Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 9134 | Data di udienza: 1 Luglio 2015

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo – Condotta che si protrae nel tempo – Natura permanente del reato paesaggistico – Integrazione dell’elemento soggettivo del reato – Sufficiente il dolo generico – Artt. 167 e 181, c.1-bis, dlgs n. 42/2004 DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di opere edilizie in zona vincolata – Assenza delle prescritte autorizzazioni – Responsabilità del direttore dei lavori – Rinuncia all’incarico – Segnalazione contestuale della irregolarità – Fattore esimente della penale responsabilità – Intervenuta decadenza del permesso a costruire ai sensi dell’art. 15 del dPR n. 380/2001 – Doveri di diligenza – Limiti – Art. 29, c.2 e 44 del dPR n. 380/2001 – Manufatto realizzato in assenza dei prescritti nullaosta paesaggistici ceduto a terzi – Impedimento alla efficacia dell’ordine di ripristino – Esclusione – Rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato – Finalità – Scopo risarcitorio del danno patito dal bene ambientale – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Fattori impedienti la celebrazione del processo – Differimento di udienza ex officio – Omessa notificazione al difensore – Nullità del giudizio – Esclusione se il difensore ne sia comunque venuto a conoscenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Marzo 2016
Numero: 9134
Data di udienza: 1 Luglio 2015
Presidente: Squassoni
Estensore: Gentili


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo – Condotta che si protrae nel tempo – Natura permanente del reato paesaggistico – Integrazione dell’elemento soggettivo del reato – Sufficiente il dolo generico – Artt. 167 e 181, c.1-bis, dlgs n. 42/2004 DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di opere edilizie in zona vincolata – Assenza delle prescritte autorizzazioni – Responsabilità del direttore dei lavori – Rinuncia all’incarico – Segnalazione contestuale della irregolarità – Fattore esimente della penale responsabilità – Intervenuta decadenza del permesso a costruire ai sensi dell’art. 15 del dPR n. 380/2001 – Doveri di diligenza – Limiti – Art. 29, c.2 e 44 del dPR n. 380/2001 – Manufatto realizzato in assenza dei prescritti nullaosta paesaggistici ceduto a terzi – Impedimento alla efficacia dell’ordine di ripristino – Esclusione – Rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato – Finalità – Scopo risarcitorio del danno patito dal bene ambientale – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Fattori impedienti la celebrazione del processo – Differimento di udienza ex officio – Omessa notificazione al difensore – Nullità del giudizio – Esclusione se il difensore ne sia comunque venuto a conoscenza.



Massima

 

 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/03/2016 (Ud. 1/07/2015) Sentenza n.9134
 
 
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo – Condotta che si protrae nel tempo – Natura permanente del reato paesaggistico – Integrazione dell’elemento soggettivo del reato – Sufficiente il dolo generico – Artt. 167 e 181, c.1-bis, dlgs n. 42/2004.
 
Il reato di cui all’art. 181 del dlgs n. 42 del 2004, qualora sia realizzato attraverso una condotta che si protrae nel tempo, come nel caso di realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo, ha natura permanente e si consuma con l’esaurimento totale dell’attività o con la cessazione, per qualsiasi motivo, della condotta (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11/06/2015, n. 24690). Inoltre, ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 è sufficiente il dolo generico, sussistente ove l’agente non abbia dimostrato di avere convenientemente adempiuto al dovere di informarsi preventivamente circa l’eventuale assoggettamento a vincoli dell’area interessata dalla esecuzione delle opere in questione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 28/12/2011, n. 48478).
 
 
DIRITTO URBANISTICO – Realizzazione di opere edilizie in zona vincolata – Assenza delle prescritte autorizzazioni – Responsabilità del direttore dei lavori – Rinuncia all’incarico – Segnalazione contestuale della irregolarità – Fattore esimente della penale responsabilità – Intervenuta decadenza del permesso a costruire ai sensi dell’art. 15 del dPR n. 380/2001 – Doveri di diligenza – Limiti – Art. 29, c.2 e 44 del dPR n. 380/2001.
 
