Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti, VIA VAS AIA Numero: 5882 | Data di udienza: 5 Dicembre 2017

VIA VAS E AIA – RIFIUTI – Art. 29 decies d.lgs. n. 152/2006 – Diffide e provvedimenti di sospensione o revoca – Differenza – Riesame del titolo autorizzativo già rilasciato – Art. 29 octies d.lgs. n. 152/2006 – Sviluppi di norme di qualità ambientale o nuove disposizioni di legge – D.m. 24 giugno 2015 – Rientra – Riesame dell’AIA – Sopravvenienza di nuova normativa – Disposizione transitoria di cui all’art. 29 octies, ultimo comma, d.lgs. n. 152/2006 – Interpretazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Dicembre 2017
Numero: 5882
Data di udienza: 5 Dicembre 2017
Presidente: Anastasi
Estensore: Castiglia


Premassima

VIA VAS E AIA – RIFIUTI – Art. 29 decies d.lgs. n. 152/2006 – Diffide e provvedimenti di sospensione o revoca – Differenza – Riesame del titolo autorizzativo già rilasciato – Art. 29 octies d.lgs. n. 152/2006 – Sviluppi di norme di qualità ambientale o nuove disposizioni di legge – D.m. 24 giugno 2015 – Rientra – Riesame dell’AIA – Sopravvenienza di nuova normativa – Disposizione transitoria di cui all’art. 29 octies, ultimo comma, d.lgs. n. 152/2006 – Interpretazione.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 13 dicembre 2017, n. 5882


VIA VAS E AIA – RIFIUTI – Art. 29 decies d.lgs. n. 152/2006 – Diffide e provvedimenti di sospensione o revoca – Differenza.

Nell’ambito delle previsioni dell’art. 29 decies, comma 9, lett. a), b) e c), del codice dell’ambiente, nonché dell’art. 5 bis, comma 9, della l.r. Veneto 16 aprile 1985, n. 33, occorre distinguere fra mere diffide, che rientrano nelle funzioni di controllo e accertamento attribuite alla Provincia dall’art. 197, comma 1, lett. b), del codice stesso, e diffide connesse a provvedimenti di sospensione o revoca dell’autorizzazione in corso, che hanno effettivamente natura sanzionatoria e ricadono nella competenza regionale (Consiglio di Stato, sez. V, 25 luglio 2012, n. 4221)
 

VIA VAS E AIA – Rifiuti – Riesame del titolo autorizzativo già rilasciato – Art. 29 octies d.lgs. n. 152/2006 – Sviluppi di norme di qualità ambientale o nuove disposizioni di legge – D.m. 24 giugno 2015 – Rientra.

L’art. 29 octies del codice dell’ambiente collega il necessario riesame del titolo autorizzativo già rilasciato, tra l’altro, quando lo esigono “sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali”. Il d.m. 24 giugno 2015, che sul piano formale fa sistema con atti di fonte primaria europea e nazionale, in termini sostanziali, nel porre requisiti più stringenti per consentire il conferimento nelle discariche ordinarie di rifiuti pericolosi, rappresenta comunque una “norma di qualità ambientale” (e non una semplice norma tecnica) sufficiente a integrare il presupposto previsto dalla legge e a rendere obbligatoria una nuova valutazione dell’a.i.a.
 

VIA VAS E AIA – RIFIUTI – Riesame dell’AIA – Sopravvenienza di nuova normativa – Disposizione transitoria di cui all’art. 29 octies, ultimo comma, d.lgs. n. 152/2006 – Interpretazione.

