Giurisprudenza: | Categoria: Numero: 41151 | Data di udienza: 5 Luglio 2016

DIRITTO URBANISTICO – Reati in materia di normativa antisismica – Pericolosità delle costruzioni – Configurabilità delle contravvenzioni – Artt. 32 lett. a) 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d. lgs. n.380/2001 T.U.E. – Intervento edilizio in zona sismica – Titolo abilitativo – Direzione di professionista abilitato – Opere realizzate nelle zone sismiche – Adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico – Irrilevanza della natura precaria dell’intervento – Trasformazione di un balcone in veranda – Permesso di costruire – Necessità – Pertinenza – Esclusione – Un balcone costituisce parte integrante dello stabile – Assenza di funzione autonoma – Volume tecnico di rilevante ingombro – Realizzazione senza permesso di costruire – Configurabilità del reato edilizio ex art. 44, c.1° lett. b), d.P.R. n.380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Mancanza di specificità del motivo – Inammissibilità – Doppia conforme affermazione di responsabilità – Doppia conformità tra tra la sentenza appellata e quella di appello – Motivazione per relationem – Controllo del giudice di legittimità – Verifica della congruità e logicità – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Ottobre 2016
Numero: 41151
Data di udienza: 5 Luglio 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Di Stasi


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Reati in materia di normativa antisismica – Pericolosità delle costruzioni – Configurabilità delle contravvenzioni – Artt. 32 lett. a) 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d. lgs. n.380/2001 T.U.E. – Intervento edilizio in zona sismica – Titolo abilitativo – Direzione di professionista abilitato – Opere realizzate nelle zone sismiche – Adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico – Irrilevanza della natura precaria dell’intervento – Trasformazione di un balcone in veranda – Permesso di costruire – Necessità – Pertinenza – Esclusione – Un balcone costituisce parte integrante dello stabile – Assenza di funzione autonoma – Volume tecnico di rilevante ingombro – Realizzazione senza permesso di costruire – Configurabilità del reato edilizio ex art. 44, c.1° lett. b), d.P.R. n.380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Mancanza di specificità del motivo – Inammissibilità – Doppia conforme affermazione di responsabilità – Doppia conformità tra tra la sentenza appellata e quella di appello – Motivazione per relationem – Controllo del giudice di legittimità – Verifica della congruità e logicità – Giurisprudenza.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 03/10/2016 (ud. 05/07/2016) Sentenza n.41151


DIRITTO URBANISTICO – Reati in materia di normativa antisismica – Pericolosità delle costruzioni – Configurabilità delle contravvenzioni – Artt. 32 lett. a) 44, 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 d. lgs. n.380/2001 T.U.E. – Giurisprudenza.
 
Ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica (art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto le contravvenzioni puniscono inosservanze formali e la normativa è finalizzata a garantire l’esercizio del controllo preventivo della P.A. sulle attività edificatorie in dette zone (Cass. Sez.3, n.41617 del 02/10/2007; Sez.3, n.7893 del 11/01/2012; Sez.3, n.27876 del 16/06/2015).
 

DIRITTO URBANISTICO – Intervento edilizio in zona sismica – Titolo abilitativo – Direzione di professionista abilitato.
 
In materia urbanistica, anche dopo la entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 qualsiasi intervento edilizio, ad eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, ove eseguito in zona sismica, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Sez.3, n.48005 del 17/09/2014; Sez.3, n.28514 del 29/05/2007; Sez.3, n.45958 del 26/10/2005).


DIRITTO URBANISTICO – Opere realizzate nelle zone sismiche – Adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico – Irrilevanza della natura precaria dell’intervento.
 
Il reato antisismico, inoltre, sussiste nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 93, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (art. 94 d.P.R. citato), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture ovvero la natura precaria dell’intervento (Sez.3, n.30224 del 21/06/2011; Sez.3, n.48950 del 04/11/2015). 


DIRITTO URBANISTICO – Zona sismica – Trasformazione di un balcone in veranda – Permesso di costruire – Necessità – Pertinenza – Esclusione – Un balcone costituisce parte integrante dello stabile – Assenza di funzione autonoma.
 
La trasformazione di un balcone, anche di modesta superficie, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, nè intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso di costruire, la cui realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, integra il reato previsto dall’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez 3, n.1483 del 03/12/2013, dep.15/01/2014; Sez.3, n.35011 del 26/04/2007). Con riferimento alla realizzazione di un balcone, tale opera pur non rientrando tra gli interventi di manutenzione straordinaria, comporta aumento della superficie utile e mutamento dell’aspetto del fabbricato ed è, quindi, soggetta a permesso di costruire. Essa esula, altresì, dalla nozione di pertinenza, poiché, mentre quest’ultima deve essere autonoma, il balcone costituisce parte integrante dello stabile. (Sez.3, n.2627 del 20/05/1988, dep.17/02/1989, Rv.180562; Sez.3, n.42892 del 24/10/2008, Rv.241542).
 

DIRITTO URBANISTICO – Volume tecnico di rilevante ingombro – Realizzazione senza permesso di costruire – Configurabilità del reato edilizio ex art. 44, c.1° lett. b), d.P.R. n.380/2001.
 
