APPALTI – Gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale – Art. 24, c. 4, d.lgs. n. 93/2011 – Moratoria temporanea – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Giugno 2013
Numero: 134
Data di udienza: 3 Giugno 2013
Presidente: Gallo
Estensore: Silvestri
Premassima
APPALTI – Gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale – Art. 24, c. 4, d.lgs. n. 93/2011 – Moratoria temporanea – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.
Massima
CORTE COSTITUZIONALE – 7 giugno 2013, n. 134
APPALTI – Gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale – Art. 24, c. 4, d.lgs. n. 93/2011 – Moratoria temporanea – Questione di legittimità costituzionale – Infondatezza.
L’art. 24, c. 4 del d.lgs. 1° giugno 2011,n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), nel prevedere la moratoria temporanea delle gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale su base territoriale diversa dagli ambiti individuati, ai sensi dell’art. 46-bis del d.l. 159 del 2007, risponde alla ratio della delega (L. n. 96/2010), in quanto rende applicabile la nuova disciplina degli affidamenti, evitando il rinnovo delle concessioni su base comunale e, con esse, l’ulteriore frazionamento delle gestioni. Non è pertanto fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 76 della Costituzione.
Pres. Gallo, Est. Silvestri – G.l.c. Sollevato dal TAR Lombardia con ordinanze nn.110 e 115/2012
Allegato
Titolo Completo
CORTE COSTITUZIONALE – 7 giugno 2013, n. 134SENTENZA
CORTE COSTITUZIONALE – 7 giugno 2013, n. 134
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Franco GALLO Presidente
– Luigi MAZZELLA Giudice
– Gaetano SILVESTRI “
– Sabino CASSESE “
– Giuseppe TESAURO “
– Paolo Maria NAPOLITANO “
– Giuseppe FRIGO “
– Alessandro CRISCUOLO “
– Paolo GROSSI “
– Giorgio LATTANZI “
– Aldo CAROSI “
– Marta CARTABIA “
– Sergio MATTARELLA “
– Mario Rosario MORELLI “
– Giancarlo CORAGGIO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, con ordinanze del 17 e 15 febbraio 2012, rispettivamente iscritte ai numeri 110 e 115 del registro ordinanze 2012 e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 23 e 24, prima serie speciale, dell’anno 2012.
Visti gli atti di costituzione di Enel Rete Gas S.p.a., anche in qualità di incorporante di 2iGas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., nonché gli atti di intervento dell’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS) e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 23 aprile 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi gli avvocati Federico Sorrentino per ANIGAS, Giuseppe Franco Ferrari per Enel Rete Gas S.p.a., quale incorporante di 2iGas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., Giuseppe De Vergottini per Enel Rete Gas S.p.a. e l’avvocato dello Stato Giacomo Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 17 febbraio 2012 (reg. ord. n. 110 del 2012), il Tribunale amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), nella parte in cui prevede che, a far data dalla entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e equità sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222.
1.1.– Dinanzi al rimettente pende il giudizio introdotto da 2iGas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l. nei confronti del Comune di Pregnana Milanese, avente ad oggetto l’annullamento del bando di gara della procedura di affidamento in concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas metano, nel territorio del predetto Comune, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea in data 2 luglio 2011 e sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana in data 4 luglio 2011, nonché degli altri atti o provvedimenti preordinati, consequenziali o comunque connessi.
Il TAR riferisce che la società ricorrente, allo stato concessionaria del servizio in virtù di un risalente affidamento disposto senza gara, ha anche formulato domanda di risarcimento danni.
Secondo la stessa ricorrente, l’Amministrazione comunale non avrebbe potuto indire la gara in quanto, ai sensi dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, non si può procedere a gara nel settore della distribuzione del gas fino a quando non siano divenuti operativi gli ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007.
Il giudizio principale, precisa il TAR, verte quindi unicamente sulla violazione della norma citata da parte dell’Amministrazione comunale resistente.
1.2.– Il giudice a quo svolge un lunga premessa per ricostruire il quadro normativo al cui interno si colloca la disposizione indicata, evidenziando come a tutt’oggi la normativa di base per l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale sia contenuta negli artt. 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), che prevedono l’obbligo di procedere a gara ed i termini entro i quali porre in essere tale attività, anche nell’ambito del regime di transizione riguardante le concessioni in vigore. I termini per l’adeguamento del sistema ai principi fissati con il d.lgs. n. 164 del 2000 sono stati più volte prorogati, sicché solo a partire dal 31 dicembre 2010 il servizio di distribuzione di gas naturale avrebbe dovuto essere affidato mediante procedura ad evidenza pubblica, salva l’ipotesi contemplata nel comma 9 del medesimo art. 15 (peraltro estranea alla fattispecie in esame).
Il rimettente prosegue richiamando l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, che consente lo svolgimento delle gare a livello sovracomunale, con riguardo ad ambiti territoriali minimi riferiti a bacini ottimali di utenza, selezionati in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi. La citata disposizione ha infatti previsto l’emanazione, entro un anno dall’entrata in vigore della relativa legge di conversione, di decreti interministeriali aventi ad oggetto sia la fissazione dei criteri di gara e di valutazione delle offerte, sia l’individuazione degli ambiti territoriali minimi. Si è ritenuto pertanto che, fino all’approvazione della normativa secondaria sopra indicata, rimanesse integra la potestà dei Comuni di bandire la gara limitatamente al proprio territorio (TAR per l’Umbria, sentenza 13 gennaio 2011, n. 1), e che «il ricorso all’ambito territoriale minimo» fosse meramente facoltativo (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 4 gennaio 2011, n. 2).
Il rimettente prosegue evidenziando che la definizione degli ambiti territoriali è avvenuta soltanto con il decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 19 gennaio 2011 (Determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas naturale), entrato in vigore il 1° aprile 2011, mentre con il decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 18 ottobre 2011, recante «Determinazione dei Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale del settore della distribuzione del gas naturale», successivo all’indizione della gara oggetto di impugnazione, è stata completata la procedura attraverso l’aggregazione dei Comuni per ambito territoriale.
Con l’art. 3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011 è stato previsto il divieto, per i Comuni, di indire gare individuali a partire dal 1° aprile 2011. Secondo il rimettente la citata disposizione sarebbe palesemente illegittima, nella parte in cui ha reso obbligatorio l’affidamento del servizio sulla base dei bacini ottimali, con previsione della sospensione delle gare in corso, posto che tali effetti sarebbero esclusi dal «combinato disposto dell’art. 46-bis da un lato, e degli artt. 14 e 15 del d.lgs. n. 164 del 2000 dall’altro». In ogni caso, poi, la disposizione regolamentare risulterebbe ininfluente nel giudizio a quo, in quanto «interamente superata» dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, entrato in vigore il 29 giugno 2011, il quale prevede che, a decorrere da tale data, gli enti locali effettuano le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale unicamente sulla base degli ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007.
1.3.– Il TAR motiva la rilevanza della questione evidenziando, innanzitutto, che l’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011 è sicuramente applicabile, ratione temporis, alla procedura oggetto di impugnativa nel giudizio principale, e che da tale applicazione deriverebbe l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti di gara.
In secondo luogo, la predetta norma non contrasta con il principio comunitario di libertà di concorrenza e con le libertà fondamentali garantite dal Trattato per l’Unione europea sulla circolazione di lavoratori, servizi e capitali, come eccepito dalla parte resistente.
Osserva in proposito il giudice a quo che «una temporanea compressione nell’accesso al mercato, indotta da scelte legislative giustificate da circostanze oggettive, quali la necessità di rispettare i principi che sono parte dell’ordinamento giuridico comunitario, è già stata ritenuta compatibile con il diritto dell’Unione proprio nel settore della distribuzione del gas naturale» (Corte di giustizia, sentenza 17 luglio 2008, in causa C-347/06).
Del resto, la stessa direttiva 2009/73/CE (Direttiva 13 luglio 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE) persegue l’obiettivo di garantire maggiore efficienza e più elevati livelli di servizio (primo considerando), incidendo sugli obblighi relativi al pubblico servizio e sulla tutela del consumatore (art. 3).
Il segnalato profilo di contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea sarebbe semmai riscontrabile nei termini indicati dall’Allegato 1 al d.m. n. 226 del 2011, che sono tali da consentire il congelamento delle gare fino a 49 mesi in alcune Province, ma sicuramente non è ascrivibile all’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, con il quale si è introdotto un blocco per il futuro, da risolvere in tempi rapidi, con salvezza delle procedure di evidenza pubblica già avviate.