La disciplina di settore prevede il riesame dell’a.i.a al verificarsi di determinati eventi, quale la sopravvenienza di una nuova normativa. Nel frattempo, “fino alla pronuncia dell’autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l’attività sulla base dell’autorizzazione in suo possesso” (art. 29 octies, ultimo comma, del codice dell’ambiente). La ricordata disposizione significa solo che il conferimento di rifiuti non consentiti sino al rilascio dell’a.i.a. riesaminata non dà luogo all’applicazione di sanzioni, non anche che possano permanere in discarica rifiuti ormai vietati in base a una disciplina generale nuova e conosciuta (o almeno obiettivamente conoscibile), a fronte della quale non può sussistere in capo all’operatore del settore alcun affidamento tutelabile a proseguire l’attività di gestione sulla base e nei termini di una normativa non più vigente. Deve perciò ritenersi che la nuova autorizzazione, quanto alle prescrizioni e alle limitazioni imposte, sia solo dichiarativa (e non costitutiva) di una regolamentazione posta dal d.m. con efficacia diretta e immediata, anche perché una diversa ricostruzione del sistema condurrebbe a una inammissibile applicazione del d.m. “a chiazze di leopardo”, rendendo incerta e ondivaga l’efficacia di una normativa di tutela che, a salvaguardia di valori primari come la salute e l’ambiente, deve essere necessariamente osservata in modo uniforme in tutto il territorio dello Stato.

(Conferma sentenze T.A.R. Veneto, nn. 990 e 1405/2016) – Pres. Anastasi, Est. Castiglia – P. s.p.a. (avv.ti Biondaro e Iaria) c. Regione Veneto (avv.ti Munari, Zanon e Manzi) e Provincia di Verona (avv.ti Gattamelata, Biancardi e Sorio)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 13 dicembre 2017, n. 5882

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 13 dicembre 2017, n. 5882

Pubblicato il 13/12/2017

N. 05882/2017REG.PROV.COLL.
N. 08712/2016 REG.RIC.
N. 00157/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8712 del 2016, proposto da Progeco Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Biondaro e Domenico Iaria, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Tito Munari, Ezio Zanon, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Provincia di Verona, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Gattamelata, Giancarlo Biancardi, Isabella Sorio, con domicilio eletto presso il primo difensore in Roma, via di Monte Fiore, 22;

sul ricorso numero di registro generale 157 del 2017, proposto da:
Progeco Ambiente S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Biondaro, Domenico Iaria, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Francesco Zanlucchi, Ezio Zanon, con domicilio eletto presso il primo difensore in Roma, via F. Confalonieri, 5;
Provincia di Verona, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 8712 del 2016:

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione III, 6 settembre 2016, n. 990;

quanto al ricorso n. 157 del 2017:

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, sezione III, n. 19 dicembre 2016, n. 1405.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della Provincia di Verona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;

Uditi per le parti gli avvocati Biondaro, Gattamelata, Biancardi e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. (ricorso n.r.g. 2016/8712) La società Progeco Ambiente s.p.a. gestisce nel Comune di San Martino Buon Albergo una discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili [nella quale – ai sensi dell’art. 7, comma 3, lett. c), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, sono ammessi anche rifiuti pericolosi stabili e non reattivi che soddisfano i criteri di ammissione previsti dal decreto ministeriale previsto dal comma 5] sulla base dell’autorizzazione unica ambientale rilasciata e aggiornata dalla Regione Veneto con successivi decreti del segretario regionale per l’ambiente.

2. Con decreto n. 49 del 23 luglio 2009 la Regione ha ridotto la tipologia dei rifiuti pericolosi conferibili in discarica, limitandola ai rifiuti pericolosi che fossero non solo stabili e non reattivi, ma anche sottoposti a un trattamento preventivo di stabilizzazione.

3. La società ha impugnato il decreto regionale.

4. Con sentenza 7 luglio 2010, n. 2873, il T.A.R. per il Veneto, sez. III, ha ritenuto le nuove prescrizioni prive di base normativa e adottate in violazione del principio di proporzionalità, perché la misura impugnata avrebbe prodotto un inutile e non giustificato sacrificio economico. Di conseguenza, ha annullato il decreto.

5. Il decreto ministeriale 24 giugno 2016 ha modificato il precedente decreto 27 settembre 2010, introducendo alcune modifiche ai criteri ammissibilità dei rifiuti pericolosi in discarica.

