Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto urbanistico - edilizia,
Pubblica amministrazione
Numero: 38853 |
Data di udienza: 5 Aprile 2017
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Modifica dei prospetti – Permesso a costruire – Necessità – Ristrutturazioni edilizie "minori" – Esclusione – C.d. super D.I.A. – Fattispecie: aperture, chiusura modifica di ingressi esterni, finestre balconi – Giurisprudenza – Artt. 22,23, 24, 27 d.p.r. 380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Dirigente – Rilascio del certificato agibilità – Abusi edilizi e verifica dei requisiti – Opere sottoposte a permesso di costruire – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Agosto 2017
Numero: 38853
Data di udienza: 5 Aprile 2017
Presidente: DI NICOLA
Estensore: RENOLDI
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Modifica dei prospetti – Permesso a costruire – Necessità – Ristrutturazioni edilizie "minori" – Esclusione – C.d. super D.I.A. – Fattispecie: aperture, chiusura modifica di ingressi esterni, finestre balconi – Giurisprudenza – Artt. 22,23, 24, 27 d.p.r. 380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Dirigente – Rilascio del certificato agibilità – Abusi edilizi e verifica dei requisiti – Opere sottoposte a permesso di costruire – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 04/08/2017 (ud. 05/04/2017), Sentenza n.38853
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Modifica dei prospetti – Permesso a costruire – Necessità – Ristrutturazioni edilizie "minori" – Esclusione – C.d. super D.I.A. – Fattispecie: aperture, chiusura modifica di ingressi esterni, finestre balconi – Giurisprudenza – Artt. 22,23, 24, 27 d.p.r. 380/2001.
L’esecuzione di interventi comportanti la modifica dei prospetti, non rientra nelle tipologie delle ristrutturazioni edilizie "minori" e come tale richiede il preventivo rilascio di permesso a costruire, non essendo sufficiente il mero rilascio della denuncia di inizio attività (Sez. 3, n. 30575 del 20/05/2014, dep. 11/07/2014, Limongi; Sez. 3, n. 38338 del 21/05/2013, dep. 18/09/2013, Cataldo; Sez. 3, n. 834/2009 del 4/12/2008 dep. 13/01/2009, P.M. in proc. Della Monica; Sez. 3, n. 1893/2007 del 14/12/2006, dep. 23/01/2007, Cristiano). Nella specie, il rilascio del permesso di costruire si imponeva, anche alla luce dell’art. 10 lett. h) del regolamento edilizio comunale, a mente del quale dovevano ritenersi assoggettate a licenza di costruzione le opere seguenti: "aperture, chiusura modifica di ingressi esterni, finestre balconi".
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Abuso d’ufficio – Dirigente – Rilascio del certificato agibilità – Abusi edilizi e verifica dei requisiti – Opere sottoposte a permesso di costruire – Giurisprudenza.
In ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo del delitto di abuso d’ufficio, la prova del dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie criminosa può essere desunta anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assumono rilievo l’evidenza, la reiterazione e la gravità delle violazioni, la competenza dell’agente, i rapporti fra quest’ultimo e il soggetto favorito, l’intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge (Sez. 3, n. 35577 del 6/04/2016, dep. 29/08/2016, Cella; Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, dep. 27/08/2014, Dragotta; Sez. 3, n. 48475 del 7/11/2013, dep. 4/12/2013, P.M. e P.C. in proc. Scaramazza e altri; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, dep. 17/05/2013, Baria e altri).
(riforma sentenza della CORTE DI APPELLO DI LECCE – sezione distaccata di Taranto in data 31/05/2016) Pres. DI NICOLA, Rel. RENOLDI, Ric. Zizzi ed altro
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 04/08/2017 (ud. 05/04/2017), Sentenza n.38853
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 04/08/2017 (ud. 05/04/2017), Sentenza n.38853
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Zizzi Bartolomeo, nato a Massafra il 4/11/1952,
Lillo Katiuscia, nata a Martina Franca in data 18/04/1981;
avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto in data 31/05/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale dott.ssa Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
udito, per i due imputati, l’avv. Donato Antonio Muschio Schiavone, il quale ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Bartolomeo Zizzi e Katiuscia Lillo erano stati tratti a giudizio, davanti al Tribunale di Taranto, per rispondere dei delitti, agli stessi contestati, previsti dagli artt. 110 e 323 cod. pen. (capo a), 110, 633 e 639-bis cod. pen. (capo b).
