Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale Numero: 4376 | Data di udienza: 13 Gennaio 2016

* DIRITTO DEMANIALE – Nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde – Tutela delle acque pubbliche e dell’interesse collettivo – Fattispecie: fabbricato in muratura a distanza inferiore di mt. 10 dall’argine del torrente – Artt. 110 e 96 lett. f) del RD 523/1904.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Febbraio 2016
Numero: 4376
Data di udienza: 13 Gennaio 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: MOCCI


Premassima

* DIRITTO DEMANIALE – Nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde – Tutela delle acque pubbliche e dell’interesse collettivo – Fattispecie: fabbricato in muratura a distanza inferiore di mt. 10 dall’argine del torrente – Artt. 110 e 96 lett. f) del RD 523/1904.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/02/2016 (Ud. 13/01/2016) Sentenza n.4376
 
 
DIRITTO DEMANIALE – Nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde – Tutela delle acque pubbliche e dell’interesse collettivo – Fattispecie: fabbricato in muratura a distanza inferiore di mt. 10 dall’argine del torrente – Artt. 110 e 96 lett. f) del RD 523/1904.
 
Il reato previsto all’art. 96 sub f) del R.D. 25 luglio 1904 n. 523 ha natura di pericolo sicché, per la sussistenza della fattispecie contravvenzionale, non occorre l’ulteriore verifica che l’azione illecita abbia recato nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde [Sez. 3, Sentenza n. 36502 del 21/09/2006 Ud. (dep. 03/11/2006)]. Pertanto, la norma incriminatrice posta a tutela delle acque pubbliche e dell’interesse collettivo, impone limiti e regole molto più cogenti di quelle dettate a presidio delle norme urbanistiche, per ciò solo insuscettibili di deroghe. Fattispecie, violazione degli artt. 110 e 96 lett. f) del RD 523/1904, per aver realizzato un fabbricato in muratura a distanza inferiore di mt. 10 dall’argine del torrente in assenza del permesso dell’autorità amministrativa.
 

(Annulla senza rinvio sentenza del 08/05/2014 della Corte d’Appello di Firenze) Pres. AMORESANO, Rel. MOCCI Ric. Severi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/02/2016 (Ud. 13/01/2016) Sentenza n.4376

SENTENZA

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/02/2016 (Ud. 13/01/2016) Sentenza n.4376
 
REPUBBLICA ITALIANA 
In nome del Popolo Italiano
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta da
 
Omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Severi Roberto, nato ad Arezzo il 19/11/1952,
– avverso la sentenza del 08/05/2014 della Corte d’Appello di Firenze;
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione
– udito per l’imputato l’avvocato Roberto Alboni che ha concluso riportandosi agli atti 
 
RITENUTO IN FATTO
 
l.Con sentenza del 14 gennaio 2013, Roberto Severi è stato condannato dal Tribunale di Arezzo, insieme a Stefano Dini, alla pena di mesi uno di arresto ed € 300 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 110 e 96 lett. f) del RD 523/1904, per aver, in concorso col Dini, realizzato un fabbricato in muratura a distanza inferiore di mt. 10 dall’argine del torrente Valtina, in assenza del permesso dell’autorità amministrativa.
 
2. Su appello degli imputati, la Corte distrettuale ha confermato la sentenza di primo grado, l’8 maggio 2014, rilevando come anche le opere di trasformazione di costruzioni preesistenti dovessero considerarsi illecite, giacché, in presenza di acque pubbliche, i divieti di apportare modifiche agli argini dei fiumi sarebbero ben più pregnanti rispetto a quelli dettati in materia edilizia ed urbanistica. L’opera in questione, insistendo in un’area di rispetto, non avrebbe potuto essere realizzata in assenza della preventiva valutazione da parte dell’autorità amministrativa competente, tanto più che il manufatto sarebbe stato posto ad una distanza dall’argine inferiore a quella indicata nel progetto.
 
Ha proposto ricorso per cassazione Roberto Severi, deducendo un articolato motivo.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Per illustrare la sua censura, il ricorrente muove dal presupposto del reato contestato, relativo allo spostamento dell’area di sedime del manufatto.
 
Secondo l’imputato, non rientrerebbe nel divieto posto dall’art. 96 comma 1 ° lett. f), RD n. 523/1904 il comportamento consistente nell’allontanamento di un manufatto dall’argine, quando realizzato nel limite dei 10 metri. Infatti, la diversa interpretazione sarebbe contraria alla lettera della norma ed all’interesse pubblico ed, in ogni caso, contrasterebbe con lo spirito dell’art. 1 della Legge Regionale Toscana n. 21/2012, che consente gli interventi volti a garantire la fruibilità pubblica all’interno delle fasce di larghezza di dieci metri dal piede dell’argine, ove non compromettano l’efficacia e l’efficienza dell’opera idraulica e non alterino il buon regime delle acque. Aggiunge il Severi che la norma a lui contestata, se ponesse un divieto assoluto, dovrebbe sempre prescindere dalla preventiva valutazione delle amministrazioni competenti, sicché gli stessi giudici di merito avrebbero in qualche modo ammesso che la fattispecie non potesse essere riferita al divieto di cui all’art. 96 citato. Ciò anche perché lo spostamento dell’area di sedime non sarebbe elemento sufficiente a qualificare l’intervento come nuova costruzione.
 
2. Il motivo è infondato, ma il reato si è medio tempore prescritto.
 
La norma di cui all’artt. 96 sub f) del R.D. 25 luglio 1904 n. 523 recita “Sono lavori ed atti vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese i seguenti. .. le piantagioni di alberi e di siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza del piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e gli scavi”. Il reato ha natura di pericolo sicché, per la sussistenza della fattispecie contravvenzionale, non occorre l’ulteriore verifica che l’azione illecita abbia recato nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde [Sez. 3, Sentenza n. 36502 del 21/09/2006 Ud. (dep. 03/11/2006) Rv. 235531].
 
Nella specie, come ammette lo stesso ricorrente, l’originario manufatto è stato demolito e successivamente ricostruito in luogo fisicamente diverso, ancorché adiacente. Si tratta dunque naturalisticamente di una nuova costruzione, come tale rientrante nella nozione astratta di “costruzione di fabbriche” prevista dal reato contestato. La violazione è assoluta – dunque non condizionata alla preventiva valutazione dell’autorità amministrativa – sicché in tal senso va eme~ata la motivazione del giudice d’appello. Tuttavia, tale non corretto riferimento non inficia la ratio decidendi della Corte d’Appello, laddove puntualizza chiaramente che la violazione in parola rileva essenzialmente sul piano penale (ed a prescindere da quello edilizio), giacché la norma incriminatrice, a tutela delle acque pubbliche e pertanto dell’interesse collettivo, impone limiti e regole molto più cogenti di quelle dettate a presidio delle norme urbanistiche, per ciò solo insuscettibili di deroghe.
 
Tuttavia, trattandosi di un problema interpretativo, il ricorso non può dirsi manifestamente infondato e tale considerazione apre la strada alla declaratoria di prescrizione, maturata in data 1 ottobre 2014.
 
P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
 
Così deciso il 13/01/2016.
 
 

 

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