Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 110 | Data di udienza: 5 Aprile 2016

DIRITTO DELL’ENERGIA – Terminali di rigassificazione, gasdotti e stoccaggi di gas naturale – Art. 37, cc. 1 e 2, lett. a), c) e c-bis) , d.l. n. 133/2014 – Opere di interesse strategico, priorità a carattere nazionale e pubblica utilità, indifferibilità e urgenza – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Maggio 2016
Numero: 110
Data di udienza: 5 Aprile 2016
Presidente: Grossi
Estensore: Zanon


Premassima

DIRITTO DELL’ENERGIA – Terminali di rigassificazione, gasdotti e stoccaggi di gas naturale – Art. 37, cc. 1 e 2, lett. a), c) e c-bis) , d.l. n. 133/2014 – Opere di interesse strategico, priorità a carattere nazionale e pubblica utilità, indifferibilità e urgenza – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.



Massima

 

CORTE COSTITUZIONALE – 20 maggio 2016, n. 110


DIRITTO DELL’ENERGIA – Terminali di rigassificazione, gasdotti e stoccaggi di gas naturale – Art. 37, cc. 1 e 2, lett. a), c) e c-bis) , d.l. n. 133/2014 – Opere di interesse strategico, priorità a carattere nazionale e pubblica utilità, indifferibilità e urgenza – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 1 e 2, lettere a), c) e c)-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, che qualifica di interesse strategico, priorità a carattere nazionale e di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, «i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».


Pres. Grossi, Est. Zanon – Q.l.c. promossa dalle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE COSTITUZIONALE – 20 maggio 2016, n. 110

SENTENZA

 

CORTE COSTITUZIONALE – 20 maggio 2016, n. 110


REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Paolo GROSSI;

Giudici : Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO,

Giorgio LATTANZI,

Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA,

Mario Rosario MORELLI,

Giancarlo CORAGGIO,

Giuliano AMATO,

Silvana SCIARRA,

Daria de PRETIS,

Nicolò ZANON,

Franco MODUGNO,

Augusto Antonio BARBERA,

Giulio PROSPERETTI,

ha pronunciato la seguente


SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 37, commi 1 e 2, lettere a), c) e c)-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, promossi dalle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria con ricorsi notificati il 29-30 dicembre 2014, il 9-14 gennaio 2015 e il 12-13 gennaio 2015, depositati in cancelleria il 7, il 15 ed il 21 gennaio 2015 e iscritti, rispettivamente, ai nn. 2, 4, 5 e 14 del registro ricorsi del 2015.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli atti di intervento dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong e dell’Associazione “Amici del Parco Archeologico di Pantelleria”;
udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la Regione Marche e per la Regione Puglia, Francesca Lalli per la Regione Abruzzo, Graziano Pungì per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Paolo Grasso per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto

