CAVE E MINIERE – Titoli concessori minerari – D.M. 25/03/2015 – Conflitto di attribuzione tra Ministero dello sviluppo economico e Regioni – Fondatezza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Luglio 2017
Numero: 198
Data di udienza: 4 Luglio 2017
Presidente: Grossi
Estensore: Carosi
Premassima
CAVE E MINIERE – Titoli concessori minerari – D.M. 25/03/2015 – Conflitto di attribuzione tra Ministero dello sviluppo economico e Regioni – Fondatezza.
Massima
CORTE COSTITUZIONALE – 14 luglio 2017, n. 198
CAVE E MINIERE – Titoli concessori minerari – D.M. 25/03/2015 – Conflitto di attribuzione tra Ministero dello sviluppo economico e Regioni – Fondatezza.
In tema di titoli concessori minerari, non spettava allo Stato e per esso al Ministro dello sviluppo economico adottare il decreto del 25 marzo 2015 (oggi sostituito ed abrogato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 dicembre 2016, recante “Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale”) senza adeguato coinvolgimento delle Regioni.
Pres. Grossi, Est. Carosi – Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Abruzzo
Allegato
Titolo Completo
CORTE COSTITUZIONALE - 14 luglio 2017, n. 198SENTENZA
CORTE COSTITUZIONALE – 14 luglio 2017, n. 198
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Paolo GROSSI Presidente
– Giorgio LATTANZI Giudice
– Aldo CAROSI ”
– Marta CARTABIA ”
– Giancarlo CORAGGIO ”
– Giuliano AMATO ”
– Silvana SCIARRA ”
– Daria de PRETIS ”
– Nicolò ZANON ”
– Franco MODUGNO ”
– Augusto Antonio BARBERA ”
– Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), promosso dalla Regione Abruzzo con ricorso notificato il 2 luglio 2015, depositato in cancelleria il 16 luglio 2015 ed iscritto al n. 6 del registro conflitti tra enti 2015.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico;
udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2017 il giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato Francesca Lalli per la Regione Abruzzo e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri e per il Ministro dello sviluppo economico.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 2 luglio 2015, depositato il 16 luglio 2015 ed iscritto al reg. confl. enti n. 6 del 2015, la Regione Abruzzo ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico, in relazione al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 6 maggio 2015, n. 103.
Ad avviso della ricorrente, il menzionato decreto violerebbe le competenze ad essa attribuite dagli articoli 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
Anzitutto la Regione sostiene che il decreto, attuativo dell’art. 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive) – convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 – già oggetto di impugnazione con due precedenti ricorsi (iscritti ai numeri 2 e 35 del r.r. del 2015), sarebbe illegittimo in quanto, incidendo sulle materie «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e «governo del territorio», realizzerebbe una chiamata in sussidiarietà a prescindere dal coinvolgimento regionale. Tale vulnus sarebbe accentuato dal fatto che l’art. 3, comma 14, del decreto impugnato consentirebbe la conversione dei precedenti titoli minerari nel titolo concessorio unico o direttamente il rilascio di quest’ultimo, sebbene l’art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014 subordinasse tale evenienza al piano delle aree disponibili per le attività minerarie, da adottarsi d’intesa con la Conferenza unificata per quelle sulla terraferma. Dunque, il coinvolgimento regionale non sarebbe avvenuto neppure per tale via.
La ricorrente, pertanto, conclude nel senso che, previa sospensiva, venga dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al Ministro dello sviluppo economico, adottare il decreto gravato senza il coinvolgimento regionale, con conseguente annullamento dello stesso.
2.– Con atto depositato l’11 agosto 2015 si sono costituiti in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.
I resistenti negano che il decreto consenta il rilascio di titoli concessori unici o la conversione di quelli precedenti prima dell’adozione del piano delle aree. Esso costituirebbe puntuale attuazione dell’art. 38 del d.l. n. 133 del 2014, senza realizzare un’autonoma lesione alle prerogative regionali, con conseguente inammissibilità del conflitto.
Peraltro, anche a condividere l’assunto della ricorrente, il coinvolgimento regionale nel rilascio dei titoli minerari sarebbe assicurato, per quanto riguarda le attività sulla terraferma, dall’art. 3, commi 2 e 14, del decreto ministeriale, onde l’infondatezza del conflitto.
3.– Con memoria illustrativa depositata il 31 maggio 2017 la Regione Abruzzo ha sottolineato come il decreto ministeriale contestato trovi fondamento nell’art. 38 del d.l. n. 133 del 2014, oggetto di autonoma impugnativa, con la conseguenza che l’illegittimità costituzionale di quest’ultimo si riverbererebbe sul primo. Inoltre, la ricorrente evidenzia che, pur se il sopravvenuto decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 dicembre 2016 (Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale) ha sostituito il precedente, abrogandolo, tale circostanza non avrebbe rilievo nel presente giudizio, in quanto il decreto censurato avrebbe ricevuto applicazione medio tempore.
