Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Agricoltura e zootecnia, Beni culturali ed ambientali, Boschi e macchia mediterranea Numero: 35308 | Data di udienza: 7 Giugno 2011

* BOSCO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – AGRICOLTURA – Decespugliamento, disboscamento, taglio o distruzione di ceppaie – Assenza di autorizzazione –  Modificazione del territorio – Art. 181 D. L.vo n. 42/2004.


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 29 Settembre 2011
Numero: 35308
Data di udienza: 7 Giugno 2011
Presidente: Ferrua
Estensore: Sarno


Premassima

* BOSCO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – AGRICOLTURA – Decespugliamento, disboscamento, taglio o distruzione di ceppaie – Assenza di autorizzazione –  Modificazione del territorio – Art. 181 D. L.vo n. 42/2004.



Massima

 

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/09/2011 (Ud. 7/06/2011) Ordinanza n. 35308
 
BOSCO – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – AGRICOLTURA – Decespugliamento, disboscamento, taglio o distruzione di ceppaie – Assenza di autorizzazione –  Modificazione del territorio – Art. 181 D. L.vo n. 42/2004.
 
In materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all’articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Cass. n. 29483/2004, Cass. n. 35689/2004, Cass. n. 16036/2006). Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all’articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Nell’occasione si è peraltro affermato anche che il possesso dell’autorizzazione per il taglio di un bosco non legittima il danneggiamento delle ceppaie (Cass. Sez. 3 n. 20135/2009).
 
(dich. inamm. il ricorso avverso ordinanza n. 77/2010 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del 30/11/2010) Pres. Ferrua,  Est. Sarno, Ric. Parisi

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/09/2011 (Ud. 7/06/2011) Ordinanza n. 35308

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. GIULIANA FERRUA                                 – Presidente 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI                         – Consigliere 
Dott. MARIO GENTILE                                 – Consigliere 
Dott. GIULIO SARNO                                         – Consigliere Rel.
Dott. LUCA RAMACCI                                 – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 
– sul ricorso proposto da: PARISI DANIELE N. IL 08/12/1973
– avverso l’ordinanza n. 77/2010 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del 30/11/2010
– sentita la relazione fatta dal Consigliere GIULIO SARNO; 
– sentite le conclusioni del PG Dott. Volpe Giuseppe – inammissibilità del ricorso
– Uditi difensor Avv.; Pezcoller Alessio di Rovereto
 
Svolgimento del processo
 
Parisi Daniele, indagato per i reati di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen., 44 lett. c) DPR 380/01 e 181 comma 1 bis, lett. b) DLgs 42/04 per avere proceduto, in assenza di permesso e di autorizzazione su terreno ricadente in area a bosco alla eliminazione del soprassuolo boscato mediante l’estirpazione delle ceppaie e la modifica del profilo del terreno al fine di realizzare un piano di campagna su una superficie totale di mq 500, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di revoca e/o modifica del sequestro preventivo del terreno disposto dal gip di Rovereto.
 
Il tribunale ha rigettato la richiesta rilevando in premessa che il ricorrente aveva proceduto alla rimozione con escavatore delle ceppaie, che la concessione edilizia per la sistemazione di terreno agricolo ed il parere favorevole della commissione comprensoriale della tutela paesaggistica in realtà riguardavano altre particelle catastali; che era stata dedotta solo oralmente e senza alcun supporto l’esistenza di un’autorizzazione orale al taglio di abeti del 2009; che per contro gli operanti avevano verificato interventi sul terreno stesso idonei a determinare un ampliamento dell’area già concessa per modifica colturale; che le attività modificative del suolo, con riporti di terreno, non possono farsi rientrare nella ordinaria attività selvi – colturale. Riteneva infine necessario il sequestro per impedire l’approvazione della condotta ed evitare la modifica dello stato dei luoghi.
 
Deduce in questa sede il ricorrente:
l’insussistenza del reato; l’apparenza della motivazione e la mancata verifica del fumus relativo alla fattispecie criminosa contestata rilevando come il tribunale non si sia fatto carico di esaminare la normativa provinciale che porta a concludere che l’attività svolta dal ricorrente si debba inquadrare in un’attività di silvicoltura finalizzata all’utilizzo del bosco. Esclude in ogni caso che vi sia stato il riporto di terreno trattandosi solo di conseguenza dell’escavazione delle ceppaie ed esclude quindi la necessità di autorizzazione. Contesta inoltre la motivazione in merito al periculum in mora assumendo che l’unica condotta che il prevenuto avrebbe potuto porre in essere consiste nel coprire le buche scavate nella rimozione delle ceppaie.
 
Motivi della decisione
 
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
 
Per quanto concerne il fumus del reato il ricorrente ha anzitutto rilevato che l’art. 181 co. 1 bis lett. b) DLgs 42/04 non può trovare applicazione nella specie riferendosi la disposizione citata ad aumenti di volumetria di manufatti insussistente nella specie. L’ordinanza impugnata si limita in realtà a prendere atto che era in corso attività modificativa del suolo con riporti di terreno. Ora a prescindere dalla considerazione che la contestazione ricomprende anche l’art. 44 lett. c) DPR 380/01, si deve rilevare che, a tutto concedere alla tesi difensiva – vale a dire che era in corso la rimozione di ceppaie -, stando al consolidato orientamento di questa Corte, sarebbe comunque ipotizzabile nella specie la violazione dell’art. 181 co. 1 DLvo 42/04.
 
Si è già precisato al riguardo, infatti, richiamando precedenti arresti di giurisprudenza della Corte (cfr Cass. n. 29483/2004, Cass. n. 35689/2004, Cass. n. 16036/2006), che in materia di tutela ambientale, qualsiasi modificazione del territorio, al di fuori delle ipotesi consentite, purché astrattamente idonea a ledere il bene protetto, configura il reato di cui all’articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004. Quindi anche il decespugliamento, il disboscamento, il taglio o la distruzione di ceppaie, al di fuori di qualsiasi pratica colturale ed in assenza di autorizzazione o in difformità da essa, configura il reato di cui all’articolo 181 del decreto legislativo n 42 del 2004. Nell’occasione si è peraltro affermato anche che il possesso dell’autorizzazione per il taglio di un bosco non legittima il danneggiamento delle ceppaie (Sez. 3 n. 20135 del 2009).
 
Quanto all’ulteriore rilievo secondo cui nella specie sarebbero state realizzate attività selvicolturali finalizzate all’utilizzo del bosco in quanto tali non alteranti lo stato dei luoghi e non necessitanti dell’autorizzazione per la tutela del paesaggio sulla base di quanto disposto dall’art. 56 della legge provinciale della Provincia Autonoma di Trento 23 maggio 2007 n. 11, si rileva che il tribunale ha motivatamente escluso che nella specie si sia in presenza di attività selvicolturale finalizzata all’utilizzo del bosco, rilevando che risultano svolte attività modificative del suolo con riporto di terreno e che in realtà deve ritenersi in atto una attività di rimozione del bosco con sostituzione di nuove attività.
 
Appartengono al merito dunque i rilievi del ricorrente facendo comunque riferimento la contestazione anche alla modifica del profilo del terreno per realizzare un piano di campagna.
 
Le considerazioni che precedono consentono di ritenere inammissibile anche il dedotto profilo di insussistenza del periculum in mora in quanto lo stesso viene escluso sulla base di rilievi di merito in ordine alla natura dei lavori effettuati.
 
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000.
 
P.Q.M.
 
La Corte Suprema di Cassazione
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
 
Roma, 7.6.2011
 

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