* DIRITTO DELL’ENERGIA – Energia da fonti rinnovabili – Realizzazione di un impianto miniidroelettrico – VIA VAS AIA – Procedura di V.I.A. – Situazioni ambientali ostative alle concessioni – Misure di compensazione ambientale – Limiti – Art. 9 D.Lgs. 152/2006 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Legittimità del provvedimento – Violazione dell’art. 10-bis L. n. 241/1990 – Dimostrazione in giudizio dell’utilità della mancata partecipazione procedimentale – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Atti amministravi con espressione di valutazioni tecniche – Violazione del principio di ragionevolezza tecnica – Presupposti e limiti – Fattispecie – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Motivo d’impugnazione e diritto d’impugnazione – Ricorso per Cassazione e proposizione di un "non motivo" – Inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ..
Provvedimento: Sentenza
Sezione: Sez. Un.
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Giugno 2018
Numero: 16013
Data di udienza: 13 Febbraio 2018
Presidente: VIVALDI
Estensore: FRASCA
Premassima
* DIRITTO DELL’ENERGIA – Energia da fonti rinnovabili – Realizzazione di un impianto miniidroelettrico – VIA VAS AIA – Procedura di V.I.A. – Situazioni ambientali ostative alle concessioni – Misure di compensazione ambientale – Limiti – Art. 9 D.Lgs. 152/2006 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Legittimità del provvedimento – Violazione dell’art. 10-bis L. n. 241/1990 – Dimostrazione in giudizio dell’utilità della mancata partecipazione procedimentale – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Atti amministravi con espressione di valutazioni tecniche – Violazione del principio di ragionevolezza tecnica – Presupposti e limiti – Fattispecie – DIRITTO PROCESSUALE CIVILE – Motivo d’impugnazione e diritto d’impugnazione – Ricorso per Cassazione e proposizione di un "non motivo" – Inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ..
Massima
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un. 18/06/2018 (Ud. 13/02/2018), Sentenza n.16013SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un. 18/06/2018 (Ud. 13/02/2018), Sentenza n.16013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 16528-2016 proposto da:
SEAM S.R.L. – SOCIETA’ ENERGETICA ALPI DEL MARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato ILARIA CONTE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CRISTINA CLERICO e CLAUDIO DEMARIA;
– ricorrente –
contro
REGIONE LIGURIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARINA CROVETIO;
– controricorrente –
CITIA’ METROPOLITANA DI GENOVA, succeduta ex lege all’omonima Provincia, in persona del Sindaco Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati VALENTINA MANZONE e CARLO SCAGLIA;
REMNA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI DUE MACELLI 66 presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BOSO CARETIA – DLA PIPER STUDIO LEGALE TRIBUTARIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GERMANA CASSAR;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
contro
SEAM S.R.L. – SOCIETA’ ENERGETICA ALPI DEL MARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato ILARIA CONTE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CRISTINA CLERICO e CLAUDIO DEMARIA;
– controricorrente agli incidentali –
PROVINCIA DI IMPERIA;
– intimata-
nonchè contro
avverso la sentenza n. 87/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 24/03/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/02/2018 dal Consigliere RAFFAELEFRASCA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale TOMMASO BASILE, che ha concluso per il rigetto del ricorso; assorbito il ricorso incidentale;
uditi gli avvocati Ilaria Conte, Gabriele Pafundi e Germana Cassar.