Pertanto, a parere del rimettente, la citata norma non può essere né disapplicata né denunciata per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., apparendo, piuttosto, illegittima per contrasto con l’art. 76, Cost., come in subordine eccepito dalla parte resistente.
1.3.1.– Ancora in punto di rilevanza della questione, il TAR precisa che il richiamato art. 3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011, che già aveva previsto il blocco delle procedure di affidamento in attesa dell’entrata in funzione degli ambiti territoriali minimi, «non solo non potrebbe rivivere per effetto della declaratoria di incostituzionalità di una disposizione che non ha per unica previsione l’abrogazione del D.M. in questione, ma in ogni caso, in tale denegata ipotesi, verrebbe disapplicato d’ufficio da questo Tribunale, posto che si tratta di disposizione regolamentare contra legem (Corte costituzionale, sentenza n. 278 del 2010)».
Il rimettente segnala, infine, la sopravvenienza dell’art. 25 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture ne la competitività), in corso di conversione in legge al momento della redazione dell’ordinanza di rimessione.
La disposizione indicata introduce, per tutti i servizi pubblici locali, l’obbligo di indire le gare di affidamento sulla base di ambiti territoriali ottimali, demandando alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano la relativa disciplina organizzativa, da emanarsi entro il 30 giugno 2012.
Il TAR assume di non essere tenuto a prendere posizione sul rapporto intercorrente tra il citato ius superveniens e la norma censurata, in particolare sul carattere di specialità di quest’ultima, osservando come, se anche l’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012 fosse convertito in legge ed abrogasse la norma censurata, questa continuerebbe a «costituire la disposizione normativa alla luce della quale giudicare della legittimità di una procedura concorsuale bandita anteriormente all’emanazione del decreto-legge in questione, anche con riferimento ai profili risarcitori dedotti nel processo principale».
1.4.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il rimettente premette di porre a fondamento delle proprie decisioni «la pur presente giurisprudenza costituzionale che si oppone più recisamente a che il Governo divenga un autonomo polo normativo, capace non solo di completare le scelte del legislatore, pur senza limitarsi ad una mera scansione linguistica delle stesse (ciò che è senza dubbio attribuzione che connota il potere delegato), ma anche di approfittarne per compierne di nuove ed autonome, senza un diretto ed inequivoco collegamento con l’oggetto della delega, e senza che esse siano uno sviluppo dei principi e dei criteri direttivi ivi indicati».
É richiamata la sentenza n. 158 del 1985 della Corte costituzionale, nella quale si trova affermato che «la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalità, inidonee o insufficienti ad indirizzare l’attività normativa del legislatore delegato». In presenza di clausole generiche, precisa il rimettente, diventa dovere dell’interprete fornire un’esegesi restrittiva.
1.4.1.– Conclusa la premessa, il TAR si sofferma sulla norma oggetto, precisando che la stessa è stata introdotta in attuazione della delega conferita con l’art. 17, comma 4, della legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2009), ove sono enunciati i principi ed i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva 2009/73/CE relativa al mercato del gas naturale.
Come in tutti i casi di attuazione di direttive comunitarie, prosegue il rimettente, i criteri di esercizio della delega possono desumersi direttamente dalla normativa dell’Unione europea (è richiamata la sentenza n. 383 del 1998 della Corte costituzionale), fermo restando che il rapporto tra direttiva e decreto legislativo non può che essere governato dagli stessi principi che connotano la relazione tra legge di delega e decreto delegato, e che la normativa comunitaria, per fare le veci della legge, deve rispondere ai medesimi standard indicati dall’art. 76 Cost., con riferimento sia alla definizione dell’oggetto, sia all’enunciazione dei principi. In caso contrario, la legge di delega è tenuta a specificare tali requisiti, per rendere possibile l’attuazione della direttiva.
Nella specie, pur recando la direttiva 2009/73/CE l’indicazione di taluni obiettivi che possono porsi in relazione con il sistema degli ambiti territoriali minimi (in particolare, il primo considerando invita a perseguire l’efficienza del sistema, i prezzi competitivi e un più elevato livello di servizio, e l’art. 3, comma 8, promuove l’efficienza energetica e l’ottimizzazione del servizio), tuttavia, si tratterebbe di formule linguistiche aperte, di carattere programmatico, che non potrebbero giustificare un intervento peculiare di ristrutturazione del servizio attraverso gli ambiti territoriali minimi, tanto meno rendendo obbligatorio, per gli enti locali, l’affidamento del servizio sulla base dei predetti ambiti territoriali, con il connesso blocco temporaneo delle gare.
Non si potrebbe arrivare a conclusioni diverse neppure esaminando le norme della direttiva in tema di attività di distribuzione (articoli 24-29).
In realtà, nessuna disposizione della direttiva 2009/73/CE riguarda la scelta, da parte degli Stati membri, della dimensione territoriale di affidamento del servizio, mentre sono perseguiti, con norme puntuali, altri obiettivi, in particolare la separazione delle reti di distribuzione dalle attività di produzione e fornitura di gas (considerando n. 25), che è poi la ragione della sostituzione della precedente direttiva 2003/55/CE.
In conclusione, la norma censurata non troverebbe fondamento in alcuna «adeguata disposizione comunitaria».
1.4.2.– Il rimettente esclude che allo scopo siano utilmente invocabili i criteri direttivi generali contenuti nell’art. 2 della legge di delega n. 96 del 2010, in quanto soltanto specificativi delle modalità con cui il Governo può intervenire nei settori indicati dalle disposizioni successive, ma non definitori dell’oggetto della delega.
Anche la previsione contenuta nella lettera b) del citato art. 2, che consente la modificazione della vigente normativa di settore, per un verso non autorizzerebbe l’esercizio della delega sul sistema degli ambiti territoriali minimi, e, per altro verso, permetterebbe le sole modificazioni necessarie al coordinamento con la disciplina dettata dal Governo in attuazione di altra parte della delega.
Il rimettente esamina quindi l’art. 17, comma 4, della legge di delega, rilevando l’assenza di previsioni che definiscano gli ambiti territoriali come oggetto dell’attività normativa del legislatore delegato. Le lettere f) e q) del citato art. 17, comma 4, richiamano le finalità di efficienza, in riferimento però a contesti diversi o, comunque, senza specificazioni in grado di definire il livello territoriale di affidamento del servizio.
Nella prospettiva indicata in premessa, una interpretazione costituzionalmente orientata dei citati principi e criteri della delega dovrebbe portare ad escludere che quelli appena richiamati abbiano ad oggetto i bacini ottimali.
Secondo il rimettente, l’unica disposizione che parrebbe avere attinenza con il tema in esame si rinviene nella lettera s) dell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, che autorizza il legislatore delegato a «rimuovere gli ostacoli di tipo normativo» all’aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas, ma in realtà neppure questa si attaglierebbe al contenuto dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, risultando perfino in contrasto con esso.
Il TAR sottolinea come l’intervento legislativo sul sistema degli ambiti territoriali minimi sia espressione di scelte in tema di assetto del mercato del gas naturale e di esercizio della funzione amministrativa correlata alla distribuzione dell’energia che travalicano la sola prospettiva dell’aggregazione delle imprese del settore distributivo. Essa infatti si ripercuoterebbe su ambiti materiali diversi, in parte di competenza regionale (energia, servizi pubblici locali), con impatto sull’azione degli enti locali e sul regime di gara, senza considerare che, nel rendere obbligatori gli ambiti territoriali, il legislatore delegato avrebbe invertito una scelta legislativa contraria, che il delegante non ha inteso abrogare, considerata la «perdurante vigenza dell’art. 46-bis».
Tutti gli elementi fin qui enucleati indurrebbero a ritenere che la delega, interpretata in senso conforme alla Costituzione e al diritto dell’Unione europea, non avesse per oggetto l’intervento sugli ambiti ottimali.
Una indiretta conferma della tesi esposta si ricaverebbe proprio dal sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, in corso di conversione in legge, con il quale, mentre si rende obbligatorio dal 30 giugno 2012 l’affidamento dei servizi pubblici locali per bacini ottimali, si attribuisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano il compito di organizzare anche normativamente gli ambiti territoriali.
