Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 53978 | Data di udienza: 16 Luglio 2018

RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti "pastazzo" di agrumi" e  reflui di lavorazione – Smaltimento in discariche abusive o comunque in luoghi non autorizzati – Impresa di trasporto in amministrazione giudiziaria e azienda produttrice del rifiuto – Responsabilità in concorso – Artt. 256 e 260 D.L.vo 152/2006. 


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 3 Dicembre 2018
Numero: 53978
Data di udienza: 16 Luglio 2018
Presidente: DI NICOLA
Estensore: ANDRONIO


Premassima

RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti "pastazzo" di agrumi" e  reflui di lavorazione – Smaltimento in discariche abusive o comunque in luoghi non autorizzati – Impresa di trasporto in amministrazione giudiziaria e azienda produttrice del rifiuto – Responsabilità in concorso – Artt. 256 e 260 D.L.vo 152/2006. 



Massima

 

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 03/12/2018 (Ud. 16/07/2018), Sentenza n.53978


RIFIUTI – Gestione non autorizzata di rifiuti "pastazzo" di agrumi" e  reflui di lavorazione – Smaltimento in discariche abusive o comunque in luoghi non autorizzati – Impresa di trasporto in amministrazione giudiziaria e azienda produttrice del rifiuto – Responsabilità in concorso – Artt. 256 e 260 D.L.vo 152/2006.
 
In tema di gestione non autorizzata di rifiuti, di cui all’art. 256 del D.L.vo 152/2006, l’eventuale esistenza di un amministratore giudiziario non produce l’effetto di impedire al legale rappresentante di essere a conoscenza degli sversamenti illeciti effettuati nell’ambito dell’attività aziendale, anzi, incombe su di lui un obbligo di garanzia e vigilanza sulla correttezza dell’intero ciclo dei rifiuti. Né osta a tale conclusione la documentazione relativa ai prezzi dei trasporti, da cui non emerge la liceità degli stessi, ma anzi, la continuità e stabilità dell’attività illecita. Nella fattispecie, l’impresa di trasporti incaricata era in amministrazione giudiziaria, mentre, il legale rappresentante ritenuto responsabile in concorso era quello dell’azienda produttrice del rifiuto.
 
(riforma sentenza del 28/04/2017 – CORTE APPELLO di MESSINA) Pres. DI NICOLA, Rel. ANDRONIO, Ric. Calabrò

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 03/12/2018 (Ud. 16/07/2018), Sentenza n.53978

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 03/12/2018 (Ud. 16/07/2018), Sentenza n.53978
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da: CALABRO’ NUNZIO nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO;
 
avverso la sentenza del 28/04/2017 della CORTE APPELLO di MESSINA;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO ROMANO che ha concluso chiedendo 
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio PER LA SOSPENSIONE CONDIZIONALE. INAMMISSIBILE NEL RESTO.
 
udito il difensore C.U. il difensore presente si riporta ai motivi
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. — Con sentenza del 17 novembre 2014 il Gup del Tribunale di Messina, a seguito di rito abbreviato, ha condannato l’imputato per: a) il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., e 260, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, perché, in qualità di legale rappresentante della Candifrucht s.p.a., con altre persone fisiche e in concorso tra loro, aveva ceduto o comunque aveva gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti ("pastazzo" di agrumi"), smaltendoli in discariche abusive o comunque in luoghi non autorizzati, al fine di trarne ingiusto profitto, con molteplici operazioni (fino all’8 aprile 2013); b) il reato di cui all’art. 260, comma 1 del d. Lgs. n. 152 del 2006 perché, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e con allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, aveva ceduto o ricevuto o trasportato comunque gestito abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti consistenti in reflui di lavorazione (dal 28 agosto 2012 e con condotta ancora in corso fino al momento del sequestro: 10 aprile 2014). 
 
Con sentenza del 28 aprile 2017, la Corte d’appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’imputato, riqualificando il capo b) nel reato di cui all’art. 256, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, rideterminando la pena in diminuzione e revocando le pene accessorie.
 
 
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
 
 
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione dell’art. 260, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 192 cod. proc. pen., nonché vizi della motivazione in relazione al capo a) dell’imputazione, sul rilievo che non vi sarebbe la prova che le tonnellate smaltite di rifiuti fossero le complessive 8000 indicate nell’imputazione.
 
Le conclusioni del Giudice di secondo grado non risponderebbero alle censure contenute nei motivi di appello e costituirebbero un evidente travisamento della prova, come risulterebbe anche dalla sentenza e dalle affermazioni oggetto d’impugnazione. Per la difesa, l’episodio citato dalla Corte di Appello, concernente un numero differente di trasporti rispetto a quanto documentato e riguardante un versamento di pastazzo in un
luogo altrettanto diverso, nonché già oggetto di discarica abusiva, dimostrerebbe l’estraneità della Candifrucht s.p.a., in quanto sarebbe stata solo l’impresa di trasporti incaricata dal Calabrò ad avere interesse a far risultare un numero di trasporti maggiore rispetto a quelli reali, per addebitarli alla società dell’imputato. Egli sarebbe stato completamente ignaro del numero e della destinazione finale dei trasporti, come si evincerebbe dalle modalità del trasporto riportate in fattura; inoltre non vi sarebbe prova che due terzi dei trasporti del 2 maggio 2012 non fossero stati effettivamente consegnati presso l’acquirente. E, secondo la difesa, le risultanze del fascicolo ricostruite dal Giudice di secondo grado dimostrerebbero che la Candifrucht s.p.a. aveva regolarmente pagato, con prezzi sostanzialmente costanti, i trasporti come se il sottoprodotto fosse stato interamente consegnato a coloro con i quali erano stati stipulati i contratti di acquisto.
 