Fatti di causa
1. La s.r.l. SEAM-Società Energetica Alpi del Mare ha proposto ricorso per cassazione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione contro la Regione Liguria, la Città Metropolitana di Genova, la Remna s.r.l. e la Provincia dì Imperia avverso la sentenza n. 87 del 24 marzo del 2016 del Tribunale Superiore delle Acque, con cui è stato rigettato il ricorso proposto da essa ricorrente per ottenere l’annullamento:
a) delle deliberazioni di inammissibilità nn. 1419, 1420 e 1421 adottate il 14 novembre 2014 dalla Giunta Regionale della Regione Liguria ed aventi rispettivamente per oggetto: al) la "Procedura di V.I.A. regionale ex L.R. n. 38/1998 ed art. 2, c II N.T. V.I.A. ex D.G.R. 1660/2013" riguardo al progetto di essa ricorrente per la realizzazione di un impianto miniidroelettrico sul Rio Gavano Comune Molini di Triora (IM); a2) il Progetto definitivo presentato da essa ricorrente per la realizzazione di un impianto miniidroelettrico sul Mogliana affluente del T. Sturla, in località San Siro Foce, Comune di Mezzanego (GE); a3) e la "Procedura VIA regionale ex L.R. n. 38/1998 ed art. 2, c II N. T. V.I.A. ex D.G.R. 1660/2013 riguardo al Progetto di essa ricorrente per la realizzazione di un impianto miniidroelettrico sul Rio Corte Comune Molini di Triora (IM);
b) della Deliberazione della stessa Giunta n. 136 reg. del 20 febbraio 2015, avente per oggetto i ricorsi in opposizione della stessa ricorrente avverso le deliberazioni sub a);
e) della Nota della REGIONE LIGURIA – Dipartimento Ambiente, Settore Valutazione Impatto Ambientale – del 23 marzo 2015, del Parere della REGIONE LIGURIA – Dipartimento Ambiente, Settore Progetti e Programmi per la Tutela e Valorizzazione Ambientale – del 30 gennaio 2015, della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1122 del 21 settembre 2012, avente per oggetto "D.M 10 settembre 2010. L.R. 38/1998 art. 16. Approvazione linee guida impianti produzione energia da fonti rinnovabili" e delle allegate "LINEE GUIDA per l’autorizzazione, la valutazione ambientale, la realizzazione e la gestione degli impianti per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili";
d) dei Provvedimenti Dirigenziali della CITTA’ METROPOLITANAdi GENOVA – Direzione Ambiente, Ambiti Naturali e Trasporti, Servizio Acqua e Rifiuti – n. 1582 del 21 aprile 2015 e n. 1582 del giorno successivo, rispettivamente il primo di rigetto di una richiesta di essa ricorrente per la concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico dal torrente Mogliana in loc. San Siro Foce (Bacino T. Entella) ed il secondo concernente una richiesta della REMNA S.R.L., inerente una domanda di concessione di derivazione acqua in data 15 marzo 2013 nel Comune di Mezzanego per uso idroelettrico";
e) dello schema del Disciplinare di Concessione n. 13/15 rep. del 9 aprile 2015, contenente gli obblighi e le condizioni alle quali è vincolata la Concessione rilasciata alla REMNA S.R.L., espressamente richiamato nel Provvedimento Dirigenziale n. 1597 del 22 aprile 2015, nonché dei provvedimenti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi dei procedimenti, nonché per ogni ulteriore statuizione.
2. La vicenda oggetto del ricorso prende le mosse dal deposito da parte della ricorrente, presso le competenti Province di Imperia e di Genova, di tre istanze di Concessione di Derivazione Idrica ad uso idroelettrico: – sul Torrente Gavano nel Comune di Molini di Triora (IM), in data 2 agosto 2013, con potenza nominale media di 186,50 kW peraltro in concorrenza con un’istanza presentata dalla REMNA S.R.L.; -sul Torrente Mogliana nel Comune di Mezzanego (GE), in data 26 giugno 2013, con potenza nominale media di 126,17 kW già rigettata dalla Determina Dirigenziale assunta al n. 1582 reg. in data 21 aprile 2015 con conseguente ed immediato rilascio a favore della Società concorrente REMNA S.R.L. della Concessione di Derivazione Idrica con Determinazione Dirigenziale assunta al n. 1597 reg. in data 22 aprile 2015 – sul Torrente Corte nel Comune di Molini di Triora (lM), in data 14 marzo 2014, con potenza nominale media di 242, 72 kW, di integrazione del progetto di impianto idroelettrico "Corte Capriolo".
La ricorrente depositava inoltre presso la Regione Liguria – Settore Valutazione di Impatto Ambientale tre istanze di Valutazione di Impatto Ambientale per i suddetti progetti di impianto mini-idroelettrico ed esse venivano rigettate con deliberazioni giuntali nn. 1419, 1420 e 1421 del 14 novembre 2014, tutte contenenti la pronuncia di inammissibilità, sotto il profilo della VIA, per la violazione di quanto previsto dal par. 4.2 lett. a) o b) ed e) delle Linee Guida allegate alla D.G.R. Liguria n. 1122/2012 reg. 2.1. Le suddette deliberazioni venivano impugnate con tre separati ricorsi amministrativi in opposizione ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. n. 1199/1971 e dell’art. 18 della L.R. Liguria n.38/1998 e con la deliberazione n. 136 del febbraio 2015 la Giunta rigettava i ricorsi, confermando la valutazione di inammissibilità dei progetti.
