Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto urbanistico - edilizia
Numero: 36531 |
Data di udienza: 16 Giugno 2011
* DIRITTO URBANISTICO – Progetto in sanatoria – Determina dirigenziale – Approvazione tecnica – Equivale a rilascio del permesso – Esclusione – Adempimenti normativi – Presentazione della istanza – Sequestro preventivo – Possibilità – Costruzione abusiva – Assenza dell’autorizzazione – Immobile condonabile o sanabile – Proseguimento della costruzione – Illegittimità – Sede di riesame – Valutazione del giudice – Art. 35, c.14 L. n. 47/85 oggi D.P.R. n. 380/2001.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Ottobre 2011
Numero: 36531
Data di udienza: 16 Giugno 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Grillo
Premassima
* DIRITTO URBANISTICO – Progetto in sanatoria – Determina dirigenziale – Approvazione tecnica – Equivale a rilascio del permesso – Esclusione – Adempimenti normativi – Presentazione della istanza – Sequestro preventivo – Possibilità – Costruzione abusiva – Assenza dell’autorizzazione – Immobile condonabile o sanabile – Proseguimento della costruzione – Illegittimità – Sede di riesame – Valutazione del giudice – Art. 35, c.14 L. n. 47/85 oggi D.P.R. n. 380/2001.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 Ottobre 2011 (Ud. 16/06/2011) Sentenza n. 36531
DIRITTO URBANISTICO – Progetto in sanatoria – Determina dirigenziale – Approvazione tecnica – Equivale a rilascio del permesso – Esclusione – Adempimenti normativi – Presentazione della istanza – Sequestro preventivo – Possibilità.
La mera approvazione “tecnica” di un progetto in sanatoria se certamente vale quale preliminare presupposto per farsi luogo al rilascio del provvedimento formale di concessione, non equivale a rilascio della concessione, subordinata, invece, ad una serie di adempimenti. Inoltre, la presentazione della istanza non esclude ex sé la possibilità del sequestro preventivo, né vale a determinare l’automatica caducazione del sequestro preventivo già eseguito, la cui permanenza è diversamente legata alle valutazioni da adottare da parte dell’autorità giudiziaria.
(conferma ordinanza emessa il 25/11/2010 dal Tribunale – Sezione Riesame – di Roma) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Manganelli
DIRITTO URBANISTICO – Costruzione abusiva – Assenza dell’autorizzazione – Immobile condonabile o sanabile – Proseguimento della costruzione – Illegittimità – Sede di riesame – Valutazione del giudice – Art. 35, c.14 L. n. 47/85 oggi D.P.R. n. 380/2001.
Quand’anche si sia in presenza d’immobile condonabile (o sanabile), la costruzione può essere legittimamente proseguita soltanto quando sia puntualmente rispettata la procedura prevista dall’art. 35, comma 14 della legge n. 47/85 oggi D.P.R. n. 380/2001. Una delle condizioni richieste è proprio il pagamento delle sanzioni – sotto forma di oblazione – propedeutica, come ricorda la stessa difesa del ricorrente, al rilascio del provvedimento finale con effetto sanante (ed estintivo del reato). Poiché la valutazione da compiere in sede di riesame è di tipo sommario avendo per oggetto soltanto la verifica – sulla base anche delle deduzioni difensive – del fumus commissi delicti è sempre rimessa al giudice la possibilità di accertare se la prosecuzione dei lavori per il loro completamento sia legittima o meno. Accertamento che potrà avvenire da parte del giudice penale, nell’ambito delle proprie attribuzioni, solo nella fase di merito quando avrà ritenuto del tutto cessata la funzione cautelare o quando, al verificarsi di tutte le condizioni occorrenti, dichiarerà l’estinzione del reato (Cass. Sez. 3^ 2.7.1996 n. 2885, De Santis; Cass. Sez. 3^ 2.5.1996 n. 2031, Prestigiacomo).