Il rimettente richiama, infine, il dibattuto problema dell’autonomia concettuale, nell’ambito del sistema della delega legislativa, del requisito dell’«oggetto» rispetto all’enunciazione dei principi e criteri direttivi, precisando che questi ultimi possono indicare una finalità e prescrivere, in termini ampi, a quali norme debba conformarsi l’attività di riempimento del legislatore delegato, ma la delega deve selezionare con precisione l’ambito materiale di riferimento.
Nel caso in esame, oggetto della delega era l’attuazione della direttiva 2009/73/CE, e tale oggetto non consentiva «in modo sufficientemente definito la ricomprensione del livello dimensionale del servizio di distribuzione del gas naturale».
1.4.3.– Il rimettente esamina, quindi, il contenuto della delega nella parte in cui la stessa prevede che l’obiettivo di aggregazione delle piccole imprese del settore debba essere perseguito anche attraverso la rimozione di ostacoli fattuali o normativi, ed osserva che lo svolgimento delle gare a livello comunale, anziché per ambiti territoriali minimi, non costituisce affatto un ostacolo all’aggregazione, essendo evidente che «un operatore di larghe dimensioni ben potrà competere anche su una porzione ridotta di territorio».
In ogni caso, la rimozione degli ostacoli alla realizzazione di un certo effetto non autorizzerebbe a rendere tale effetto obbligatorio: lo spirito della legge delega, anche alla luce delle espressioni utilizzate, andrebbe inteso nel senso della incentivazione, e non dell’imposizione, del processo di aggregazione delle piccole imprese, in termini non dissimili da quanto previsto nell’ancora vigente art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, con il quale la norma delegata è tenuta ad armonizzarsi.
1.5.– Conclusivamente, il rimettente si sofferma sulla genesi della norma censurata, evidenziando che l’art. 24 dello schema di decreto legislativo trasmesso, in data 3 marzo 2011, dal Governo al Presidente del Senato della Repubblica, affinché fosse reso il parere richiesto dalla legge di delega, si componeva di soli due commi, nei quali non vi era alcuna previsione in tema di ambiti territoriali minimi.
La relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo faceva riferimento alla sola necessità di dare attuazione alla direttiva 2009/73/CE e di adeguare l’ordinamento ad ulteriori atti normativi dell’U.E.
Il comma 4 dell’art. 24 non risulta inserito neppure nel testo sottoposto al parere della Conferenza Stato-Regioni, reso in data 28 aprile 2011, sicché sarebbe di tutta evidenza che l’intervento sui bacini ottimali sia stato deciso all’ultimo momento dal Governo.
A riprova dell’estraneità rispetto alla delega, il TAR ricorda che il Governo aveva già provveduto a rendere obbligatori gli ambiti territoriali minimi e a sospendere le gare in corso, con il già richiamato decreto ministeriale 19 gennaio 2011, a proposito del quale era subito sorto un contenzioso destinato a sicuro esito positivo.
Ciò avvalorerebbe l’ipotesi che lo stesso Governo non avesse ritenuto fin da subito che i bacini ottimali fossero oggetto di delega, e che abbia deciso di inserire la corrispondente previsione solo all’ultimo momento.
L’insieme degli elementi rappresentati, a fronte della specifica eccezione di illegittimità costituzionale per difetto di delega proposta dalla parte resistente, appare al rimettente «senz’altro tale da raggiungere quella soglia di dubbio circa la costituzionalità dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, che rende doveroso investire il giudice costituzionale della relativa questione, in riferimento all’art. 76 Cost.».
2.– Con atto depositato il 26 giugno 2012, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione.
2.1.– La difesa statale reputa fuorviante l’interpretazione dell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007 fornita dal rimettente, secondo cui la citata disposizione, che prevede la facoltatività dello svolgimento delle gare per ambiti territoriali minimi, in quanto non abrogata dal legislatore delegante, manterrebbe intatto il suo significato, consentendo ancora oggi la indizione di gare su base territoriale comunale.
In realtà, con l’art. 46-bis, il legislatore del 2007 ha demandato ai Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e sentita la Conferenza unificata, di individuare gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale.
In tale contesto, il riferimento ai bacini ottimali di utenza, da identificare in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, costituiva il criterio d’indirizzo per la determinazione degli ambiti territoriali minimi. Con tale ultima locuzione, il legislatore del 2007 avrebbe indicato un limite territoriale minimo, non suscettibile di ulteriori frazionamenti, di modo che, una volta individuati tali ambiti, non fosse più consentita l’indizione di gare per l’affidamento del servizio riferite a ripartizioni territoriali inferiori (quali sono i territori dei singoli Comuni).
2.1.1.– La difesa statale si sofferma poi sul contenuto dell’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, in epoca successiva alla deliberazione dell’ordinanza di rimessione, evidenziando che il rimettente, dopo aver esaminato la norma sopravvenuta nella formulazione antecedente alla conversione in legge, ha ritenuto di non doversi esprimere sul rapporto tra la citata previsione e la norma censurata, per due ordini di motivi: la legittimità della procedura di gara oggetto del giudizio a quo, in quanto indetta prima dell’emanazione dell’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, sarebbe regolata dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011; inoltre, la norma sopravvenuta non avrebbe previsto la proroga delle concessioni scadute, sicché tutte le procedure avviate prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 1 del 2012, continuerebbero ad essere disciplinate dalla norma censurata.
Tale impostazione non sarebbe condivisibile, in quanto l’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, nel testo convertito in legge, ha disposto che «[…] è fatta salva l’organizzazione dei servizi pubblici di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali già prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti».
Inoltre, il contenuto precettivo della disposizione sopravvenuta fornirebbe ulteriori elementi di valutazione della delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, nella direzione opposta alla tesi del rimettente; in particolare, l’art. 25 del d.l. n. 1 del 2012 avrebbe sancito non soltanto la salvezza degli effetti della disciplina contenuta nel censurato art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, «ma anche la conservazione del contenuto precettivo del medesimo art. 24 […]».
Del resto, se anche non si volesse attribuire all’art. 25 citato la rilevata funzione di interpretazione autentica, non sarebbe dubitabile che il riferimento all’organizzazione dei servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali comporterebbe, in ipotesi di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, la reviviscenza della disciplina dettata dalla predetta norma.
La previsione dell’obbligatorietà delle gare su base territoriale ottimale, introdotta dalla disposizione sopravvenuta, assumerebbe una precisa connotazione interpretativa anche riguardo all’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, nel senso che, pur ritenendo quest’ultima disposizione ancora vigente, in virtù del rapporto di specialità, essa sarebbe rivolta a favorire ed incentivare l’aggregazione tra più ambiti territoriali minimi, posto che l’obbligatorietà dello svolgimento delle gare per ambiti territoriali minimi non sarebbe più derogabile in minus.
2.2.– L’Avvocatura procede all’esame della legge di delega, e specificamente dei principi e criteri dettati dall’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, evidenziando come gli stessi, in attuazione della direttiva 2009/73/CE, siano finalizzati ad assicurare una gestione del servizio di distribuzione di gas naturale secondo i criteri di efficienza e riduzione dei costi dell’intero sistema, favorendo il processo di liberalizzazione del mercato del gas naturale a vantaggio del consumatore.
Nel settore in esame, come rilevato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la concorrenza si realizza nel segmento che riguarda la vendita del gas, nel quale sono presenti, e costituiscono altrettanti fattori di ostacolo alla concorrenza, un numero elevato di distributori, situazioni di commistione tra venditori e distributori, e un numero elevato di concessioni, con differenti discipline.
L’obbligatorietà dell’affidamento con gare indette per ambiti territoriali minimi sarebbe strumentale alla liberalizzazione del mercato di riferimento, nella misura in cui razionalizza i servizi della rete di distribuzione e riduce le commistioni tra distributori e venditori.
Con riferimento, poi, alla contestata “genesi” della norma censurata, il rimettente avrebbe omesso di considerare che la stessa è stata introdotta per dare seguito alla condizione prevista alla lettera i) del parere sullo schema di decreto legislativo espresso dalla X Commissione, Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati.
2.2.1.– La difesa statale evidenzia le ricadute dell’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, in termini di arretramento del sistema, che continuerebbe a consentire affidamenti anche a piccoli distributori, con conseguente mantenimento di elevati costi di gestione a carico degli utenti, e in assenza di criteri di gara, giacché il d.m. 12 novembre 2011, che contiene il regolamento sui criteri di gara, è stato formulato avendo riguardo alle gare d’ambito, e dunque non potrebbe valere per le gare indette su base comunale.