2.2. Con particolare riferimento al progetto di impianto mini- idroelettrico sul Torrente Mogliana nel Comune di Mezzanego (GE), in data 5 marzo 2015, la Città Metropolitana di Genova trasmetteva la nota, 8 n. n. 17836/2015 prot., costituente avvio del procedimento di diniego dell’istanza di Concessione di Derivazione Idrica presentata dalla stessa SEAM s. r. I. e, quindi, nonostante l’opposizione di quest’ultima adottava il provvedimento dirigenziale del 21 aprile 2015 n.1582 di diniego di detta istanza di Concessione di Derivazione Idrica, quello in pari data n. 1597 di rilascio a favore della REMNA srl della suddetta Concessione di Derivazione Idrica allegandovi lo schema del Disciplinare di Concessione assunto al n. 13/2015 rep. E sottoscritto dalla REMNA srl già in data 9 aprile 2015.
3. Al ricorso per cassazione, che propone tre motivi, hanno resistito con separati controricorsi la Regione Liguria, la s.r.l. Remna, svolgendo ricorso incidentale sulla base di un unico motivo, e la Città Metropolitana di Genova, che ha proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato.
Ai due ricorsi incidentali la ricorrente principale ha resistito con separati controricorsi.
4. La ricorrente e la REMNA hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I due ricorsi incidentali vanno esaminati congiuntamente al principale in seno al quale sono stati proposti.
2. Con il primo motivo di ricorso principale si prospetta:
<<omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 co. 1, n. 5 cod. proc. civ., nonché manifesta violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., sub specie dell’art. 112 cod. proc. civ., in merito alla disapplicazione della D.G.R. Liguria n. 1122/2012 reg. per violazione dell’art. 117 c. 1 Cost., della Dir. 2009/28/CE e della Dir. 77/01/CE, dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003 s.m.i. e del D.M. 10 settembre 2010, nonché dei principi costituzionali vigenti in materia di promozione delle energie rinnovabili>>.
L’intestazione del motivo rivela di per sé un’intrinseca contraddizione, atteso che, come espresso dalla congiunzione "nonché", nel motivo si dovrebbe illustrare l’esistenza nella sentenza impugnata contemporaneamente dell’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. e di un’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ.
La contraddizione emerge perché, con riferimento allo stesso svolgimento processuale di merito si postula che la sentenza impugnata abbia nel contempo omesso di esaminare un fatto decisivo ( e, dunque, un fatto inerente la ricostruzione della quaestio facti rilevante per la decisione) e sia incorsa in violazione del dovere di pronunciare su quanto indica l’art. 112 cod. proc. civ., cioè su una domanda o su una eccezione.
Ebbene, occorre considerare che la congiunta e contemporanea verificazione di entrambi gli errori da parte del giudice di merito non si può verificare dal punto di vista logico.
Avuto riguardo al dato, già affermato da queste sezioni Unite nelle sentenze n. 8053 e 8054 del 2014, in sede di ricostruzione del significato del nuovo n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (peraltro sulla falsariga del significato che era riscontrabile nelle versioni precedenti della norma), il "fatto" cui tale paradigma allude è un fatto principale o secondario. Accantonando il riferimento ai fatti secondari (che sono quelli a rilevanza probatoria), la nozione di fatto principale si attaglia, per un verso a fatti costitutivi del diritto fatto valere con la domanda (e, dunque, ai fatti storici che integrano la fattispecie costitutiva astratta del diritto), e per altro verso ai fatti integratori di eccezioni, cioè rappresentanti fatti storici aventi efficacia estintiva, impeditiva o modificativa dell’efficacia di quelli costitutivi (art. 2697 cod. civ.) in quanto elementi della fattispecie giuridica astratta.