6. A seguito di tale modifica:

a) con nota n. 84905 del 29 settembre 2015, la Provincia di Verona ha diffidato la società a smaltire in discarica solo i rifiuti pericolosi e non reattivi nel rispetto del d.m. del 2016 e a non precludere od ostacolare l’asportazione dei rifiuti pericolosi, conferiti a partire dal 12 settembre 2015, giudicati non conformi alle prescrizioni del decreti ministeriali ricordati;

b) con nota n. 391982 del 30 settembre successivo, la Regione ha comunicato di avere avviato il procedimento di riesame – ai sensi dell’art. 29 bis, comma 4, lett. d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (codice dell’ambiente) – dell’autorizzazione unica;

7. La società ha impugnato la nota proponendo un ricorso al T.A.R. per il Veneto con una domanda cautelare, alla quale ha poi rinunziato in camera di consiglio alla luce delle precisazioni sul contenuto prescrittivo dell’atto impugnato, contenute nelle difese della Provincia.

8. Il decreto del direttore regionale del Dipartimento ambiente n. 15 del 29 febbraio 2016:

a) ha dichiarato concluso il procedimento di riesame dell’autorizzazione unica;

b) ha prescritto che i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi ammissibili nella discarica fossero solo quelli sottoposti a trattamento preliminare, identificati dal codici del capitolo 19 del catalogo europeo dei rifiuti, così modificando l’elenco dei rifiuti autorizzati allegato all’a.i.a.;

c) ha avviato un procedimento finalizzato alla eventuale rimozione dei rifiuti pericolosi non appartenenti al capitolo 19 del c.e.r. conferiti in discarica a partire dall’entrata in vigore del d. m. del 2016.

9. La società ha impugnato il decreto con atto di motivi aggiunti.

10. Con sentenza 6 settembre 2016, n. 990, il T.A.R. per il Veneto, sez. III, ha ritenuto di poter prescindere dall’esame di due eccezioni in rito e ha respinto nel merito ricorso principale e motivi aggiunti, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

11. La società ha interposto appello avverso la sentenza n. 990/2016, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.

12. Nel merito, l’appellante ha riproposto le censure di primo grado ad eccezione del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo (imposizione di prescrizioni pregiudizievoli in contrasto con l’a.i.a regionale, con il principio tempus regit actum, con il principio di non proporzionalità per imporre un trattamento inutilmente diseconomico e dannoso) in relazione ai quali sarebbe venuto il proprio interesse a impugnare, in quanto la Provincia avrebbe precisato, e il T.A.R. confermato, che la diffida impugnata non avrebbe inteso imporre prescrizioni pregiudizievoli nella gestione della discarica:

a) incompetenza della Provincia ad adottare l’atto di diffida (primo motivo del ricorso) come avrebbe riconosciuto la stessa Provincia, sulla base della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 25 luglio 2012, n. 4221). L’atto sarebbe stato adottato per mero tuziorismo, in attesa di chiarimenti da parte della Regione ed erroneamente il Tribunale regionale avrebbe ricompreso gli atti di diffida nelle funzioni di controllo e accertamento affidate alle Province dalla legge regionale n. 33/1985, escludendone apoditticamente la natura non sanzionatoria;

b) violazione di legge (primo motivo aggiunto). L’art. 29 octies, comma 4, lett. d), del codice dell’ambiente richiederebbe la revisione dell’a.i.a. in caso di sviluppo delle norme di qualità ambientale o di nuove disposizioni legislative nazionali, comunitarie o regionali. Tale non sarebbe il decreto ministeriale, atto amministrativo generale o al più atto regolamentare, non contenente alcuna norma generale e astratta in materia di qualità ambientale ma solo modalità tecniche applicative (primo motivo aggiunto). Sarebbe infondata la contraria tesi del T.A.R.;

c) errata interpretazione del d.m. del 2015 (secondo motivo aggiunto). Sostenere – come fa l’art. 1 del d.m. – che sono rifiuti stabili e non reattivi quelli sottoposti a trattamento preliminare (ad esempio solidificazione, stabilizzazione, vetrificazione) non equivarrebbe a escludere dal genus rifiuti che già rispettano i criteri chimico-analitici prescritti dal decreto, come invece avrebbero ritenuto Regione e T.A.R. Coerentemente a quanto già affermato dal medesimo Tribunale territoriale (sentenza n. 2873/2010), ne sarebbe leso il principio di proporzionalità;

d) violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili (terzo motivo aggiunto). Le prescrizioni del decreto n. 15/2016, riducendo da 98 a 19 le tipologie di rifiuti pericolosi ammissibili, condurrebbero a un’alterazione del piano economico presentato insieme con la domanda di autorizzazione. Il riesame dell’a.i.a. richiederebbe una rimodulazione del piano. L’art. 29 octies del codice dell’ambiente non imporrebbe un recepimento automatico delle nuove disposizioni adottate e la Regione non avrebbe valutato l’esigenza di rimodulazione del piano per mantenere la sostenibilità economica dell’intervento omettendo qualsiasi istruttoria e motivazione. Il T.A.R. non avrebbe colto il contenuto della doglianza;

e) violazione della normativa comunitaria e nazionale nonché eccesso di potere (quarto motivo aggiunto) nella parte in cui il provvedimento impugnato impone la necessità del trattamento preliminare anche quando questo non abbia alcuna incidenza favorevole sulla salute e sull’ambiente (trattamento tecnicamente impossibile o concretamente inutile).

12.1. In conclusione, la società ha rinnovato la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di risarcimento del danno.

12.2. Quanto alla cautela richiesta, la società ha insistito sulla irreparabilità del danno subito per effetto dell’alterazione dell’equilibrio economico-finanziario dell’intervento e sull’assenza di pericolo per l’interesse pubblico, perché sin d’ora sottoporrebbe i rifiuti conferiti a rigorosi controlli di stabilità e non reattività.

13. La Regione Veneto si è costituita in giudizio per resistere all’appello, sostenendone l’infondatezza nel merito e depositando copia delle linee guida n. 145/2016 elaborate dall’ISRA, e opporsi alla concessione della tutela cautelare.

14. Con ordinanza 10 marzo 2017, n. 1022, la Sezione ha respinto la domanda cautelare della società appellante.

15. Si è quindi costituita in giudizio la Provincia di Verona, che ha affidato le proprie difese a una successiva memoria. La Provincia ha riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse, stante la mancanza di contenuti lesivi della diffida, e di improcedibilità per omessa impugnazione della nota regionale del 30 settembre 2015; ha sostenuto l’inammissibilità dell’appello nei propri confronti; nel merito, ha rivendicato la propria competenza ad adottare la diffida impugnata, distinguendo fra mere diffide (di competenza provinciale, nell’esercizio delle funzioni di controllo e accertamento attribuite in materia all’ente dalla normativa statale e regionale) e diffide con sospensione e revoca del titolo (di spettanza invece regionale, in quanto atti sanzionatori con incidenza su provvedimenti autorizzativi; a queste si riferirebbe la ricordata decisione del Consiglio di Stato n. 4221/2012), e sostenuto l’infondatezza della domanda risarcitoria per mancata prova della sussistenza di un danno riferibile alla diffida.

16. La società appellante ha prodotto documentazione e depositato memorie con le quali ha replicato agli argomenti della Regione, sostenendo l’irrilevanza delle linee guida dell’ISPRA (memoria del 3 novembre 2017), e della Provincia, insistendo sul proprio interesse a ottenere l’accertamento dell’illegittimità della diffida provinciale che potrebbe costituire un precedente pregiudizievole nella parte in cui contesta la non conformità di alcuni conferimenti (memoria del successivo 13 novembre).

17. La Regione ha replicato con memoria depositata il 14 novembre scorso.

18. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

19. (ricorso n.r.g 2017/157) Con ordinanza n. 209473 del 27 maggio 2016, la Regione Veneto ha ingiunto alla società Progeco Ambiente s.p.a. di provvedere entro sei mesi alla rimozione di tutti i carichi di rifiuti pericolosi non appartenenti al capitolo 19 del c.e.r. conferiti a partire dall’entrata in vigore del decreto ministeriale 24 giugno 2016.

20. La società ha impugnato l’ordinanza con quattro motivi di ricorso.

21. Con ordinanza del 17 novembre 2016, adottata nelle more del giudizio, la Regione ha prorogato al 29 febbraio 2017 il termine per l’asportazione dei rifiuti.

22. Con sentenza 19 dicembre 2016, n. 1405, il T.A.R. per il Veneto, sez. III, dopo avere rigettato una eccezione di inammissibilità formulata dalla Regione, in parte ha dichiarato inammissibile e in parte ha respinto il ricorso, condannando la società al pagamento delle spese di giudizio.