La realizzazione senza permesso di costruire di un volume tecnico di rilevante ingombro destinato ad incidere oggettivamente in modo significativo sui luoghi esterni integra il reato edilizio previsto dall’art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R.6 giugno 2001, n. 380, (Sez.3, n.7217 del 17/11/2010, dep.25/02/2011). 
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso per cassazione – Mancanza di specificità del motivo – Inammissibilità – Doppia conforme affermazione di responsabilità.
 
E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (Cass. sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco; sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano; sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta; sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma). Inoltre, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri). Infine,  quando ci si trova di fronte ad una “doppia conforme” affermazione di responsabilità e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Doppia conformità tra tra la sentenza appellata e quella di appello – Motivazione per relationem – Controllo del giudice di legittimità – Verifica della congruità e logicità – Giurisprudenza. 
 
Quando tra la sentenza appellata e quella di appello, non vi è difformità sui punti denunciati, esse si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 1^, 22/11/1993-4/2/1994, n. 1309, Albergamo; Sez. 3A, 14/2- 23/4/1994, n. 4700, Scauri; Sez. 2, 2/3- 4/5/1994, n. 5112, Palazzotto; Sez. 2, 13/11-5/12/1997, n. 11220, Ambrosino; Sez. 6, 20/11-3/3/2003, n. 224079). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure.


(Dichiara inammissibile il ricorso avverso la sentenza del 31/03/2015 della CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA) Pres. AMORESANO, Rel. DI STASI, Ric. Pasqualino
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 03/10/2016 (ud. 05/07/2016) Sentenza n.41151

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 03/10/2016 (ud. 05/07/2016) Sentenza n.41151

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da:
         PASQUALINO SABINA, nata a Gela il 21/10/1962
 
avverso la sentenza del 31/03/2015 della Corte di Appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Antonio Balsamo, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Orazio Maurizio Scicolone, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ed in subordine l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO
 
1.Con sentenza del 31.3.2015, la Corte di Appello di Caltanissetta confermava la sentenza del Tribunale di Gela del 13.5.2014, che aveva dichiarato Pasqualino Sabina responsabile dei reati di cui agli artt. 44 comma 1 lett. b) del dpr 380/2001 (capo a), 81 cp, 64,65,71 e 72 del dpr 380/2001 (capo b), 81 cp, 93,94 e 95 del dpr 380/2001 (capo e) per aver realizzato nel fabbricato sito in Gela alla via Pio X opere in difformità della concessione edilizia n. 6 del 24.1.2005 – consistite in interventi di chiusura delle verande, realizzazione di un balcone, chiusura del torrino/vano scala e costruzione di manufatto a protezione delle vasche per la riserva idrica- e con violazione della disposizioni in materia antisismica e in materia di opere in conglomerato cementizio armato e l’aveva condannata alla pena di mesi tre di arresto ed euro 15.000 di ammenda, con pena sospesa subordinata alla totale demolizione delle opere abusive.
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione Pasqualino Sabina, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
 
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla responsabilità penale per le opere contestate in relazione alla individuazione e valutazione delle opere come nuova costruzione – interventi di chiusura delle verande, realizzazione di un balcone, chiusura del torrino/vano scala e collocazione del manufatto a protezione delle vasche per la riserva idrica-; deduce, inoltre, il difetto di prova in ordine alla inosservanza delle tecniche di costruzione antisismica e che l’osservanza delle tecniche di costruzione antisismica riguarda esclusivamente interventi di realizzazione di costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, fattispecie che non ricorrono nella specie; deduce, infine, quanto all’elemento psicologico, che la Corte di appello aveva richiamato la motivazione del primo Giudice che si era limitato a desumere tale elemento dall’inottemperanza all’ordine di demolizione.
 
Con il secondo motivo deduce vizio motivazionale sotto il profilo dell’apparenza della motivazione, in ordine alla subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione delle opere, che non aveva dato rilievo alla circostanza, emergente dalla sentenza di primo grado, che in forza e quale effetto dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione del 13.9.2012, prot. N. 116011, si era verificata l’acquisizione gratuita delle opere al patrimonio del Comune di Gela. 
 
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc.pen., in quanto, nonostante specifica deduzione della difesa in sede di discussione, la Corte di Appello non offriva alcuna motivazione in ordine alla intervenuta prescrizione dei reati; argomenta che1 alla data di pronuncia della sentenza di appello11a prescrizione era già maturata dovendosi considerare quale momento iniziale della decorrenza del termine quello più favorevole indicato nell’imputazione e, cioè, il mese di ottobre 2009 ovvero la prima decade del mese di novembre 2009, tenendo conto del periodo di sospensione di sessanta giorni dal 14.1.2014 al 13.5.2014.
 
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, va ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. e) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; sez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo,rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, rv. 260608).
 
Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una “doppia conforme” affermazione di responsabilità e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione  impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi.
 