In tema di realizzazione di opere edilizie in assenza delle prescritte autorizzazioni, siano esse specificamente connesse alla normativa di tutela urbanistica ovvero siano riferite a quella a garanzia del patrimonio paesaggistico ed ambientale, devono essere qualificati come reati comuni e non come reati a soggettività ristretta, va precisato che siffatto principio cessa tuttavia di avere validità per quel che concerne la posizione del direttore dei lavori, per il quale deve, viceversa, ritenersi che la specifica qualifica rivestita sia elemento necessario ai fini della integrazione del reato, trattandosi, pertanto, limitatamente a tale soggetto, di un reato proprio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 19/12/2007, n. 47083). Nella specie, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del dPR n. 380 del 2001, costituisce fattore esimente la penale responsabilità del direttore dei lavori il fatto che questi abbia rinunziato all’incarico conferitogli dalla committenza dei lavori, segnalando contestualmente la irregolarità di questi, non si è, parimenti, rilevato che, essendo venuto meno l’incarico del direttore dei lavori per effetto della intervenuta decadenza del permesso a costruire ai sensi dell’art. 15 del dPR n. 380 del 2001, la sua responsabilità non poteva essere collegata esclusivamente al mancato rispetto dei doveri di diligenza connessi alla qualifica, non più rivestita, di direttore dei lavori.
 

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIRITTO URBANISTICO – Manufatto realizzato in assenza dei prescritti nullaosta paesaggistici ceduto a terzi – Impedimento alla efficacia dell’ordine di ripristino – Esclusione – Rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato – Finalità – Scopo risarcitorio del danno patito dal bene ambientale.
 
La finalità della previsione che impone, in caso di condanna, la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è, infatti, quella di rimuovere gli effetti dannosi che derivano dall’avvenuta commissione del reato; premesso che, pertanto, la sua funzione, ancorché indefettibilmente connessa all’avvenuto riscontro della penale responsabilità dell’agente, non è strettamente punitiva (come è evidenziato proprio dal fatto che alla sua realizzazione può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena) ma è volta, con scopo per quanto possibile risarcitorio del danno patito dal bene ambientale, alla cosiddetta restituito in integrum della situazione preesistente alla commissione del reato, la circostanza che il manufatto realizzato in assenza dei prescritti nullaosta paesaggistici sia stato ceduto a terzi, non avendo alcun effetto lenitivo del danno ambientale verificatosi, non costituisce impedimento alla efficacia dell’ordine di ripristino impartito ai sensi dell’art. 181, comma 2, del dlgs n. 42 del 2004 (sostanzialmente nello stesso senso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11/04/2014, n. 16035). Inoltre, non sussiste alcuna sovrapposizione di competenze fra la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’avvenuta rimessione in pristino dello stato dei luoghi a cura del condannato e la previsione di cui all’art. 167 del dlgs n. 42 del 2004, posto che quest’ultima disposizione disciplina l’intervento solo surrogatorio della Autorità amministrativa nella restituzione allo status quo ante dei luoghi laddove il condannato (primario destinatario dell’ordine di ripristino di essi, indipendentemente dall’essere o meno detto ripristino condizione per la sospensione della esecuzione della pena) non abbia ottemperato ad esso.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Fattori impedienti la celebrazione del processo – Differimento di udienza ex officio – Omessa notificazione al difensore – Nullità del giudizio – Esclusione se il difensore ne sia comunque venuto a conoscenza.
 
L’omessa notificazione al difensore del differimento di udienza, disposto ex officio a causa di fattori impedienti la celebrazione del processo, non determina la nullità del giudizio, quando risulti che il difensore ne sia comunque venuto a conoscenza (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 21/06/2011, n. 24962).
 

(riforma sentenza n. 973/2014 della Corte di appello) Pres. SQUASSONI, Rel. GENTILI, Ric. Ricotta ed altro

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/03/2016 (Ud. 1/07/2015) Sentenza n.9134

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 04/03/2016 (Ud. 1/07/2015) Sentenza n.9134
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
 
Composta da
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
– Sui ricorsi proposti da: 
RICOTIA Vincenzo, nato a Mussomeli (Cl) il 8 dicembre 1935;
GAGLIOLO Silvano, nato a Albenga (Sv) il 24 giugno1963;
– avverso la sentenza n. 973/2014 della Corte di appello di 2014;
– letti gli atti di causa, la sentenza impugnata ed i ricorsi introduttivi;
– sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
– sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Giuseppe CORASANITI, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi. 