23. La società ha interposto appello avverso la sentenza n. 1405/2016, formulando assieme anche una domanda cautelare.

24. Dopo avere esposto i termini della complessiva vicenda, la società ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado, non accolti dal T.A.R.:

a) illegittimità derivata da quella del decreto n. 15/2016, oggetto dell’appello n.r.g. 8712/2016, il cui accoglimento si rifletterebbe immediatamente sull’atto oggetto del nuovo contenzioso;

b) e c) violazione dell’art. 29 octies, ultimo comma, del codice dell’ambiente, perché sino al rilascio della nuova a.i.a. il gestore avrebbe legittimamente proseguito nella propria attività sulla base dell’autorizzazione in suo possesso e sarebbe illegittimo ingiungere, con efficacia retroattiva, l’asportazione dei rifiuti conferiti in pendenza di riesame. La pronunzia di inammissibilità del Tribunale territoriale per mancata impugnazione del decreto n. 15/2016, atto presupposto, sarebbe errata perché, sotto il profilo di specie, il decreto regionale sarebbe una comunicazione di avvio del procedimento, atto endoprocedimentale privo di natura autonomamente lesiva, mentre l’ordinanza impugnata non avrebbe natura prettamente attuativa del decreto presupposto, ma carattere conclusivo di un procedimento;

d) eccesso di potere per violazione dei principi di proporzionalità, necessità adeguatezza e ragionevolezza, in quanto l’ordine di asportazione si fonderebbe su un dato meramente formale e sarebbe stato adottato pur nella riconosciuta assenza di qualsiasi pericolo per la salute e per l’ambiente, come attesterebbe la motivazione dell’ordinanza di proroga del 27 maggio 2016. La tesi del T.A.R. del carattere ripetitivo della doglianza rispetto a quelle già respinte con la sentenza n. 990/2016 sarebbe infondata, perché nel primo giudizio non si sarebbe fatto alcun riferimento alla constatata irragionevolezza di un ordine di asportazione.

24.1. In conclusione, la società ha rinnovato la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di risarcimento del danno.

25. La Regione Veneto si è costituita in giudizio per resistere all’appello e alla domanda cautelare. L’ente ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione degli atti presupposti (il decreto regionale n. 15/2016, estendendo il rilievo all’omesso gravame del decreto ministeriale 24 giugno 2015) e nel merito ha svolto gli argomenti già spesi in primo grado.

26. Con ordinanza 10 marzo 2017, n. 999, la Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta sospendendo l’esecutività del provvedimento impugnato ai fini di un miglior approfondimento dei punti controversi specie in relazione alla contestata retroattività dell’ordinanza impugnata;

27. Con successive memorie le parti hanno ribadito le rispettive tesi.

28. All’udienza pubblica del 5 dicembre 2017, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

29. In via preliminare il Collegio:

a) a norma dell’art. 70 c.p.a., riunisce gli appelli, che soggettivamente intercorrono fra le stesse parti e oggettivamente riguardano successive scansioni della medesima vicenda;

b) osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.

30. (ricorso n.r.g. 2016/8712) Al primo motivo dell’appello, che contesta la competenza della Provincia ad adottare la diffida impugnata, l’ente ha opposto eccezioni in rito, che non sono fondate in quanto:

a) l’eccezione di inammissibilità del ricorso e dell’appello per mancanza di contenuti lesivi dell’atto trascura la circostanza, correttamente posta in luce dalla società, che la diffida è stata adottata sul presupposto della contestata non conformità di alcuni conferimenti e pertanto è suscettibile di costituire in futuro un precedente pregiudizievole, di cui l’autorità competente potrebbe tener conto in sede di irrogazione di ulteriori provvedimenti sanzionatori, cosicché l’appellante avrebbe interesse a farne accertare l’illegittimità. Come ha osservato il Consiglio di Stato in una controversia analoga, in casi del genere sussiste l’interesse del privato a far venire meno una situazione di incertezza circa l’operato suo e dell’Amministrazione, e tale interesse può essere soddisfatto mediante una tutela non di annullamento, ma di accertamento (cfr. sez. V, 16 febbraio 2012, n. 796);