E’, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello (Sez. 1^, 22/11/1993-4/2/1994, n. 1309, Albergamo, riv. 197250; Sez. 3A, 14/2- 23/4/1994, n. 4700, Scauri, riv. 197497; Sez. 2, 2/3- 4/5/1994, n. 5112, Palazzotto, riv. 198487; Sez. 2, 13/11-5/12/1997, n. 11220, Ambrosino, Riv. 209145; Sez. 6, 20/11-3/3/2003, n. 224079). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure.
 
2. Alla luce dei principi enunciati in premessa, il primo motivo di ricorso che censura l’affermazione di responsabilità penale per le opere contestate è inammissibile.
 
Nella specie, le motivazioni delle due sentenze si saldano fornendo un’unica e complessa trama argomentativa, non scalfita dalle censure mosse dal ricorrente che ripropone gli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado.
 
La Corte di Appello di Caltanissetta, inoltre, non si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto punto per punto alle doglianze oggi riproposte, in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in subiecta materia.
 
2.1. In particolare, la Corte di merito ha adeguatamente chiarito che la trasformazione di un balcone, anche di modesta superficie, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, nè intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso di costruire, la cui realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, integra il reato previsto dall’art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez 3, n.1483 del 03/12/2013, dep.15/01/2014, Rv.258295; Sez.3, n.35011 del 26/04/2007, Rv.237532).
 
2.2. Inoltre, con riferimento alla realizzazione di un balcone, la Corte territoriale ha correttamente ed adeguatamente ribadito che tale opera non rientra tra gli interventi di manutenzione straordinaria, comportando aumento della superficie utile e mutamento dell’aspetto del fabbricato ed è, quindi, soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso di costruire. Essa esula, altresì, dalla nozione di pertinenza, poiché, mentre quest’ultima deve essere autonoma, il balcone costituisce parte integrante dello stabile. (Sez.3, n.2627 del 20/05/1988, dep.17/02/1989, Rv.180562; Sez.3, n.42892 del 24/10/2008, Rv.241542).
 
2.3. Con riferimento, poi, alla chiusura del torrino/vano scala con costruzione di manufatto a protezione delle vasche per la riserva idrica, la valutazione del Giudice di merito è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui integra il reato edilizio previsto dall’art. 44, comma primo, lett. b), d.P.R.6 giugno 2001, n. 380, la realizzazione, senza permesso di costruire di un volume tecnico di rilevante ingombro destinato ad incidere oggettivamente in modo significativo sui luoghi esterni (Sez.3, n.7217 del 17/11/2010, dep.25/02/2011, Rv.249529). La sentenza impugnata richiama sul punto i chiari rilievi fotografici e l’apprezzamento in fatto di tali emergenze istruttorie costituisce censura di merito che non è proponibile in sede di legittimità.
 
2.4. In relazione, infine, ai reati in materia di normativa antisismica contestati, va ricordato che ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica (art. 95 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto le contravvenzioni puniscono inosservanze formali e la normativa è finalizzata a garantire l’esercizio del controllo preventivo della P.A. sulle attività edificatorie in dette zone (Sez.3, n.41617 del 02/10/2007, Rv.238007; Sez.3, n.7893 del 11/01/2012, Rv.252750;5 ez.3, n.27876 del 16/06/2015,Rv.264201).
 
Questa Corte ha pure affermato, che anche dopo la entrata in vigore del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 qualsiasi intervento edilizio, ad eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, ove eseguito in zona sismica, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Sez.3, n.48005 del 17/09/2014, Rv.261155; Sez.3, n.28514 del 29/05/2007, Rv. 237656; Sez.3, n.45958 del 26/10/2005, Rv.232649).
 
Il reato antisismico, inoltre, sussiste nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 93, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (art. 94 d.P.R. citato), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture ovvero la natura precaria dell’intervento (Sez.3, n.30224 del 21/06/2011, Rv.251284; Sez.3, n.48950 del 04/11/2015, Rv. 266033). 
 
2.5. Del tutto generica è, infine, la doglianza relativa alla insussistenza dell’elemento psicologico; sul punto, inoltre, la Corte territoriale ha richiamato le argomentazioni della sentenza di primo grado rimarcando congruamente come gli elementi sintomatici evidenziati dal primo Giudice costituivano prova dell’elemento soggettivo delle condotte contestate.
 
La ricorrente, attraverso una formale denuncia di vizi di motivazione, richiede sostanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali.
 
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
 
La deduzione difensiva avente ad oggetto la prescrizione dei reati contestati in quanto generica e meramente assertiva non comportava alcun obbligo motivazionale per la Corte territoriale.
 
Questa Corte ha, infatti, ripetutamente affermato che in sede di impugnazione il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza (Sez.3,n.10709 del 25/11/2014, dep.13/03/2015, Rv.262700; Sez.2, n.49007 del 16/09/2014, Rv.261423; Sez.5, n.18732 del 31/01/2012, Rv.252522;Sez.5, n.4415 del 05/03/1999, Rv.213114.)
 
4. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
 
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.
 
5. L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez. U. n. 12602 del 25.3.2016, Ricci; Sez.2, n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428 del 22/03/2005, Rv.231164; Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004).
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 05/07/2016
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di Ambientediritto.it e QuotidianoLegale.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!