Secondo l’ipotesi accusatoria, in data 19/11/2010 Katiuscia Litio aveva presentato al comune di Martina Franca una O.I.A. per la realizzazione di una scala di sicurezza esterna, in ferro, a servizio del primo piano di un fabbricato sito nel territorio di quel comune ed adibito a pubblico esercizio, denominato Insomnia pub – pizzeria, di cui ella era titolare, omettendo di indicare, nelle relazioni tecniche, che la realizzazione della scala avrebbe comportato la trasformazione di una finestra in una porta costituente accesso di sicurezza al locale, con conseguente necessità, ai sensi dell’art. 10 del regolamento edilizio comunale, di conseguire il preventivo rilascio del permesso di costruire. La Lillo aveva, quindi, presentato, in data 24/12/2010, una O.I.A. in sanatoria, a seguito di un sopralluogo in data 22/12/2010 effettuato ad opera del personale del locale commissariato di P.S., che aveva poi trasmesso una nota di segnalazione delle irregolarità riscontrate, tra gli altri, anche al Settore sviluppo territoriale – Sportello unico per le imprese e l’edilizia del medesimo comune.
La pratica era stata vagliata da Bartolomeo Zizzi, dirigente di quel servizio, il quale, sempre secondo l’ipotesi di accusa, non si era attivato ai sensi dell’art. 23, comma 6 del d.p.r. n. 380 del 2001, consentendo che l’opera fosse ultimata, nonostante che egli avesse riscontrato, già al momento della presentazione degli elaborati tecnici, che la scala in ferro occupava stabilmente il marciapiede (e dunque il suolo pubblico), senza che la sua realizzazione fosse stata preceduta dal rilascio dell’autorizzazione, richiesta, tra l’altro, dall’art. 22, lett. d) del regolamento edilizio.
Inoltre, benché avesse riscontrato personalmente che l’intervento aveva comportato l’apertura di una porta in luogo di una finestra, la quale non era stata assentita, Zizzi aveva omesso di esercitare i prescritti poteri di vigilanza, violando l’art. 24 del predetto regolamento e l’art. 27 del d.p.r. 380 del 2001; ed in data 21/01/2011 egli aveva dichiarato agibile il predetto locale dopo aver effettuato un sopralluogo, con ulteriore inosservanza dell’art. 25, comma 2 del regolamento edilizio, che impediva il rilascio di tale dichiarazione in presenza di violazioni delle norme del regolamento in questione. In questo modo, Bartolomeo Zizzi, in concorso con la stessa Katiuscia Lillo, aveva commesso ripetute violazioni di legge e regolamentari, procurando intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale alla coimputata, consistito nel conseguimento della dichiarazione di agibilità da parte dello stesso Zizzi, nonché, dopo il rilascio del certificato di prevenzione antincendi in data 4/02/2011, della licenza di agibilità rilasciata il 9/02/2011 dal dirigente della Ripartizione VII – Attività produttive del comune di Martina Franca.
Inoltre, attraverso la menzionata installazione della scala metallica di sicurezza, poggiante in parte sul marciapiede e in parte sulla sede stradale a filo del marciapiede, Katiuscia Lillo aveva occupato stabilmente il suolo pubblico, con finalità di profitto consistente nell’aumento della capienza del pubblico esercizio di cui era titolare, agendo, secondo l’ufficio di procura, con il concorso di Zizzi, il quale nello svolgimento delle già richiamate funzioni pubbliche, aveva consentito l’illegittima occupazione, dapprima omettendo di porre in essere gli incombenti di cui all’art. 23, comma 6 del d.p.r. 380 del 2001 e, quindi, rilasciando il certificato di agibilità del locale.
1.1. Con sentenza in data 27/01/2014, il Tribunale di Taranto aveva sostanzialmente riconosciuto la fondatezza dell’ipotesi accusatoria ed aveva conseguentemente affermato la responsabilità di entrambi gli imputati in relazione ai delitti agli stessi ascritti, unificati dal vincolo della continuazione, e, con le attenuanti generiche, li aveva condannati alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione ciascuno, oltre che al risarcimento del danno, in solido tra loro, a favore della parte civile costituita, individuata nel comune di Martina Franca.