b) neppure può essere accolta l’eccezione di improcedibilità per mancata impugnazione della nota regionale del 30 settembre 2015 che, pur avendo ampio e articolato contenuto nelle premesse, si autoqualifica (anche richiamando gli artt. 7 e segg. della legge 7 agosto 1990, n. 241) ed è nella sostanza una comunicazione di avvio del procedimento, atto tipicamente endoprocedimentale, sprovvisto di autonoma efficacia lesiva e come tale non soggetto a impugnazione. Diversamente da quanto assume la Provincia, questa caratteristica non muta per il solo fatto che la nota – peraltro nelle premesse – assieme esprima l’avviso dell’ufficio circa gli effetti dell’entrata in vigore del d.m. del 2016 e rappresenti l’esigenza di avviare una verifica del parametro ANC nonché della stabilità fisica e della capacità di carico dei rifiuti, a tal fine invitando la società a provvedere.

30.1. Nel merito, peraltro, il motivo è infondato.

30.2. La censura muove dal presupposto del carattere sanzionatorio della diffida (v. pag. 11 del ricorso), ma in tal modo – in primo luogo – non appare coerente con le considerazioni svolte per dar conto della mancata riproposizione del secondo, terzo e quarto motivo del ricorso introduttivo. Inoltre – e il rilievo è decisivo – sono del tutto corrette e meritano di essere condivise le considerazioni della Provincia secondo la quale, nell’ambito delle previsioni dell’art. 29 decies, comma 9, lett. a), b) e c), del codice dell’ambiente, nonché dell’art. 5 bis, comma 9, della legge regionale 16 aprile 1985, n. 33, occorre distinguere fra mere diffide, che rientrano nelle funzioni di controllo e accertamento attribuite all’ente dall’art. 197, comma 1, lett. b), del codice stesso, e diffide connesse a provvedimenti di sospensione o revoca dell’autorizzazione in corso, che hanno effettivamente natura sanzionatoria e ricadono nella competenza regionale. In tal senso è anche il precedente di questo Consiglio di Stato (sez. V, 25 luglio 2012, n. 4221) che l’appellante richiama, sia pure indirettamente, ma comunque non a proposito, a sostegno della propria tesi.

31. Con il secondo motivo dell’appello, la società sostiene che non si sarebbero verificati i presupposti cui l’art. 29 octies del codice dell’ambiente collega il necessario riesame del titolo già rilasciato.

31.1. Il comma 4 dell’art. 29 octies stabilisce:

“Il riesame è inoltre disposto, sull’intera installazione o su parti di essa, dall’autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:

(omissis)

d) sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono”.

31.2. L’appellante sostiene che il d.m. 24 giugno 2015 recherebbe modalità tecniche applicative, non conterrebbe norme di qualità ambientale e non sarebbe atto normativo, ma atto amministrativo generale.

31.3. Tuttavia la tesi trascura che il d.m.:

a) sul piano formale, da un lato, dà attuazione al regolamento 1357/2014/UE del 18 dicembre 2014 della Commissione europea, che sostituisce l’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle caratteristiche di pericolo dei rifiuti, e alla decisione della Commissione 2014/955/UE del 18 dicembre 2014, che modifica la decisione 2000/532/CE relativa all’elenco dei rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, entrambi richiamati in premessa; dall’altro, deriva la sua legittimazione da una fonte normativa primaria e cioè dall’art. 7, comma 5, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, che demanda a un decreto ministeriale la determinazione dei criteri di ammissione dei rifiuti in discarica; fa dunque sistema con atti di fonte primaria europea e nazionale;

b) in termini sostanziali, nel porre requisiti più stringenti per consentire il conferimento nelle discariche ordinarie di rifiuti pericolosi, rappresenta comunque una “norma di qualità ambientale” (e non una semplice norma tecnica) sufficiente a integrare il presupposto previsto dalla legge e a rendere obbligatoria una nuova valutazione dell’a.i.a.

31.4. Da ciò, pertanto, l’infondatezza del motivo esaminato.

32. Del pari è infondato il terzo motivo, che si duole della erronea interpretazione e applicazione del d.m. 24 giugno 2015. Questo – in tesi – non escluderebbe dal genere “stabile e non reattivo” i rifiuti che già dall’origine rispettino i parametri chimico-analitici prescritti dal decreto.