1.― Con ricorso notificato il 29-30 dicembre 2014 e depositato il 7 gennaio 2015 (reg. ric. n. 2 del 2015), la Regione Abruzzo ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, denunciandone il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché con il principio di leale collaborazione.
Parte ricorrente, preliminarmente, ritiene lesiva la scelta di qualificare di interesse strategico, priorità a carattere nazionale e di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), «i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse». Infatti, si realizzerebbe in tal modo un’attrazione, nell’ambito di una competenza statale esclusiva, della materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», con violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre, l’attribuzione del carattere «di interesse strategico», secondo la Regione, risulterebbe assolutamente generica e carente della fissazione dei presupposti necessari ad individuarne specificamente l’ambito di applicazione.
Le disposizioni denunciate avrebbero configurato una «chiamata in sussidiarietà» in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», appunto riservata alla competenza legislativa concorrente, senza l’imprescindibile intesa con le Regioni territorialmente interessate.
La Regione Abruzzo, sempre in premessa, ritiene, altresì, che non ricorrano, e comunque non siano indicati, i presupposti di necessità e urgenza (art. 77, secondo comma, Cost.) che dovrebbero sostenere l’inserimento della disposizione impugnata in un decreto-legge. Tali presupposti sarebbero infatti richiamati dal Governo con formulazioni meramente apodittiche e, in ogni caso, non rispondenti ai criteri che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale (è citata la sentenza n. 220 del 2013), legittimerebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza. Ancora, l’impugnato art. 37, comma 1, del decreto-legge in questione, non conterrebbe «misure di immediata applicazione», secondo quanto prescritto dall’art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), evidenziandosi, anche sotto questa prospettiva, una violazione dell’art. 77 Cost.
Tanto premesso, la Regione Abruzzo evidenzia, in primo luogo, che la materia disciplinata dall’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, rientrerebbe nell’ambito della legislazione concorrente; da ciò conseguirebbe l’illegittimità costituzionale della previsione, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
In secondo luogo, la norma impugnata si porrebbe in contrasto anche con l’art. 118, primo comma, Cost. e con il principio di leale collaborazione, nella parte in cui, in materia appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture in questione la qualifica di opere di interesse strategico, senza una previa intesa con le Regioni interessate. Inoltre, l’assoluta genericità della norma censurata renderebbe impossibile individuare l’esatta tipologia delle infrastrutture da autorizzare, così come il mancato coinvolgimento delle amministrazioni regionali non consentirebbe di valutare il grado di impatto, attuale e futuro, delle opere in questione sui territori interessati dalla loro realizzazione.
La Regione Abruzzo sostiene che l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, anziché aumentare la sicurezza di approvvigionamento di energia (come proclamato dalla stessa disposizione), avrebbe, quale unico effetto, quello di moltiplicare le infrastrutture in questione, senza consentire che, a monte, venga effettuata una doverosa valutazione – costituzionalmente di spettanza delle Regioni interessate – delle necessità e delle priorità, come anche dell’impatto ambientale, sociale ed economico di ciascuna opera.
Alla luce di tali considerazioni, la Regione ricorrente eccepisce la violazione del principio di leale collaborazione, il quale, per l’individuazione e la realizzazione delle opere in questione, imporrebbe il rispetto di una procedura articolata, a struttura necessariamente bilaterale, tale da assicurare lo svolgimento di reiterate trattative: una procedura comunque non superabile attraverso l’unilaterale decisione di una delle parti.
Inoltre, l’avocazione in sussidiarietà da parte dello Stato di competenze concernenti l’individuazione e la realizzazione degli interventi in materia di produzione, trasmissione e distribuzione nazionale dell’energia sarebbe legittima, ai sensi dell’art. 118, primo comma, Cost., solo se derivante da un giudizio positivo sulla proporzionalità degli interventi stessi.
Nel caso di specie, secondo la Regione ricorrente, il principio di proporzionalità non sarebbe rispettato, limitandosi la disposizione censurata a qualificare come di «natura strategica» le infrastrutture indicate all’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, senza prevedere alcuna forma di coordinamento con i territori interessati dalla realizzazione di dette infrastrutture (sono richiamate le sentenze n. 117 del 2013 e n. 165 del 2011 della Corte costituzionale).
La Regione Abruzzo, a conforto della propria tesi, richiama la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica l’illegittimità di una norma contenente la drastica previsione del rilievo decisivo della volontà di una sola delle parti. Pertanto, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, non sarebbe legittima, di per sé, l’assunzione unilaterale di un provvedimento; dovendosi, invece, prevedere procedure di reiterazione delle trattative, eventualmente anche con l’impiego di specifici strumenti di mediazione (in proposito parte ricorrente richiama la sentenza n. 239 del 2013).
Al contrario, la disposizione ora impugnata non prevederebbe alcun sollecito nei confronti delle Regioni, né altre procedure di reiterazione delle trattative, prima di consentire l’avocazione delle competenze in favore dello Stato, né consentirebbe, infine, la partecipazione della Regione alle fasi preparatorie del provvedimento statale (sono richiamate le sentenze n. 165 e n. 33 del 2011 della Corte costituzionale).
2.― Con ricorso, notificato il 9-14 gennaio 2015 e depositato il successivo 15 gennaio, la Regione Marche (reg. ric. n. 4 del 2015) ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
Secondo la Regione ricorrente, la disposizione censurata violerebbe, anzitutto, le competenze legislative della Regione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di «governo del territorio», nonché le competenze amministrative che alla medesima spettano in base al principio di sussidiarietà ex art. 118, primo comma, Cost.
Tale disposizione, infatti, dispone una modifica dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, all’esito della quale risulterebbe necessario procedere all’acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 del citato art. 52-quinquies, e non anche per «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», per le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti» e per le relative «opere connesse», come aggiunti al suddetto comma 2, dall’impugnato art. 37, comma 2, lettera a), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
Secondo la Regione ricorrente, il descritto risultato lesivo deriverebbe dalla circostanza che l’intervento normativo avrebbe condotto alla modifica del comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, includendosi tra le infrastrutture energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dal medesimo comma «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse». Invece, nel comma 5 dello stesso art. 52-quinquies, la previsione della necessaria intesa con le Regioni interessate sarebbe rimasta invariata, sicché essa varrebbe solo ed esclusivamente per il rilascio dell’autorizzazione relativa alle «infrastrutture energetiche lineari».
Osserva la ricorrente che l’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 è stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis) del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale ha introdotto la previsione che il rilascio dell’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 dell’art. 52-quinquies avvenga «previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
Risulterebbe, dunque, evidente che, mentre il comma 2 del citato art. 52-quinquies sarebbe stato «aggiornato», includendo tra le infrastrutture energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dalla medesima disposizione «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», il comma 5 del medesimo art. 52-quinquies continuerebbe a prevedere l’intesa con le Regioni interessate solo ed esclusivamente per l’autorizzazione relativa alle «infrastrutture energetiche lineari». Di conseguenza, osserva la ricorrente, la necessaria acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata non sarebbe prevista in relazione, appunto, ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse.
L’assetto normativo derivante dal disposto delle lettere a) e c-bis) del comma 2 dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, sarebbe, dunque, incostituzionale, perché gli ambiti sui quali intervengono le impugnate disposizioni sono affidate dall’art. 117, terzo comma, Cost. alla competenza legislativa concorrente regionale, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di «governo del territorio», entro il limite dei principi fondamentali posti dalla legge dello Stato.
