Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 36984 | Data di udienza: 7 Luglio 2011

RIFIUTI – Fanghi di depurazione – Accumulo dei fanghi nei letti di essiccamento dell’impianto – Costituisce attività di “stoccaggio” – Smaltimento senza autorizzazione di rifiuti – Configurabilità – Stoccaggio di rifiuti rientrante nel concetto di smaltimento – Rapporto di continenza – Qualificazione giuridica del fatto in sede di decisione – Principio di correlazione tra accusa e sentenza – Violazione -Esclusione – Art. 521 c.p.p. – Concetto giuridico di stoccaggio e di deposito temporaneo – Art. 183 D. Lgs. n. 152/2006 ss. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza – Mutamento del fatto – Elementi essenziali – Rapporto di specificazione – Diritto della difesa.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Ottobre 2011
Numero: 36984
Data di udienza: 7 Luglio 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Teresi


Premassima

RIFIUTI – Fanghi di depurazione – Accumulo dei fanghi nei letti di essiccamento dell’impianto – Costituisce attività di “stoccaggio” – Smaltimento senza autorizzazione di rifiuti – Configurabilità – Stoccaggio di rifiuti rientrante nel concetto di smaltimento – Rapporto di continenza – Qualificazione giuridica del fatto in sede di decisione – Principio di correlazione tra accusa e sentenza – Violazione -Esclusione – Art. 521 c.p.p. – Concetto giuridico di stoccaggio e di deposito temporaneo – Art. 183 D. Lgs. n. 152/2006 ss. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza – Mutamento del fatto – Elementi essenziali – Rapporto di specificazione – Diritto della difesa.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 13 Ottobre 2011 (Ud. 07/07/2011), Sentenza n. 36984

 
RIFIUTI – Fanghi di depurazione – Accumulo dei fanghi nei letti di essiccamento dell’impianto – Costituisce attività di “stoccaggio” – Smaltimento senza autorizzazione di rifiuti – Configurabilità. 
 
La disciplina in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti si applica anche ai fanghi di depurazione. Ne consegue che l’accumulo di una consistente quantità di fanghi nei letti di essiccamento del depuratore, qualora risulti risalente nel tempo, costituisce attività di “stoccaggio” degli stessi, ossia un’attività di smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali, non già un mero “deposito temporaneo”, ossia un raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione per il quale è necessario che le successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successivo trimestre, ovvero entro l’anno se il materiale raccolto non superi i venti metri cubi (Cass. Sezione III n.36061/2004; Cass. n. 163/2006).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese in Cefalù in data 21.12.2010) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Muratore
 
 
RIFIUTI – Stoccaggio di rifiuti rientrante nel concetto di smaltimento – Rapporto di continenza – Qualificazione giuridica del fatto in sede di decisione – Principio di correlazione tra accusa e sentenza – Violazione -Esclusione – Art. 521 c.p.p..
 
Tra lo smaltimento di rifiuti e lo stoccaggio degli stessi, vi è rapporto di continenza con la conseguenza che la contestazione del primo lascia ampio margine per la qualificazione giuridica del fatto, in sede di decisione, senza che venga compromesso il principio di correlazione, di cui all’art. 521 c.p.p., tra accusa e sentenza.
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese in Cefalù in data 21.12.2010) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Muratore
 
 
RIFIUTI – Concetto giuridico di stoccaggio e di deposito temporaneo – Art. 183 D. Lgs. n. 152/2006 ss..
 
Ai sensi dell’art. 183 co. 1 lett. 1) d. Lgs. n. 152/2006ss, nel concetto giuridico di stoccaggio rientrano tutte le operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D 15 dell’allegato B, nonché quelle di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R 13 dell’allegato C, mentre per deposito temporaneo s’intende il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, a condizione che, trattandosi di rifiuti speciali non pericolosi, essi siano raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero – in alternativa – annuale se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i venti metri cubi.