2. Con successiva sentenza in data 31/05/2016, la Corte di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto confermò integralmente la pronuncia di primo grado.
3. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo del difensore fiduciario, articolando la loro impugnazione attraverso distinti atti, i cui contenuti sono, nondimeno, sostanzialmente coincidenti, sicché ne è possibile una esposizione congiunta, alla quale si procede, di seguito, nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
3.1. Con un primo motivo di impugnazione, i ricorrenti denunciano, ex art. 606, comma 1, lett. B), C) ed E), cod. proc. pen., l’inosservanza della legge penale e l’erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento oggettivo del delitto di cui all’art. 323 cod. pen.. Sotto un primo profilo, non sarebbe stata configurabile, nella specie, alcuna illegittimità della sequenza di atti amministrativi, tenuto conto che si sarebbe potuto procedere all’apertura della porta, trattandosi di ristrutturazione edilizia "minore", attraverso lo strumento della cd. super-D.I.A. ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. a) del d.p.r. n. 380 del 2001, sicché avrebbe dovuto escludersi qualunque violazione del regolamento edilizio, così come qualunque irregolarità nel rilascio del certificato di agibilità, anche considerato che il sopralluogo compiuto da Zizzi era stato eseguito unicamente in vista della verifica dei requisiti di igiene e di salubrità del locale ovvero con finalità del tutto diverse dalla repressione degli abusi edilizi. Sotto altro aspetto, si deduce che il sopralluogo sarebbe stato eseguito dallo stesso Zizzi in data 18 e 21 gennaio 2011 e, dunque, quando i lavori erano ormai ultimati, sicché l’imputato non avrebbe potuto ordinare alcuna sospensione degli stessi; fermo restando che a seguito della presentazione della O.I.A. in sanatoria non si sarebbe potuto procedere, in ogni caso, ad alcuna sospensione dell’attività edilizia. Ancora: l’imputato avrebbe assunto le funzioni di responsabile dello Sportello unico per l’edilizia del comune di Martina Franca a seguito di decreto sindacale del 31/12/2010 e, pertanto, non avrebbe avuto il tempo materiale per poter avere effettiva contezza della complessa situazione relativa alla pratica amministrativa della Lillo, anche considerando che i lavori sarebbero stati ultimati dopo soli 18 giorni. Ed inoltre le relazioni tecniche allegate alla D.I.A. non avrebbero fatto menzione della trasformazione della finestra in porta. Infine, la sentenza avrebbe sottovalutato la circostanza che il vantaggio patrimoniale della Lillo, individuato nell’ampliamento della capacità ricettiva del locale, non sarebbe derivato dal solo conseguimento della dichiarazione di agibilità da parte di Zizzi, ma anche dal rilascio del parere della Commissione di vigilanza e della licenza di agibilità adottata dal dirigente dell’Ufficio delle attività produttive.
3.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B), C) ed E), cod. proc. pen., l’inosservanza della legge penale e l’erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo del delitto di abuso d’ufficio. Sotto un primo profilo infatti, la sentenza avrebbe affermato l’esistenza del dolo intenzionale attraverso un apodittico riferimento ad una asserita macroscopicità delle violazioni, alla mancata replica da parte di Zizzi alla informativa del Commissariato di P.S. del 10/02/2011 nonché al carattere asseritamente ravvicinato della concatenazione di atti amministrativi. In questo modo, però, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto di una serie di indici, individuati dalla giurisprudenza di legittimità, in relazione a tale elemento di fattispecie, con riferimento alla competenza professionale del pubblico ufficiale, alla motivazione del provvedimento asseritamente illegittimo nonché all’esistenza di rapporti interpersonali tra i coimputati, sicché la sentenza sarebbe gravemente carente sul piano logico-argomentativo. Tanto più che la macroscopicità della violazione sarebbe stata contraddetta dal fatto che altri soggetti istituzionali – dalla Commissione di vigilanza agli organi preposti al rilascio della certificazione antincendi, allo stesso dirigente dell’Ufficio per le attività produttive – non avevano rilevato le suddette violazioni. Quanto, poi, al dato relativo al carattere asseritamente ravvicinato della concatenazione di atti amministrativi, esso non sarebbe stato significativo, quantomeno in assenza di una dimostrazione dell’esistenza di un accordo collusivo.