In queste ultime, invero, il criterio prevalentemente utilizzato è quello del «massimo canone offerto», anziché del piano di sviluppo della rete e del miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del servizi, con conseguenti effetti negativi sia per le imprese di distribuzione sia per gli utenti. Quanto alle imprese, la difesa statale sottolinea che, essendo la distribuzione di gas naturale attività regolata, la cui remunerazione è determinata dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, il criterio di assegnazione che fa riferimento al solo canone ha dato luogo ad aggiudicazioni del servizio con canoni insostenibili rispetto all’attività del distributore, cui ha fatto seguito l’inevitabile contrazione degli investimenti dello stesso distributore, con peggioramento della qualità del servizio sul piano della manutenzione e sicurezza delle reti.
2.3.– Quanto al rapporto tra legge di delega e decreto delegato, la difesa statale richiama le principali affermazioni della giurisprudenza costituzionale sul tema, a partire dalla “necessaria integrazione” della legge di delega – che esprime indicazioni di preferenze, interessi, indirizzi, aventi valore preliminare – con l’atto di esercizio della delega (sentenza n. 91 del 1974), fino alle ripetute aperture nel senso dell’emanazione «di norme che rappresentino un coerente sviluppo e, se del caso, un completamento delle scelte espresse dal legislatore», dovendosi escludere che le funzioni del delegato siano limitate alla mera scansione linguistica delle previsioni dettate dal delegante (sono citate le sentenze n. 199 del 2003 e n. 308 del 2002).
Con riferimento alla portata del controllo di costituzionalità, la Corte costituzionale ha affermato che oggetto di verifica è soltanto la difformità della norma delegata rispetto a quella delegante, non potendosi estendere alle scelte di merito compiute dal legislatore delegato (sentenza n. 198 del 1998). L’ampiezza e l’elasticità dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella legge di delega varrebbero dunque a calibrare la discrezionalità del legislatore delegato e, al contempo, la profondità del sindacato della Corte costituzionale (sono citate le sentenze n. 163 e n. 126 del 2000, n. 355 e n. 237 del 1993; n. 259 e 250 del 1991).
Nel caso di specie, prosegue la difesa statale, la disciplina dettata dalla norma censurata sarebbe rispettosa dei principi e criteri non restrittivi fissati dalla legge delega n. 96 del 2010, nonché della ratio posta a fondamento della predetta legge, né, infine, sussisterebbe la lamentata estraneità di tale disciplina rispetto all’oggetto della delega.
La finalità perseguita dalla legge di delega è l’attuazione della direttiva 2009/73/CE relativa al mercato interno del gas naturale, con la previsione aggiuntiva del coordinamento con le norme vigenti nel relativo settore, tra le quali l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007.
L’istituto degli ambiti territoriali minimi, esistente nell’ordinamento dal 2007, è stato regolamentato dal legislatore delegato che ne ha previsto l’obbligatorietà, essendo tale soluzione coerente con i principi e criteri direttivi indicati dall’art. 17, comma 4, della legge di delega, e in particolare, con la promozione e garanzia di efficiente funzionamento del mercato del gas (lettera f); con la previsione di misure che garantiscano trasparenza ed efficienza nel settore del gas naturale, ottimizzandone l’impiego (lettera i); con la previsione di misure finalizzate a garantire un equilibrio tra domanda ed offerta (lettera m); con la rimozione degli ostacoli, anche di tipo normativo, al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione, per favorirne l’efficienza e la terzietà (lettera s).
Trattandosi poi di delega per l’adeguamento del diritto interno a quello dell’Unione europea, la difesa statale evidenzia che occorre avere riguardo soprattutto ai principi e criteri fissati dalla direttiva comunitaria (sono richiamate le sentenze n. 32 del 2005 e n. 132 del 1996 della Corte costituzionale), dal cui esame non emergerebbe alcun limite all’applicazione, nell’ordinamento interno, dell’obbligatorietà degli ambiti territoriali minimi.
2.4.– A riprova della legittimità costituzionale della norma censurata, la difesa statale segnala che il provvedimento urgente adottato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2012 e in corso di pubblicazione al momento della redazione del presente atto di intervento (decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134), prevede (all’art. 37) la salvezza sia delle disposizioni contenute nell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, sia degli ambiti di distribuzione determinati ai sensi della predetta disposizione, in base ai quali debbono essere espletate le gare per l’affidamento del relativo servizio, in conformità con quanto previsto dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011.
3.– Con atto depositato il 26 giugno 2012, si è costituita in giudizio 2i Gas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., ricorrente nel procedimento principale, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile ovvero infondata.
3.1.– La difesa della parte privata ripercorre l’evoluzione della normativa che ha portato alla definizione dei cosiddetti ambiti territoriali minimi per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, a partire dall’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, con il quale il legislatore aveva optato per un sistema di affidamento del servizio di distribuzione che avvenisse in relazione a realtà territoriali di estensione minima, soprattutto al fine di contrastare la frammentazione delle gestioni.
Tale finalità era stata già considerata dal d.lgs. n. 164 del 2000, che aveva protratto il periodo transitorio per il raggiungimento di una dimensione minima di 100.000 clienti finali ovvero di 100.000.000 di m3 di gas distribuiti all’anno (art. 15, comma 7, lettera b).
A distanza di anni, è intervenuto il d.m. 19 gennaio 2011, pubblicato il 31 marzo 2011, che ha dato attuazione all’art. 46-bis, individuando, nell’allegato 1, gli ambiti territoriali minimi in numero di 177, e che ha previsto, all’art. 3, comma 3, un vero e proprio blocco delle procedure di affidamento indette su base comunale.
Tale previsione è stata poi superata dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, che ha differito al 29 giugno 2011 il blocco delle gare indette su base diversa dagli ambiti territoriali minimi.
La pur breve disamina della normativa di settore renderebbe chiaro, secondo la difesa della parte privata, che, contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente, il cosiddetto “sistema ambiti” non è stato introdotto ex novo dalla norma censurata, la quale si sarebbe limitata a stabilire modalità e tempistica del passaggio al nuovo regime di affidamento, come confermato dal richiamo espresso all’art. 46-bis.
La disposizione oggetto di censura non avrebbe operato alcuna ristrutturazione del livello dimensionale del servizio di distribuzione di gas naturale, già a suo tempo prefigurata dall’art. 46-bis.
3.2.– La difesa della parte privata sottolinea la necessità di leggere i principi e criteri direttivi della legge n. 96 del 2010 in relazione al contesto normativo nel quale la stessa legge di delega è intervenuta, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 340 del 2007).
È richiamato l’art. 17, comma 4, lettera f), della legge n. 96 del 2010, che ha fissato l’obiettivo di «promuovere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una concorrenza effettiva e garantire l’efficiente funzionamento del mercato, anche predisponendo misure in favore della concorrenza con effetti analoghi a programmi di cessione del gas».
La piena attuazione del «sistema ambiti» sarebbe finalizzata proprio a garantire il perseguimento degli obiettivi indicati nella legge di delega, là dove le considerazioni critiche espresse sul punto dal rimettente sarebbero «del tutto generiche, aprioristiche e prive di qualsivoglia riscontro fattuale».
In particolare, risulterebbe infondata l’affermazione secondo cui «l’espansione della scala dimensionale in relazione alla quale calibrare il bando di gara» sarebbe di per sé ostativa rispetto alla tutela della concorrenza. Sono richiamati, tra l’altro, dati ministeriali dai quali emerge che la presenza di numerosi distributori con meno di 50.000 utenti determina inefficienze gestionali, con ricadute sui costi del sevizio.
La delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010 prevedeva, inoltre, che gli obiettivi di efficienza e tutela della concorrenza avrebbero dovuto essere perseguiti «anche predisponendo misure in favore della concorrenza con effetti analoghi a programmi di cessione del gas», e quindi non limitava affatto il campo di azione del Governo, come sostenuto dal rimettente, ma, al contrario, consentiva l’utilizzazione di strumenti ulteriori. Varrebbe, nel caso di specie, quanto affermato dalla Corte costituzionale a proposito della non configurabilità dell’eccesso di delega quando il perseguimento degli obiettivi indicati dalla legge «è stato operato dal legislatore delegato scegliendo uno dei mezzi possibili per realizzare la finalità» (sentenza n. 351 del 2010).
