere di scelta da parte dell’amministrazione (Cass. nn. 6545/87, 9892/93, 5995/97, 12313/05, 13164/05).
7. L’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 ha determinato il passaggio di giurisdizione al GA. L’Adunanza Plenaria ha avuto modo di confermare, con la pronuncia 6/2005, che della responsabilità precontrattuale della PA in materia di contratti ad evidenza pubblica conosce il giudice amministrativo nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva poiché sussiste “quella situazione di interferenza tra diritti soggettivi e interessi, tra momenti di diritto comune e di esplicazione del potere, che si pongono come conditio sine qua non – secondo la Corte Costituzionale – per la legittimità costituzionale delle aree conferite alla cognizione del giudice amministrativo”.
7.1. La prima giurisprudenza amministrativa successiva all’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 ha recepito gli orientamenti della Corte di Cassazione e ha riconosciuto la responsabilità precontrattuale in tutti i casi in cui la P.A. – dopo l’aggiudicazione – intervenga con provvedimenti di vario tipo (revoche, annullamenti, dinieghi di stipula o approvazione) che vanificano, dall’esterno, gli esiti della procedura di selezione (Consiglio di Stato, Sez IV. 28.12.2000 n. 6996; IV Sez. 19.3.2003 n. 1457, Sez. IV, 07.03.2005, n. 920, Sez. V, n. 3393 del 28.05.2010 e n. 6489 dell’8.09.2010)
7.2. Con particolare riferimento alle procedure di evidenza pubblica, la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione è stata indifferentemente configurata dalla giurisprudenza, sia in presenza del preventivo annullamento per illegittimità di atti della sequenza procedimentale, sia nell’assodato presupposto della loro validità ed efficacia (cfr. fra le tante, Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264; sez. VI, 5 aprile 2006, n. 1763; sez. V, 6 dicembre 2006, n. 7194; Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6, Cons. Giust. Amm. Sic., 15 aprile 2009, n. 230; Cons. Stato Sez. V, Sent., 07 luglio 2009, n. 5245 ), ma sempre e solo nel caso di intervenuta aggiudicazione. Segnatamente:
a) nel caso di revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per esigenze di una ampia revisione del progetto, disposta vari anni dopo l’espletamento della gara;
b) per impossibilità di realizzare l’opera prevista per essere mutate le condizioni dell’intervento;
c) nel caso di annullamento d’ufficio degli atti di gara per un vizio rilevato dall’amministrazione solo successivamente all’aggiudicazione definitiva o che avrebbe potuto rilevare già all’inizio della procedura;
d) nel caso di revoca dell’aggiudicazione, o rifiuto a stipulare il contratto dopo l’aggiudicazione, per mancanza dei fondi.
8. Alcune pronunce del Consiglio di Stato, nel 2012, hanno tuttavia cominciato a sostenere la sussistenza della responsabilità precontrattuale anche nella fase che precede la scelta del contraente, e quindi prima e a prescindere dall’aggiudicazione, sulla base della seguente argomentazione: "La fase di formazione dei contratti pubblici, come è noto, è caratterizzata dalla contestuale presenza di un procedimento amministrativo e di un procedimento negoziale. Il procedimento amministrativo è disciplinato da regole di diritto pubblico finalizzate ad assicurare il perseguimento, anche quando la p.a. agisce mediante moduli convenzionali, dell’interesse pubblico. Il procedimento negoziale è disciplinato da regole di diritto privato, finalizzate alla formazione della volontà contrattuale, che contemplano normalmente un invito ad offrire della p.a. cui segue la proposta della controparte e l’accettazione finale della stessa p.a. La presenza di un modello formativo della predetta volontà contrattuale predeterminato nei suoi profili procedimentali mediante la scansione degli atti sopra indicati, che vede normalmente la presenza di più soggetti potenzialmente interessati al contratto, non rappresenta un ostacolo all’applicazione delle regole della responsabilità precontrattuale. Si è, infatti, in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, non derogabile dalle parti, che si sviluppa secondo lo schema dell’offerta al pubblico. Non è, dunque, possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale limitando l’applicazione delle regole di responsabilità precontrattuale alla fase in cui il "contatto sociale" viene individualizzato con l’atto di aggiudicazione. Del resto, anche nel diritto civile il modello formativo dell’offerta al pubblico presuppone normalmente il "contatto" con una pluralità di "partecipanti" al procedimento negoziale. Diversamente argomentando l’interprete sarebbe costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità" (Cons. Stato Sez. VI, Sent., n. 4236 e n. 5638 del 2012; Cons. di Stato, sez. 5. n. 3831/013).