RITENUTO IN FATTO
 
La Corte di appello di Genova, con sentenza del 6 marzo 2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Ricotta Vincenzo e Gagliolo Silvano – imputati in relazione alla violazione dell’art. 44, comma 1, lettera e), del dPR n. 380 del 2001 per avere, nella rispettive qualità di titolare del permesso a costruire e di committente il Ricotta e di direttore dei lavori il Gagliolo, eseguito opere edilizie in assenza o comunque in totale difformità dal permesso a costruire – per essersi il reato loro contestato estinto per prescrizione; con la medesima sentenza la Corte territoriale ha invece confermato la dichiarazione di penale responsabilità dei predetti – già contenuta nella sentenza emessa il precedente 8 febbraio 2013 dal Tribunale di Savona, Sezione distaccata di Albenga – in relazione al reato di cui all’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004, per avere eseguito le opere di cui sopra in zona di particolare pregio paesistico, in assenza della prescritta autorizzazione, rideterminando, pertanto, la pena loro inflitta e concessa ai medesimi la sua sospensione condizionale, peraltro subordinata alla rimessione in pristino stato dei luoghi entro il termine di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
 
Ha, infatti, osservato la Corte territoriale che, al momento della sua decisione già era decorso, rispetto alla data di esecuzione del sequestro delle opere abusive, intervenuto in data 14 maggio 2007, il termine massimo quinquennale, pur calcolatane la sospensione dal 18 marzo 2011 al 10 febbraio 2012 dovuta alla adesione alla astensione dalle udienze del difensore dei due prevenuti, previsto per la prescrizione del reato propriamente edilizio.
 
Quanto, invece, al reato in materia di tutela del paesaggio, ha rilevato la Corte territoriale che quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo non era pensabile che il Gagliolo, data la sua qualificazione professionale e la qualifica ricoperta, ignorasse l’esistenza del vincolo, mentre per il Ricotta, essendo egli il committente dell’opera, era suo dovere informarsi sulla eventuale esistenza di vincoli allo svolgimento dell’attività da lui commissionata; allo stesso modo non poteva accogliersi la ulteriore linea difensiva del Gagliolo secondo la quale egli aveva operato solo sulla carte. come direttore dei lavori, senza avere presenziato né partecipato alla realizzazione di opere abusive.
 
Hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati, tramite il comune difensore di fiducia.
 
Come primo motivo di censura i due prevenuti hanno dedotto la nullità della sentenza per vizio della integrità del contraddittorio.
 
Hanno, infatti, osservato, in sostanza i due ricorrenti che, chiamata la causa di fronte al giudice di prime cure per il giorno 17 marzo 2011, non fu possibile tenersi l’udienza in quanto detto giorno fu proclamato festa nazionale; la causa fu pertanto differita al giorno successivo in cui, però, non si presentarono né il difensore degli imputati, né quest’ultimi. In tale occasione, stante l’adesione del difensore di ufficio nominato per l’occasione ad una agitazione della classe forense, la udienza fu nuovamente differita, previa sospensione del termine prescrizionale.
 
In sostanza il ricorrente si duole, come peraltro già fatto in sede di appello, del fatto che il primo differimento dell’udienza non era mai stato comunicato al difensore degli imputati né a costoro, con la derivante compromissione del diritto di difesa.
 
Hanno osservato, altresì, che neppure poteva dirsi, come ritenuto dalla Corte di appello, che, non essendo stata svolta alcuna attività nel corso della udienza tenutasi il 18 marzo 2011, nessun pregiudizio si era determinato a carico dei ricorrenti, non foss’altro perché in quella data fu dichiarata la sospensione del termine prescrizionale, con evidente pregiudizio ai loro danni.
 
Col secondo motivo i ricorrenti hanno denunziato il vizio della motivazione della sentenza per non essere stato nella medesima rilevato che il reato paesaggistico contestato aveva cessato di essere permanente, stante la spontanea interruzione della condotta criminosa sin dall’inizio dell’anno 2005; per effetto della retrodatazione del tempus commissi delicti non solo il reato doveva essere derubricato da violazione dell’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 a violazione dell’art. 181, comma 1, essendo entrata in vigore la disposizione la cui violazione è stata contestata ai ricorrenti solo in data 11 gennaio 2005, quindi quando la flagranza del reato già era cessata, ma la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la intervenuta prescrizione del reato, data la sua natura non più di delitto ma di semplice contravvenzione.
 