Discorso analogo dovrebbe essere svolto a proposito della congruità della norma censurata con il criterio indicato alla lettera i) dell’art. 17, comma 4, secondo cui il Governo avrebbe dovuto prevedere «misure che assicurino maggiore trasparenza ed efficienza nel settore » di riferimento.
Il completamento del «sistema ambiti» sarebbe indirizzato proprio ad assicurare l’efficienza del mercato della distribuzione del gas naturale.
La norma censurata sarebbe coerente anche con la previsione di cui alla lettera s) del citato art. 17, comma 4, delle legge n. 96 del 2010, che affida al Governo il compito di procedere alla «rimozione degli ostacoli, anche di tipo normativo, al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas naturale, per favorirne l’efficienza e la terzietà». Non sarebbe dubitabile, infatti, che il sistema degli ambiti territoriali minimi favorisca l’aggregazione delle piccole imprese, in via definitiva o anche soltanto per le singole gare.
Quanto al perseguimento della terzietà delle imprese del settore della distribuzione, è noto che, soprattutto nei Comuni di piccole dimensioni, tra le imprese partecipanti alle gare vi siano sovente società interamente partecipate dalle singole stazioni appaltanti.
La difesa della società costituita richiama, infine, il primo considerando della direttiva 2009/73/CE, che invita gli Stati a perseguire efficienza, prezzi competitivi e livelli maggiormente elevati di servizio, e l’art. 3, comma 8, della medesima direttiva, che promuove l’efficienza energetica e l’ottimizzazione del servizio. Si tratterebbe di obiettivi alla cui realizzazione è finalizzato il cosiddetto sistema ambiti, donde la evidente connessione della norma censurata con l’attuazione della direttiva.
4.– In prossimità dell’udienza di discussione, Enel Rete Gas S.p.a., in qualità di incorporante della già costituita 2i Gas Infrastruttura Italiana Gas s.r.l., ha depositato memoria nella quale svolge ulteriori considerazioni nella direzione della declaratoria di inammissibilità ovvero di infondatezza della questione.
4.1.– Dopo aver ripercorso le argomentazioni sviluppate nell’atto di costituzione in giudizio, la difesa della società richiama diffusamente la giurisprudenza costituzionale in tema di sindacato sull’esercizio della delega (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2008, n. 341, n. 340 e n. 170 del 2007, n. 485 del 2005).
5.– Con ordinanza del 15 febbraio 2012 (reg. ord. n. 115 del 2012), il Tribunale amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, nella parte in cui prevede che, a far data dalla entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007.
5.1.– La questione è identica a quella sollevata dal medesimo rimettente con l’ordinanza registrata al n. 110 del 2012, e identici sono gli argomenti svolti a sostegno, alla cui sintesi, contenuta nel paragrafo 1, si può rinviare, salvo che per le specificazioni riguardanti il giudizio principale.
5.2.– Dinanzi al TAR pende il giudizio introdotto da Enel Rete Gas S.p.A. nei confronti del Comune di Corbetta, avente ad oggetto l’annullamento del bando di gara della procedura di affidamento in concessione del servizio pubblico di distribuzione del gas metano, nel territorio del predetto Comune, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana in data 4 luglio 2011, nonché degli altri atti o provvedimenti preordinati, consequenziali o comunque connessi.
Il rimettente riferisce che la stessa società, allo stato concessionaria del servizio in virtù di un risalente affidamento disposto senza gara, ha anche formulato domanda di risarcimento danni.
Secondo la società ricorrente, l’Amministrazione comunale non avrebbe potuto indire la gara, stante il disposto dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, essendosi anche impegnata contrattualmente, in data 15 dicembre 2010, a non bandire la gara fino a quando non fossero stati predisposti i cosiddetti ambiti territoriali.
Il Comune resistente, a sua volta, ha eccepito preliminarmente la carenza di legittimazione attiva di Enel Rete Gas S.p.A., avendo la predetta società rinunciato, nel contratto stipulato il 15 dicembre 2010, ad impugnare l’indizione di nuova gara una volta che fosse spirato il termine della concessione (31 dicembre 2010).
Il rimettente argomenta esaustivamente sulla non fondatezza dell’eccezione preliminare, e conclude affermando che «la sola censura in linea astratta meritevole di accoglimento verta sulla violazione dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011».
6.– Con atto depositato il 3 luglio 2012, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità ovvero per l’infondatezza della questione.
6.1.– Preliminarmente la difesa dello Stato eccepisce il difetto di rilevanza della questione. Diversamente da quanto opinato dal rimettente, per un verso, la moratoria delle procedure di gara, in attesa della determinazione degli ambiti territoriali minimi, era già ricavabile dal quadro normativo antecedente alla introduzione della norma censurata, e, per altro verso, la disposizione sopravvenuta, art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, come convertito dalla legge n. 27 del 2012, ne farebbe salva l’applicazione.
L’Avvocatura osserva come, con l’entrata in vigore del d.m. 12 novembre 2011, n. 226, recante il regolamento dei criteri di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, e quindi prima del deposito dell’ordinanza di rimessione, sia stato completato il processo di attuazione dell’art. 46-bis, con la conseguenza che sarebbe venuta meno la possibilità di ritenere legittime le gare bandite senza riferimento agli ambiti territoriali minimi e non ancora concluse con l’aggiudicazione.
In ogni caso, poi, se anche si ritenesse che il nuovo quadro normativo non costituisca parametro di legittimità del bando oggetto del giudizio principale, pubblicato nel luglio 2011, il sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1 del 2012, nella parte in cui fa espressamente salva «l’organizzazione dei servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali ottimali già prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti», avrebbe «legificato» il d.m. 19 gennaio 2011, che all’art. 3, comma 3, già prevedeva il blocco delle gare indette al di fuori del sistema ambiti, a decorrere dalla sua entrata in vigore (31 marzo 2011), con la conseguenza che sarebbe venuta meno la possibilità, per il rimettente, di disapplicare il citato art. 3, comma 3.
Di qui l’irrilevanza della questione, posto che la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata non avrebbe influenza sulla decisione del giudizio principale, ovvero la carenza di motivazione dell’ordinanza di rimessione.
6.2.– Nel merito, dopo aver richiamato diffusamente la giurisprudenza costituzionale sul rapporto tra legge di delega e decreto delegato, la difesa statale osserva come, nel caso in esame, si debba considerare che il principio di organizzazione del servizio di distribuzione di gas naturale secondo gli ambiti territoriali minimi fosse già in vigore nell’ordinamento quando è stata introdotta la norma censurata, ragione per cui con tale norma il legislatore delegato non avrebbe fatto alcuna «scelta fondante», come viceversa sostenuto dal rimettente, essendosi limitata a dare completamento a detto sistema.
La stessa norma andrebbe quindi considerata come prodotto dell’attività di fisiologico riempimento dello spazio di discrezionalità lasciato al Governo, in attuazione del principio di efficiente organizzazione del mercato della distribuzione di gas naturale, il quale comporta, tra l’altro, che l’affidamento del servizio debba avvenire sulla base di ambiti ottimali minimi, al di sotto dei quali si determinano diseconomie.
Il sopravvenuto art. 25 del d.l. n. 1 del 2012 , nel fornire una interpretazione autentica della delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, avrebbe confermato che la norma censurata è perfettamente in linea con la volontà del Parlamento.
L’Avvocatura contesta la lettura dei principi contenuti nella direttiva 2009/73/CE operata dal rimettente, secondo il quale la norma censurata non potrebbe trovare fondamento su di essi, atteso il carattere programmatico e l’indeterminatezza delle formule linguistiche utilizzate.
In realtà, la scelta di rendere obbligatorie le gare per ambiti territoriali minimi non soltanto non contrasterebbe con la direttiva citata, ma risulterebbe pienamente coerente con i principi ivi enunciati, in particolare con il primo considerando, nel quale si auspica una regolamentazione del mercato interno del gas al fine di conseguire maggiore efficienza, prezzi competitivi e più elevati livelli di servizio. Non si potrebbe dubitare, infatti, che il sistema ambiti rappresenti una condizione imprescindibile per l’organizzazione di un efficiente servizio di distribuzione del gas, che garantisca prezzi competitivi e migliori livelli di servizio, superando le diseconomie e le inefficienze che inevitabilmente derivano da una eccessiva parcellizzazione delle concessioni in un numero elevatissimo di Comuni.