8.1. Il principio enunciato dalle sentenze citate è stato del resto fatto proprio, da Cass. civ. Sez. I, Sent., 3 luglio 2014, n. 15260. La Corte di Cassazione ha osservato, in dichiarata adesione a quanto già rilevato da parte del giudice amministrativo (Cons. di Stato, sez. 5. n. 3831/013, sez. 4 n. 6000/013), che “in materia, si è in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, non derogabile dalle parti, che si sviluppa secondo lo schema dell’offerta al pubblico ed in cui l’amministrazione entra in contatto con una pluralità di partecipanti al procedimento negoziale, con ciascuno dei quali instaura trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte, secondo un’impostazione che risulta rafforzata dall’irrevocabilità delle stesse. E’ pertanto già nell’ambito di ognuno di tali rapporti che la p. a. è tenuta al rispetto di principi generali di comportamento posti dalla legge a tutela indifferenziata degli interessi delle parti in contatto, con la conseguenza che il mancato rispetto di tale precetto, anche anteriore alla conclusione della gara, determina l’insorgere della sua responsabilità precontrattuale a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante. La disciplina in materia di culpa in contrahendo non necessita, infatti, di un "rapporto personalizzato" fra p. a. e privato, che troverebbe la sua unica fonte del provvedimento di aggiudicazione, ma è posta a tutela del legittimo affidamento nella correttezza della controparte, che sorge sin dall’inizio del procedimento. Diversamente argomentando l’interprete sarebbe invece costretto a scindere un comportamento che si presenta unitario e che conseguentemente non può che essere valutato nella sua complessità”.
Infine – aggiunge la Corte di cassazione nella sentenza citata – “non può farsi a meno di rilevare come l’interpretazione restrittiva, che esclude la configurabilità di una responsabilità precontrattuale della p. a. nella fase pubblicistica che precede l’aggiudicazione, finisca con l’offrire una giustificazione a possibili condotte elusive dell’amministrazione, che potrebbe porre in essere comportamenti non conformi ai principi generali di buona fede oggettiva e correttezza cui deve essere improntato il suo agire, fino al punto di sfavorire artatamente un concorrente per favorirne un altro, nella consapevolezza di non essere tenuta a risponderne”.
9. La giurisprudenza amministrativa successiva sembra tuttavia essere tornata alle originarie tesi, e di recente ha affermato i seguenti principi, con un orientamento che si è andato via via cristallizzandosi:
“la responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione è connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto e quindi non può che riguardare fatti svoltisi in tale fase; perciò la responsabilità precontrattuale non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 21 agosto 2014 n. 4272; n. 3748 del 2015)”…
La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 1337 c.c. presuppone che tra le parti siano intercorse trattative per la sua conclusione. La violazione delle regole di correttezza che presiedono alla formazione del contratto può assumere rilevanza solo dopo che la fase pubblicistica abbia attribuito all’interessato effetti concretamente vantaggiosi e solo dopo che tali effetti siano venuti meno, nonostante l’affidamento ormai conseguito dalla medesima parte interessata (Cons. Stato Sez. III, 29-07-2015, n. 3748; Cons. Stato Sez. V, n. 1599 del 2016; Sent., 08-11-2017, n. 5146. Sembrerebbe di diverso avviso, solo Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-04-2016, n. 1599, ma, giova sottolinearlo, in quel caso trattavasi di una gara in cui comunque era già intervenuta l’aggiudicazione provvisoria.