Il discrimine fra la violazione denunciabile ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. ed il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 – di cui è stata sostenuta la problematicità – si può cogliere considerando quanto segue:
a) sul versante dei fatti principali costitutivi l’art. 112 cod. proc. è invocabile in modo pertinente relativamente all’omessa pronuncia sulla domanda e, dunque, non su uno dei fatti costitutivi della domanda, sicché la configurabilità dell’omesso esame di cui al n. 5 dell’art. 360 si deve collocare su un piano diverso, che si deve identificare nella circostanza che la pronuncia sulla domanda proposta vi sia stata ma sia stata resa omettendo di considerare un fatto che era stato dedotto a suo fondamento e ne identificava la fattispecie costitutiva in modo tale da giustificare una diversa pronuncia.
In tal caso non si può dire che il giudice di merito non ha pronunciato sulla domanda e dunque non si può dire che ha violato l’art. 112 cod. proc. civ. egli ha pronunciato senza considerare tutti i fatti che identificavano la domanda, cosicché non vi è un’omissione di pronuncia su di essa, ma una pronuncia resa sulla base di un errore di identificazione della domanda.
La motivazione si disinteressa del fatto costitutivo ed allora è possibile censurare la sentenza ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. e la censura alla sentenza di merito va svolta evidenziando nel contempo l’erronea identificazione della domanda e la conseguente omissione di pronuncia sulla domanda correttamente identificata.
b) sul versante dei fatti principali integratori di eccezioni, il confine fra il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 e il vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., si può individuare nel senso che:
b1) l’art. 112 opera allorquando il fatto integratore di un’eccezione (tanto in senso stretto quanto in senso lato) sia stato oggetto di espressa richiesta di esame ad istanza della parte ed il giudice di merito non abbia provveduto, cioè nel rendere la decisione non abbia pronunciato sull’eccezione;
b2) l’art. 360 n. 5 opera, invece, allorquando nei fatti introdotti dinanzi al giudice di merito vi sia stata l’allegazione di un fatto integratore di un’eccezione in senso lato, rilevabile dunque ad istanza di parte o del giudice, senza che all’allegazione la parte abbia fatto seguire l’attività di rilevazione, cioè senza che la parte, all’esito eventualmente di una discussione su di esso, abbia chiesto al giudice di rilevarne l’efficacia, cioè di pronunciarsi su di esso come eccezione. In questo caso la parte, lamentando che il giudice abbia omesso l’esame del fatto è ammessa a dedurne l’omesso esame perché il non averne rilevato l’efficacia giuridica nel giudizio di merito non la fa soggiacere al disposto dell’art. 157, terzo comma, cod. proc. civ., in quanto la nullità che si è potenzialmente avuta per l’omessa rilevazione del fatto integratore dell’eccezione è frutto pure del mancato ( e concomitante) esercizio del potere di rilevazione del giudice, il quale, trattandosi di fatto integratore di eccezione in senso lato avrebbe potuto a sua volta rilevarne l’efficacia.
2.1. Poste queste premesse, giustificate dalla intestazione del motivo, può passarsi all’esame della sua illustrazione, la quale rafforza l’impressione di contraddittorietà già suggerita da 11 ‘intestazione.
L’illustrazione inizia con il lamentare che la sentenza impugnata avrebbe < <integralmente omesso la pronuncia sulla espressa e preliminare domanda di accertamento della illegittimità della D.G.R. Liguria n. 1122/2012 reg., nonostante l’ampio contradditorio tra le parti costituite in giudizio e la decisività – in sede preliminare -, ai fini del giudizio de quo, della censurata violazione dell’art. 117 c. 1 Cost., della Dir. 2009/28/CE e della Dir. 77/01/CE, dell’art. 12 del D.lgs. 387/2003 s.m.i. e del D.M. 10 settembre 2010, nonché dei principi costituzionali vigenti in materia di promozione delle energie rinnovabili>>.
Subito dopo, tuttavia, si dice, evocando una proposizione della pagina 16 della sentenza, che: < <Il T.S.A.P. si è limitato apoditticamente a statuire che "Quanto alla violazione del favor di cui gode l’uso delle energie rinnovabili va sottolineato come alla società appellante sfugge che l’obiettivo della tutela delle fonti di energia rinnovabile è incluso nell’incentivazione al loro utilizzo, e con esso è coerente, anche nel caso di impianti mini-idroelettrici, l’obbligo delle amministrazioni di introdurre regole che mirano a realizzare un equilibrio tra la tutela e l’uso, rappresentando l’ambiente un valore costituzionalmente protetto»>.