In virtù dell’ultima disposizione costituzionale citata, dunque, lo Stato, nelle materie in questione, risulterebbe legittimato a porre soltanto principi fondamentali e non discipline dettagliate e auto-applicative dell’azione amministrativa, quale si rivelerebbe invece quella censurata.
La Regione ricorrente richiama in proposito la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la legge statale può avocare al centro funzioni amministrative e, al contempo, regolarne l’esercizio, superando indenne lo scrutinio di legittimità costituzionale, purché siano previsti meccanismi che garantiscano un adeguato coinvolgimento collaborativo delle Regioni interessate, secondo quanto previsto dalla sentenza n. 303 del 2003 della Corte costituzionale.
La Regione Marche cita anche la sentenza n. 6 del 2004, in cui la Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che, «nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – la legislazione statale di questo tipo “può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà” (sentenza n. 303 del 2003)».
Ad avviso della ricorrente, la modifica in esame provocherebbe anche una lesione al principio di eguaglianza, a causa del diverso trattamento normativo che ne deriverebbe in relazione a fattispecie del tutto sovrapponibili, essendo del tutto simili le infrastrutture in questione. In relazione alle «infrastrutture lineari energetiche», infatti, la legge statale prevede correttamente la necessaria acquisizione dell’intesa con la Regione interessata, mentre ciò non accadrebbe per i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
3.― Con ricorso, notificato il 9-14 gennaio 2015 e depositato il successivo 15 gennaio, la Regione Puglia (reg. ric. n. 5 del 2015) ha impugnato, tra gli altri, l’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 3, primo comma, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
Secondo la Regione ricorrente, la disposizione censurata, modificando l’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 – per cui risulterebbe necessario procedere all’acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 del medesimo art. 52-quinquies e non anche per i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», come aggiunti al suddetto comma 2, dall’impugnato art. 37, comma 2, lettera a) del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – lederebbe le competenze legislative della Regione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di «governo del territorio», nonché le competenze amministrative che alla medesima spettano in base al principio di sussidiarietà ex art. 118, primo comma, Cost.
Secondo la Regione Puglia, il descritto risultato lesivo deriverebbe dalla circostanza che l’intervento normativo avrebbe condotto all’aggiornamento del solo comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, includendosi tra le infrastrutture lineari energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dal medesimo comma «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Invece, nel comma 5 del medesimo art. 52-quinquies, la previsione delle opere per le quali è necessaria l’intesa con le Regioni interessate sarebbe rimasta invariata, sicché essa varrebbe solo ed esclusivamente per il rilascio dell’autorizzazione relativa alle «infrastrutture lineari energetiche».
Invero, il comma da ultimo menzionato è stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale ha introdotto la previsione in base alla quale il rilascio dell’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 avvenga «previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
È rimasta, così, invariata la prima parte dell’art. 52-quinquies, comma 5, per la quale l’intesa con le Regioni interessate sarebbe limitata alle «infrastrutture lineari energetiche di cui al comma 2», tra cui non potrebbero rientrare «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», giacché si tratterebbe di infrastrutture distinte rispetto a quelle lineari energetiche ed inserite nel comma 2 dell’art. 52-quinquies, proprio in virtù dell’impugnato art. 37, comma 2, lettera a), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
In sostanza, quindi, con riferimento «[a]i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», non sarebbe prevista l’acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata.
Il delineato assetto normativo sarebbe incostituzionale perché le materie sulle quali interviene l’impugnata disposizione del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, vale a dire quelle della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e del «governo del territorio», sono affidate dall’art. 117, terzo comma, Cost. alla competenza legislativa concorrente regionale, nei limiti dei principi fondamentali posti dalla legge dello Stato.
La Regione ricorrente richiama in proposito la giurisprudenza costituzionale in base alla quale la legge statale può avocare al centro funzioni amministrative e, al contempo, regolarne l’esercizio, superando indenne lo scrutinio di legittimità costituzionale, purché siano previsti meccanismi che garantiscano un adeguato coinvolgimento collaborativo delle Regioni interessate, secondo quanto previsto dalla sentenza n. 303 del 2003.
La Regione Puglia cita anche la sentenza n. 6 del 2004, in cui la Corte costituzionale ha ulteriormente precisato che, «nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – la legislazione statale di questo tipo “può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà” (sentenza n. 303 del 2003)».
Ad avviso della ricorrente, la modifica in esame provocherebbe anche una lesione al principio di eguaglianza, a causa del diverso trattamento normativo che ne deriverebbe in relazione a fattispecie del tutto sovrapponibili, essendo del tutto simili le infrastrutture in questione. In relazione alle «infrastrutture lineari energetiche», infatti, la legge statale prevede correttamente la necessaria acquisizione dell’intesa con la Regione interessata, mentre ciò non accadrebbe per i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
4.― Con ricorso notificato il 12-13 gennaio 2015 e depositato il successivo 21 gennaio (reg. ric. n. 14 del 2015), la Regione Calabria, in forza del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 1 del 12 gennaio 2015, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, denunciandone il contrasto con gli artt. 2, 3, 114, 117, primo, terzo, quarto e quinto comma, e 118 Cost., nonché con i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
La Regione ricorrente sostiene, in particolare, che l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, consentirebbe la realizzazione delle infrastrutture in esso indicate in deroga alle procedure di valutazione ambientale, eliminando le ineludibili intese con le Regioni, con sostanziale lesione delle competenze legislative delle Regioni e di quelle amministrative e regolamentari degli enti locali interessati. Tale tecnica legislativa, in ragione dell’ampiezza e della indeterminatezza dell’intervento operato, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, terzo, quarto e quinto comma, e 118 Cost., risultando altresì violati i principi di leale collaborazione e sussidiarietà, in considerazione anche della particolare posizione di autonomia riconosciuta alla Regione rispetto agli altri enti locali dall’art. 114 Cost.
Parte ricorrente evidenzia che non intende dolersi della scelta, operata dal legislatore nazionale, di rilanciare la fonte energetica, la quale «esprime con ogni evidenza un principio comunitario della produzione dell’energia», né contestare la sussistenza delle condizioni che legittimano la chiamata in sussidiarietà, ma lamenta il difetto di un idoneo coinvolgimento regionale, conseguente a tale attrazione di competenza, mediante la soppressione della necessaria interlocuzione con le Regioni interessate.
Parte ricorrente ritiene che il carattere strategico e di pubblica utilità, assegnato indistintamente alle opere e agli interventi individuati nell’impugnato art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, sarebbe causa di illegittimità delle disposizioni contenute nei commi successivi, in virtù delle quali risulterebbe ridotta, se non eliminata, la partecipazione delle Regioni e degli enti locali ai procedimenti autorizzatori relativi alle opere in questione.
In particolare, secondo la ricorrente, a causa dell’avvenuta modifica del solo comma 2 e non anche del successivo comma 5 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, la previsione della necessaria intesa con le Regioni interessate varrebbe solo ed esclusivamente per il rilascio dell’autorizzazione relativa alle «infrastrutture lineari energetiche» e non con riferimento «[a]i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Ciò, peraltro, determinerebbe un’incomprensibile differenziazione della disciplina in tema di gasdotti, a seconda che gli stessi siano o meno inclusi tra quelli di cui all’art. 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), atteso che solo per quelli indicati in tale disposizione sarebbe prevista l’intesa con le Regioni. Tale differenziazione determinerebbe la violazione dell’art. 3 Cost.