10. Ritiene il Collegio che al descritto, più recente orientamento, debba darsi seguito, seppur con delle necessarie precisazioni e “concessioni” all’opposto indirizzo.
10.1. Le ragioni che nel 2012 hanno indotto la Sezione VI a dubitare della limitazione della responsabilità precontrattuale al solo aggiudicatario, individuato quale futuro contraente, sono di natura essenzialmente civilistica. Si sarebbe cioè in presenza di una formazione progressiva del contratto, non derogabile dalle parti, in cui la fase di evidenza pubblica e quella negoziale si pongono lungo una linea di continuità che si sviluppa secondo lo schema dell’offerta al pubblico ed in cui l’amministrazione entra in contatto con una pluralità di partecipanti al procedimento negoziale, con ciascuno dei quali instaura trattative (c.d. multiple o parallele), le quali determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte, secondo un’impostazione che risulta rafforzata dall’irrevocabilità delle stesse.
10.2. L’impostazione, ad avviso del Collegio, oltre che non descrivere esattamente la “sostanza” del procedimento di evidenza, presenta profili complessi sul piano civilistico suscettibili di un possibile diverso approccio.
10.3. E’ noto che l’offerta al pubblico è un’offerta di contratto rivolta ad una generalità indeterminata di destinatari (1336 cc). Nel caso peculiare della gara, l’offerta di contratto è subordinata al superamento di una procedura di evidenza pubblica, all’esito della quale, non tutti, ma solo un soggetto potrà addivenire alla stipula del contratto, in guisa che sarebbe forse più appropriato, come del resto sostenuto da parte di autorevole dottrina, qualificare la gara, nel suo esordio procedimentale, quale proposta di contratto in incertam personam.
10.4. Nessuna “trattativa” si realizza durante la fase pubblicistica dell’evidenza pubblica, essendo quest’ultima semplicemente una competizione intercorrente fra gli operatori economici sulla base di criteri preventivamente dettati dall’amministrazione, finalizzata alla scelta del miglior offerente, unico soggetto ammesso a stipulare.
E’ innegabile l’instaurazione di un “contatto sociale” tra l’aspirante appaltatore e l’amministrazione procedente, ma esso è unicamente governato da regole di procedura che la legge e la lex specialis di gara impongono. Non da trattative.
10.5. Durante tale fase pubblicistica, invero, l’unico atto che è dato rinvenire e sussumere nel concetto di “trattative” o di “formazione del contratto”, è l’iniziale proposta di contratto in incertam personam, veicolata attraverso il bando.
Per essa vige una disciplina, affatto peculiare che, sul piano civilistico – giova rammentare – non dà rilievo alcuno alla buona fede dei destinatari, in assenza di concorrenti profili di illeceità nel comportamento del proponente. La proposta di contratto in incertam personam può infatti essere revocata (1336 comma 2 cc) senza soggiacere – proprio in ragione della indeterminatezza dei destinatari, e a differenza di quanto previsto per la proposta di contratto nei confronti di soggetti determinati (1328 cc) – alla regola per la quale “se l’accettante ne ha intrapreso l’esecuzione (ndr del contratto) prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto ad indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l’iniziata esecuzione del contratto”.
La proposta di contratto in incertam personam è in altri termini sempre revocabile purchè la revoca sia stata fatta nella “stessa forma o in forma equipollente” (1336 comma 2 cc) senza che ciò possa dare luogo ad indennizzi.
La peculiarità riguarda l’intrapresa in buona fede dell’esecuzione del contratto nelle more della conclusione del contratto, ma non v’è dubbio che essa sia indice di una qualche differenziazione tra l’affidamento generatosi in capo all’aspirante contraente “individuato”, e quello eventualmente ingeneratosi in capo a colui che fa semplicemente parte della indeterminata platea degli interessati alla proposta. La giustificazione di ciò si rinviene, a ben vedere, nella circostanza che nell’offerta al pubblico – a differenza della proposta di contratto atto non recettizio – la collettività o la platea indeterminata di aspiranti contraenti non riveste una posizione equiparabile a quella dell’oblato.
