AMBIENTE IN GENERE – Personale ARPA – Art. 31, c. 4, l.r. Basilicata n. 37/2015 – Riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria – Illegittimità costituzionale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Gennaio 2017
Numero: 8
Data di udienza: 6 Dicembre 2016
Presidente: Grossi
Estensore: Zanon
Premassima
AMBIENTE IN GENERE – Personale ARPA – Art. 31, c. 4, l.r. Basilicata n. 37/2015 – Riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria – Illegittimità costituzionale.
Massima
CORTE COSTITUZIONALE – 13 gennaio 2017, n. 8
AMBIENTE IN GENERE – Personale ARPA – Art. 31, c. 4, l.r. Basilicata n. 37/2015 – Riconoscimento della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria – Illegittimità costituzionale.
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria». Ufficiali o agenti di polizia giudiziaria possono infatti essere solo i soggetti indicati all’art. 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nonché quelli ai quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art. 55 del medesimo codice, fonti che non possono che essere statali.
Pres. Grossi, Est. Zanon – Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Basilicata
Allegato
Titolo Completo
CORTE COSTITUZIONALE – 13 gennaio 2017, n. 8SENTENZA
CORTE COSTITUZIONALE – 13 gennaio 2017, n. 8
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Paolo GROSSI Presidente
– Giorgio LATTANZI Giudice
– Aldo CAROSI ”
– Marta CARTABIA ”
– Giancarlo CORAGGIO ”
– Giuliano AMATO ”
– Silvana SCIARRA ”
– Daria de PRETIS ”
– Nicolò ZANON ”
– Augusto Antonio BARBERA ”
– Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-17 novembre 2015, depositato in cancelleria il 17 novembre 2015 e iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 6 dicembre 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
udito l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 12-17 novembre 2015, depositato il 17 novembre 2015 e iscritto al n. 100 del registro ricorsi 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
1.1.– Ricorda, anzitutto, il ricorrente che la legge reg. Basilicata n. 37 del 2015 disciplina l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Basilicata (d’ora in avanti: ARPAB), ente che era già stato istituito dalla legge della Regione Basilicata 19 maggio 1997, n. 27 (Istituzione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata. A.R.P.A.B.); che tra le attività istituzionali obbligatorie svolte dall’Agenzia vi sono quelle di prevenzione, di monitoraggio e di controllo ambientale (elencate all’art. 6 della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015); e che il personale addetto a tali attività è individuato, con proprio atto, dal direttore generale dell’ARPAB (art. 31, comma 1, legge reg. Basilicata n. 37 del 2015).
In tale quadro normativo, il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 31 della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015, il quale, dopo aver stabilito che «[a]l personale dell’A.R.P.A.B., incaricato dell’espletamento delle funzioni di vigilanza e controllo si applicano le disposizioni sul personale ispettivo di cui all’articolo 2-bis del D.L. 4 dicembre 1993, n. 496 convertito con modificazioni nella legge 21 gennaio 1994, n. 61», prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria». Secondo il ricorrente tale disposizione, nella parte in cui attribuisce al personale dell’ARPAB, nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, «la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria», sconfinerebbe in ambiti riservati alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il quale affida alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale».
Sono richiamate la sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2003, nella quale sarebbe stato affermato che l’attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale, e le successive sentenze n. 167 del 2010 e n. 35 del 2011, con cui sono state dichiarate costituzionalmente illegittime norme regionali che attribuivano agli addetti della polizia locale la qualifica di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria. La Corte costituzionale avrebbe, dunque, in più occasioni affermato che il codice di procedura penale, agli artt. 55 e 57, concepisce la polizia giudiziaria quale «soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero)» proprio nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione penale disposta dalla lettera l) del secondo comma dell’art. 117 Cost., con l’inevitabile conseguenza di sottrarre al legislatore regionale qualsiasi possibilità di attribuire la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
Osserva, quindi, il ricorrente che la possibilità da ultimo ricordata non potrebbe trovare fondamento nella potestà legislativa residuale riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario in ordine alla polizia amministrativa locale, né la disposizione impugnata potrebbe «trovare emenda» nel richiamo, contenuto nell’art. 31, comma 4, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015, all’art. 2-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 gennaio 1994, n. 61, il quale detta disposizioni sul personale ispettivo dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente.
L’Avvocatura generale dello Stato conclude ricordando quanto affermato dalla Corte costituzionale nella già menzionata sentenza n. 35 del 2011, ossia che il problema in discussione non è stabilire se la legge regionale impugnata sia o non sia conforme a quella statale, ma, ancora prima, se essa sia competente a disporre il riconoscimento delle qualifiche di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
2.– La Regione Basilicata non si è costituita in giudizio.
3.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato dà atto dell’avvenuta abrogazione dell’art. 31, comma 4, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015 da parte dell’art. 10 della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016).
Essa ritiene, tuttavia, che non sussistano le condizioni per una pronuncia di cessazione della materia del contendere. Mentre la novella sarebbe certamente satisfattiva delle ragioni del ricorrente, non vi sarebbe invece prova della mancata applicazione della norma abrogata. L’Avvocatura generale dello Stato, sul punto, osserva che, nonostante la disposizione censurata sia rimasta in vigore per un lasso temporale «non eccessivo in termini assoluti», essa è di immediata applicazione e – anche in difetto di contrarie allegazioni da parte della Regione Basilicata, non costituitasi in giudizio – è presumibile che abbia prodotto effetti.