Il contenuto del terzo motivo di ricorso, afferente alla insussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato, si atteggia diversamente in ragione del soggetto ricorrente; infatti, mentre il Gagliolo ha osservato che, avendo svolto solo le mansioni di direttore dei lavori, egli ignorava la esistenza del vincolo paesaggistico, né tale esistenza poteva essere a lui opposta sulla sola base del fatto che lo stesso sarebbe stato negligente nel non informarsi, data la natura delittuosa del reato non punibile a titolo di mera colpa e che, se la sua responsabilità si fonda sulla qualifica rivestita di direttore dei lavori, nel suo caso la cessazione della permanenza del reato deve certamente essere ancorata alla data del 21 gennaio 2005, data di cessazione della efficacia del permesso a costruire rilasciato per le opere in questione e, pertanto, anche data di scadenza del suo incarico, il Ricotta, per parte sua, ha, invece, segnalato, quanto alla carenza dell’elemento soggettivo, la circostanza che, non essendo l’esistenza del vincola richiamata nel permesso a costruire rilasciato in suo favore, anche nel suo caso la sua responsabilità viene dalla Corte territoriale argomentata sulla base della sua negligenza nel non informarsi altrove in merito ai vincoli paesaggistici gravanti sulla zona; ma così, a suo avviso, gli viene in sostanza addossata una responsabilità di tipo colposo con riferimento ad un reato punito solo a titolo di dolo.
 
E’, da ambedue i ricorrenti poi censurata la sentenza di appello in ordine alla quantificazione della pena: in particolare ne è dedotta la illegittimità da parte del Gagliolo per non essere stata riconosciuta in suo favore la attenuante della partecipazione di minima entità, mentre è da ambedue lamentata la mancata concessione del beneficio della non menzione.
 
Infine è lamentata la subordinazione della sospensione condizionale della pene alla rimessione in pristino stato dei luoghi, senza che sia stato considerato che tale adempimento, peraltro rimesso alla discrezionalità della amministrazione, è impossibile in quanto l’edificio è stato donato dal Ricotta alla propria figlia e quindi non è nella giuridica disponibilità di nessuno dei due imputati.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
Mentre il ricorso presentato dal Gagliolo nei confronti della impugnata sentenza è fondato, e, pertanto, va disposto l’annullamento della stessa, con rinvio, limitatamente alla posizione di detto ricorrente, il ricorso per ciò che concerne la posizione del Ricotta è inammissibile, con le conseguenze di legge a carico del ricorrente.
 
Essendo le due impugnazioni in larga parte sovrapponibili esse possono essere trattate congiuntamente, evidenziando, laddove serva, la diversità delle argomentazioni svolte dai ricorrenti.
 
Quanto al primo motivo di impugnazione – afferente ad una pretesa violazione del contraddittorio per non essere stati informati i ricorrenti, nonché il loro difensore, della circostanza che la udienza del 17 marzo 2011, per la quale era stato chiamato il processo di fronte al giudice di primo grado, era stata differita al 18 marzo immediatamente successivo in ragione del fatto che il giorno per il quale era stata originariamente fissata la celebrazione del processo, cadente nel centocinquantesimo anniversario della proclamazione dell’Unità d’Italia, era stato dichiarato, con decreto – legge n. 5 del 2011, convertito con legge n. 47 del 2011, festività nazionale – ne rileva la Corte, non diversamente d’altra parte da quanto già ritenuto dalla Corte territoriale, già investita in sede di appello della questione, la mancanza di fondamento alcuno. 
 
Come questa Corte ha già in passato avuto occasione di osservare, l’omessa notificazione al difensore del differimento di udienza, disposto ex officio a causa di fattori impedienti la celebrazione del processo, non determina la nullità del giudizio, quando risulti che il difensore ne sia comunque venuto a conoscenza (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 21 giugno 2011, n. 24962).
 
Nel nostro caso, secondo quanto incontestatamente risulta dalla sentenza impugnata, successivamente al 18 marzo 2011, data per la quale era stato differita la celebrazione del giudizio una volta riscontrata la impossibilità di tenere l’udienza in data 17 marzo 2011 per le ragioni sopra accennate, il processo si è svolto regolarmente, né i difensori fiduciari degli imputati, presenti alle ulteriori udienze, hanno, nel corso di esse, sollevato alcuna eccezione in merito alla pienezza del contraddittorio.
 
Né, allo stato, è ravvisabile l’esistenza di un vulnus in danno dei due ricorrenti riconducibile al fatto che nel corso della udienza del 18 maggio 2011, celebratasi nell’assenza degli imputati e dei loro difensori, sia stata disposta la sospensione del termine prescrizionale dei reati contestati.
 