7.– Con atto depositato il 2 luglio 2012, si è costituita Enel Rete Gas S.p.a., ricorrente nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
7.1.– La difesa della società, riservandosi di produrre più articolate deduzioni in prossimità dell’udienza, ritiene che l’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011 non violi sotto alcun profilo l’art. 76 Cost., come viceversa indicato dal rimettente, le cui tesi del resto sarebbero già state disattese in due successive decisioni del medesimo TAR Lombardia, sede di Brescia (sentenza n. 555 del 29 marzo 2012 e ordinanza n. 150, di pari data).
La norma censurata risulterebbe infatti rispettosa dei principi fissati dalla legge di delega che mirano ad assicurare l’efficienza del servizio, essendo a tale scopo necessaria la razionalizzazione degli ambiti territoriali, all’interno di un processo di ottimizzazione del tutto in linea con gli obiettivi posti dalla normativa comunitaria e statale.
7.2.– La difesa della parte privata procede all’esame della delega contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010, evidenziando come la stessa preveda, tra i principi e criteri direttivi, quello di assicurare l’efficienza del settore di riferimento, (sono richiamate in particolare le disposizioni di cui alle lettere f, i, q ed s dell’art. 17, comma 4), trattandosi peraltro di obiettivo che discende direttamente dalla direttiva 2009/73/CE (sono richiamati il primo considerando e l’art. 3).
I rilievi che precedono smentirebbero la tesi del rimettente, tanto più se letti alla luce della giurisprudenza costituzionale sul rapporto tra legge di delega e decreti delegati, ove si trova ripetutamente affermato che spetta al Governo l’attività di completamento delle scelte del legislatore delegante, nel rispetto non solo della lettera ma della ratio della legge di delega (sono richiamate le sentenze n. 230 del 2010 e n. 98 del 2008).
8.– Con atto depositato il 2 luglio 2012, è intervenuta in giudizio l’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS), aderente a Confindustria, per sostenere la piena conformità dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 20911 al dettato costituzionale, e chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.
9.– In prossimità dell’udienza pubblica, le parti costituite ed intervenute hanno depositato memorie illustrative.
9.1.– Con atto depositato in data 28 marzo 2013, Enel Rete Gas S.p.a. ripercorre nuovamente l’evoluzione normativa che, a partire dalla previsione contenuta nell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, ha portato alla completa attuazione del sistema degli ambiti territoriali minimi, ed insiste per il rigetto della questione.
La difesa della società contesta che il rimettente non avrebbe cercato una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011, alla luce della evidente coerenza della previsione con il contesto normativo vigente, sia nazionale sia comunitario, in tema di disciplina concorrenziale del mercato della distribuzione del gas naturale.
9.2.– Nella prospettiva della coerenza della norma censurata con le previsioni antecedenti e successive, la difesa della parte privata richiama la Relazione annuale svolta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 31 marzo 2011, nella quale, a proposito della emanazione del d.m. 19 gennaio 2011, di individuazione degli ambiti territoriali, si afferma che «l’emanazione di tale decreto si inserisce in una fase, quella attuale, nella quale sono giunte a scadenza tutte le concessioni affidate senza gara esistenti al momento dell’approvazione della legge di riforma del settore (decreto legislativo n. 164/2000). In tale quadro, la definizione degli ambiti territoriali minimi, prevista dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 , rappresentava la condicio sine qua non per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas».
La difesa di Enel rammenta che il modello organizzativo di gestione dei servizi per ambiti territoriali sovracomunali è da tempo operante nel settore del servizio idrico integrato, ed è stato quindi adottato anche per il settore dei rifiuti.
Si rileva, inoltre, dalla stessa difesa, la contraddittorietà delle argomentazioni utilizzate dal rimettente a sostegno della non manifesta infondatezza della questione. In particolare, dopo aver respinto il dubbio di compatibilità della norma censurata con il principio comunitario di concorrenza e con le libertà fondamentali garantite dal Trattato, sul rilievo della temporaneità del divieto, ivi sancito, di procedere alle gare, il rimettente inspiegabilmente reputa che lo stesso divieto violi la libertà di concorrenza qual è disciplinata dal diritto nazionale.
È richiamata in proposito la sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale, concernente la disciplina di affidamento dei servizi idrici e la definizione degli ambiti ottimali di servizio, nella quale tale disciplina è stata espressamente ricondotta alla materia della tutela della concorrenza, con la precisazione che la nozione comunitaria di concorrenza si riflette su quella di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Si legge ancora nella citata sentenza che «tale disciplina [ambiti ottimali di servizio], finalizzata al superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche, consente la razionalizzazione del mercato ed è quindi diretta a garantire la concorrenzialità e l’efficienza del mercato stesso» (sono richiamate anche le sentenze n. 142 e n. 29 del 2010, e n. 246 del 2009).
In conclusione, la difesa di Enel Rete Gas S.p.A. richiama diffusamente la giurisprudenza costituzionale sul tema della formulazione della legge di delega e dei rapporti tra delega e decreti delegati.
10.– Con atto depositato il 29 marzo 2012, l’interveniente ANIGAS ha ulteriormente argomentato nella prospettiva della non fondatezza della questione.
11.– Con atto depositato in data 2 aprile 2013, la difesa dello Stato svolge ulteriori argomenti in punto di rilevanza della questione, segnalando la sopravvenienza dell’art. 37, comma 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012.
La citata disposizione, successiva all’ordinanza di rimessione, ha previsto che «Sono fatte salve le disposizioni dell’articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di distribuzione di gas naturale, e gli ambiti di distribuzione di gas determinati ai sensi del medesimo articolo, in base a cui devono essere espletate le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione gas in conformità con l’art. 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93».
A parere della difesa statale, il richiamo agli ambiti di distribuzione previsti dall’art. 46-bis dimostrerebbe «la piena legittimità delle disposizioni contenute nei dd.mm. 19 gennaio 2011 e 18 ottobre 2011», costituendo interpretazione autentica della moratoria delle gare introdotta già con l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007.
Di qui l’ulteriore conferma della irrilevanza della questione, apparendo peraltro necessario un riesame della rilevanza da parte del rimettente, alla luce della sopravvenienza.
11.1.– Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato, dopo aver nuovamente evidenziato che la norma censurata costituirebbe il fisiologico sviluppo dei principi e criteri direttivi contenuti nell’art. 17, comma 4, lettere f), i), q) ed s), della legge n. 96 del 2010, sottolinea la imprescindibilità, ai fini della effettiva riorganizzazione del settore della distribuzione di gas naturale, del blocco delle gare, in attesa della definizione degli ambiti territoriali minimi. Diversamente, si sarebbe determinata la prosecuzione, per molti anni, di affidamenti su base comunale, con le comprovate inefficienze e diseconomie che tale sistema produce.
Considerato in diritto
1.– Con due ordinanze di identico tenore, deliberate rispettivamente il 17 febbraio 2012 (reg. ord. n. 110 del 2012), e il 15 febbraio 2012 (reg. ord. n. 115 del 2012), il Tribunale amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, ha sollevato, in riferimento all’articolo 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), nella parte in cui prevede che, a far data dalla entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (29 giugno 2011), le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale sono effettuate unicamente per ambiti territoriali di cui all’art. 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e equità sociale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222.
1.1.– Secondo i rimettenti, la norma censurata, introdotta in esecuzione della delega contenuta nella legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – legge comunitaria 2010), non troverebbe adeguata copertura nei principi e criteri della predetta delega, e neppure negli obiettivi posti al legislatore nazionale dalla direttiva 13 luglio 2009, n. 2009/73/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE), oggetto di attuazione.
1.2.– In entrambi i giudizi principali si discute della legittimità di gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, indette su base comunale, con bandi pubblicati successivamente alla data a partire dalla quale la norma censurata ha stabilito il blocco degli affidamenti per ambiti territoriali diversi da quelli fissati dall’art. 46-bis citato. A ciò consegue, ad avviso dei rimettenti, che soltanto la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011 consentirebbe di respingere i ricorsi per l’annullamento degli atti di gara, come proposti nei predetti giudizi.
1.3.– In ragione dell’identità della questione sollevata, i giudizi debbono essere riuniti per essere definiti con unica decisione.
2.– Preliminarmente, deve essere confermata la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento, spiegato nel giudizio r.o. n. 115 del 2012, dall’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS), per le considerazioni esposte nell’ordinanza letta nella pubblica udienza del 23 aprile 2013 ed allegata alla presente sentenza.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale, le parti del giudizio principale.