Non potrebbe, dunque, escludersi – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – che al personale dell’ARPAB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, sia stata attribuita la qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria già all’indomani dell’entrata in vigore della disposizione impugnata, e che, dunque, sulla base di essa siano stati adottati atti incidenti sulla libertà o sui beni dei cittadini, i quali, in difetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale, non sarebbero travolti dalla sopravvenuta abrogazione, che non ha efficacia retroattiva.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che il personale dell’ARPAB, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
Secondo il ricorrente la disposizione costituzionale da ultimo citata, affidando alla legge statale la materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», sottrarrebbe al legislatore regionale qualsiasi possibilità di attribuire ai funzionari dell’Agenzia regionale la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
2.– Successivamente alla proposizione del ricorso, la Regione Basilicata ha approvato la legge regionale 4 marzo 2016, n. 5 (Collegato alla Legge di stabilità regionale 2016), nella quale è disposta, all’art. 10, comma 2, l’abrogazione della disposizione impugnata (art. 31, comma 4, ultimo periodo, della legge reg. Basilicata n. 37 del 2015).
Come rilevato dall’Avvocatura generale dello Stato, non sussistono, tuttavia, le condizioni per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è a tal fine necessario il concorso di due requisiti: lo ius superveniens deve avere carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e le disposizioni censurate non devono avere avuto medio tempore applicazione (ex multis, sentenze n. 257, n. 253, n. 242, n. 199, n. 185, n. 155, n. 147, n. 101 e n. 39 del 2016).
Nel caso ora in esame, l’abrogazione dell’intera disposizione impugnata risulta satisfattiva delle ragioni del ricorrente.
Non sussistono, invece, elementi che dimostrino la sua mancata applicazione medio tempore o che ragionevolmente possano indurre ad escluderla. Essa è rimasta in vigore per un lasso di tempo relativamente contenuto (dal 1° ottobre 2015 al 5 marzo 2016), ma, indipendentemente da ciò, rileva, in primo luogo, la sua natura auto-applicativa (ex multis, sentenze n. 149 e n. 16 del 2015) e, in secondo luogo, la circostanza che la disposizione impugnata si pone in parziale continuità normativa con quanto previsto dalla precedente legge reg. Basilicata 19 maggio 1997, n. 27 (Istituzione dell’Agenzia regionale per l’ambiente della Basilicata. A.R.P.A.B.), la quale – all’art. 3, comma 2, ultimo periodo – prevedeva che «[i]l Direttore dell’A.R.P.A.B. con proprio atto individua il personale che ai fini dell’espletamento delle attività di istituto deve disporre della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria». Pur se le due disposizioni recano formulazioni non coincidenti, esse mirano allo stesso obbiettivo, cioè attribuire al personale dell’ARPAB la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. E anche tale parziale continuità normativa induce a non escludere che la disposizione ora impugnata abbia trovato applicazione nel territorio regionale.
3.– Nel merito, la questione è fondata.
Accanto a quella effettivamente impugnata, altre leggi regionali hanno affrontato il problema qui in discussione, con formulazioni diverse ma convergenti nel disporre che al personale delle agenzie sia possibile attribuire la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria (con attribuzione diretta ex lege, ovvero affidando ad una autorità amministrativa la concreta individuazione dei funzionari muniti della qualifica). Tale scelta si spiega con l’obiettivo di rendere maggiormente efficace l’attività ispettiva in materia ambientale, in un contesto normativo statale che, anteriormente alla riforma recata dall’art. 14, comma 7, della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), si prestava ad opposte interpretazioni in ordine all’esistenza di una fonte (appunto, statale) idonea ad attribuire al personale ispettivo delle agenzie la qualifica in questione (si vedano, da un lato, Consiglio di Stato – sezione seconda consultiva, adunanza di sezione del 23 maggio 2012; dall’altro, Corte di cassazione, sezione terza penale, 3-28 novembre 2016, n. 50352, che offrono contrastanti soluzioni sulla possibilità di fondare l’attribuzione in parola sull’art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale», sugli artt. 03, 2-bis, e 5 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, recante «Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, e, infine, sul decreto del Ministro della sanità 17 gennaio 1997, n. 58, recante «Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro»). Attualmente, il delicato problema è stato risolto dal ricordato art. 14, comma 7, della legge statale n. 132 del 2016, che autorizza i legali rappresentanti delle agenzie regionali per la protezione ambientale a individuare e nominare, tra il personale ispettivo, i dipendenti che, nell’esercizio delle loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria.
Anche a prescindere dall’opportuna soluzione ora introdotta dal legislatore competente, la disposizione impugnata è in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 35 del 2011, n. 167 del 2010 e n. 313 del 2003), elaborata in relazione a disposizioni di leggi regionali che attribuivano la qualifica in discussione al personale della polizia locale o del corpo forestale regionale. Essa ha sempre affermato che ufficiali o agenti di polizia giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati all’art. 57, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, nonché quelli ai quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art. 55 del medesimo codice, aggiungendo che le fonti da ultimo richiamate non possono che essere statali. Ciò perché le funzioni in esame ineriscono all’ordinamento processuale penale, che configura la polizia giudiziaria «come soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in cui si esprime la funzione giurisdizionale (il pubblico ministero)» (così, in particolare, la sentenza n. 35 del 2011).
Gli stessi principi vanno affermati in relazione all’attribuzione della qualifica in questione, operata da legge regionale, al personale ispettivo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Regione Basilicata. Ne consegue l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. della disposizione impugnata, in quanto invasiva della competenza esclusiva statale in materia di giurisdizione penale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, della legge della Regione Basilicata 14 settembre 2015, n. 37, recante «Riforma Agenzia Regionale per l’Ambiente di Basilicata (A.R.P.A.B.)», nella parte in cui prevede che «[n]ell’esercizio delle funzioni di vigilanza tale personale riveste anche la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2017.