Con memoria illustrativa depositata il 13 giugno 2017 il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dello sviluppo economico, evidenziata la sopravvenuta abrogazione del decreto impugnato, hanno ribadito che il rilascio del titolo concessorio unico è subordinato al raggiungimento di un’intesa in senso forte con la Regione interessata e che il decreto censurato si limita a confermare quanto previsto dall’art. 38 del d.l. n. 133 del 2014. Di qui l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza del conflitto.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe la Regione Abruzzo ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dello sviluppo economico, in relazione al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164).
Secondo la ricorrente, il decreto, attuativo dell’art. 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sarebbe illegittimo in quanto, dettando le modalità di conferimento del titolo concessorio unico e di esercizio della attività relative ed incidendo, così, sulle materie «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e «governo del territorio», realizzerebbe una chiamata in sussidiarietà a prescindere dal coinvolgimento regionale. Tale vulnus sarebbe accentuato dal fatto che l’art. 3, comma 14, del decreto ministeriale consentirebbe la conversione dei precedenti titoli minerari nel titolo concessorio unico o direttamente il rilascio di quest’ultimo, sebbene l’art. 38, comma 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014 subordinasse tale evenienza al piano delle aree disponibili per le attività minerarie, da adottarsi d’intesa con la Conferenza unificata per quelle sulla terraferma. Di qui la lesione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117, terzo comma, e 118 della Costituzione.
2.– Preliminarmente, il ricorso è inammissibile nella parte in cui solleva conflitto di attribuzione anche nei confronti del Ministro dello sviluppo economico, oltre che del Presidente del Consiglio dei ministri.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, «l’unico soggetto legittimato a rappresentare lo Stato nel giudizio per conflitto di attribuzione proposto dalle regioni (o dalle province autonome) è il Presidente del Consiglio dei ministri» (ex plurimis, sentenza n. 355 del 1992).
3.– Nelle more del giudizio il decreto impugnato è stato sostituito ed abrogato dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 dicembre 2016 (Disciplinare tipo per il rilascio e l’esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale).
Si deve anzitutto escludere che tale circostanza determini l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse o la cessazione della materia del contendere, stante l’irrilevanza delle sopravvenienze di fatto, come l’esaurimento degli effetti dell’atto censurato. Infatti, da un lato, «nei conflitti di attribuzione sussiste comunque – anche dopo l’esaurimento degli effetti dell’atto impugnato – un interesse all’accertamento, il quale trae origine dall’esigenza di porre fine – secondo quanto disposto dall’art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) – ad una situazione di incertezza in ordine al riparto costituzionale delle attribuzioni» (sentenza n. 9 del 2013; nello stesso senso, sentenza n. 260 del 2016); dall’altro, poiché per il periodo anteriore alla cessazione degli effetti (nella fattispecie, per abrogazione) «permane l’efficacia del decreto […] impugnato, non sono venute meno le ragioni del conflitto» (sentenza n. 334 del 2006; nello stesso senso, sentenze n. 432 del 1994 e n. 289 del 1993).
Parimenti, si deve escludere che le censure svolte dalle ricorrenti possano essere estese al successivo decreto ministeriale, sostitutivo di quello impugnato, che costituisce un autonomo e distinto provvedimento e, pur avendo stesso oggetto e finalità, non presenta contenuto precettivo del tutto identico (sentenza n. 222 del 2006).
4.– Nel merito, il conflitto di attribuzione è fondato.
Unitamente ad altre ricorrenti, la Regione Abruzzo ha impugnato in via principale l’art. 38, comma 7, del d.l. n. 133 del 2014, ai sensi del quale il decreto ministeriale contestato è stato adottato.
Tale disposizione è stata dichiarata illegittima (sentenza n. 170 del 2017) per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. nella parte in cui non prevedeva un adeguato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento finalizzato all’adozione del decreto ministeriale, recante il disciplinare tipo con cui dovevano essere stabilite le modalità di conferimento del titolo concessorio unico, nonché i modi di esercizio delle relative attività.
Una volta eliminato, mediante la menzionata addizione, il vulnus arrecato dalla norma legislativa alla base del decreto, quest’ultimo, essendo stato adottato a prescindere dal coinvolgimento regionale, risulta autonomamente e direttamente lesivo delle attribuzioni costituzionali della ricorrente (sentenza n. 103 del 2016), realizzando una chiamata in sussidiarietà senza il rispetto delle garanzie previste dai parametri evocati.
Da ciò discende che non spettava allo Stato e per esso al Ministro dello sviluppo economico adottare il decreto impugnato senza adeguato coinvolgimento delle Regioni. Ne consegue l’annullamento dello stesso.
5.– L’istanza di sospensione, formulata dalla Regione Abruzzo nel ricorso introduttivo, rimane assorbita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara che non spettava allo Stato e per esso al Ministro dello sviluppo economico adottare il decreto del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) senza adeguato coinvolgimento delle Regioni;
2) annulla, per l’effetto, il decreto ministeriale indicato al punto che precede.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2017.