32.1. Senonché la tesi poteva essere condivisibile nella vigenza del d.m. del 2010 ma è insostenibile ora, perché priverebbe di significato proprio la modifica che – in tema di rifiuti pericolosi stabili e non reattivi suscettibili di smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi – il nuovo decreto ha apportato all’art. 6, comma 4, del decreto precedente, sostituendo una indicazione esemplificativa (“ad esempio, sottoposti a processo di solidificazione/stabilizzazione, vetrificati”) con una tassativa (“cioè rifiuti che, sottoposti a trattamento preliminare, ad esempio di solidificazione/stabilizzazione, vetrificazione, presentano un comportamento alla lisciviazione che non subisca alterazioni negative nel lungo periodo nelle condizioni di collocazione in discarica”). Per giungere a diverse conclusioni non può essere richiamata la sentenza del T.A.R. Veneto n. 2873/2010, resa con riguardo all’assetto normativo previgente.

33. Il quarto motivo si duole dell’impatto delle prescrizioni contenute nell’a.i.a. riesaminata sul piano economico-finanziario dell’impresa. In disparte ogni altra considerazione, a fronte di una modifica della normativa di riferimento la Regione non poteva che adeguare il contenuto dell’a.i.a. già rilasciata, ferma restando la possibilità per la Progeco Ambiente di rimodulare il proprio piano e, occorrendo di sottoporlo alla valutazione dell’ente.

34. Con il quinto e ultimo motivo la società deduce sotto vari profili la violazione di legge e l’eccesso di potere, perché sia la normativa nazionale che quella europea richiederebbero che il rifiuto pericoloso, per essere smaltito in una discarica ordinaria, sia stabile e non reattivo, non che sia reso tale. Ne risulterebbe anche violato il principio di proporzionalità.

34.1. E’ evidente che la censura si rivolge contro la nuova disciplina introdotta dal d.m. del 2015 che, peraltro non impugnato, è l’ultimo anello di una catena normativa che si avvia con la direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, e prosegue con il decreto legislativo n. 36/2003, che alla direttiva dà attuazione demandando a un decreto ministeriale la determinazione dei criteri di ammissione dei rifiuti in discarica (art. 7, comma 5) e non è sospettato di contrasto con la disciplina europea.

34.2. Anche tale censura, dunque, è da respingere.

35. La reiezione nel merito di tutti i motivi dell’appello comporta la reiezione della domanda risarcitoria, peraltro del tutto generica nell’an e nel quantum.

36. (ricorso n.r.g 2017/157). Ancora in via preliminare, il Collegio respinge l’eccezione di inammissibilità mossa dalla Regione Veneto avverso il ricorso di primo grado, motivata sulla mancata impugnazione degli atti presupposti (il decreto regionale n. 15/2016 e il decreto ministeriale 24 settembre 2015).

36.1. Come ha osservato correttamente il Tribunale territoriale, l’affermata legittimità di tali atti presupposti, il primo dei quali è peraltro oggetto di un separato giudizio, non fa venire meno l’interesse della società all’annullamento dell’ordinanza impugnata in questa sede nella parte in cui impone l’obbligo di rimozione dei rifiuti considerati non conferibili nella discarica gestita dall’appellante a far data dall’entrata in vigore del decreto ministeriale e non da quella dell’adozione dell’a.i.a. riesaminata.

37. Una volta dichiarato legittimo il decreto regionale n. 15/2016 all’esito dell’esame del ricorso n.r.g. 2016/8712, si manifesta infondata la prima censura proposta con il presente appello, incentrata sul vizio di invalidità derivata.

38. Il secondo motivo è fondato là dove contesta la declaratoria di inammissibilità, pronunziata dal T.A.R., per mancata impugnazione del decreto n. 15/2016 che già avrebbe indicato nel 26 settembre 2015, data di entrata in vigore del d.m., il termine a quo.

