Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 14806 | Data di udienza: 11 Gennaio 2018

RIFIUTI – Rottami ferrosi – Applicazione e deroga della disciplina dei rifiuti – Regolamento n.333/2011/UE – Artt. 184 bis e 256 D. Lgs. n. 152/2006 – Gestione dei rifiuti in assenza del prescritto titolo abilitativo – Attività di raccolta e trasporto in forma ambulante dei rifiuti prodotti da terzi – Deroga ex art. 266, c.5 d.lgs. n.152/2006 – Condizioni – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Speciale tenuità ex art. 131 bis cod. pen. – Reato continuato – Esclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2018
Numero: 14806
Data di udienza: 11 Gennaio 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: ANDREAZZA


Premassima

RIFIUTI – Rottami ferrosi – Applicazione e deroga della disciplina dei rifiuti – Regolamento n.333/2011/UE – Artt. 184 bis e 256 D. Lgs. n. 152/2006 – Gestione dei rifiuti in assenza del prescritto titolo abilitativo – Attività di raccolta e trasporto in forma ambulante dei rifiuti prodotti da terzi – Deroga ex art. 266, c.5 d.lgs. n.152/2006 – Condizioni – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Speciale tenuità ex art. 131 bis cod. pen. – Reato continuato – Esclusione.



Massima

 

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 04/04/2018, (Ud. 11/01/2018), Sentenza n.14806



RIFIUTI – Rottami ferrosi – Applicazione e deroga della disciplina dei rifiuti – Regolamento n.333/2011/UE – Artt. 184 bis e 256 D. Lgs. n. 152/2006.
 
I rottami ferrosi, anche a seguito dell’entrata in vigore del regolamento UE del 31 marzo 2011, n.333, rientrano nel campo d’applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria. Infatti, i predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte dei terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali avviandoli alle operazioni di recupero.
 

RIFIUTI – Gestione dei rifiuti in assenza del prescritto titolo abilitativo – Attività di raccolta e trasporto in forma ambulante dei rifiuti prodotti da terzi – Deroga ex art. 266, c.5 d.lgs. n.152/2006 – Condizioni – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Speciale tenuità ex art. 131 bis cod. pen. – Reato continuato – Esclusione.
 
La condotta sanzionata dall’art. 256, comma 1 d.lgs. n. 152 del 2006 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità. La deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152 del 2006 per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio. Inoltre, il reato continuato, è incompatibile con la speciale tenuità ex art. 131 bis cod. pen in relazione in particolare al parametro normativamente richiesto della non abitualità del comportamento.
 
 
(dich. inammissibile il ricorso avverso  sentenza del 26/01/2017 del TRIBUNALE di ASTI) Pres. RAMACCI, Rel. ANDREAZZA, Ric.  Manno 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 04/04/2018, (Ud. 11/01/2018), Sentenza n.14806

SENTENZA

 

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 04/04/2018, (Ud. 11/01/2018), Sentenza n.14806
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
sul ricorso proposto da MANNO DAVIDE nato il 18/07/1984 a ALBA;
 
avverso la sentenza del 26/01/2017 del TRIBUNALE di ASTI;
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;
 
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI che ha concluso per l’annullamento senza rinvio.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Il Tribunale di Asti, con sentenza emessa il 26/01/2017, ha dichiarato Manno Davide colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 1, del D. Lgs. n. 152 del 2006 in relazione all’effettuazione abusiva di attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi conferiti presso impianti di recupero come la ditta "Magifer Srl" e, per l’effetto, lo ha condannato alla pena di euro 4.000,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.
 
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello, qui trasmesso, l’imputato lamentando, con un primo motivo, l’inosservanza e/o, comunque, l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche penalmente rilevanti; deduce in particolare che i materiali oggetto dell’addebito sarebbero stati qualificabili non come rifiuti ma come sottoprodotti ex art. 184 bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e/o materiali riutilizzabili in quanto scarti di lavorazione edile, impiegati integralmente all’interno del processo di utilizzazione, non sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari ed aventi valore economico di mercato, con conseguente insussistenza del reato addebitato.
 
3. Con un secondo motivo deduce la mancanza e/o contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato sempre in relazione all’omessa considerazione del materiale come sottoprodotto e/o materiale riutilizzabile e non già come rifiuto e alla valutazione di condotta di "smaltimento" e non già di quella, contestata, di "raccolta" e "trasporto".
 