La Regione Calabria, evidenzia, ancora, che l’autorizzazione disciplinata dall’art. 52-quinques del d.P.R. n. 327 del 2001, come novellato, estenderebbe i propri effetti su tutti i piani di gestione del territorio. Da tale considerazione deriverebbe il contrasto della norma impugnata con la legge 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000), in base alla quale la competenza a incidere sulla pianificazione territoriale è specificamente assegnata ai livelli decentrati di governo del territorio.
Inoltre, ogni intervento statale limitante la qualificata ed efficace partecipazione, da parte delle Regioni, ai procedimenti inerenti la ricordata pianificazione sarebbe gravemente lesivo dei diritti riconosciuti dall’art. 2 Cost., oltre che del principio di sussidiarietà e di quanto previsto dagli artt. 117, primo e terzo comma, e 118 Cost.
La Regione ricorrente ritiene, altresì, che l’introduzione, ai sensi dell’art. 37, comma 2, lettera c), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, di una procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze – mediante l’elencazione dei «soggetti interferenti» (titolari o gestori di beni e aree demaniali marittime, lacuali, fluviali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, ed altro), i quali, se interessati dal passaggio di gasdotti, partecipano al procedimento di autorizzazione, cadenzato da fasi e scadenze nelle quali assumerebbe preminenza la partecipazione attiva e preponderante dei soggetti privati interessati alla realizzazione dell’opera – inciderebbe sulle competenze assegnate nelle diverse materie oggetto di «interferenza» alle Regioni ed agli enti locali, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), realizzando così una «estrapolazione» di tali materie dall’intesa forte che anche su di esse dovrebbe essere raggiunta (sul tema sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).
4.1.― In data 13 aprile 2015, la difesa della Regione Calabria ha depositato la deliberazione n. 8 del 5 febbraio 2015, con la quale la Giunta regionale ha deliberato di «ratificare e confermare il decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 1 del 12 gennaio 2015».
5.― Nei giudizi originati dai ricorsi descritti, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo, con argomenti sostanzialmente coincidenti, l’infondatezza delle censure avanzate dalle Regioni ricorrenti.
5.1.― In ordine all’asserita violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., proposta dalla Regione Abruzzo, la difesa statale – richiamando la relativa giurisprudenza costituzionale – ne sostiene l’infondatezza. Essa osserva che, sotto il profilo finalistico, è agevole rinvenire la ratio unitaria posta a fondamento del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale risponderebbe ad obiettivi tutti allo stesso modo caratterizzati dal requisito dell’urgenza: vale a dire rilanciare le opere pubbliche e l’edilizia privata, nonché rafforzare la sicurezza e gli approvvigionamenti energetici del Paese.
Gli interventi normativi in questione, sebbene relativi a materie diverse, risponderebbero ad un unico nesso finalistico, ricavabile con facilità dallo stesso titolo del decreto-legge, che si propone di garantire «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive».
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, dalla lettura della relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, si ricaverebbe un’adeguata esposizione delle ragioni che hanno, nel caso, condotto all’utilizzo della decretazione d’urgenza. E, con specifico riguardo all’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, tali ragioni risulterebbero ampiamente motivate, essendo richiamata la urgente necessità di attribuire «carattere di interesse strategico» alle infrastrutture attraverso le quali il sistema italiano del gas naturale si approvvigiona all’estero, diversificando fonti e rotte di fornitura, rafforzando le capacità di trasporto e la capillarità della rete, anche in previsione di una maggiore interoperabilità con il sistema europeo del gas.
Non fondata sarebbe pure la doglianza relativa all’asserito difetto, nella disposizione impugnata, di «misure di immediata applicazione», secondo quanto prescritto dall’art. 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988. Infatti, la disciplina introdotta dall’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014 sarebbe tale da novellare le procedure autorizzative concernenti le relative infrastrutture, risultando tali procedure immediatamente applicabili, senza che occorra un ulteriore intervento normativo di tipo regolamentare, volto a dare attuazione alla disciplina legislativa in esame.
5.2.― Per quanto riguarda la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., prospettata da tutte le Regioni ricorrenti, l’Avvocatura generale dello Stato rileva che la ricostruzione del principio di leale collaborazione fornita dalle ricorrenti – in ragione della quale l’introduzione di una legislazione statale di dettaglio, in materie devolute alla competenza concorrente, dovrebbe in ogni caso risultare preceduta da un’intesa dello Stato con i livelli di governo regionali – risulterebbe contrastante con quella fornita dalla Corte costituzionale, quale desumibile dalla sentenza n. 6 del 2004.
Ricorda l’Avvocatura generale dello Stato che, in tale pronuncia, la Corte ha affermato che, per poter attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, la legge statale «deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali». In altri termini, la previsione di un’intesa tra Stato e Regioni, in riferimento ad una disciplina statale che intervenga in materia attribuita alla competenza concorrente, non sarebbe indispensabile ai fini della legittimità costituzionale della legge statale, laddove quest’ultima preveda, da parte sua, «adeguati meccanismi di cooperazione» tra i vari livelli di governo nell’esercizio concreto delle funzioni amministrative.
La disposizione impugnata, peraltro, pur introducendo una serie di semplificazioni nei procedimenti autorizzativi riferiti alle infrastrutture lineari energetiche di cui all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, continuerebbe a tutelare adeguatamente la posizione delle Regioni interessate nonché degli enti locali nel cui territorio ricadono le infrastrutture stesse. Infatti, in base al comma 5 dell’articolo da ultimo richiamato (così come modificato dall’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito), per le infrastrutture lineari energetiche «l’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 è adottato d’intesa con le Regioni interessate, previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, in sostanza, la legislazione statale prefigurerebbe un iter procedimentale in cui le attività concertative, di coordinamento e di intesa tra Stato, Regioni ed enti locali, assumerebbero il dovuto risalto, risultando perciò evidente la piena compatibilità della norma di cui all’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, con il canone costituzionale della leale collaborazione.
5.3.― La difesa statale contesta, inoltre, che, in virtù delle modifiche introdotte dalla disposizione impugnata, l’intesa tra Stato e Regioni sarebbe riferibile alle sole autorizzazioni uniche aventi ad oggetto le «infrastrutture lineari energetiche, individuate dall’Autorità competente come appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164», così risultando esclusi dall’ambito di applicazione dell’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001 i gasdotti non inclusi tra quelli succitati, nonché le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse, per le quali sarebbe possibile prescindere dall’intesa forte con le Regioni interessate.
In realtà, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il menzionato art. 52-quinquies, comma 5, nell’individuare gli ambiti di applicazione della cosiddetta “intesa forte” tra Stato e Regioni, farebbe riferimento, in via generale, «all’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2» relativo a tutte le infrastrutture ivi previste, così ricalcando la rubrica dello stesso art. 52-quinquies, riferita a «Disposizioni particolari per le infrastrutture lineari energetiche facenti parte delle reti energetiche nazionali».
Il mancato riferimento, da parte del comma 5, ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero e alle relative operazioni preparatorie, cui si applicano le procedure autorizzative prescritte dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 – secondo l’Avvocatura generale dello Stato – non indicherebbe la volontà legislativa di sottrarre tali interventi al regime dell’intesa. Sarebbe risultato, invero, inutile richiamare, all’interno del comma 5, l’intera formulazione del precedente comma 2. E per ragioni di tecnica legislativa, risultava preferibile il semplice riferimento alle «infrastrutture lineari energetiche» – formula, questa, che richiama la rubrica della disposizione in argomento – e il generale rinvio all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.