3.3. Infine, con il terzo motivo, i due imputati censurano, con riferimento al delitto contestato al capo B), la sussistenza del requisito della arbitrarietà dell’occupazione avuto riguardo al provvedimento di sanatoria ottenuta a partire dal 2004 e all’assenza di volontà di negare la proprietà pubblica del suolo occupato, sicché non sarebbe stata dimostrata l’esistenza del dolo specifico richiesto, tanto più che il mancato pagamento della relativa tassa, posto in luce dai giudici di merito, rileverebbe unicamente a fini civilistici o amministrativistici. Quanto, poi, alla posizione di Zizzi, non sarebbe stato dimostrato che egli avesse una effettiva posizione di garanzia in relazione alla materia del suolo pubblico, le cui competenze sarebbero spettate al Comando dei Vigili Urbani, né che tra il rilascio del certificato di agibilità e la condotta contestata esistesse alcun nesso giuridico e fattuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono solo parzialmente fondati e, dunque, devono essere accolti per quanto di ragione.
2. Muovendo dal primo motivo di censura, con il quale i ricorrenti si dolgono di una serie di profili concernenti la ritenuta illegittimità degli atti amministrativi emessi da Bartolomeo Zizzi, giova preliminarmente rilevare l’infondatezza della tesi difensiva secondo cui l’intervento edilizio de quo, consistito nella realizzazione, in luogo di una finestra, di una porta di accesso/uscita al primo piano, protetta da un anta in metallo e pennellatura in vetro, posta a circa due metri di altezza dalla sede stradale, avrebbe potuto essere eseguito attraverso una super-D.I.A. ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. a) del d.p.r. n. 380 del 2001.
Infatti, secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, l’esecuzione di interventi comportanti, come nel caso in esame, la modifica dei prospetti, non rientra nelle tipologie delle ristrutturazioni edilizie "minori" e come tale richiede il preventivo rilascio di permesso a costruire, non essendo sufficiente il mero rilascio della denuncia di inizio attività (Sez. 3, n. 30575 del 20/05/2014, dep. 11/07/2014, Limongi, Rv. 259905; Sez. 3, n. 38338 del 21/05/2013, dep. 18/09/2013, Cataldo, Rv. 256381; Sez. 3, n. 834/2009 del 4/12/2008 dep. 13/01/2009, P.M. in proc. Della Monica, Rv. 242160; Sez. 3, n. 1893/2007 del 14/12/2006, dep. 23/01/2007, Cristiano, Rv. 235871). Rilascio del permesso di costruire che, nel caso di specie, si imponeva, secondo quanto correttamente riferito dalle sentenze di merito, anche alla luce dell’art. 10 lett. h) del regolamento edilizio comunale, a mente del quale dovevano ritenersi assoggettate a licenza di costruzione le opere seguenti: "aperture, chiusura modifica di ingressi esterni, finestre balconi".
Ora, secondo quanto puntualmente posto in evidenza dai giudici di merito, in base all’art. 25, comma 2, del regolamento edilizio, Zizzi non avrebbe potuto rilasciare la dichiarazione di agibilità in considerazione dell’avvenuta violazione delle norme contenute in detto regolamento. Violazione che, come si dirà, era stata, altresì, realizzata attraverso la realizzazione di un’occupazione del suolo pubblico in assenza della relativa autorizzazione comunale (v. infra§ 4.1).
Del tutto correttamente, dunque, i giudici di merito hanno rinvenuto, nella situazione sopra descritta, plurime violazioni della normativa edilizia suscettibili di integrare la condotta tipica del delitto contestato al capo A), essendo state realizzate, le opere menzionate, in assenza del permesso di costruire ed avendo il progettista, arch. Evasio Montanaro, attestato che la realizzazione della porta era stata eseguita senza il suo consenso e dovendo, quindi, ritenersi che l’intervento illegittimo fosse avvenuto su specifico incarico della Lillo; ed essendo stato da Zizzi rilasciato, in maniera anch’essa palesemente illegittima, il certificato di agibilità, peraltro il giorno stesso del sopralluogo, in data 21/01/2011, dopo che l’imputato aveva ricevuto, il 10/01/2011, una segnalazione da parte del locale commissariato di P.S. nella quale venivano riferite le violazioni della disciplina edilizia. In particolare, proprio il rilascio della dichiarazione di agibilità del locale è stato individuato dai giudici di merito, con apprezzamento immune da censure di tipo logico, come il determinante elemento della sequenza causale che consentì la produzione del risultato offensivo tipizzato dalla norma incriminatrice, la quale fa riferimento al procurare, attraverso la condotta abusiva, un "ingiusto vantaggio patrimoniale". Per effetto del rilascio della dichiarazione di agibilità, infatti, erano stati emessi, dapprima il certificato di prevenzione incendi e, quindi, dopo la revoca del sequestro preventivo del locale, ad opera del dirigente comunale preposto al Settore delle attività produttive, la licenza di agibilità dell’esercizio, la quale aveva determinato un accrescimento della sfera giuridico-patrimoniale della Lillo conseguente all’incremento della capacità ricettiva del locale, fino a 120 persone, e, corrispondentemente, del suo valore economico.