Dunque, se non c’è malafede o colpa del proponente nel disporre la revoca, la sola buona fede dell’aspirante contraente non può giustificare alcuna forma di ristoro economico.
10.6. Evidentemente, quanto sino ad ora detto riguarda l’indennizzo da attività “lecita” e non esaurisce, sfiorandolo appena, il tema dell’illecito aquiliano (in cui secondo la giurisprudenza maggioritaria è inquadrabile quello precontrattuale) delineato dallo specifico disposto dell’art. 1337 cc., ed in particolare, nell’ambito di esso, del tema della buona fede (non già del partecipante, ma) del proponente nello svolgimento delle “trattative” e nella “formazione del contratto”.
10.7. Il Collegio ritiene che in questo ambito assuma un rilievo assorbente la fase pubblicistica della competizione, elemento peculiare che mal si coniuga con i riferimenti di cui all’art. 1337 cc. (“trattative” e “formazione del contratto”, cit.).
Lo schema della proposta fatta dall’amministrazione ad incertam personam, infatti, non contiene fasi della “formazione del contratto” ulteriori rispetto: a) alla pubblicazione dell’offerta e b) a quella ricompresa tra l’aggiudicazione e la stipula.
La fase pubblicistica della competizione, indubbiamente caratterizzante l’attività contrattuale dell’amministrazione, rimane estranea alla formazione del contratto, poiché essa è strumentale all’individuazione del soggetto che ne costituirà parte, ed in assenza del quale neanche è ipotizzabile discorrere di “formazione di un contratto”.
Potrebbe obiettarsi che, attraverso la partecipazione alla procedura, gli aspiranti divengono determinati e conoscibili. L’obiezione tuttavia non sposta i termini della questione, poiché in questo caso la previa conoscenza degli aspiranti da parte del proponente, è solo finalizzata alla valutazione dei requisiti e della conformità e bontà di quanto prospettato in sede di domanda di partecipazione rispetto ai desiderata dell’amministrazione, nel quadro di una competizione in cui gli aspiranti non sono “oblati”, bensì gareggiamo per diventarlo.
10.8. Nè può obliterarsi tale argomento semplicemente facendo leva sulla figura della “fattispecie a formazione progressiva”, poiché se progressione v’è, non è dato registrarla nell’ambito del procedimento negoziale, quanto, piuttosto, nell’avvicendarsi di una fase (pubblicistica) in cui dapprima si individua il contraente, ad una fase di formazione del contratto in cui si addiviene alla stipula con l’aggiudicatario.
Rebus sic stantibus, in pendenza della fase pubblicistica, non possono “strutturalmente” verificarsi comportamenti che in male fede intervengano sulla “formazione” del contratto
10.9. Diversamente, non c’è dubbio che tutte le volte in cui, a seguito dell’individuazione del contraente, l’amministrazione adduca, in mala fede o colposamente, ragioni pubblicistiche o privatistiche per non stipulare il contratto, essa ne debba rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale (è il caso di autoannullamento, o di revoca).
Ed in questo senso la giurisprudenza del Consiglio di Stato più recente, della quale si è fatto cenno in premessa, è chiara.
11. E’ però vero che l’art. 1337 oltre che alla buona fede nella “formazione del contratto”, fa riferimento anche alle “trattative”.
Qui l’analisi si fa forse più complessa, ma non può che giungere alla medesima conclusione, ossia, che anche in questo caso trattasi di riferimento non compatibile con la fase pubblicistica.
11.1. Sol che si osservi la realtà fenomenica, l’offerta ad incertam personam, fatta dall’amministrazione per il tramite di una procedura di evidenza pubblica, non contempla trattative, essendo sin dall’inizio completa degli elementi essenziali del futuro contratto (art. 1366 cc), come tale esposta alla sola accettazione dell’ablato rivelatosi tale all’esito della selezione.