 
2.2 – Col secondo motivo di doglianza, si lamentano la violazione dell’art. 256, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché vizi della motivazione in relazione al capo b) dell’imputazione. La Corte di appello non avrebbe considerato che i reflui di lavorazione della società del ricorrente erano convogliati direttamente al depuratore tramite apposita, diretta ed esclusiva condotta attraverso una serie di canalizzazioni continue sulle quali non
potrebbe interferire l’uomo. Il consulente di parte, incaricato dal Comune Barcellona Pozzo di Gotto, avrebbe affermato la necessità di un sistema intermedio di canalizzazione in una vasca prima che il refluo giungesse al depuratore, configurando, in questo modo, un passaggio temporaneo e non una stabile condotta di stoccaggio. La Corte di Appello sarebbe, inoltre, incorsa in errore richiamando in maniera incompleta ed erronea una sentenza che si sarebbe riferita a un caso completamente differente in quanto relativo a una durata dello stoccaggio del refluo ben più lunga del supposto breve sversamento imputabile al Calabrò.
 
 
2.3 – Col terzo motivo di doglianza si lamentano la violazione dell’art. 163 cod. pen. nonché la carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Secondo il ricorrente, entrambe le condotte alla base dei reati contestati sarebbero state poste in essere da parte del Calabrò quando egli aveva già compiuto l’età di settant’anni; con la conseguenza che la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi sulla meritevolezza della sospensione condizionale della pena, essendo l’imputato soggetto ultrasettantenne al momento della consumazione del reato. 
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. – Il ricorso è inammissibile.
 
 
3.1 – Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché diretto a ottenere da questa Corte una rivalutazione della responsabilità penale; rivalutazione preclusa in sede di legittimità. 
 
Sia il giudice di primo grado, sia quello di secondo grado hanno richiamato la dettagliata documentazione di tutte le operazioni di illecito smaltimento, con le relative precise quantità di rifiuti sversati abusivamente; il tutto accertato, tra l’altro, dai militari intervenuti nei luoghi oggetto del reato, nonché dalle numerose videoriprese che testimoniavano le ingenti quantità di pastazzo sversate nei terreni. E risulta del tutto generica l’interpretazione difensiva dell’episodio riportato dalla Corte territoriale riguardo agli anomali trasporti ripresi dalle videocamere, in quanto il presunto interesse che, secondo il ricorrente, avrebbe avuto l’impresa di trasporti nel far risultare gli stessi in misura maggiore rispetto a quelli reali non esonera da responsabilità la Candifrucht s.p.a., nel momento in cui, pur in presenza di contratti regolarmente registrati, risulta essere comunque tale soggetto giuridico ad aver incaricato la società di trasporti ad effettuare lo sversamento illecito.
 
Quanto alla mancata conoscenza da parte del Calabrò, il ricorrente fa erroneo riferimento a un’amministrazione giudiziaria nel periodo 2013/2014 che non riguarda, comunque, la sua società, ma quella da lui incaricata dei trasporti. Non risulta, pertanto, alcun elemento a sostegno della tesi difensiva secondo cui l’imputato era completamente ignaro dei trasporti illeciti da lui stesso commissionati; e non si comprende, comunque, perché la eventuale esistenza di un amministratore giudiziario per la Trasporti Line s.r.l. potesse impedire al legale rappresentante della Candifrucht s.p.a. di essere a conoscenza di tali sversamenti illeciti, incombendo su di lui un obbligo di garanzia quanto alla correttezza dell’intero ciclo dei rifiuti. Né osta a tale conclusione la documentazione relativa ai prezzi dei trasporti, da cui non emerge la liceità degli stessi, ma anzi, la continuità e stabilità dell’attività illecita.
 
 
3.2 – Il secondo motivo di ricorso – riferito alla contravvenzione di cui all’art. 256 comma 1, lettera a) del d. Lgs. n. 152 del 2006 – è inammissibile per analoghe ragioni. 
 
La Corte d’appello ha correttamente evidenziato, nel caso di specie, la mancanza di temporaneità dello scarico dei reflui di lavorazione e l’interposizione di altre tubature o altre strumentazioni che impediscono la confluenza diretta dello scarico dei rifiuti nell’apposito depuratore, descrivendo le caratteristiche dimensionali che contraddistinguevano il meccanismo di sversamento illecito. E il giudice di secondo grado non ha fatto altro che riportare quanto accertato dalla polizia giudiziaria in merito alla confluenza dei rifiuti in una vasca, al loro successivo stoccaggio in silos di vetroresina al loro successivo avvio, tramite una pompa di aspirazione, verso il depuratore comunale, mediante una condotta interrata.
 
 
3.3 – Il terzo motivo di ricorso è fondato.
 
La Corte d’appello, che ha rideterminato la pena in una misura che consentirebbe in astratto l’applicazione della sospensione condizionale (ai sensi dell’art. 163, terzo comma, cod. pen.), non ha risposto al ricorrente sulla mancata concessione della stessa, pur in presenza di un motivo di doglianza formulato in tal senso.
 
 
4. – La sentenza impugnata deve essere, dunque, annullata, limitatamente alla statuizione sulla sospensione condizionale della pena, con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, perché proceda a nuovo giudizio sul punto. Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione sulla sospensione condizionale della pena, e rinvia alla Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
 
Così deciso in Roma, il 16 luglio 2018.

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