2.2. Ebbene, la considerazione del riferito incipit e della riproduzione di questo brano di motivazione, confermano l’insanabile contraddittorietà della intestazione del motivo, atteso che l’incipit allude ad un vizio di omessa pronuncia <<su una espressa e preliminare domanda di accertamento della illegittimità della D.G.R.>> e, dunque, essendo il processo davanti al TSAP in unico grado un processo impugnatorio, ad una omessa pronuncia su un motivo di impugnazione e, dunque, su una delle "domande" che si sarebbero rivolte al medesimo. Viceversa, in modo del tutto contraddittorio il riferimento all’essersi limitato il TSAP ad una statuizione apodittica, sottende al contrario che esso si è pronunciato.
Ne segue allora che la stessa ricorrente palesa che e inconferente la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., giacché, in relazione alla ricordata motivazione, pur assunta come apodittica, si sarebbe dovuto denunciare che il TSAP si sarebbe pronunciato male o in iure o in facto.
2.3. La successiva lettura della ulteriore illustrazione del motivo, peraltro, pur articolandosi dalla pagina 10 alla pagina 15 del ricorso, non evidenzia in alcun modo un’attività argomentativa di come e perché invece il TSAP sarebbe incorso nell’omesso esame di un fatto principale, atteso che esso non viene in alcun modo identificato, né in un fatto principale né in un fatto secondario alla stregua della spiegazione data da Cass. Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014.
Nelle dette pagine si svolgono, infatti, considerazioni dirette ad evidenziare che le linee allegate alla D.G.R n. 1122 prevedrebbero <<l’inammissibilità a priori ed in forma assoluta degli impianti mini- idroelettrici nell’ipotesi di accertata sussistenza di una delle cause ostative espressamente indicate al par. 4.2.>> nelle lettere a) e b) e e) e, quindi, dopo avere evocato le direttive comunitarie indicate nella intestazione del motivo e alcune pronunce della Corte Costituzionale nonché il D.M. pure invocato in essa, si enuncia che <<si può ragionevolmente sostenere che, nella valutazione della legittimità della D.G.R. Liguria n. 1122/2012 reg. [ …. ] il TSAP avrebbe dovuto considerare che tra le principali azioni individuate per la produzione della tutela ambientale vi è quella finalizzata a promuovere la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile>> e si sostiene che <<l’apposizione, da parte di una fonte secondaria regionale – la D.G.R. [ ….. ] di cause espressamente "vincolanti" a priori ed assolutamente ostative alla realizzazione di impianti di produzione di l energia da fonti rinnovabili>> costituirebbe < <una manifesta violazione degli obblighi internazionali e comunitari ai quali l’Italia ha aderito e, quindi, una violazione dell’art. 117 c. l Cost., nonché dei principi costituzionali vigenti in materia>>, di modo che il TSAP avrebbe dovuto disapplicare la detta D.G.R..
2.4. Tutta questa attività assertiva è diretta a dimostrare, ancorché in chiusura nelle pagine 14-15 si ribadisca la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per non essersi il TSAP pronunciato <<sulla domanda di disapplicazione>>, che il TSAP avrebbe errato nel non disapplicare le linee guida della D.G.R. nel paragrado 4.2., là dove avrebbe previsto le situazioni contemplate come ostative al rilascio di un provvedimento come quello chiesto dalla ricorrente, anziché, stante quello che si definisce <<il generale favor per la produzione di energia di fonti rinnovabili>>, la <<adozione di misure di compensazione ambientale>> e, dunque, parrebbe di comprendere, un criterio di valutazione ammissivo a condizione dell’adozione di quelle misure.
Il motivo in tal modo si concentra, al di là del tenore della intestazione, in una denuncia di diretta violazione della normativa costituzionale e legislativa nazionale, delle direttive comunitarie e del d.m. 10 settembre 2010.
2.5. Senonché, procedendo all’esame del motivo al di là della intestazione (in ossequio ai principi fissati da Cass. Sez. Un. n. 17931 del 2013) – e a prescindere dal fatto che l’attività assertiva così svolta non evidenzia come e perché, specie nel quadro della prospettata collocazione delle energie rinnovabili come funzionali alla tutela dell’ambiente, l’ordinamento nazionale e sovranazionale imporrebbe di consentire sempre le concessioni funzionali alle energie rinnovabili, sebbene previa adozione di misure di compensazione ambientali e non consenta invece che determinate situazioni ambientali siano ostative a dette concessioni – si deve rilevare che la pur lunga esposizione del motivo omette completamente di individuare come e dove una simile prospettazione fosse stata esposta al TSAP e, dunque, fosse entrata nell’oggetto del giudizio.