La buona fede del proponente potrebbe al più essere vagliata e giudicata con esclusivo riguardo al momento della formulazione della proposta. Solo ove si dimostri che al momento del bando, l’amministrazione era già consapevole di non poter portare avanti la proposta di contratto ad incertam personam, ad es. per insussistenza dei fondi, per impossibilità della prestazione, etc.., il comportamento, in quanto afferente ad un elemento prenegoziale qual è la proposta, e quindi in ultima analisi alle trattative, potrebbe sussumersi nel disposto dell’art. 1337 cc. ed estendersi a tutti i soggetti (inutilmente) partecipanti alla procedura.
11.2.In questa logica, dalla responsabilità precontrattuale per violazione della buona fede nelle “trattative” nei confronti di tutti i partecipanti dovrebbero però escludersi tutti i casi di autoannullamento della procedura per vizi di legittimità, di revoca per sopravvenuti motivi o di ritardo nell’adozione di tali atti, oltre che, più in generale, tutti i casi errore nella conduzione della procedura, come si è visto rilevanti esclusivamente nei confronti dell’aggiudicatario, in quanto – questi sì – ricadenti nel procedimento di “formazione” del contratto.
12. Le sentenze del 2012/2013 ed il pronunciamento della Corte di Cassazione del 2014, sembrano andare in altra e diversa direzione, ben più ampia, tesa a sostenere che gli errori che hanno colpevolmente reso illegittima o inopportuna la procedura, giustificandone il successivo annullamento o la revoca (sia pur legittima), producono obbligazioni risarcitorie a titolo di responsabilità precontrattuale nei confronti di tutti i partecipanti che hanno confidato nella legittimità della procedure, a prescindere dall’intervento di un atto di aggiudicazione. Di tali principi ha fatto applicazione del resto la sentenza gravata laddove ha sostenuto che “l’atto di autotutela che ha determinato l’annullamento dell’intero procedimento è stato causato dalla rilevata contraddittorietà delle previsioni della lex specialis predisposta dalla stazione appaltante. Tale circostanza implica di per sé la violazione degli obblighi nei confronti dei soggetti che, nel quadro del procedimento amministrativo, abbiano fatto affidamento sulla correttezza, buona fede e professionalità dell’amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale…..”
13. Una tale estensione della responsabilità precontrattuale è – secondo il Collegio – eccessiva e non giustificata.
14. Da ultimo un cenno deve farsi in ordine alla preoccupazione, espressa dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 15260/2014, che “l’interpretazione restrittiva, che esclude la configurabilità di una responsabilità precontrattuale della p. a. nella fase pubblicistica che precede l’aggiudicazione, finisca con l’offrire una giustificazione a possibili condotte elusive dell’amministrazione, che potrebbe porre in essere comportamenti non conformi ai principi generali di buona fede oggettiva e correttezza cui deve essere improntato il suo agire, fino al punto di sfavorire artatamente un concorrente per favorirne un altro, nella consapevolezza di non essere tenuta a risponderne”.
Ad essa può replicarsi, da un lato, evidenziando che i provvedimenti, e i comportamenti connessi, che si appalesino viziati da eccesso di potere o da sviamento, non sfuggono al sindacato del giudice amministrativo; dall’altro che l’esposizione sul versante risarcitorio nei confronti di tutti i concorrenti, prima ed a prescindere dall’individuazione del contraente, potrebbe generare, all’opposto, il rischio che le amministrazioni si vincolino a bandi erronei, inopportuni e soprattutto svantaggiosi, pur di sottrarsi alla responsabilità precontrattuale. Comportamento quest’ultimo che invece sfuggirebbe al giudice amministrativo stante la connotazione squisitamente soggettiva della tutela giurisdizionale.
15.In conclusione il Collegio formula all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:
1. Se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione;
2. Se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’adunanza plenaria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Francesco Bellomo, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Consigliere
L’ESTENSORE
Giulio Veltri
IL PRESIDENTE
Franco Frattini
IL SEGRETARIO