(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese in Cefalù in data 21.12.2010) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Muratore
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza – Mutamento del fatto – Elementi essenziali – Rapporto di specificazione – Diritto della difesa.
 
Con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire a un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Cassazione S.U. n. 16, 19.06.1996, Di Francesco). Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso di assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all’ipotesi di accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei ovvero in rapporto di specificazione.
 
(dich. inamm. il ricorso avverso sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese in Cefalù in data 21.12.2010) Pres. Ferrua, Est. Teresi, Ric. Muratore
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 13 Ottobre 2011 (Ud. 07/07/2011), Sentenza n. 36984

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 13 Ottobre 2011 (Ud. 07/07/2011), Sentenza n. 36984

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Terza Sezione Penale
 
composta dagli lll.mi Signori:
 
Dott. Giuliana Ferrua                      – Presidente
1. Dott. Ciro Petti                           – Consigliere
2. Dott. Alfredo Teresi                    – Consigliere rel.
3. Dott. Silvio Amoresano               – Consigliere
4. Dott. Santi Gazzara                    – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Muratore Matteo, nato a Palermo il 4.09.1948, avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Termini Imerese in Cefalù in data 21.12.2010 che l’ha condannata alla pena di €. 9.000 di ammenda per il reato di cui all’art. 256, comma 1, d. lgs. n. 152/2006;
– Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
– Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
– Sentito il PM nella persona del PG dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
– Sentito il difensore della parte civile, avv. Roberto Corsello che ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado;
– Sentito il difensore dell’imputato non ricorrente Giuseppe Chiofalo, avv. Dario Grosso, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
 
OSSERVA
 
Con sentenza 21.12.2010 il Tribunale di Termini Imerese in Cefalù condannava Muratore Matteo alla pena di €. 9.000 d’ammenda per avere, quale legale rappresentante della società DepurAcque Sicilia gestore dell’impianto di depurazione dei reflui urbani del Comune di Pollina, illecitamente smaltito (in cooperazione colposa con Chiofalo Giuseppe responsabile dell’Area tecnica/assetto territoriale del Comune) un elevato quantitativo di fanghi prodotti dal predetto impianto di depurazione rifiuti [rifiuti non pericolosi) in assenza di autorizzazione.
 
In particolare, era stato accertato, mediante acquisizione di documenti e l’espletamento di una CT, che l’impresa, che aveva gestito l’impianto dal 12.12.2002 sino al 30.06.2006, aveva annotato nei registri una produzione complessiva di fanghi di sette mc, suddivisa in tre periodi, mentre non aveva registrato nessuna operazione di scarico come previsto dal capitolato speciale che stabiliva a carico dell’appaltatore l’obbligo del carico e del trasporto a rifiuto, alla pubblica discarica, dei fanghi disidratati.
 
Il gestore della discarica, che aveva prodotto almeno 2800 kg/anno di fanghi, non li aveva avviati a smaltimento o a recupero, lasciandoli giacere nei letti d’essiccazione, donde l’applicabilità della disciplina dei rifiuti tali essendo i fanghi quando non siano stati trattati o quando siano trattati in modo inappropriato o fittizio, come nel caso in esame i cui i tempi di permanenza dei fanghi nell’impianto e il loro collocamento a strati erano incompatibili con un corretto processo di trattamento.
 
Muratore era, quindi, responsabile di avere svolto attività non autorizzata di stoccaggio di rifiuti non pericolosi.
 
Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità.
 
Asseriva che la quantità di fanghi prodotta era quella riportata nei registri di carico e non quella maggiore calcolata dal CT; che l’accumulo dei fanghi costituiva un deposito temporaneo disciplinato dall’art. 183 lettera m) del citato decreto; che i fanghi non costituiscono rifiuto fino a quando non si pervenga alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato dell’impianto di depurazione.
 
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
 
All’odierna udienza compariva l’imputato non ricorrente, Chiofalo Giuseppe, assistito dal difensore avv. Dario Grosso, il quale, rilevata la mancata citazione del suo assistito ex art. 587 c.p.p., chiedeva di essere ammesso alla discussione rinunciando a ogni eccezione in ordine all’omessa citazione.
 