Quanto appena riportato è certamente sufficiente, a parere di questo Collegio, per ritenere integrata la piattaforma oggettiva del delitto contestato al capo a), benché non possa condividersi l’ulteriore ricostruzione, compiuta dai giudici di merito, secondo cui la condotta illecita di Zizzi sarebbe consistita in ulteriori segmenti, di natura prettamente omissiva, riconducibili, innanzitutto, al mancato esercizio del potere/dovere di sospensione dei lavori previsto dall’art. 27, comma 3, del d.p.r. 380 del 2001, atteso che, secondo quanto si evince dalle stesse pronunce di merito, oltre che dalla documentazione prodotta dai ricorrenti, alla data del sopralluogo da parte dell’imputato, il 21/01/2011, i lavori erano ormai conclusi, essendo stata attestata la loro ultimazione in data 18/01/2011. E ad analoga osservazione critica deve, poi, pervenirsi con riferimento alla omessa attivazione dei poteri officiasi previsti dall’art. 23, comma 6 del d.p.r. n. 380 del 2001, a mente del quale "il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1", ovvero almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori, "sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza". Anche in tal caso, deve, infatti, osservarsi che secondo quanto emerso dalla documentazione versata in atti, Zizzi aveva assunto l’incarico di responsabile dello Sportello unico per l’edilizia soltanto in data 31/12/2010, sicché, diversamente da quanto sostenuto dai giudici di merito, egli non era stato assolutamente nelle condizioni, da un punto di vista giuridico-fattuale, di esercitare, nei 30 giorni precedenti l’effettivo inizio dei lavori, alcuno dei poteri inibitori connessi alle funzioni di responsabile dello Sportello Unico.
Sulla base di quanto precede, il primo motivo di impugnazione deve ritenersi, complessivamente non fondato, pur con le puntualizzazioni da ultimo rassegnate che circoscrivono l’ambito del fatto penalmente rilevante ad alcune soltanto delle condotte indicate nell’imputazione.
3. Venendo, quindi, al secondo motivo di doglianza, con il quale è stato dedotto il vizio di violazione di legge e di motivazione in ordine alla configurabilità dell’elemento soggettivo del delitto di abuso d’ufficio, deve preliminarmente richiamarsi il consolidato indirizzo interpretativo secondo cui la prova del dolo intenzionale, che qualifica la fattispecie criminosa in esame, può essere desunta anche da una serie di indici fattuali, tra i quali assumono rilievo l’evidenza, la reiterazione e la gravità delle violazioni, la competenza dell’agente, i rapporti fra quest’ultimo e il soggetto favorito, l’intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge (Sez. 3, n. 35577 del 6/04/2016, dep. 29/08/2016, Cella, Rv. 267633; Sez. 6, n. 36179 del 15/04/2014, dep. 27/08/2014, Dragotta, Rv. 260233; Sez. 3, n. 48475 del 7/11/2013, dep. 4/12/2013, P.M. e P.C. in proc. Scaramazza e altri, Rv. 258290; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, dep. 17/05/2013, Baria e altri, Rv. 255368).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno adeguatamente dato conto del fatto che una serie cospicua di elementi di fatto dovevano essere ritenuti indicativi dell’esistenza di un accordo collusivo tra i due imputati, che sebbene non dimostrato alla stregua di un accertato preesistente rapporto personale tra essi, doveva ritenersi configurabile, secondo i comuni dettami della logica, sulla base di un ragionamento inferenziale articolato a partire da circostanze di inequivoca valenza dimostrativa: dalla macroscopicità delle violazioni, che non potevano essere ignote a Bartolomeo Zizzi in specie dopo la ricezione della nota informativa del locale commissariato di P.S. oltre che dalla personale visione dello stato dei luoghi, alla rapidità con la quale, egli aveva adottato la dichiarazione di agibilità, ovvero lo stesso giorno del sopralluogo, ovvero il giorno successivo alla presentazione della formale richiesta da parte della Lillo.
