DIRITTO URBANISTICO – Costruzioni realizzate in violazione delle distanze – Istanza di arretramento – Accoglimento parziale – Profili di incongruità esecutiva dal punto di vista “tecnico-edilizio”- Risarcimento dei danni – Muro di cinta e diritto di prevenzione – Principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 15 Novembre 2011
Numero: 23962
Data di udienza:
Presidente:
Estensore:
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – Costruzioni realizzate in violazione delle distanze – Istanza di arretramento – Accoglimento parziale – Profili di incongruità esecutiva dal punto di vista “tecnico-edilizio”- Risarcimento dei danni – Muro di cinta e diritto di prevenzione – Principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Massima
Testo integrale
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione 2^ 15/11/ 2011, Sentenza n. 23962SENTENZA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
sul ricorso 21467/2008 proposto da:
ST. FR. , ST. GI. , LO. EU. , tutti in proprio e nella qualita’ di eredi di St. Mi. e St. An. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PALESTRO 41, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO MANCUSO, rappresentati e difesi dall’avvocato STRIANESE GIUSEPPE, giusta procura speciale a margine del ricorso;
VI. AL. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO 19, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ANDREOTTA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGI Vittorio, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 62/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del 4/10/07, depositata il 22/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;
udito per il controricorrente l’Avvocato GIORGI VITTORIO che si riporta agli scritti;
e’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1) Su domanda proposta nel 1988 dai signori Mi. , Fr. , An. e St.Gi. , il tribunale di Nocera Inferiore ordinava ai germani Al. e Vi.Ma. l’arretramento di parte delle costruzioni realizzate in violazione delle distanze dalla proprieta’ attorea, in comune di … .
Il tribunale condannava inoltre i convenuti Vi. al risarcimento dei danni.
Deceduti Mi. e St.An. , l’appello del solo Vi. Al. veniva parzialmente accolto dalla Corte di Salerno, che, con sentenza 22 gennaio 2008, reputava legittima sia la costruzione del piano terra St. , per la parte realizzata in aderenza al “terraneo” Vi. , sia la costruzione del piano terra Vi. .
Ordinava tra l’altro l’arretramento da m. 7,05 a m. 10 del piano primo Vi. , prospettante sulla loggetta e sul terrazzino (planimetria allegato F tav. 1).
Fr. e St.Gi. ed Lo.Eu. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 16 luglio 2008.
Vi.Al. ha resistito con controricorso.
Eseguito l’ordine di integrazione del contraddittorio, emesso con ordinanza 17 aprile 2009, Vi. Ma. e’ rimasto intimato.
E’ stata fissata pubblica udienza.
Parte controricorrente ha depositato memoria.
L’avviso al difensore dei ricorrenti e’ stato notificato ex articolo 140 c.p.c., anche con successivo avviso raccomandato.
2) Il primo motivo espone “violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
Con quesito composto da due parti, i ricorrenti si dolgono che la Corte abbia ordinato demolizione del primo piano Vi. e non del secondo, cosi’ vanificando la condanna, che sarebbe ineseguibile dal punto di vista “tecnico-edilizio”.
Cio’ avrebbe maggior rilievo, in quanto il secondo piano sarebbe stato attribuito al resistente Vi.Al. , mentre con Vi. Ma. i ricorrenti avrebbero “raggiunto una bonaria intesa”.
I ricorrenti lamentano omessa pronuncia con riguardo alla mancata valutazione della legittimita’ del piano secondo del fabbricato.
Il controricorso rileva che la questione e’ nuova e inammissibile, perche’ avrebbe dovuto essere sollevata in appello dagli St. .
Il rilievo coglie nel segno.
2.1) L’esame degli atti, consentito dalla natura processuale della censura, consente di verificare che nell’atto di costituzione davanti al giudice di appello gli odierni ricorrenti St. lamentarono (cfr. ultima pagina) la “violazione delle norme”, specificando che essa atteneva “sia al primo piano dell’edificio che al pianoterra”.
Nulla dissero circa il piano secondo neanche nella “comparsa collegiale”, in cui si soffermarono sulla violazione della normativa quanto a primo piano e pianoterra e contrastarono la doglianza dell’appellante Vi. circa l’omessa determinazione delle opere da eseguirsi, adducendo che la difficolta’ sarebbe stata risolta in sede di esecuzione del provvedimento.