(conferma ordinanza emessa il 25/11/2010 dal Tribunale – Sezione Riesame – di Roma) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Manganelli
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 Ottobre 2011 (Ud. 16/06/2011) Sentenza n. 36531
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli ill.mi Sigg.:
1. Dott. Giuliana FERRUA Presidente
2. Dott. Alfredo TERESI Consigliere
3. Dott. Aldo FIALE Consigliere
4. Dott. Renato GRILLO Consigliere (est.)
5. Dott. Elisabetta ROSI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da: MANGANELLI Fabio, nato a Roma il 27.06.1971;
– avverso l’ordinanza emessa il 25 novembre 2010 dal Tribunale -Sezione Riesame -di Roma;
– udita nella udienza camerale del 16 giugno 2011 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Renato GRILLO;
– udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Vincenzo GERACI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con ordinanza del 25 novembre 2010 il Tribunale di Roma -Sezione per il Riesame -pronunciandosi sulla istanza di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo del GIP del Tribunale di Velletri in data 29 ottobre 2010 emesso nei confronti di MANGANELLI Fabio indagato per il reato di cui all’art. 44 lett. c) D.P.R. 380/01 commesso in Nettuno, confermava il detto provvedimento cautelare.
Il Tribunale rigettava la richiesta di riesame desumendo la sussistenza del fumus criminis sulla base della avvenuta realizzazione di opere edili non consentite, a nulla rilevando la circostanza che il sequestro fosse stato disposto in danno di soggetto terzo estraneo alla materiale commissione dell’illecito. Quanto al periculum in mora, esso veniva desunto dalla necessità di impedire che i lavori (in corso al momento dell’intervento della P.G.) venissero portati a compimenti definitivo.
Propone ricorso a mezzo del proprio difensore il MANGANELLI il quale dopo aver premesso in punto di fatto di essere acquirente dell’unità immobiliare di proprietà di tale ALBERTI Vanna, sottolineava che i lavori in corso d’opera rilevati dalla P.G. al momento del suo intervento consistevano nel rifacimento dei pavimenti e nella esecuzione degli impianti sottotraccia di natura elettrica.
Deduceva in punto di diritto, falsa applicazione della legge penale, per avere il Tribunale dato rilievo penale -ai fini della configurabilità del fumus criminis -alla determinazione dirigenziale del Comune di Nettuno del 7 aprile 2009 con la quale, nell’approvare il progetto in sanatoria presentato dal precedente proprietario ALBERTI Vanna, autrice dell’abuso edilizio (consistito nella realizzazione di un vano aggiunto), inibiva il compimento di ulteriori lavori o opere. Rilevava al riguardo che le “nuove opere” interdette dal Comune erano consistite in interventi di natura manutentiva ordinaria per i quali nessun permesso di costruire era necessario.
Con memoria difensiva depositata il 3 giugno 2011 il ricorrente, nel reiterare le precedenti argomentazioni contenute nel ricorso, evidenziava l’errore di applicazione della legge penale in cui era incorso il Tribunale, sostenendo che in ogni caso l’approvazione del progetto relativo alla domanda di sanatoria escludeva qualsiasi illiceità penale alla condotta commessa da altri.
Il ricorso non può essere accolto.
Correttamente il Tribunale – nel disattendere la tesi difensiva circa la legittimità delle opere in quanto eseguite su immobile per il quale era stato approvato il progetto in sanatoria per la ristrutturazione – ha ritenuto che la mera determinazione dirigenziale di approvazione del progetto non equivalesse a rilascio della concessione edilizia in sanatoria (provvedimento necessario in quanto l’immobile ricade, per stessa affermazione del ricorrente, in zona protetta che impone il rilascio di apposito permesso di costruire).
Lo stesso ricorrente, del resto, nell’esporre le sequenze storiche della propria vicenda ha ricordato come l’immobile in oggetto aveva già formato oggetto di una precedente domanda di sanatoria da parte della precedente proprietaria, esitata favorevolmente dal Comune con atto del 10 ottobre 1997 e come la nuova domanda di sanatoria presentata in data 13 gennaio 2009 ed avente per oggetto “l’ampliamento della unità immobiliare attraverso la realizzazione di uno spazio aperto aggiuntivo” avesse avuto l’approvazione tecnica da parte del dirigente dell’Area Urbanistica del Comune interessato, senza che fosse stato rilasciato il provvedimento formale di tipo concessorio per il mancato pagamento da parte della istante della sanzione pecuniaria propedeutica al rilascio del permesso ad aedificandum.