A fronte di un apparato logico-argomentativo che costruisce il ragionamento probatorio alla stregua di passaggi coerenti e privi di smagliature del tessuto logico, i ricorrenti si sono limitati per un verso a dedurre una non necessaria sussistenza di tutti gli indici rivelatori del dolo intenzionale e, per altro verso, controdedurre una diversa "lettura" del materiale probatorio e, quindi, a formulare differenti ipotesi ricostruttive rispetto agli eventi accertati. Tale operazione è, tuttavia, notoriamente preclusa al giudice di legittimità, che deve limitarsi a vagliare la tenuta logica del ragionamento probatorio proposto, senza poter scegliere tra differenti ipotesi di interpretazione degli accadimenti e delle prove che li concernono; scelta che appartiene alla esclusiva cognizione del giudice di merito. Così è per l’affermazione secondo cui la rapidità della risposta offerta da Zizzi all’istanza di rilascio della dichiarazione di agibilità, ritenuta espressione di una azione amministrativa ispirata ad efficienza; e così è anche per l’argomento, pur suggestivo, secondo cui violazioni ritenute macroscopiche non erano state rilevate da altri organi amministrativi chiamati a pronunciarsi in altre fasi procedimentali e in relazione ad altre richieste di atti amministrativi.
Sulla base di quanto osservato, anche il secondo motivo di ricorso deve, pertanto, ritenersi infondato.
4. Con il terzo motivo di doglianza i ricorrenti deducono l’insussistenza del delitto contestato al capo B), sotto il duplice profilo della non arbitrarietà dell’occupazione del suolo pubblico e della mancanza della finalità di profitto della condotta de qua. In tali termini, però, le censure sono infondate, salvo quanto si osserverà in relazione alla specifica posizione di Bartolomeo Zizzi, in relazione al quale deve essere esclusa ogni ipotesi di responsabilità.
4.1. Sotto un primo profilo, va sostanzialmente condivisa la ricostruzione giuridico-fattuale compiuta dal giudici di merito in relazione alla configurabilità della condotta materiale di occupazione arbitraria del suolo pubblico. Non contestata la circostanza che la scala in metallo fosse stata stabilmente collocata in parte sul marciapiede e in parte sulla carreggiata, rendendo il passaggio completamente interdetto ai pedoni (v. pag. 2 della sentenza di appello), i ricorrenti censurano l’affermazione dei giudici di merito secondo cui l’occupazione, a seguito dalla successiva sanatoria, sarebbe diventata pienamente legittima e, dunque, non arbitraria.
Osserva, nondimeno, il Collegio che la condotta occupativa, da ritenersi pacificamente arbitraria ovvero realizzata contra jus in quanto non assistita da alcun provvedimento autorizzativo valido ed efficace rilasciato, prima dell’inizio dell’occupazione, ex art. 22 lett. d) del regolamento edilizio comunale (secondo cui sono soggette ad autorizzazione "le occupazioni di suolo pubblico"), non può certo essere scriminata ex post attraverso il perfezionamento di un procedimento in sanatoria, al quale, in assenza di una espressa previsione normativa, non può attribuirsi alcuna efficacia estintiva del reato, quanto piuttosto quella di escludere la tipicità della condotta in relazione al periodo successivo al rilascio, in data 12/12/2011, del provvedimento concessorio.
4.2. Quanto, poi, all’elemento soggettivo, deve innanzitutto sottolinearsi come i giudici di merito abbiano puntualmente motivato in relazione alla piena consapevolezza della Litio in ordine al carattere arbitrario della occupazione del suolo comunale, avendo l’imputata presentato, in data 14/02/2011, dopo la revoca del sequestro preventivo del locale, una richiesta diretta a conseguire l’autorizzazione all’occupazione del suolo pubblico, peraltro dichiarata improcedibile in considerazione delle irregolarità riscontrate nella realizzazione delle opere.