Pertanto, pur non essendo i gasdotti di importazione di gas dall’estero esplicitamente richiamati al comma 5 dell’art. 52-quinquies, nulla impedirebbe di ritenerli ricompresi tra le infrastrutture lineari energetiche. Ciò escluderebbe un loro trattamento normativo irragionevolmente difforme rispetto a queste ultime, con conseguente infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione per violazione dell’art. 3 Cost.
5.4.― Con riguardo alla qualifica di interesse strategico riferita alle infrastrutture di cui all’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – oggetto di specifica doglianza da parte delle Regioni Abruzzo e Calabria – la difesa statale evidenzia che il legislatore avrebbe tenuto conto precipuamente delle situazioni di crisi internazionali esistenti, formulando allo scopo una specifica norma di rango primario.
Infatti, in ragione dei recenti sviluppi negativi internazionali relativi alle aree di approvvigionamento o di transito di gas naturale, si sarebbe reso necessario e urgente attribuire carattere strategico ai fini amministrativi: 1) alle infrastrutture attraverso le quali il sistema italiano del gas naturale si approvvigiona dall’estero, con il fine di diversificare fonti e rotte di fornitura; 2) alle infrastrutture della rete nazionale di trasporto e relative opere connesse, con l’obiettivo di rafforzare le capacità di trasporto e la “magliatura” della rete, anche in previsione di una maggiore interoperabilità con il sistema europeo del gas (è citata, in questi termini, la relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge).
L’Avvocatura generale dello Stato afferma, in proposito, che risulterebbe garantito il pieno rispetto del ruolo delle Regioni nella materia di competenza concorrente, dovendo il procedimento amministrativo inerente alle infrastrutture di che trattasi concludersi con un’autorizzazione unica, la quale, ai sensi dell’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, è adottata «d’intesa con le Regioni interessate», sicché non sarebbe riscontrabile alcuna lesione a danno della pertinente competenza legislativa regionale concorrente (sono richiamate, in proposito, le sentenze n. 165 del 2011 e n. 331 del 2010 della Corte costituzionale).
5.5.― Per quanto riguarda l’asserito contrasto dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, con la Convenzione europea sul paesaggio e con la rispettiva legge di ratifica n. 14 del 2006, proposto dalla Regione Calabria, l’Avvocatura generale dello Stato rileva trattarsi di un contrasto prospettato in via del tutto generica, senza alcuna individuazione delle disposizioni convenzionali ipoteticamente lese, nonché in difetto di adeguata motivazione: una censura da ritenersi, quindi, inammissibile ovvero, in subordine, infondata, a fronte dell’adeguato coinvolgimento di Regioni ed enti locali nell’iter procedimentale volto al rilascio di provvedimenti autorizzativi, secondo quanto in precedenza argomentato.
5.6.― Con riferimento, da ultimo, alla illegittimità costituzionale – prospettata dalla Regione Calabria – dell’art. 37, comma 2, lettera c), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, nella parte in cui prevede la partecipazione dei cosiddetti «soggetti interferenti» al procedimento autorizzativo, la difesa statale rileva che la disposizione in esame introdurrebbe nell’iter procedimentale di cui all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 un momento sub-procedimentale volto a tutelare particolarmente la posizione di detti soggetti, mediante un loro diretto coinvolgimento nel procedimento amministrativo. Tale coinvolgimento si sostanzierebbe nell’indicazione delle modalità di attraversamento degli impianti ed aree interferenti, da parte dei soggetti direttamente portatori di interessi a riguardo. In tale contesto resterebbe, comunque, inalterato, ex art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, il momento dell’intesa tra Stato e Regioni, al cui raggiungimento sarebbe in ogni caso subordinata l’emanazione della cosiddetta autorizzazione unica.
6.― La Regione Abruzzo, in data 10 marzo 2016, ha depositato una memoria difensiva, nella quale ha ribadito quanto già esposto in sede di ricorso.
7.― La Regione Marche, in data 15 marzo 2016, ha depositato memoria difensiva, insistendo nella richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis) del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
La Regione ricorrente, dopo aver riassunto i motivi di doglianza già illustrati nel ricorso introduttivo, nega, in particolare, che la disposizione impugnata possa interpretarsi nel senso indicato dall’Avvocatura generale dello Stato. Insiste, così, nel ritenere che la formulazione del novellato art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 non obbligherebbe all’intesa con le Regioni interessate per il rilascio delle autorizzazioni relative ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero (incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse).
8.― La Regione Puglia, in data 15 marzo 2016, ha depositato memoria difensiva, insistendo nella richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis) del d.l. n. 133 del 2014, come convertito.
La Regione ricorrente, dopo aver ribadito i motivi di censura già illustrati nel ricorso introduttivo, esclude, in particolare, che la disposizione impugnata possa interpretarsi nel senso indicato dall’Avvocatura generale dello Stato. Insiste, così, nel ritenere che la formulazione del novellato art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 non obbligherebbe all’intesa con le Regioni interessate per il rilascio delle autorizzazioni relative ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero (incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse).
9.― L’Avvocatura generale dello Stato, in data 15 marzo 2016, ha depositato, nei quattro giudizi, distinte memorie illustrative, riproponendo le argomentazioni difensive già esposte.
10.― Con atti ritualmente depositati – rispettivamente, il 2 marzo 2015 nei giudizi promossi dalla Regione Abruzzo (reg. ric. n. 2 del 2015) e dalla Regione Marche (reg. ric. n. 4 del 2015); il 9 marzo 2015 nel giudizio promosso dalla Regione Puglia (reg. ric. n. 5 del 2015); il 23 marzo 2015 in quello promosso dalla Regione Calabria (reg. ric. n. 14 del 2015) – è intervenuta l’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong, chiedendo che l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.
L’interveniente argomenta, preliminarmente, la propria legittimazione alla partecipazione al giudizio, evidenziando che una pronuncia di accoglimento o di rigetto dei ricorsi proposti dalle Regioni eserciterebbe un’influenza diretta, con effetti rilevanti, sulla propria posizione soggettiva. Sottolinea, quindi, di essere soggetto esponenziale degli «interessi collettivi soggiacenti all’utilizzo sostenibile del suolo e sottosuolo marino e territoriale».
Richiama, inoltre, la Convenzione di Aarhus in tema di accesso alla giustizia ambientale, ratificata con la legge 16 marzo 2001, n. 108 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, con due allegati, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998) e da ritenersi vincolante, anche in forza della normativa comunitaria. In base a tale Convenzione, gli Stati dovrebbero assicurare, asserisce l’interveniente, «la possibilità al pubblico, allorché questo soddisfi i requisiti eventualmente richiesti dalla legge nazionale, di ottenere rimedio giurisdizionale contro atti e omissioni dei privati o delle pubbliche autorità, compiute in violazione del diritto nazionale». Nella nozione di «pubblico», ai sensi della medesima Convezione, ben potrebbe rientrare il WWF Italia, in quanto associazione riconosciuta dal Ministero dell’ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale) e, dunque, in possesso dei requisiti nazionali legittimanti ad agire in giudizio a difesa di interessi ambientali nazionali.
11.― Con atto depositato in data 11 giugno 2015, nel giudizio introdotto dalla Regione Puglia (reg. ric. n. 5 del 2015) è intervenuta l’Associazione “Amici del Parco Archeologico di Pantelleria”, chiedendo che l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.
L’associazione motiva la propria legittimazione all’intervento evidenziando di aver proposto, il 6 ottobre 2014, osservazioni nell’ambito di un procedimento di valutazione di impatto ambientale incardinato presso il Ministero dell’ambiente per il conseguimento di un permesso di prospezione in mare, al fine di contribuire ad una migliore comprensione dell’assetto geologico dell’area localizzata tra le isole di Pantelleria e Malta.
L’interveniente segnala, altresì, di aver intrapreso una serie di attività dirette a sollecitare il Governo a mantener fede agli impegni assunti in ordine al recepimento della direttiva 12 giugno 2013, n. 2013/30/UE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE – Testo rilevante ai fini del SEE).
Richiama, da ultimo, la più recente giurisprudenza amministrativa, che avrebbe ammesso l’intervento in giudizio di soggetti terzi i quali vantino un interesse di mero fatto all’accoglimento o al rigetto del ricorso.