Invero, quanto al reato prettamente edilizio, la Corte di appello ne ha dichiarata la estinzione per prescrizione, pur computando la predetta sospensione del relativo termine, sicché nessun pregiudizio può essere derivato ai ricorrenti dalla tale sospensione; mentre per ciò che attiene alla residua violazione, afferente non ad una contravvenzione ma ad un delitto, e pertanto caratterizzata da un termine prescrizionale più ampio, esso, anche a voler prescindere dalla dichiarata sospensione, sarebbe maturato solo in data 14 novembre 2014, quindi in epoca successiva alla pronunzia della sentenza della Corte di appello, datata 6 marzo 2014, quindi, anche a tutto volere considerare, i ricorrenti non vantano alcun interesse ad impugnare, unitamente alla sentenza di appello, la ordinanza con la quale è stato sospeso dal 18 marzo 2011 al 10 febbraio 2012 il corso della prescrizione del delitto loro contestato, non avendo detta sospensione svolto alcun sostanziale effetto ai fini della decisione assunta dalla Corte territoriale.
 
Col secondo motivo di impugnazione, anch’esso come il precedente comune ai due ricorrenti, è dedotto il vizio di motivazione in ordine alla collocazione nel tempo della flagranza del reato paesaggistico.
 
Anche questo motivo è destituito di fondamento.
 
La Corte territoriale, infatti, ha, con affermazione che, essendo attinente ad un dato di fatto, non è suscettibile di riesame in questa sede di legittimità se desunta tramite argomenti immuni da vizi logici o giuridici, rilevato, sulle base delle dichiarazioni testimoniali acquisite nel corso delle istruttoria dibattimentale, che i lavori di realizzazione delle opere edili in assenza del preventivo nulla osta paesaggistico erano ancora in corso alla data dell’avvenuto sequestro.
 
Ciò premesso rileva il Collegio, come ancora di recente ribadito da questa Corte, che il reato di cui all’art. 181 del dlgs n. 42 del 2004, qualora sia realizzato attraverso una condotta che si protrae nel tempo, come nel caso di realizzazione di opere edilizie in zona sottoposta a vincolo, ha natura permanente e si consuma con l’esaurimento totale dell’attività o con la cessazione, per qualsiasi motivo, della condotta (Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 giugno 2015, n. 24690).
 
Da tale qualificazione giuridica deriva, oltre che la fissazione del termine prescrizionale del reato in questione solo dal momento della cessazione della sua permanenza, ergo nel caso in questione a decorrere dall’intervenuto sequestro, la applicabilità alla fattispecie, anche in relazione del relativo regime di durata della prescrizione, della normativa vigente al momento in cui la permanenza é cessata; quindi, sempre con riferimento al caso in questione, la applicazione del comma 1-bis del citato art. 181 del dlgs n. 42 del 2004, essendo questo stato inserito nella detta disposizione legislativa a decorrere dal 11 gennaio 2005, data di entrata in vigore della legge n. 308 del 2005, col quale si è spressamente qualificata come delitto (elemento questo da cui deriva la durata del relativo termine prescrizionale pari non a 5 anni ma a 7 anni e 6 mesi) la violazione della disciplina paesaggistica laddove essa riguardi, come pacificamente si verifica nel caso in esame, una zona sottoposta a tutela ambientale dichiarata di notevole interesse pubblico per effetto di apposito provvedimento amministrativo.
 
Fondato è, viceversa, ma limitatamente alla posizione del solo Gagliolo il terzo motivo di impugnazione; con esso, infatti, il detto ricorrente lamenta il fatto che, sebbene il suo incarico di direttore dei lavori fosse cessato a decorrere dal 21 gennaio 2005, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto di tale circostanza in ordine alla sussistenza a suo carico della perdurante flagranza del reato anche relativamente ad epoca successiva.
 
Il motivo di impugnazione va accolto.
 
Come, infatti, è stato già chiarito da questa Corte, sebbene i reati previsti in tema di realizzazione di opere edilizie in assenza delle prescritte autorizzazioni, siano esse specificamente connesse alla normativa di tutela urbanistica ovvero siano riferite a quella a garanzia del patrimonio paesaggistico ed ambientale, devono essere qualificati come reati comuni e non come reati a soggettività ristretta, va precisato che siffatto principio cessa tuttavia di avere validità per quel che concerne la posizione del direttore dei lavori, per il quale deve, viceversa, ritenersi che la specifica qualifica rivestita sia elemento necessario ai fini della integrazione del reato, trattandosi, pertanto, limitatamente a tale soggetto, di un reato proprio (Corte di cassazione, Sezione III penale, 19 dicembre 2007, n. 47083).
 