La censura risulta pertanto inammissibile.
2.2) Essa e’ contraddetta anche da altro rilievo.
La sentenza impugnata a pag. 11 (parte finale) e 12 distingue la sorte dei “piani realizzati in sopraelevazione”, chiarendo che “non forma oggetto del giudizio di appello la porzione di primo e secondo piano realizzata in aderenza al fabbricato St. (posto sul confine)”. Soggiunge poi quanto necessario a identificare la violazione costituita da una porzione di primo piano realizzata da parte Vi. con insufficiente distacco dal confine.
Pertanto, lungi dal lamentare omissione di pronuncia (primo quesito del primo motivo) o di chiedere che la Corte di Cassazione stabilisca che nell’ordine di arretramento della porzione del primo piano dell’edificio sia incluso anche l’arretramento del secondo (quesito n. 2 del primo motivo), i ricorrenti St. avrebbero potuto tutt’al piu’ lamentare l’erroneita’ della decisione per violazione di legge o per difetto di motivazione. Poiche’ del secondo piano, questione peraltro nuova, la Corte d’appello si era occupata, restando cosi’ irrilevanti i profili di incongruita’ esecutiva esposti nell’odierno ricorso.
3) Con il secondo motivo e’ denunciata violazione dell’articolo 875 c.c., in relazione alla Legge n. 1142 del 1950, articolo 41 quinquies, “ai sensi dell’art., nn. 3 e 5”.
Il motivo, da ritenere inammissibile ex articoli 366 e 366 bis c.p.c., si conclude con quattro quesiti di diritto.
I primi due quesiti sono inammissibili perche’ privi di qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta (SU 7433/09).
Vi si chiede infatti, in forma interrogativa:
a) se il diritto di prevenzione ex articolo 875 c.p.c., sia compatibile con la disciplina prevista dall’articolo 41/5 citato, “introdotto dalla Legge n. 765 del 1967”
b) “se il diritto di prevenzione sia operante per tutto il tratto del muro di cinta, laddove il confine risulti inedificato”.
La questione relativa al diritto di prevenzione esposta con siffatti quesiti non risulta comprensibile: essa e’ infatti suscettibile di multiple risposte, se non illustrata mediante: 1) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; 2) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; 3) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08).
3.1) Terzo e quarto quesito associano inammissibilmente doglianze concernenti gli accertamenti di fatto del giudice di merito e questioni di diritto che dovrebbero scaturire da questi accertamenti di fatto.
In particolare i ricorrenti chiedono: a) se l’esistenza di un piccolo casotto, di altezza inferiore al muro di cinta cui e’ addossato, faccia perdere al muro la natura e la caratteristica di cinta, “per la parte interessata dal casotto”.
b) se il ctu possa desumere dalla planimetria di parte l’esistenza di un manufatto?
c) se il manufatto puo’ imporre il mantenimento delle distanze anche dopo la sua demolizione.
Orbene, le censure, se considerate quali denuncia di vizi di motivazione, risultano inammissibili per piu’ aspetti.
In primo luogo sono state concluse con quesiti di diritto e non con la “chiara indicazione del fatto controverso” prescritta ex articolo 366 bis c.p.c.; detta indicazione, ove identificabile con i quesiti, risulta comunque sommaria e insufficiente, poiche’ non indica le ragioni dell’illogicita’ delle varie questioni addensate nei momenti di sintesi denominati “quesiti” (Cass. 16002/07).
Va infatti ricordato che l’art 366 bis c.p.c., esige che siano evidenziate nitidamente le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione.
In secondo luogo va rilevato che l’esposizione del motivo avrebbe dovuto essere svolta in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il quale impone al ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali, l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente.
Nella specie pero’, tranne un brevissimo, insufficiente brano di una consulenza, non sono riportate le risultanze che sorreggono la diversa ricostruzione dei fatti proposta in ricorso, relativa alle distanze dal manufatto che la sentenza designa come “terraneo Vi. “.
Discende da quanto esposto l’inammissibilita’ del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione al controricorrente delle spese di lite, liquidate in euro 3.000,00 per onorari, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.