All’ultimo rigo della pagina 9 si enuncia genericamente: <<Così come già ampiamente illustrato nel giudizio avanti al TSAP… > >. A pagina 10, all’inizio del paragrafo I.1.2. si ripete la stessa formula.
Ma, nell’uno come nell’altro caso, ci si astiene dal riprodurre direttamente il tenore del motivo in cui la prospettazione svolta era stata proposta al TSAP, particolarmente quanto alla disapplicazione delle linee guida. Né si fa nemmeno un riferimento alla parte del ricorso al TSAP in cui essa era stata svolta.
Sicché il motivo risulta articolato senza che si sia dato conto dell’inerenza della prospettazione svolta ai motivi di impugnazione svolti davanti al TSAP.
2.6. Si rileva che nemmeno nell’esposizione del fatto è dato rinvenire alcuna allusione alla prospettazione della sollecitazione alla disapplicazione.
2. 7. Esaminando, peraltro, la sentenza impugnata al fine di verificare se essa dia conto della proposizione di un motivo di ricorso al TSAP in cui si prospettava l’esigenza di disapplicazione nel modo qui postulato, si rileva che nelle ultime due righe della pagina 9 e nelle prime quattro della pagina 10 il TSAP, nel riferire motivi di ricorso, allude ad un sesto motivo che così riassume: <<Con il sesto motivo, la società ricorrente lamenta l’illegittimità delle Linee Guida regionali contenute nella citata DGR n.1122/2012, poiché, in tema di realizzazione degli impianti mini-idroelettrici, introducono criteri vincolanti e limitativi della loro realizzazione in contrasto con il favor espresso a loro riguardo dalle norme primarie comunitarie e da quelle nazionali di quest’ultime applicative>>.
Senonché, rimane fermo il rilievo della lacuna dell’attività dimostrativa svolta nel motivo del presente ricorso circa le ragioni giuridiche che avrebbero giustificato la disapplicazione delle linee guida per l’esistenza di un preteso principio per cui la realizzazione di impianti mini-idroelettrici di energia da fonti rinnovabili dovrebbero sempre autorizzarsi <<previa adozione di misure di compensazione ambientale>>.
Tanto si osserva non senza doversi rimarcare che gli stessi riferimenti normativi comunitari non evidenziano in alcun modo che, in ragione della vocazione al favor per l’ambiente della promozione delle energie rinnovabili si debbano sacrificare altre esigenze ambientali.
2.8. Il motivo, sulla base delle complessive considerazioni svolte, dev’essere dichiarato inammissibile.
3. Con un secondo motivo si denuncia < <manifesta violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.1, n. 3 cod. proc. civ., sub specie degli artt. 10 e 10-bis della L. 241/1990>>.
Vi si lamenta che erroneamente il TSAP, con riferimento alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto dei provvedimenti in tema di VIA abbia affermato che la violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 non sarebbe sussistita perché quella disposizione non si applica in relazione alle procedure concorsuali. L’errore del TSAP si configurerebbe perché nel caso di specie i detti provvedimenti non erano stati emessi in una procedura concorsuale, nel mentre la giurisprudenza amministrativa non dubiterebbe dell’applicabilità della detta norma ai procedimenti di VIA.
Il motivo anche in questo caso omette di individuare in che termini la dedotta violazione si correlerebbe ad un motivo di ricorso proposto al TSAP. Infatti, i termini in cui un simile motivo era stato articolato non vengono in alcun modo riferiti.
In ogni caso, se anche fosse superabile tale rilievo, il motivo non potrebbe essere accolto, tenuto conto che, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa, la quale necessariamente viene in rilievo in proposito, la violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 non è da sola idonea a inficiare la legittimità del provvedimento, ove difetti la dimostrazione in giudizio dell’utilità della mancata partecipazione procedimentale, ovvero della prova che l’apporto collaborativo del privato avrebbe determinato un diverso contenuto dell’atto finale (si veda, Cons. Stato, Sez. V, 24 luglio 2017, n. 3648, che richiama un orientamento consolidato).