Tanto considerato, osserva la Corte che appare non adeguatamente motivata la sentenza della Corte territoriale ligure nella parte in cui, pur essendo stato correttamente rilevato che costituisce, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del dPR n. 380 del 2001, fattore esimente la penale responsabilità del direttore dei lavori il fatto che questi abbia rinunziato all’incarico conferitogli dalla committenza dei lavori, segnalando contestualmente la irregolarità di questi, non si è, parimenti, rilevato che, essendo venuto meno l’incarico del Gagliolo di direttore dei lavori per effetto della intervenuta decadenza del permesso a costruire ai sensi dell’art. 15 del dPR n. 380 del 2001, la sua responsabilità non poteva essere collegata esclusivamente al mancato rispetto dei doveri di diligenza connessi alla qualifica, non più rivestita, di direttore dei lavori.
 
Sul punto, e limitatamente alla sola posizione del Gagliolo, la sentenza deve, pertanto, essere annullata (rimanendo assorbite le residue ragioni di impugnazione) con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Genova, che, alla luce di quanto ora riportato, rivaluterà gli estremi per la sussistenza della penale responsabilità del Gagliolo.
 
Vanno, invece, dichiarati inammissibili i residui motivi di impugnazione per ciò che concerne la posizione del Ricotta.
 
E’, infatti, evidente che ai fini della integrazione dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 181, comma 1-bis, del dlgs n. 42 del 2004 è sufficiente il dolo generico, sussistente ove l’agente, come segnalato dalla Corte ligure, non abbia dimostrato di avere convenientemente adempiuto al dovere di informarsi preventivamente circa l’eventuale assoggettamento a vincoli dell’area interessata dalla esecuzione delle opere in questione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 28 dicembre 2011, n. 48478).
 
Del tutto generiche, e pertanto inammissibili, sono le censure relative al trattamento sanzionatorio, così come inammissibile è la doglianza avente ad oggetto il difetto di motivazione riguardante la mancata concessione del beneficio della non menzione della sentenza di condanna.
 
Siffatta statuizione, infatti, non era stata oggetto di espressa impugnazione in sede di gravame, pertanto su di essa non vi era obbligo di motivazione da parte della Corte territoriale.
 
Così come manifestamente infondata è la doglianza avente ad oggetto la pretesa illegittimità della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi per il solo fatto che nelle more del giudizio l’immobile in questione sia stato ceduto a soggetti terzi rispetto alla commissione del reato.
 
La finalità della previsione che impone, in caso di condanna, la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato è, infatti, quella di rimuovere gli effetti dannosi che derivano dall’avvenuta commissione del reato; premesso che, pertanto, la sua funzione, ancorché indefettibilmente connessa all’avvenuto riscontro della penale responsabilità dell’agente, non è strettamente punitiva (come è evidenziato proprio dal fatto che alla sua realizzazione può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena) ma è volta, con scopo per quanto possibile risarcitorio del danno patito dal bene ambientale, alla cosiddetta restituito in integrum della situazione preesistente alla commissione del reato, la circostanza che il manufatto realizzato in assenza dei prescritti nullaosta paesaggistici sia stato ceduto a terzi, non avendo alcun effetto lenitivo del danno ambientale verificatosi, non costituisce impedimento alla efficacia dell’ordine di ripristino impartito ai sensi dell’art. 181, comma 2, del dlgs n. 42 del 2004 (sostanzialmente nello stesso senso: Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 aprile 2014, n. 16035).
 
Né vi è alcuna sovrapposizione di competenze fra la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all’avvenuta rimessione in pristino dello stato dei luoghi a cura del condannato e la previsione di cui all’art. 167 del dlgs n. 42 del 2004, posto che quest’ultima disposizione disciplina l’intervento solo surrogatorio della Autorità amministrativa nella restituzione allo status quo ante dei luoghi laddove il condannato (primario destinatario dell’ordine di ripristino di essi, indipendentemente dall’essere o meno detto ripristino condizione per la sospensione della esecuzione della pena) non abbia ottemperato ad esso.
 
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso presentato dal Ricotta segue la condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata per Gagliolo Silvano, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.
 
Dichiara inammissibile il ricorso di Ricotta Vincenzo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000.00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso in Roma, il 1 luglio 2015
 

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