4. Con un terzo motivo deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale relativamente all’applicabilità della norma punitiva contestata all’attività di raccolta e trasporto rifiuti ambulante; lamenta in particolare che, successivamente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 311 del 2011, l’art.121 T.u.l.p.s. relativo alla necessità di licenza di p.s. per esercitare una serie di attività è stato abrogato e non sostituito da norme analoghe con conseguente liberalizzazione dell’attività ambulante e di trasporto e raccolta dei materiali e che l’art. 256, comma 1, cit. si riferisce alle sole attività poste in essere in forma imprenditoriale ed organizzata (mentre quella di specie è stata sporadica e saltuaria).
 
5. Con un quarto e quinto motivo, lamenta, con riferimento rispettivamente all’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e alla mancanza di motivazione, la mancata considerazione della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen., essendosi in particolare trattato di alcuni episodi per quantitativi di materiali modesti, depositati in un centro autorizzato, e per importi altrettanto modesti (pari ad euro 10.000) in un arco temporale notevole.
 
6. Con un sesto e settimo motivo lamenta, con riferimento rispettivamente alla violazione e/o erronea applicazione della legge penale e alla mancanza di motivazione, l’avvenuta attribuzione all’imputato della condotta effettuata sulla base di alcune fatture della Magifer S.r.l. intestate a tale Manno Davide senza il riscontro di alcun altro elemento non potendosi dunque escludere che il Manno Davide di cui a tali fatture (tra l’altro riportanti un indirizzo diverso da quello dell’imputato) sia soggetto diverso dallo stesso imputato.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il primo e secondo motivo, congiuntamente valutabili perché demandanti la medesima questione, sia pure sotto il diverso profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, sono manifestamente infondati.
 
Deve infatti ribadirsi quanto già costantemente enunciato da questa Corte circa il fatto che i rottami ferrosi, anche a seguito dell’entrata in vigore del regolamento UE del 31 marzo 2011, n.333, rientrano nel campo d’applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria (Sez. 3, n. 49982 del 09/04/2015, Reppucci, Rv. 265321). Infatti i predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte dei terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali avviandoli alle operazioni di recupero (Sez. 3, n. 35911 del 25/06/2008, Rolando Franco, Rv. 241092).
 
2. Anche il terzo motivo è manifestamente infondato, essendo sufficiente sul punto richiamare il contenuto della pronuncia di Sez. 3, n. 29992 del 24/6/2014, Lazzaro, Rv. 260266 all’esito della quale venivano formulati i seguenti principi di diritto, recepiti anche dalle successive pronunce di Sez. 3, n. 269/15 del 10/12/2014, P.M. in proc. Seferovic, Rv. 261959 e Sez. 3, n.34917 del 09/07/2015, P.M. in proc. Caccamo, Rv. 264822: «la condotta sanzionata dall’art. 256, comma 1 d.lgs. n. 152 del 2006 è riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del medesimo decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità» «la deroga prevista dall’art. 266, comma 5 d.lgs. n.152 del 2006 per l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio».
 
3. Parimenti manifestamente infondati sono il quarto e quinto motivo, evincendosi dalla sentenza l’espressa indicazione di dati (ovvero il conferimento in almeno 29 distinte occasioni di svariate tonnellate di rottami ferrosi per una somma superiore ai 40.000 euro) chiaramente incompatibili con la speciale tenuità ex art. 131 bis cod. pen in relazione in particolare al parametro normativamente richiesto della non abitualità del comportamento (nel senso infatti che anche il reato continuato configura una ipotesi di comportamento abituale ostativa al riconoscimento del beneficio, tra le tante, da ultima, Sez. 5, n. 48352 del 15/05/2017, P.G. in proc. Mogoreanu, Rv. 271271).
 
4. Il quinto e sesto motivo, aventi ad oggetto la medesima sostanziale censura, sono inammissibili concernendo l’aspetto, non sindacabile in questa sede, della valutazione del compendio probatorio tanto più a fronte di motivazione che dà correttamente ed esaustivamente conto dell’elemento rappresentato dalla emissione delle fatture della Magifer S.r.l. intestate a soggetto con nome e cognome e soprattutto con il medesimo codice fiscale dell’imputato sì che, a fronte di tali dati oggettivi ed indiscussi, si sarebbe dovuto, come logicamente sottolineato dalla sentenza impugnata, ipotizzare un furto di identità, nella specie relegabile ad ipotesi del tutto astratta e, dunque, anch’essa non deducibile.
 
5. In definitiva, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.
 

P.Q.M.
 
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.
 
Così deciso nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2018
 
 
 

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