Considerato in diritto

1.― Le Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria, con ricorsi iscritti, rispettivamente, al reg. ric. n. 2, n. 4, n. 5 e n. 14 del 2015, hanno promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1 e comma 2, lettere a), c) e c-bis), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.
L’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, prevede che «i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico e costituiscono una priorità a carattere nazionale e sono di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327».
Il successivo comma 2 della disposizione impugnata modifica, in più parti, l’art. 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), stabilendo – per quanto di rilievo nel presente giudizio – che l’autorizzazione già prevista per la costruzione e l’esercizio delle infrastrutture lineari energetiche sia estesa anche ai «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse»; esso prevede, altresì, che il rilascio di detta autorizzazione sia preceduto dall’acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture in oggetto, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito.
Il comma in esame introduce, inoltre, un’apposita disciplina per la risoluzione delle cosiddette “interferenze”, stabilendo che i soggetti titolari o gestori di beni, aree o impianti – interessati dal passaggio di gasdotti della rete nazionale di trasporto o di gasdotti di importazione di gas dall’estero – partecipino al procedimento di autorizzazione alla costruzione, indicando le modalità di attraversamento degli impianti e le aree interferenti. Qualora tali modalità non siano indicate entro i termini di conclusione del procedimento, il soggetto richiedente l’autorizzazione alla costruzione dei gasdotti, propone direttamente, entro i successivi trenta giorni, le modalità di attraversamento, le quali, trascorsi ulteriori trenta giorni senza osservazioni, si intendono comunque assentite definitivamente e approvate con il decreto di autorizzazione alla costruzione.
1.1.― La Regione Abruzzo ritiene, in primo luogo, che l’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, violi l’art. 77, secondo comma, della Costituzione, giacché la disposizione risulterebbe «scarsamente motivat[a] sul piano della sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza, richiamati in realtà con formulazioni apodittiche» e, in ogni caso, non rispondenti ai requisiti che legittimano il ricorso alla decretazione d’urgenza, quali indicati da questa Corte (da ultimo, sentenza n. 220 del 2013).
1.2.― Le Regioni Abruzzo e Calabria impugnano l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, nella parte in cui stabilisce che «i gasdotti di importazione di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico». Entrambe le Regioni prospettano il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.; la sola Regione Calabria evoca anche i parametri di cui agli artt. 114, 117, quarto comma, e 118 Cost. nella sua interezza nonché i principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
Ritengono, infatti, le ricorrenti che tale disposizione, intervenendo in materia appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture in questione la qualifica di opere di interesse strategico, senza la preventiva intesa con le Regioni interessate, determinando con ciò la lesione dei parametri ricordati.
1.3.― Le Regioni Marche, Puglia e Calabria impugnano, inoltre, il comma 2, lettere a) e c-bis), dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, per contrasto con gli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
La Regione Calabria lamenta, oltre alle violazioni indicate, anche la lesione degli artt. 2, 114 e 117, primo, quarto e quinto comma, Cost., nonché dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
Ad avviso delle ricorrenti, a seguito delle modifiche introdotte dalle disposizioni impugnate nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001, risulterebbe ora necessario procedere all’acquisizione dell’intesa con la Regione interessata solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 del citato art. 52-quinquies, e non anche per «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», per le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti» e per le relative «opere connesse». Ciò determinerebbe una lesione sia delle competenze legislative regionali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e di «governo del territorio», sia delle competenze amministrative che alle Regioni spettano in base al principio di sussidiarietà ex art. 118, primo comma, Cost. Sussisterebbe altresì, ad avviso delle ricorrenti, una lesione del principio di eguaglianza, a causa del diverso trattamento riservato a fattispecie del tutto sovrapponibili: da un lato, i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», con relative opere e progetti connessi, dall’altro le «infrastrutture lineari energetiche» di cui all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.
A sostegno delle proprie censure le ricorrenti osservano che l’art. 52-quinquies, comma 5, è stato modificato dall’art. 37, comma 2, lettera c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale vi ha introdotto la previsione che il rilascio dell’atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 del medesimo art. 52-quinquies avvenga «previa acquisizione del parere degli enti locali ove ricadono le infrastrutture, da rendere entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il parere si intende acquisito».
Risulterebbe, dunque, evidente che, mentre il comma 2 del citato art. 52-quinquies sarebbe stato «aggiornato», includendo tra le infrastrutture lineari energetiche soggette all’autorizzazione disciplinata dalla medesima disposizione «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», il comma 5 del medesimo art. 52-quinquies continuerebbe a prevedere l’intesa con le Regioni interessate esclusivamente per l’autorizzazione relativa alle «infrastrutture lineari energetiche». Di conseguenza – osservano le ricorrenti, che ritengono di coinvolgere nell’impugnazione anche la citata lettera c-bis) dell’art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – la necessaria acquisizione dell’intesa con la singola Regione interessata non sarebbe prevista in relazione, appunto, ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse.
Inoltre, nel ricorso della Regione Calabria, l’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. dipenderebbe dal contrasto delle disposizioni impugnate con norme internazionali e convenzionali e, segnatamente, con la Convenzione europea sul paesaggio, firmata a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva con legge 9 gennaio 2006, n. 14. Infatti, ad avviso della ricorrente, il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione dei citati gasdotti, incidendo su tutti i piani di gestione del territorio, determinerebbe lesioni alle prerogative delle Regioni e degli enti locali in materia di pianificazione territoriale e di protezione civile, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, e tutela della salute.
1.4.― La sola Regione Calabria lamenta, infine, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, modificando l’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, l’art. 37, comma 2, lettera c), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, rende necessario che al procedimento di autorizzazione alla realizzazione dei gasdotti partecipino i cosiddetti «soggetti interferenti» (titolari o gestori di beni o aree demaniali, marittimi, lacuali, fluviali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, ed altro), cioè i soggetti interessati dal loro passaggio: tale partecipazione necessaria inciderebbe sulle competenze assegnate alle Regioni ed agli enti locali nelle materie oggetto di interferenza, giacché realizzerebbe una «estrapolazione di tali materie dall’intesa forte che anche su di esse dovrebbe essere raggiunta».
2.― I quattro ricorsi vertono sulle medesime disposizioni ed avanzano censure identiche o analoghe, e collegate tra loro. Ai fini di una decisione congiunta, è perciò opportuna la riunione dei relativi giudizi, mentre resta riservata a separate pronunce la decisione delle questioni di legittimità costituzionale relative alle altre disposizioni del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, impugnate con i medesimi ricorsi.
3.― In via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità degli interventi spiegati dall’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong, nei quattro giudizi, e dall’Associazione “Amici del Parco Archeologico di Pantelleria”, nel solo giudizio promosso dalla Regione Puglia (in quest’ultimo, tra l’altro, con atto depositato oltre il termine perentorio stabilito dalla normativa in vigore).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il giudizio di costituzionalità delle leggi, promosso in via d’azione ai sensi dell’art. 127 Cost. e degli artt. 31 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando, per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili (ex plurimis, sentenze n. 251, n. 118 e n. 31 del 2015, n. 210 del 2014, n. 285, n. 220 e n. 118 del 2013, n. 245, n. 114 e n. 105 del 2012, n. 69 e n. 33 del 2011, n. 278 del 2010).
4.― Ancora in via preliminare, va dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Regione Calabria.
Risulta che il ricorso è stato promosso dal solo Presidente della Regione, con decreto del 12 gennaio 2015, e che la Giunta regionale ha ratificato il provvedimento con deliberazione del 5 febbraio 2015, depositata nella cancelleria di questa Corte il 13 aprile 2015, quando era trascorso il termine perentorio di dieci giorni dall’ultima notificazione del ricorso, termine ricavabile dagli artt. 32, comma 3, e 31, comma 4, della legge n. 87 del 1953.
Non rilevano, quindi, nella specie, le ragioni per le quali la determinazione di impugnare è stata assunta dal solo Presidente della Regione, in assenza della previa deliberazione della Giunta, la cui presenza è invece necessaria, in base all’art. 32, comma 2, della legge n. 87 del 1953, in quanto risponde ad esigenze non soltanto formali, ma sostanziali, per l’importanza e per gli effetti costituzionali ed amministrativi che tale delibera può produrre (sentenze n. 217 del 2014, n. 142 del 2012, n. 33 del 1962; analogamente le sentenze n. 8 del 1967; n. 119 del 1966; n. 36 del 1962). Tali ragioni, del resto, non sono desumibili dagli atti del giudizio, nulla avendo dedotto su di esse la Regione Calabria, in assenza, peraltro, di una corrispondente eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato.
Rileva soltanto, e preliminarmente, in questa sede, la tardività del deposito della deliberazione della Giunta, adottata a ratifica dell’originario decreto presidenziale.
È in proposito da ribadire (sentenze n. 217 del 2014 e n. 142 del 2012) che, in base alla disciplina che regola i giudizi davanti a questa Corte, al fine di garantire l’economia, la celerità e la certezza del giudizio costituzionale, è necessario che la volontà della Giunta regionale di promuovere ricorso avverso una legge dello Stato sia accertata, mediante acquisizione della deliberazione agli atti del processo, al più tardi al momento in cui il ricorso va depositato nella cancelleria di questa Corte, e cioè entro il termine perentorio ricordato.
