Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 47871 | Data di udienza:

* DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA – Commercializzazione del novellame – Quota di tolleranza del 10% – Incompatibilità con il reg. CE 17 giugno 1994, n. 1626 – Disapplicazione della norma intera – Detenzione del novellame per la vendita – Sanzionabilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^ penale
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Dicembre 2011
Numero: 47871
Data di udienza:
Presidente: Ferrua
Estensore: Marini


Premassima

* DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA – Commercializzazione del novellame – Quota di tolleranza del 10% – Incompatibilità con il reg. CE 17 giugno 1994, n. 1626 – Disapplicazione della norma intera – Detenzione del novellame per la vendita – Sanzionabilità.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 22 dicembre 2011, n. 47871


DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA – Commercializzazione del novellame – Quota di tolleranza del 10% – Incompatibilità con il reg. CE 17 giugno 1994, n. 1626 – Disapplicazione della norma intera – Detenzione del novellame per la vendita – Sanzionabilità.

La quota di tolleranza del 10% fissata dalla legge italiana (Artt. 15, lett. c) e 24 L. n. 963/1965) è incompatibile con il Regolamento CE, 17 giugno 1994, n. 1626, che fissa il divieto assoluto di pesca e di commercializzazione del novellarne (Terza Sezione Penale, sentenza n. 6872 del 2011, Trinca, rv 249535). La disapplicazione della norma interna che prevede una percentuale di tolleranza e la piena applicazione dei principi stabiliti dalla norma sovranazionale impedisce di limitare l’applicazione della fattispecie incriminatrice ai soli soggetti che procedano all’attivita’ di pesca e rende sanzionarle anche la condotta di chi detenga il novellarne per la vendita.

(Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa in data 9 Febbraio 2010 dal Tribunale di Locri, Sezione distaccata Di Siderno) – Pres. Ferrua, Est. Marini – Ric. Fr. Ca.
 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ - 22 dicembre 2011, n. 47871

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ – 22 dicembre 2011, n. 47871

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRUA Giuliana – Presidente

Dott. FIALE Aldo – Consigliere

Dott. GRILLO Renato – Consigliere

Dott. MARINI Luigi – est. Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FR. Ca. , nato a (…);

Avverso la sentenza emessa in data 9 Febbraio 2010 dal Tribunale di Locri, Sezione distaccata Di Siderno, che lo ha condannato alla pena di 350,00 euro di ammenda in relazione al reato Legge n. 963 del 1965, ex articolo 15, lettera c) e articolo 24, comma 1, per avere abusivamente detenuto a fini di commercio 20 kg. di novellarne di sarda Fatto accertato il (…);

Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Dott. Luigi Marini;

Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. Dott. Fraticelli Mario, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione.

RILEVA

Con sentenza emessa in data 9 Febbraio 2010, il Tribunale di Locri, Sezione distaccata di SIDERNO, ha condannato il Sig. Fr. , privo di licenza per la vendita ambulante e privo di autorizzazione alla vendita di novellarne, alla pena di 350,00 euro di ammenda in relazione al reato Legge n. 963 del 1965, ex articolo 15, lettera c) e articolo 24, comma 1, per avere in data (…) abusivamente detenuto a fini di commercio 20 kg. di novellarne di sarda.

Avverso la decisione il Sig. Fr. ricorre personalmente lamentando:

1. Errata applicazione dell’articolo 58 della circolare consiliare P-27060 del 19 dicembre 2005 in materia di tabelle con conseguente carenza di competenza del giudice onorario che ha trattato materia ambientale;

2. Vizio di motivazione per avere il Tribunale applicato la fattispecie non alla persona che ha proceduto alla pesca del novellarne, bensi’ a persona che ha svolto attivita’ di vendita e che non e’ destinataria del divieto e della relativa sanzione, come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sezione Terza Penale, sentenza n. 43235 del 2002).

OSSERVA

La Corte ritiene che il ricorso sia manifestamente infondato.

Destituito di fondamento e’ il primo motivo di ricorso attinente il difetto di capacita’ del giudice e la pretesa violazione del principio del giudice naturale ex articolo 25 Cost..

Fin dalla sentenza della Sesta Sezione Penale, n.24077 del 2001, PM in proc. Cossu e altri (rv 219536) la giurisprudenza ha affermato il principio che la ripartizione degli affari all’interno dell’organo competente non conforme alle regole tabellari non comporta la carenza di capacita’ del giudice e non viola il principio costituzionale, a meno che non si sia in presenza di un’assegnazione del processo effettuata “extra ordinem” e difettante di ogni giustificazione. Nello stesso senso si e’ espressa, da ultimo, la Seconda Sezione penale con la sentenza n. 6505 del 2011, Puzio (rv 249450). Deve, dunque, considerarsi evidente che l’assegnazione nel presente caso ad un giudice incardinato presso il Tribunale, non rilevando a questo proposito che si tratti di giudice onorario, non integra in alcun caso il vizio lamentato dal ricorrente.

Quanto al secondo motivo, la Corte ricorda che la ormai costante giurisprudenza di legittimita’ ha dato della fattispecie incriminatrice Legge 14 luglio 1965, n. 963, ex articolo 15, lettera c) e articolo 24 una interpretazione conforme alla disciplina dell’Unione Europea e previsto che la quota di tolleranza del 10% fissata dalla legge italiana sia incompatibile con il Regolamento CE, 17 giugno 1994, n. 1626, che fissa il divieto assoluto di pesca e di commercializzazione del novellarne (per tutte, Terza Sezione Penale, sentenza n. 6872 del 2011, Trinca, rv 249535, che conferma plurime decisioni precedenti).

La disapplicazione della norma interna che prevede una percentuale di tolleranza e la piena applicazione dei principi stabiliti dalla norma sovranazionale impedisce di limitare l’applicazione della fattispecie incriminatrice ai soli soggetti che procedano all’attivita’ di pesca e rende sanzionarle anche la condotta di chi detenga il novellarne per la vendita.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determina in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonche’ al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

 

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