La Corte, preso atto di ciò, ammetteva alla discussione la difesa del Chiofalo che concludeva come in epigrafe.
 
L’eccezione procedurale non è puntuale.
 
1. Hanno affermato le S.U. di questa Corte che, “con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire a un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare le violazioni del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione èdel tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia pervenuto a trovarsi nella condizione concerta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione” [Cassazione S.U. n. 16, 19.06.1996, Di Francesco, RV 205619].
 
Il suddetto principio può ritenersi violato solo in caso di assoluta incompatibilità di dati, quando cioè la sentenza riguardi un fatto del tutto nuovo rispetto all’ipotesi di accusa, mentre non ricorre violazione se i fatti siano omogenei ovvero in rapporto di specificazione.
 
Nella specie, nella contestazione, considerata nella sua interezza, anche con riferimento alla disposizione violata, (smaltimento senza autorizzazione di rifiuti costituiti da fanghi prodotti in un impianto di depurazione) sono contenuti gli elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza che ha legittimamente utilizzato i dati, acquisiti in contraddittorio nel dibattimento, di specificazione del fatto qualificato come stoccaggio di rifiuti non pericolosi rientrante nel concetto di smaltimento.
 
Tra lo smaltimento di rifiuti e lo stoccaggio degli stessi, come ritenuto in sentenza, vi è rapporto di continenza con la conseguenza che la contestazione del primo lascia ampio margine per la qualificazione giuridica del fatto, in sede di decisione, senza che venga compromesso il principio di correlazione, di cui all’art. 521 c.p.p., tra accusa e sentenza.
 
2. Il ricorso nel resto è manifestamente infondato perché censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell’imputato e confutata ogni obiezione difensiva.
 
Va premesso che “la disciplina in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti si applica anche ai fanghi di depurazione. Ne consegue che l’accumulo di una consistente quantità di detti fanghi nei letti di essiccamento del depuratore, qualora risulti risalente nel tempo, costituisce attività di “stoccaggio” degli stessi, ossia un’attività di smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali, non già un mero “deposito temporaneo”, ossia un raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione per il quale è necessario che le successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successivo trimestre, ovvero entro l’anno se il materiale raccolto non superi i venti metri cubi” [Sezione III n.36061/2004 RV. 229482; n. 163/2006 RV. 235415].
 
Secondo l’art. 183 co. 1 lett. 1) d. 1gs. n. 152/2006ss, nel concetto giuridico di stoccaggio rientrano tutte le operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D 15 dell’allegato B, nonché quelle di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R 13 dell’allegato C, mentre per deposito temporaneo s’intende il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, a condizione che, trattandosi di rifiuti speciali non pericolosi, essi siano raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero – in alternativa – annuale se il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i venti metri cubi.
 
Nel caso in esame il tribunale ha accertato che la raccolta per strati dei fanghi di depurazione eseguito nei letti di essiccamento del depuratore si è protratto per circa 36 mesi, sicché legittimamente è stata esclusa l’ipotesi del deposito temporaneo di essi ed è stata ravvisata quella dello stoccaggio, costituendo l’ammasso di essi una delle fasi del loro smaltimento.
 
Pertanto, in applicazione di tali principi, correttamente è stata ritenuta la responsabilità del legale rappresentante del gestore dell’impianto di depurazione con motivazione incensurabile in questa sede perché adeguata e logica.
 
La manifesta infondatezza del ricorso, che preclude l’applicazione di eventuali sopravvenute cause d’estinzione del reato (Cassazione SU n. 32/2000, De Luca), comporta, per entrambi gli imputati, l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000, nonché la rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.
 
PQM
 
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun imputato al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende, nonché, in solido, alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in €. 1.800, oltre accessori di legge.
 
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 7.07.2011.

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