L’intervento di soggetti estranei a quest’ultimo giudizio è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, ordinanza letta all’udienza del 9 aprile 2013, confermata con sentenza n. 85 del 2013; ordinanza letta all’udienza del 23 ottobre 2012, confermata con sentenza n. 272 del 2012; sentenze n. 223, n. 119 e n. 67 del 2012; ordinanze n. 32 del 2013 e n. 150 del 2012).
Nella specie, l’ANIGAS non è parte del giudizio principale, sorto a seguito del ricorso, proposto da Enel Rete Gas S.p.A., per l’annullamento degli atti relativi alla gara indetta dal Comune di Corbetta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, né risulta essere titolare di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Da quanto esposto consegue l’inammissibilità dell’intervento indicato.
3.– Sempre in via preliminare, si deve escludere che la normativa sopravvenuta alle ordinanze di rimessione, segnalata in particolare dalla difesa statale, abbia inciso sulla norma oggetto, ovvero sul quadro normativo complessivo, con la conseguenza che non ricorrono i presupposti per disporre la restituzione degli atti (ex plurimis, ordinanza n. 232 del 2012).
Le disposizioni sopravvenute sono contenute nell’art. 25, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, e nell’art. 37 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134.
Entrambe le previsioni intervengono sulla disciplina dell’affidamento dei servizi pubblici locali, e, con diverso grado di specificazione rispetto all’oggetto del presente scrutinio, si limitano a confermare l’esistente, facendo salve le discipline di settore vigenti, sulla cui base siano state organizzata le gare di affidamento.
L’art. 25, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012, che inserisce l’art. 3-bis nel decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2012, n. 148, prevede che, entro il 30 giugno 2012, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano all’organizzazione dello svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica «in ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio». La disposizione stabilisce quindi che, «fermo restando il termine di cui al primo periodo del presente comma, è fatta salva l’organizzazione di servizi pubblici locali di settore in ambiti o bacini territoriali già prevista in attuazione di specifiche direttive europee nonché ai sensi delle discipline di settore vigenti».
Come si vede, la norma non interferisce in alcun modo con la previsione, contenuta nella disposizione censurata, del blocco degli affidamenti del servizio di distribuzione del gas naturale su base diversa rispetto agli ambiti territoriali minimi, come individuati dal decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 19 gennaio 2011 (Determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas naturale).
Con riferimenti più puntuali, l’art. 37 del d.l. n. 83 del 2012, rubricato «disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico» – il quale interviene sugli artt. 14 e 15 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’art. 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144), per disciplinare la partecipazione delle società alle gare per l’affidamento del servizio in esame – prevede al comma 2 che «sono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 46-bis […] in materia di distribuzione di gas naturale, e gli ambiti di distribuzione determinati ai sensi del medesimo articolo, in base a cui devono essere espletate le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione gas in conformità con l’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93».
La disposizione in esame richiama l’intera disciplina del cosiddetto sistema ambiti nel settore della distribuzione del gas naturale, a partire dall’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007 e dai decreti attuativi dello stesso, fino alla norma censurata, nella parte in cui prevede che, a partire dal 29 giugno 2011, le gare di affidamento possono essere indette solo sulla base dei predetti ambiti.
La portata della disposizione, che è meramente ricognitiva della normativa vigente, non aggiunge alcunché alle disposizioni richiamate, le quali, se fossero dichiarate costituzionalmente illegittime, cesserebbero comunque di produrre i loro effetti.
Nemmeno si può ipotizzare che la norma sopravvenuta abbia legificato il contenuto dell’art. 3, comma 3, del d.m. 19 gennaio 2011 – che già aveva introdotto il blocco delle gare di affidamento per ambiti territoriali diversi da quelli minimi a decorrere dal 1° aprile 2011 –, per trarne l’ulteriore conseguenza che, in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata, l’effetto inibitorio sulle gare discenderebbe dalla citata norma regolamentare, non più disapplicabile dai rimettenti, in quanto appunto legificata.
La tesi non può essere condivisa posto che, con l’entrata in vigore della norma censurata, la previsione contenuta nella disposizione regolamentare è stata definitivamente superata, e la normativa sopravvenuta, in quanto ricognitiva, ha richiamato la disciplina applicabile, e cioè, per quello che qui rileva, il blocco previsto dall’art. 24, comma 4, del d.lgs. n. 93 del 2011.
4.– Ragioni sostanzialmente analoghe conducono a ritenere priva di fondamento l’eccezione di inammissibilità della questione, sollevata sia dalla difesa statale sia dalla difesa della parte privata, nel giudizio r.o. n. 115 del 2012, e relativa alla carenza di motivazione sulla rilevanza, in riferimento al rapporto tra l’art. 25, comma 1, del d.l. n. 1 del 2012, nella versione antecedente alla conversione in legge, e la norma censurata.
Il rimettente ha sostenuto, non implausibilmente, che anche in ipotesi di abrogazione della disposizione censurata in sede di conversione in legge del d.l. n. 1 del 2012, ugualmente i giudizi a quibus dovrebbero essere definiti, con riguardo alla domanda risarcitoria, facendo applicazione della predetta norma, escluso ogni effetto di reviviscenza della disposizione regolamentare di cui al d.m. 19 gennaio 2011, disapplicabile in quanto ritenuta contra legem.
5.– Parimenti risulta non fondata l’eccezione di inammissibilità della questione per contraddittorietà della motivazione sulla non manifesta infondatezza, sollevata, nel giudizio r.o. n. 115 del 2012, dalla difesa della parte privata, con la memoria depositata in prossimità dell’udienza.
In particolare, la contraddittorietà della motivazione risiederebbe nel fatto che il giudice a quo, dopo aver ritenuto il blocco delle gare non incompatibile con il principio comunitario di concorrenza e con le libertà fondamentali garantite dal Trattato che istituisce la Comunità europea, così respingendo la relativa eccezione di parte resistente, avrebbe poi reputato la stessa norma in contrasto con la libertà di concorrenza, qual è disciplinata dal diritto nazionale.
In realtà, la censura prospettata dal rimettente è costruita all’interno del rapporto di delegazione, sul presupposto che né i principi e criteri direttivi della legge di delega, né i principi fissati dalla direttiva 2009/73/CE, oggetto di attuazione, consentissero al legislatore delegato di intervenire sulla disciplina degli ambiti territoriali di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.
Il rimettente non nega, dunque, gli effetti concorrenziali della previsione censurata, ma ritiene che la scelta del sistema ambiti, compiuta a suo dire con la predetta norma, richiedesse una puntuale indicazione del legislatore comunitario ovvero del legislatore delegante.
In questo senso, non è dato rilevare contraddizioni nell’argomentare del rimettente.
6.– Nel merito, la questione non è fondata.
6.1.– Dall’esame del contesto normativo, nel quale si colloca la previsione censurata emerge, con evidenza, che il cosiddetto sistema ambiti per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale era stato configurato, nelle linee essenziali, dall’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, inserito dalla legge di conversione n. 222 del 2007, rubricato «Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas».
Ancor prima del citato art. 46-bis, già il d.lgs. n. 164 del 2000, in attuazione della direttiva 98/30/CE, aveva introdotto il collegamento tra i criteri di gara e la dimensione territoriale dell’affidamento (l’art. 14, comma 6, fa riferimento agli standard di «equa distribuzione sul territorio»), prevedendo, per il caso di mancato adeguamento nel periodo transitorio alle prescrizioni per ambiti a dimensione sovracomunale, che la Regione interessata nominasse un commissario ad acta (art. 15, comma 1). Erano inoltre stabilite agevolazioni (prolungamento delle concessioni) per le imprese che avessero proceduto ad operazioni di aggregazione o che operassero in un ambito corrispondente almeno al territorio della Provincia (art. 15, comma 7, lettere a e b).
Il legislatore del 2007, con l’art. 46-bis del d.lgs. n. 159 del 2007, aveva demandato a successivi decreti ministeriali l’individuazione dei criteri di gara per l’affidamento del servizio (comma 1), e la determinazione degli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare, «secondo l’individuazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi» (comma 2), ed aveva inoltre disposto che, «al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» (comma 3).
L’individuazione degli ambiti territoriali minimi è avvenuta soltanto nel 2011, ad opera del già richiamato d.m. 19 gennaio 2011, del successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 18 ottobre 2011, recante «Determinazione dei Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale del settore della distribuzione del gas naturale», e del decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale 12 novembre 2011, n. 226, recante «Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell’articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222».