Ebbene nella illustrazione del motivo non vi è alcuna allegazione dimostrativa nei sensi indicati.
Ne consegue che non è dimostrato che l’ipotetica violazione da parte del TSAP dell’esegesi dell’art. 10-bis di per sé si sia risolta in un pregiudizio effettivo per la ricorrente e la sentenza non potrebbe pertanto essere cassata.
4. Con un terzo motivo si denuncia <<manifesta violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., sub specie degli artt. 97 e 113 Cost., degli artt. 1 e 7 del D.Lgs. 104/2010, nonché dell’art. 9 del D.Lgs. 152/2006>>.
L’illustrazione del motivo inizia con l’asserto che le disposizioni normative indicate nella intestazione sarebbero state violate dalla sentenza impugnata <<nella parte in cui, in forza di un asserito "contrasto tra gli impianti in parola e le sopra sinteticamente richiamate disposizioni delle linee guida regionali", statuisce "indiscutibile rilevanza ed autonomia delle ragioni dell’accertato impatto ambientale causato dai progetti esaminati">>.
Dopo di che si sostiene che sarebbe necessario <<confutare le statuizioni – non solo infondate, ma anche contraddittorie ed irragionevoli contenute nella sentenza>> impugnata
<<richiamandone espressamente alcuni estratti>>, che vengono così identificati: a) <<la censura del difetto di motivazione e di incompletezza dell’istruttoria dedotti con i motivi in esame afferisce a provvedimenti che, come del resto riconosce la stessa società ricorrente, sono espressione di discrezionalità tecnica [in realtà, la sentenza dice: tecnico-amministrativa]>>; b) <<il difetto d’istruttoria e l’insufficiente motivazione, ancorché diffusamente argomentata nel ricorso appare soltanto un’affermazione di parte ricorrente a fronte delle non irragionevoli e né irrealistiche controdeduzioni sviluppate dalla Regione intimata e prima ancora dai suoi organi competenti nell’esame del ricorso in opposizione>>; c) <<i dedotti errori di fatto addebitati ai tecnici regionali e dei quali si riferisce a pag. 20 del ricorso, non possono aver avuto alcuna influenza, neppure sotto il profilo del difetto d’istruttoria, considerata l’indiscussa rilevanza ed autonomia delle ragioni dell’accertato impatto ambientale causato dai progetti esaminati>>.
Senonché, la "confutazione" avviene enunciandosi che dalla lettura di tali brani motivazionali si evincerebbe <<il sostanziale tentativo di esclusione del sindacato di legittimità del giudice amministrativo – e, quindi, di esclusione della giurisdizione del TSAP – del parere negativo in materia ambientale pronunciato dalla Regione Liguria, poiché espressione dell’ampia discrezionalità di cui è titolare la Pubblica Amministrazione, pur avendo qualificato le approfondite relazioni tecniche della SEAM quali "giudizi [ …. ] asserita mente corretti ed obiettivi">>.
Dopo tali affermazioni segue l’affermazione che le determinazioni cui sarebbe pervenuta la Regione Liguria sarebbero state frutto di superficiali e arbitrarie valutazioni tecniche sulle valutazioni tecniche delle relazioni prodotte dalla ricorrente.
Segue l’evocazione di giurisprudenza anche di queste Sezioni Unite sull’ammissibilità del sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere espressione di discrezionalità tecnica della P.A. e si conclude l’illustrazione asserendo che la sentenza impugnata avrebbe escluso quella ammissibilità.
4.1. La struttura dell’illustrazione è tale che non vi si evidenzia in alcun modo la violazione delle norme impugnate.
La motivazione della sentenza impugnata è evocata con l’estrapolazione di tre affermazioni, che per ciò solo non possono, in quanto decontestualizzate, essere ritenute "motivazione".
Non solo: nessuna spiegazione si dà di come esse integrerebbero violazione delle norme denunciate ed anzi nella seconda parte si riproduce infedelmente la parola finale.
Il discorso prosegue poi con riferimenti generici alle valutazioni fatte dalla Regione Liguria.