38.1. Sotto il profilo di specie, il decreto regionale è un pura comunicazione di avvio del procedimento, atto tipicamente endoprocedimentale, sprovvisto di autonoma efficacia lesiva e insuscettibile di autonoma impugnazione. Atto lesivo è la sola ordinanza n. 209473/2016, provvedimento conclusivo del procedimento di riesame avviato, che l’appellante ha tempestivamente impugnato.

38.2. Nel merito, il motivo – ora vagliato con la cognizione piena propria della fase di merito – è infondato.

38.3. Come prima si è visto, la disciplina di settore prevede il riesame dell’a.i.a al verificarsi di determinati eventi, quale la sopravvenienza di una nuova normativa. Nel frattempo, “fino alla pronuncia dell’autorità competente in merito al riesame, il gestore continua l’attività sulla base dell’autorizzazione in suo possesso” (art. 29 octies, ultimo comma, del codice dell’ambiente).

38.4. Nulla è nella disposizione che possa far supporre l’intento del legislatore di incidere sul momento dell’efficacia del decreto ministeriale, che – come non è contestato fra le parti – è entrato in vigore il 26 settembre 2015. La ricordata disposizione dell’art. 29 octies significa solo che il conferimento di rifiuti non consentiti sino al rilascio dell’a.i.a. riesaminata non dà luogo all’applicazione di sanzioni, non anche – come invece pretende la società appellante – che possano permanere in discarica rifiuti ormai vietati in base a una disciplina generale nuova e conosciuta (o almeno obiettivamente conoscibile), a fronte della quale non può sussistere in capo all’operatore del settore alcun affidamento tutelabile a proseguire l’attività di gestione sulla base e nei termini di una normativa non più vigente. Deve perciò ritenersi che la nuova autorizzazione, quanto alle prescrizioni e alle limitazioni imposte, sia solo dichiarativa (e non costitutiva) di una regolamentazione posta dal d.m. con efficacia diretta e immediata, anche perché una diversa ricostruzione del sistema condurrebbe a una inammissibile applicazione del d.m. “a chiazze di leopardo”, rendendo incerta e ondivaga l’efficacia di una normativa di tutela che, a salvaguardia di valori primari come la salute e l’ambiente, deve essere necessariamente osservata in modo uniforme in tutto il territorio dello Stato.

39. Con l’ultimo motivo, la società propone doglianze che – come ha correttamente rilevato il T.A.R. – investono in realtà il decreto di riesame dell’a.i.a., una volta adottato il quale l’ordinanza di rimozione non implica una nuova valutazione delle caratteristiche dei rifiuti conferiti e della loro pericolosità per la salute e per l’ambiente, ha carattere strettamente consequenziale e costituisce anzi atto dovuto.

39.1. Il motivo è perciò infondato.

40. La reiezione nel merito di tutti i motivi dell’appello comporta la reiezione della domanda risarcitoria, che andrebbe in ogni caso respinta sia perché è mancata qualunque allegazione e prova dell’an, sia perché l’ordinanza cautelare della Sezione ha sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato, cosicché l’ordine di rimozione non appare essere stato eseguito.

41. Dai rilievi che precedono discende che entrambi gli appelli sono integralmente infondati e vanno perciò respinti, con conferma delle impugnate sentenze del T.A.R. per il Veneto n. 990/2016 e n. 1405/2016, quest’ultima con motivazione parzialmente diversa.

42. Quanto al ricorso n.r.g 2016/8712, le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate in dispositivo, tenuto conto dei criteri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55, in favore della Provincia di Verona e della Regione Veneto.

Vista la novità della questione, le spese di lite relative al ricorso n.r.g. 2017/157 possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge e, per l’effetto, conferma le impugnate sentenze del T.A.R. per il Veneto n. 990/2016 e n. 1405/2016, quest’ultima con motivazione parzialmente diversa.

Quanto alle spese di giudizio:

quanto al ricorso n.r.g 2016/8712, condanna la società al pagamento delle spese in favore della Provincia di Verona e della Regione Veneto nell’importo di euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A.), per ciascuno degli enti;

compensa fra le parti le spese relative al ricorso n.r.g. 2017/157.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere

L’ESTENSORE
Giuseppe Castiglia
        
IL PRESIDENTE
Antonino Anastasi
        
        
IL SEGRETARIO

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