In fattispecie sostanzialmente analoga – si trattava di richiesta di condono edilizio non ancora esitata – la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che la presentazione della istanza non esclude ex sé la possibilità del sequestro preventivo, né vale a determinare l’automatica caducazione del sequestro preventivo già eseguito, la cui permanenza è diversamente legata alle valutazioni da adottare da parte dell’autorità giudiziaria.
Ciò per il decisivo rilievo che, quand’anche si trattasse di immobile condonabile (o sanabile), la costruzione può essere legittimamente proseguita soltanto quando sia puntualmente rispettata la procedura prevista dall’art. 35, comma 14 della legge 47/85: una delle condizioni richieste è proprio il pagamento delle sanzioni – sotto forma di oblazione – propedeutica, come ricorda la stessa difesa del ricorrente, al rilascio del provvedimento finale con effetto sanante (ed estintivo del reato).
L’ambito di applicabilità della disciplina urbanistica contemplata dall’art. 35 quattordicesimo comma della legge n. 47 del 1985 prevede tutta una serie di adempimenti con prestabilite scansioni temporali, il cui verificarsi deve essere rigorosamente dimostrato, e non esclude la possibilità del sequestro penale, attese le differenze proprie della materia penale e di quella amministrativa.
Poiché la valutazione da compiere in sede di riesame è di tipo sommario avendo per oggetto soltanto la verifica – sulla base anche delle deduzioni difensive – del_fumus commissi delicti è sempre rimessa al giudice la possibilità di accertare se la prosecuzione dei lavori per il loro completamento sia legittima o meno: accertamento che potrà avvenire da parte del giudice penale, nell’ambito delle proprie attribuzioni, solo nella fase di merito quando avrà ritenuto del tutto cessata la funzione cautelare o quando, al verificarsi di tutte le condizioni occorrenti, dichiarerà l’estinzione del reato (in termini Cass. Sez. 3^ 2.7.1996 n. 2885, De Santis, Rv. 206050; Cass. Sez. 3^ 2.5.1996 n. 2031, Prestigiacomo, Rv. 205253).
Peraltro, avendo la misura cautelare adottata lo scopo di lasciare inalterata la situazione accertata o di impedire la prosecuzione dell’opera abusivamente realizzata, la stessa appare legittima anche sotto il profilo del periculum in mora, non eliso sin quando non verrà pronunciata -con valutazione rimessa alla fase di merito – l’estinzione del reato (Cass. Sez. 3^ 28.6.20o7 n. 32201, Boccia, Rv. 237218).
Conclusivamente va detto che la mera approvazione “tecnica” di un progetto in sanatoria se certamente vale quale preliminare presupposto per farsi luogo al rilascio del provvedimento formale di concessione, non equivale a rilascio della concessione, subordinata, invece, ad una serie di adempimenti che, nel caso di specie, non erano stati interamente completati come affermato dal ricorrente.
Nessun rilievo poteva accordarsi alla circostanza che i lavori in atto riguardassero interventi di tipo manutentivo ordinario per i quali non era necessario il preventivo permesso, apparendo, invece, rilevante la circostanza di interventi effettuati su immobile non ancora sanato e dunque abusivo.
Del resto è lo stesso contenuto della determina dirigenziale a costituire indiretta riprova della correttezza della decisione del Tribunale in quanto tale provvedimento – proprio per la sua efficacia provvisoria ed “allo stato degli atti” – non consentiva alcuna opera o lavoro come ricordato dallo stesso ricorrente.
La decisione del Tribunale di conferma della misura cautelare reale appare, quindi, pienamente legittima e conforme a quell’indirizzo giurisprudenziale assolutamente consolidato di cui si è detto.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma , 16 giugno 2011.