Con riferimento, inoltre, al dolo specifico, consistente nella finalizzazione della condotta tipica nell’occupazione della res ovvero nel "trarne altrimenti profitto", ritiene il Collegio che quando, come nella specie, la condotta consista nell’occupare sine titulo un’area pubblica, il vantaggio che si persegue sia chiaramente insito nella occupazione del bene altrui, sicché l’elemento soggettivo finisce per identificarsi nella rappresentazione e volizione della stessa condotta occupativa, rappresentando il fine di profitto una ulteriore, ma non indispensabile, evenienza, in ogni caso da identificarsi in qualunque utilità economica che possa aliunde scaturire dalla condotta.
Nel caso di specie, peraltro, con ragionamento del tutto logico, i giudici di merito hanno sottolineato come tale utilità dovesse ravvisarsi nell’incremento della capacità ricettiva dell’esercizio pubblico; risultato al quale era chiaramente preordinata la menzionata condotta occupativa ascritta a Katiuscia Lillo, sicché nei confronti dell’imputata il reato contestato risulta, conclusivamente, integrato in tutti i suoi elementi.
4.3. A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi con riferimento alla posizione di Bartolomeo Zizzi, la cui responsabilità concorsuale è stata affermata dapprima in relazione a una condotta omissiva, consistente nel mancato adempimento degli incombenti di cui all’art. 23, comma 6 del d.p.r. 380 del 2001 e, in un secondo momento, in relazione al rilascio del certificato di agibilità del locale (v. pagg. 8 e 9 della sentenza di appello).
4.3.1. Sotto il primo profilo, richiamato quanto già in precedenza argomentato in relazione all’elemento oggettivo del delitto di abuso d’ufficio, è appena il caso di osservare che nessun rapporto di causalità può ravvisarsi tra una supposta violazione dell’obbligo di attivare, nei 30 giorni precedenti l’inizio delle opere, i poteri inibitori del responsabile dello Sportello unico per l’edilizia e la realizzazione della scala in metallo, considerato che al momento dell’inizio dei lavori, e fino al 31/12/2010, Zizzi non aveva ancora acquisito alcun ruolo formale come responsabile dello Sportello unico e che, dunque, nessuna relazione eziologica avrebbe potuto configurarsi tra tale condotta omissiva e l’illecita occupazione del suolo pubblico.
4.3.2. Quanto, infine, al rilascio del certificato di agibilità dell’esercizio pubblico della Lillo, deve osservarsi che tale attività non può correttamente ricondursi ad un rapporto di derivazione causale rispetto alla condotta occupativa, la quale era pacificamente già iniziata all’epoca della adozione del suddetto atto formale, avvenuta dopo il sopralluogo del 21/01/2011, senza che possa ad essa riconoscersi, sul piano logico-fattuale, alcuna capacità di determinare il protrarsi della situazione offensiva, attenendo l’agibilità dell’esercizio pubblico ad un profilo del tutto indipendente rispetto alla realizzazione dell’intervento edilizio su un’area pubblica e in assenza della relativa autorizzazione.
4.4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, anche il terzo motivo di ricorso dedotto da Katiuscia Lillo deve essere rigettato siccome infondato, mentre il medesimo deve essere accolto con riferimento alla posizione di Zizzi, con conseguente annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata relativamente al delitto contestato al capo b), per non avere l’imputato commesso il fatto. Ne consegue che deve procedersi alla eliminazione del trattamento sanzionatorio applicato allo stesso Zizzi in relazione alla suddetta violazione, che era stato dai giudici di merito determinato, in sede di aumento per la continuazione, nella misura di due mesi di reclusione.
5. La sentenza impugnata deve, infine, essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Lecce limitatamente al trattamento sanzionatorio applicato ad entrambi gli imputati con riferimento al capo A), onde consentire al giudice di merito di valutare l’eventuale incidenza sulla pena da infliggere per tale delitto, della ritenuta esclusione di atti espressivi di un accordo collusivo tra i due imputati fino al momento del sopralluogo eseguito da Bartolomeo Zizzi in data 21/01/2011.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento alla posizione di Zizzi Bartolomeo limitatamente al reato di cui al capo b) per non aver commesso il fatto ed elimina la relativa pena di mesi due di reclusione e con rinvio alla Corte di appello di Lecce per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per il reato di cui al capo a) in ordine alla posizione di entrambi i ricorrenti.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Roma, il 5/04/2017