Infatti, il deposito del ricorso notificato costituisce un momento essenziale del processo costituzionale, perché comporta la costituzione in giudizio della parte ricorrente, fissa definitivamente il thema decidendum (impedendone ogni successivo ampliamento), instaura il rapporto processuale con questa Corte, segna l’inizio del termine ordinatorio di novanta giorni per la fissazione dell’udienza di discussione del ricorso (art. 35 della legge n. 87 del 1953), e dalla sua scadenza decorre il termine, pure perentorio, entro il quale le altre parti possono costituirsi in giudizio (così, ancora, la sentenza n. 217 del 2014).
5.― Sempre in via preliminare, dev’essere dichiarata inammissibile la censura, proposta dalla Regione Abruzzo, che asserisce la violazione, da parte dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, dell’art. 77, secondo comma, Cost., risultando la disposizione, ad avviso della ricorrente, «scarsamente motivat[a] sul piano della sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza», richiamati «con formulazioni apodittiche» e, in ogni caso, asseritamente non rispondenti ai requisiti che legittimano il ricorso alla decretazione d’urgenza.
A prescindere da ogni altra considerazione, la deliberazione con la quale l’organo esecutivo della Regione ha disposto la proposizione del ricorso non fa alcun cenno a siffatta questione, non risultando incluso l’art. 77, secondo comma, Cost. tra i parametri dei quali si lamenta la violazione ad opera delle censurate disposizioni del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. E la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale deve sussistere, a pena d’inammissibilità, una piena e necessaria corrispondenza tra la deliberazione con cui l’organo legittimato si determina all’impugnazione ed il contenuto del ricorso, attesa la natura politica dell’atto d’impugnazione (ex plurimis, sentenze n. 1 del 2016, n. 250, n. 153, n. 55, n. 46 e n. 8 del 2015).
6.― La prima delle residue censure da affrontare nel merito riguarda le questioni, proposte dalla Regione Abruzzo, avverso l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, il quale sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 117, terzo comma, 118, primo comma, Cost., nonché del «principio di leale collaborazione».
In sintesi, intervenendo in una materia appartenente alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, tale disposizione avrebbe attribuito d’imperio a tutte le infrastrutture da essa elencate la qualifica di opere di interesse strategico, senza la preventiva intesa con le Regioni interessate, determinando con ciò la lesione dei parametri sopra indicati.
La ricorrente, in particolare, evoca la giurisprudenza elaborata da questa Corte, in base alla quale la deroga, a favore del legislatore statale, al normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V, Parte II, della Costituzione, e l’attrazione allo Stato delle relative funzioni amministrative, possono giustificarsi solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza, alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità, e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata.
Le questioni, che evocano una violazione dei principi elaborati da questa Corte in tema di chiamata in sussidiarietà, non sono, tuttavia, fondate, in relazione a tutti i parametri evocati.
L’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, provvede ad attribuire «carattere di interesse strategico» ad alcune specifiche infrastrutture, come pure a definire le stesse «priorità a carattere nazionale», «di pubblica utilità, nonché indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327». L’elenco di tali infrastrutture ricomprende i gasdotti di «importazione» di gas dall’estero, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquido, gli stoccaggi di gas naturale e «le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale». Inoltre, vengono espressamente incluse nell’elenco, con ciò attribuendosi loro le medesime qualificazioni conferite alle infrastrutture citate, le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Questa previsione, recita il comma in questione, ha lo scopo «di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti».
Nell’ambito della disposizione descritta, ai fini dell’esame delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, è necessario distinguere, da un lato, l’attribuzione alle infrastrutture ricordate del «carattere di interesse strategico», oltre che di «priorità nazionale», e, dall’altro, la loro qualificazione come opere di «pubblica utilità» nonché «indifferibili e urgenti», ai sensi del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
Tale necessaria distinzione discende, da una parte, dalla circostanza che le censure della Regione ricorrente si appuntano sul solo «carattere di interesse strategico» attribuito alle infrastrutture citate, senza coinvolgimento delle ulteriori qualificazioni che la disposizione attribuisce loro; e, dall’altra, dalla circostanza che tali ulteriori qualificazioni si inseriscono nel solco di quanto previsto dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, il quale già stabilisce che per le infrastrutture lineari energetiche, individuate dal medesimo comma, l’autorizzazione alla costruzione ed all’esercizio delle stesse comprende, tra l’altro, la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, nonché l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi.
Orbene, quanto al «carattere di interesse strategico» attribuito alle infrastrutture citate – unico profilo oggetto d’impugnazione – deve, innanzitutto, escludersi che tale attribuzione sia assimilabile, quanto a contenuto ed effetti, a quella già disciplinata nella cosiddetta “legge obiettivo” (legge 21 dicembre 2001, n. 443, recante «Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive», le pertinenti disposizioni della quale, peraltro, sono ora oggetto della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, recante «Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture», che indica, tra gli altri, quale criterio direttivo, il loro espresso superamento).
Infatti, in base alle disposizioni della “legge obiettivo”, il coinvolgimento delle Regioni interessate è previsto, sia in sede di programmazione, mediante lo strumento dell’intesa attinente alla stessa individuazione delle infrastrutture, pubbliche e private, e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare, sia nella successiva fase di approvazione dei relativi progetti nell’ambito del Comitato interministeriale per la programmazione economica, allargato ai Presidenti delle Regioni interessate.
È, in particolare, tale duplice forma di partecipazione delle Regioni che ha consentito a questa Corte, nella sentenza n. 303 del 2003 (in tal senso, anche la sentenza n. 7 del 2016), di ritenere rispettata la sfera di attribuzioni costituzionali delle Regioni, pur in presenza di una legge statale che, in materia di competenza concorrente, ha conferito rilevanti funzioni amministrative allo Stato.
Nulla di tutto ciò viene, in ogni caso, in questione con l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. Secondo modalità assai diverse da quelle appena descritte, la disposizione impugnata attribuisce direttamente il «carattere di interesse strategico» a tutte le categorie di infrastrutture indicate al suo primo comma. Non è, infatti, prevista una procedura per l’individuazione, nell’ambito della categoria di riferimento, delle specifiche strutture da definirsi strategiche. Né, ed è ciò che più conta, l’attribuzione del carattere di interesse strategico risulta strumentale ad una attività di programmazione e progettazione, in funzione della realizzazione di specifiche infrastrutture rientranti in ciascuna delle categorie.
Sicché, è d’obbligo concludere che l’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, né può sostituirsi alla ricordata disciplina della “legge obiettivo”, né può ambire a produrre effetti comparabili.
Inoltre, è essenziale osservare che la disposizione impugnata non modifica – né espressamente, né implicitamente – le singole discipline di settore, dettate per la localizzazione, la realizzazione ovvero l’autorizzazione all’esercizio di ciascuna delle categorie di infrastrutture in essa elencate.
Per ognuna di tali categorie, infatti, esiste una specifica disciplina procedimentale per la realizzazione e la messa in esercizio delle relative opere. Ciascuna di tali discipline, in forme diverse, prevede la partecipazione degli enti territoriali, e, ciò che è qui decisivo, richiede espressamente l’intesa con la singola Regione interessata. Ciò accade per i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto (art. 46, comma 1, del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159, recante «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222); per gli stoccaggi di gas naturale (art. 11 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, recante «Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144», e, in particolare, il decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 gennaio 2011, recante «Modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo e relativo disciplinare tipo», che, in ordine a tali modalità di conferimento delle concessioni, prevede la necessità dell’intesa con la Regione interessata); per le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale (per le quali è da richiamare il già ricordato art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001).
Solo per una delle categorie di opere elencate nella disposizione impugnata, vale a dire per «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», la situazione sembra presentarsi diversamente.
In effetti, l’art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, estendendo a tali opere la disciplina di cui all’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, parrebbe escludere, ad una prima lettura, la necessaria intesa con la Regione per l’adozione dell’atto conclusivo del procedimento autorizzatorio. Ed esattamente per tale ragione, questa parte di disposizione è oggetto di separata doglianza, da esaminarsi più avanti.
Tuttavia, per quel che rileva in sede d’esame della censura relativa all’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, va sottolineato che non è la qualificazione in termini di opera rivestente «carattere di interesse strategico», in se stessa considerata, a determinare l’asserita modifica del procedimento autorizzatorio relativo ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero: il lamentato effetto lesivo deriverebbe, invece, dal contenuto del successivo comma 2 dell’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, che, infatti, le ricorrenti impugnano proprio per questa ragione.
Alla luce di tale ricostruzione del quadro normativo, l’attribuzione del «carattere di interesse strategico» alle infrastrutture in questione, effettuata in via generale dalla disposizione normativa impugnata, non determina, di per sé, alcuna modifica alle normative di settore prima richiamate, né, di conseguenza – prevedendo queste ultime sempre la necessaria intesa con la Regione interessata – alcuna deroga ai principi, elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di chiamata in sussidiarietà e di necessaria partecipazione delle Regioni.
In definitiva, l’attribuzione di «carattere di interesse strategico» contenuta nell’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito – da ritenere espressione normativa di un indirizzo volto a fornire impulso e rilievo allo sviluppo energetico nazionale – deve essere collocata e interpretata alla luce delle specifiche discipline che regolano localizzazione, realizzazione e autorizzazione all’attività, per ciascuna delle infrastrutture elencate dalla disposizione impugnata, la quale, così interpretata, non reca perciò alcuna lesione alle attribuzioni costituzionali regionali.