Del tutto indimostrato è l’assunto finale circa l’insindacabilità delle valutazioni frutto di discrezionalità tecnica. Ed anzi, in chiusura della pagina 13 ed all’inizio della 14 la sentenza risulta aver affermato: <<Occorre in particolare ribadire (Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2013, n. 2458) che gli atti amministravi espressione di valutazioni tecniche sono suscettibili di sindacato giurisdizionale esclusivamente nel caso in cui l’amministrazione abbia effettuato ufficiale scelte che si pongono in contrasto con il principio di ragionevolezza tecnica, aggiungendosi che non è sufficiente che la determinazione assunta sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile, in quanto il giudice amministrativo non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall’autorità pubblica, quando si tratti di regole (tecniche) attinenti alle modalità di valutazione delle condizioni in base alle quali il provvedimento deve essere emanato. Nel caso in esame le riferite censure sollevate dalla società ricorrente, piuttosto che dar conto del presunto travisamento dei fatti ovvero dell’illogicità, irragionevolezza, irrazionalità o arbitrarietà delle valutazioni operate dalla Regione, si risolvono nel contrapporre a queste ultime propri giudizi attraverso i tecnici di fiducia, asseritamente corretti ed obiettivi, formulati in virtù di un’altrettanto soggettiva interpretazione dei criteri di determinazione della valutazione d’impatto ambientale negativo, provocato dai progetti esaminati sul tratto dei corsi d’acqua da essi interessati.>>.
Come si vede il TSAP non ha affermato l’insindacabilità assoluta della discrezionalità tecnica ed ha anche espresso una valutazione sulla prospettazione con cui la ricorrente aveva criticato le valutazioni tecniche della regione.
4.2. Il motivo è dunque inammissibile, sia perché non si correla alla motivazione (Cass., Sez. Un. n. 7074 del 2017 – e prima Cass., Sez. Un., nn. 16598 e 22226 del 2016 – secondo cui: <<Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto, per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un "non motivo", è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.>>.), sia perché è del tutto carente di allegazioni idonee ad evidenziare le denunciate violazioni di legge.
5. Con il quarto motivo si prospetta <<manifesta violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ., sub specie dell’art. 12 del D.Lgs. 387/2003, dell’art. 1 della L.241/1990 e dell’art. 97 Cost., nonché dell’art. 7 del R.D. 1775/1933 e dell’art. 21 del R.D. 1285/1920>>.
L’illustrazione esordisce dichiarando di voler criticare la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui si è così espressa: << In ragione di quest’ultima rilievo, non emerge neppure illegittimità alcuna per aver la Provincia di Genova rilasciato a Remna s.r.l. l’autorizzazione unica ex art.12 comma, 3 del d.lgs. 387/2013 prima della concessione di derivazione>>.
5.1. Il motivo è inammissibile, perché non si preoccupa di criticare la motivazione effettiva della sentenza impugnata: si astiene, infatti, dal riferire e considerare in senso critico il prosieguo di quanto dichiara di assumere a critica, che così continua: << …. atteso che le stesse linee guida nazionali del D.M. 2010, non vietano in alcun modo, così ribadendo l’autonomia dei due provvedimenti, che detta autorizzazione possa precedere la concessione di derivazione d’acqua per uso idroelettrico.>>.
Nessuna critica e nessuna considerazione viene fatta di tale prosecuzione della motivazione, che sorregge e spiega quella precedente.
Ne segue che il motivo è inammissibile, perché non si correla all’effettiva motivazione della sentenza impugnata (in termini sempre Cass., Sez. Un. n. 7074 del 2017).
6. L’inammissibilità di tutti i motivi determina l’inammissibilità del ricorso principale.
7. I ricorsi incidentali, entrambi a carattere condizionato (anche quello che tale non è stato detto), perché pongono una questione per il caso di accoglimento del quarto motivo del ricorso principale, sebbene logicamente pregiudiziale rispetto al decisum con quel motivo censurato, restano assorbiti, perché il loro esame avrebbe supposto quell’accoglimento.
8. Le spese seguono la soccombenza nei confronti di ognuna delle parti resistente e si liquidano in dispositivo a sensi del d.m. n.55 del 2014.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale. Dichiara assorbiti i ricorsi incidentali. Condanna la ricorrente alla rifusione a favore di ognuna delle parti resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate, a favore di ciascuna in euro quattromilacinquecento, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1- quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili il 13 febbraio 2018