La scelta effettuata sin dal 2007 si è dunque compiutamente definita nel corso del 2011, consentendo il passaggio da un sistema caratterizzato da estrema frammentazione (affidamento del servizio su base territoriale comunale), al cosiddetto sistema ambiti.
Le ragioni della scelta, confermata da tutti gli interventi normativi successivi, compresi, come si è visto, quelli sopravvenuti alle ordinanze di rimessione, risiedono nella acquisita consapevolezza che l’aumento di dimensione degli ambiti di gara consente di ridurre significativamente le tariffe di distribuzione, a vantaggio dei consumatori, di migliorare la qualità del servizio e di ridurre i costi relativi allo svolgimento delle gare.
Allo scopo di avviare la transizione dall’uno all’altro sistema, il d.m. 19 gennaio 2011 aveva previsto, all’art. 3, comma 3, che, a partire dal 1° aprile 2011, l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale fosse aggiudicabile solo in riferimento agli ambiti determinati nell’allegato I del medesimo decreto.
Successivamente, la disposizione regolamentare è stata superata dall’intervento del legislatore delegato che, con la norma censurata, ha disposto in termini sostanzialmente analoghi, fissando il divieto di indire gare su base territoriale diversa dagli ambiti sopra indicati, a partire dal 29 giugno 2011.
La norma censurata risulta chiaramente strumentale alla definizione della lunga transizione avviata dal d.lgs. n. 164 del 2000 verso un sistema di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale improntato ai criteri di trasparenza ed efficienza, all’interno di un mercato concorrenziale.
6.2.– La ricostruzione del contesto normativo di riferimento smentisce l’assunto sul quale è costruita la violazione dell’art. 76 Cost., e cioè che la norma censurata, nel rendere obbligatorio il cosiddetto sistema ambiti per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, esprima una scelta «fondante», in contrasto con l’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007.
È questa la prospettiva dalla quale muovono i rimettenti per sostenere che la previsione introdotta dal legislatore avrebbe richiesto una puntuale indicazione nella legge di delega n. 96 del 2010, tenuto conto dell’assenza, nella direttiva 2009/73/CE, oggetto di attuazione, di riferimenti specifici al tema dell’organizzazione territoriale del servizio di distribuzione del gas naturale.
Diversamente – una volta ristabilito il corretto rapporto tra la norma censurata e l’art. 46-bis citato, nel senso della continuità e della coerenza – sono individuabili nella legge di delega plurime indicazioni idonee a legittimare l’operato del legislatore delegato, sui presupposti, non contestati, dell’effetto pro concorrenziale e dell’incremento di efficienza del servizio del cosiddetto sistema ambiti.
6.3.– Si deve ricordare come, secondo la giurisprudenza costituzionale consolidata, il contenuto della delega non possa essere individuato senza tenere conto del sistema normativo nel quale la predetta si inserisce, poiché soltanto l’identificazione della sua ratio consente di verificare, in sede di controllo, se la norma delegata sia con essa coerente (ex plurimis, sentenze n. 272 del 2012, n. 230 del 2010, n. 98 del 2008, n. 163 del 2000).
È riconosciuto, infatti, al legislatore delegato un margine di discrezionalità nell’emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo, e, se del caso, un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante (sentenze n. 98 del 2008 e n. 426 del 2006), fino al punto che neppure il silenzio del delegante può impedire, a certe condizioni, l’adozione di norme da parte del delegato.
Nel caso poi di delega per l’attuazione di una direttiva comunitaria, i principi che quest’ultima esprime si aggiungono a quelli dettati dal legislatore nazionale e assumono valore di parametro interposto, potendo autonomamente giustificare l’intervento del legislatore delegato (sentenza n. 32 del 2005).
6.4.– Partendo dall’esame della direttiva 2009/73/CE, viene in rilievo il primo considerando, che richiama l’obiettivo della realizzazione del mercato interno del gas naturale, al fine di conseguire, complessivamente, una maggiore efficienza e più elevati livelli di servizio.
I principi generali così richiamati trovano specificazione nell’art. 3 della stessa direttiva, che impone agli Stati membri l’adozione di misure pro concorrenziali, anche in riferimento alle procedure amministrative di ingresso nel mercato del gas, complessivamente considerato, comprensivo quindi del settore della distribuzione.
Al comma 8 dello stesso art. 3 il legislatore comunitario stabilisce che gli Stati membri o le rispettive Autorità di regolamentazione debbano attivarsi per potenziare i sistemi interni di attuazione della concorrenza, lasciando, come di regola, ai legislatori nazionali la scelta delle misure strumentali a perseguire l’obiettivo.
Non sembra dubitabile che, nel novero delle misure idonee a realizzare un’organizzazione concorrenziale ed efficiente del mercato interno della distribuzione di gas naturale, debba essere inserita l’attuazione del sistema di affidamento per bacini ottimali di utenza.
Questa Corte, con la sentenza n. 325 del 2010, ha già evidenziato, sul piano generale, che la disciplina concernente le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica va ricondotta all’ambito della tutela della concorrenza, «tenuto conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua diretta incidenza sul mercato».
6.5.– Con indicazioni progressivamente più puntuali, nella parte generale della legge di delega n. 96 del 2010, l’art. 2, comma 1, lettera b), dispone che, «ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione».
Riguardo alla specifica attuazione della direttiva 2009/73/CE, la delega è contenuta nell’art. 17, comma 4, della legge n. 96 del 2010. Vengono in rilievo, ai fini del presente scrutinio, i principi e criteri dettati alle lettere f), i), q) ed s) del citato comma 4.
Il legislatore delegante ha richiesto l’adozione di misure atte a promuovere una concorrenza effettiva e a garantire l’efficiente funzionamento del mercato (lettere f e q), nonché maggiore trasparenza ed efficienza nel settore del gas naturale (lettera i); sono stati, inoltre, previsti interventi di «rimozione degli ostacoli, anche di tipo normativo, al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas naturale, per favorirne l’efficienza e la terzietà» (lettera s).
Quest’ultima previsione – che è quella più esplicitamente mirata alla trasformazione, sul piano organizzativo, del servizio di distribuzione di gas naturale – mette in evidenza la situazione critica del settore di riferimento, ancora caratterizzato dalla presenza di operatori di dimensioni molto ridotte, che gestiscono il servizio per bacini di utenza altrettanto circoscritti, con le diseconomie e inefficienze che ne derivano.
Con tale indicazione il legislatore delegante ha inequivocabilmente richiesto misure finalizzate a realizzare un diverso dimensionamento del mercato della distribuzione – peraltro già previsto dal 2007 –, che «favorisca» l’aggregazione delle piccole imprese del settore.
6.6.– La norma censurata, nel prevedere la moratoria temporanea delle gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale su base territoriale diversa dagli ambiti individuati, ai sensi dell’art. 46-bis del d.l. 159 del 2007, risponde alla ratio della delega ed ai principi e criteri direttivi richiamati, in quanto rende applicabile la nuova disciplina degli affidamenti, evitando il rinnovo delle concessioni su base comunale e, con esse, l’ulteriore frazionamento delle gestioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo per la Lombardia, sede di Milano, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2013.
Allegato:
Ordinanza letta all’udienza del 23 aprile 2013
ORDINANZA
Ritenuto che, nel giudizio promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ‒ sede di Milano (reg. ord. n. 115 del 2012), avente ad oggetto l’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 (Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE), ha depositato atto di intervento l’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS), chiedendo il rigetto della questione di legittimità costituzionale.
Considerato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi ad intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale) le sole parti del giudizio principale, qualità che non risulta rivestita dall’Associazione interveniente;
che l’intervento di soggetti estranei al detto giudizio principale è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis: ordinanza letta all’udienza del 23 ottobre 2012, confermata con sentenza n. 272 del 2012; sentenze n. 223, n. 119 e n. 67 del 2012; ordinanze n. 32 del 2013 e n. 150 del 2012);
che il giudizio a quo è sorto a seguito del ricorso, proposto da Enel Rete Gas s.p.a., per l’annullamento degli atti relativi alla gara indetta dal Comune di Corbetta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale;
che l’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS) non è titolare di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio;
che deve essere, pertanto, dichiarata l’inammissibilità dell’atto di intervento dell’ANIGAS.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l’intervento spiegato dall’Associazione Nazionale Industriali Gas (ANIGAS) nel giudizio promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – sede di Milano.
F.to: Franco GALLO, Presidente