Ciò determina la non fondatezza, sotto ogni parametro e profilo, delle censure proposte dalla ricorrente Regione Abruzzo.
7.― Quanto alle questioni di legittimità costituzionale proposte dalle Regioni Marche e Puglia con riguardo all’art. 37, comma 2, lettere a), e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, per contrasto con gli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., va preliminarmente saggiata l’ammissibilità della censura sollevata in riferimento al primo dei parametri citati, estraneo all’ambito delle competenze regionali.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte (tra le ultime, ex plurimis, sentenze n. 65 del 2016 e n. 218 del 2015), le Regioni possono evocare parametri di legittimità costituzionale diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle loro attribuzioni costituzionali, e abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione.
Ebbene, ad avviso delle ricorrenti, sussisterebbe una lesione del principio di eguaglianza, a causa del diverso trattamento riservato a fattispecie del tutto sovrapponibili. Da un lato, i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», con relative opere e progetti connessi, per la cui realizzazione e messa in esercizio non sarebbe necessaria l’intesa con le Regioni interessate; dall’altro, le «infrastrutture lineari energetiche» ex art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001, per le quali l’intesa è invece richiesta dal comma 5 della disposizione appena richiamata.
Le ricorrenti, per vero, non riconnettono esplicitamente all’asserita violazione del principio di uguaglianza una lesione indiretta delle proprie attribuzioni costituzionali, limitandosi ad affiancare la censura ora in esame a quelle relative ai parametri di competenza.
Tuttavia, la ridondanza su tali attribuzioni, risultante dall’eventuale violazione, da parte della disposizione impugnata, del principio di uguaglianza, è desumibile dal contesto dei ricorsi. Infatti, il difforme trattamento normativo di due fattispecie asseritamente omogenee e sovrapponibili, quali sarebbero le due categorie di infrastrutture messe a confronto, avrebbe un’incidenza sulle competenze legislative e amministrative regionali, perché ne conseguirebbe l’assoggettamento, o meno, ad intesa per la realizzazione di infrastrutture lineari energetiche collocate sul territorio regionale. È pertanto ammissibile, accanto allo scrutinio dei parametri di cui agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., anche l’esame della censura riferita all’art. 3 Cost.
8.― Tutte le questioni di legittimità costituzionale proposte non sono tuttavia fondate. La tesi delle ricorrenti poggia, infatti, su un presupposto interpretativo non corretto.
Esse, in sostanza, ritengono che – a seguito delle modifiche introdotte dalla disposizione impugnata nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 – il rinvio contenuto nel comma 5 dell’appena citata disposizione alle «infrastrutture lineari energetiche di cui al comma 2» non ricomprenderebbe «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse».
Ne conseguirebbe che ciò che il ricordato comma 5 richiede, cioè l’adozione, d’intesa con la Regione interessata, dell’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione, resterebbe, appunto, prevista necessariamente solo per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle «infrastrutture lineari energetiche» di cui al comma 2 dello stesso art. 52-quinquies, ma non sarebbe richiesta per «i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero», per le «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti» e per le relative «opere connesse», con correlativa lesione delle competenze regionali.
Tale lettura – fondata su disarmonie letterali indotte dalla successione cronologica, non coordinata, delle varie disposizioni legislative intervenute nella materia – trascura una serie di elementi sistematici di rilievo.
È vero che il testo dell’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 come risultante dall’intervento della disposizione impugnata, affianca – e perciò, apparentemente, distingue – da una parte, le infrastrutture lineari energetiche appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 164 del 2000, e, dall’altra, i gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse.
Tale separata menzione non vale, tuttavia, a determinare, quale conseguenza, il fatto che per il secondo gruppo di infrastrutture l’atto conclusivo del procedimento non debba essere adottato d’intesa con la Regione interessata, come richiesto dall’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001.
In primo luogo, mere disarmonie letterali, derivanti dalla sovrapposizione non coordinata di norme, non consentono di trascurare il principio che questa Corte, ragionando dell’appena citata disposizione, ha enucleato dalla disciplina legislativa di settore, letta alla luce della Costituzione. Si è, infatti, osservato che il citato art. 52-quinquies, comma 5, prevede «la cosiddetta intesa “forte” ai fini della localizzazione e realizzazione delle infrastrutture lineari energetiche quale modulo procedimentale necessario per assicurare l’adeguata partecipazione delle regioni allo svolgimento di procedimenti incidenti su una molteplicità di loro competenze» (sentenza n. 182 del 2013).
Tale affermazione deve essere ribadita anche in relazione alla disciplina introdotta dall’art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito. E l’interpretazione delle disposizioni relative alla localizzazione e alla realizzazione delle infrastrutture introdotte da quest’ultima disposizione non può che svolgersi alla luce dei medesimi principi.
In secondo luogo, nell’ambito della rete nazionale dei gasdotti di cui al citato art. 9 del d.lgs. n. 164 del 2000, sono già menzionati i «gasdotti di importazione». Tale definizione sostanzialmente coincide con quella utilizzata dal legislatore all’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, che ragiona di «gasdotti di importazione di gas dall’estero», attribuendo loro «carattere di interesse strategico». Sicché, a ben vedere, le disposizioni oggetto, in questa sede, di censure non introducono nell’ordinamento una nuova categoria di infrastrutture, ma si riferiscono ad una nozione, giuridica e tecnica, che l’ordinamento stesso già conosce e disciplina.
In terzo luogo, per quanto risulti singolare l’utilizzo, da parte del legislatore, di due definizioni parzialmente diverse nel corpo del medesimo art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, è da ritenere che i «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero» – che l’art. 37, comma 2, lettera a), introduce nell’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 – non siano infrastrutture diverse rispetto ai «gasdotti di importazione di gas dall’estero», citati al comma 1. Ciò è suggerito anche dal preciso dato letterale che, all’inizio del comma 2 dell’art. 37, collega i contenuti di tale comma alle qualificazioni operate al comma 1 («Per i fini di cui al comma 1»).
In definitiva, da una parte, l’interpretazione sistematica della disciplina vigente in tema di infrastrutture lineari energetiche non può che prevalere su eventuali disarmonie di coordinamento dovute alla successione delle discipline; dall’altra, la stessa natura delle cose suggerisce che anche i gasdotti di «approvvigionamento» o di «importazione» di gas dall’estero siano da considerare infrastrutture lineari energetiche, secondo una lettura sulla quale, del resto, all’udienza pubblica del 5 aprile 2016, sia la difesa delle Regioni ricorrenti, sia l’Avvocatura generale dello Stato resistente, hanno esplicitamente affermato di convenire.
Essendo da considerare tali, ai «gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero» è pienamente applicabile il disposto dell’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, che prevede l’adozione, d’intesa con le Regioni, dell’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di ogni infrastruttura lineare energetica.
Ne consegue la non fondatezza delle questioni proposte, in riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.
9.― L’intesa prevista dall’art. 52-quinquies, comma 5, del d.P.R. n. 327 del 2001, infine, non può che riguardare anche «le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse». Anche tale conseguenza deriva dalla lettura sistematica della vigente disciplina in tema di infrastrutture lineari energetiche.
Poiché l’atto normativo oggetto delle modifiche introdotte dall’art. 37 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, è il d.P.R. n. 327 del 2001, il significato dei termini «operazioni preparatorie» e «opere connesse» va desunto alla luce delle definizioni contenute nel medesimo d.P.R. e, in particolare, da ciò che è previsto al suo art. 52-bis, comma 1.
Ebbene, tale disposizione, nel definire le infrastrutture lineari energetiche ai fini delle procedure espropriative serventi alla loro realizzazione, chiarisce che nell’ambito di tali infrastrutture rientrano tutte «[…] le opere, gli impianti e i servizi accessori connessi o funzionali all’esercizio degli stessi […]».
La disposizione appena riportata contiene, dunque, un univoco riferimento alle opere, agli impianti ed ai servizi connessi, con l’ulteriore specificazione che tali opere, impianti e servizi debbono essere accessori alle infrastrutture lineari energetiche.
È, pertanto, da ritenere che la definizione di «operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse», introdotta nell’art. 52-quinquies del d.P.R. n. 327 del 2001 dall’impugnato art. 37, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, identifichi opere e attività, non solo connesse funzionalmente alle infrastrutture in questione, ma anche strettamente accessorie alle stesse. In quanto tali, esse non possono che risultare soggette al medesimo procedimento autorizzatorio previsto, per le infrastrutture cui si riferiscono, dall’art. 52-quinquies, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001.
Ciò determina, anche per questa parte della disposizione, la non fondatezza, sotto tutti i profili evocati, delle censure proposte dalle ricorrenti.


PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili gli interventi dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) Onlus Ong nei giudizi promossi dalle Regioni Abruzzo, Marche, Puglia e Calabria, con i ricorsi indicati in epigrafe, e della Associazione “Amici del Parco Archeologico di Pantelleria” nel giudizio promosso dalla Regione Puglia, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe proposto dalla Regione Calabria avverso l’art. 37 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, in riferimento agli artt. 2, 3, 114, 117, primo, terzo, quarto e quinto comma, e 118 della Costituzione e ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promossa, in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma e 118, primo comma, Cost., dalla Regione Abruzzo, con il ricorso indicato in epigrafe;
5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 2, lettere a) e c-bis), del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., dalle Regioni Marche e Puglia, con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2016.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2016.

Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA

 

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