Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 37168 | Data di udienza: 9 Giugno 2016

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Fresato d’asfalto provenienti da escavazione o demolizione stradale – Rifiuti speciali – Tutela ambientale – Esclusione dalla categoria terre e rocce da scavo – Artt. 184 bis e 256 d.lgs. n.152/2006DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di legittimità – Travisamento del fatto – Esclusione – Art. 606, lett. e), cod. proc. pen. – Determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale – Poteri discrezionali del giudice di merito – Ricorso in cassazione – Limiti.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Settembre 2016
Numero: 37168
Data di udienza: 9 Giugno 2016
Presidente: AMORESANO
Estensore: Manzon


Premassima

* CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Fresato d’asfalto provenienti da escavazione o demolizione stradale – Rifiuti speciali – Tutela ambientale – Esclusione dalla categoria terre e rocce da scavo – Artt. 184 bis e 256 d.lgs. n.152/2006DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di legittimità – Travisamento del fatto – Esclusione – Art. 606, lett. e), cod. proc. pen. – Determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale – Poteri discrezionali del giudice di merito – Ricorso in cassazione – Limiti.



Massima

 

 



CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/09/2016 (ud. 09/06/2016) Sentenza n.37168 


CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Fresato d’asfalto provenienti da escavazione o demolizione stradale – Rifiuti speciali – Tutela ambientale – Esclusione dalla categoria terre e rocce da scavo – Artt. 184 bis e 256 d.lgs. n.152/2006.
 
In tema di tutela dell’ambiente, i materiali bituminosi provenienti da escavazione o demolizione stradale non sono riconducibili all’interno della categoria delle rocce e terre da scavo, neanche dopo l’entrata in vigore degli artt. 41 e 41 bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in legge 9 agosto 2013, n. 98, atteso che essi non sono costituiti da materiali naturali, ma provengono dalla lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di legittimità – Travisamento del fatto – Esclusione – Art. 606, lett. e), cod. proc. pen..
 
Anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile i nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. 
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale – Poteri discrezionali del giudice di merito – Ricorso in cassazione – Limiti.
 
La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.. 
 

(conferma sentenza del 25/07 /2014 del TRIBUNALE DI FIRENZE) Pres. AMORESANO, Rel. MANZON, Ric. Bindi
 
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/09/2016 (ud. 09/06/2016) Sentenza n.37168

SENTENZA

 

 
 
 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 07/09/2016 (ud. 09/06/2016) Sentenza n.37168 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto da Bindi Roberto nato a Bucine il 09/11/1938;
– avverso la sentenza del 25/07 /2014 del Tribunale di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
– udito per l’imputato l’avv. Simona Carloni, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza in data 25 luglio 2014 il Tribunale di Firenze, nella parte che qui rileva, condannava Roberto Bindi alla pena di euro 12.000 di ammenda per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 256, comma 4, d.lgs. 152/2006 (capo B), 81 cpv., 256, comma 1, lett. a), comma 2, d.lgs. 152/2006 (capo C). Il primo giudice rilevava in particolare che ai materiali oggetto delle contestazioni non potesse attribuirsi qualità di “sottoprodotto”, come in tesi difensiva, bensì di “rifiuto speciale”, come in tesi di accusa, e che così considerati se ne fossero detenuti dalla Bindi spa, di cui l’imputato condannato era il legale rappresentante, in misura eccedente l’autorizzazione amministrativa correlativa, ancorchè non realizzandosi una discarica abusiva, bensì soltanto un “deposito incontrollato”. 
 
2. Contro la decisione, tramite il difensore fiduciario, ha proposto ricorso per cassazione il Bindi deducendo quattro motivi.
 
2.1 Con un primo motivo lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla qualificazione dei materiali in oggetto non come “sottoprodotto”, bensì come “rifiuti speciali”.
 
2.2 Con un secondo motivo si duole di violazione di legge e vizio della motivazione relativamente all’ affermato superamento delle soglie quantitative previste dalla autorizzazione amministrativa.
 
2.3 Con una terza censura denunzia violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla qualifica dell’accumulo di detti materiali come “deposito temporaneo” incontrollato.
 
2.4 Con un quarto motivo lamenta violazione di legge in relazione alla determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è infondato.
 
2. Pacifico in fatto che si tratti di “fresato di asfalto” riveniente da lavori di manutenzione stradale, con il primo motivo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia erroneamente applicato la norma incriminatrice evocata al capo B della rubrica (artt. 81 cpv., 256, comma 4, d.lgs. 152/2006), affermando che i materiali de quibus siano “rifiuti” e non “sottoprodotti” come previsto dall’art. 184 bis, d.lgs. 152/2006; deduce altresì che la motivazione su tale punto decisionale sia comunque macante/contraddittoria.
 
La censura è infondata.
 
In via dirimente ed assorbente il Collegio intende ribadire e dare seguito all’ indirizzo giurisprudenziale di questa Corte che «In tema di tutela dell’ambiente, i materiali bituminosi provenienti da escavazione o demolizione stradale non sono riconducibili all’interno della categoria delle rocce e terre da scavo, neanche dopo l’entrata in vigore degli artt. 41 e 41 bis del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. in legge 9 agosto 2013, n. 98, atteso che essi non sono costituiti da materiali naturali, ma provengono dalla lavorazione del petrolio e presentano un evidente potere di contaminazione» (v. Sez. 3, n. 46227 del 23/10/2013, Bruno, Rv. 258289).
 
Tale principio di diritto è stato correttamente applicato dalla decisione della Corte d’appello fiorentina, la quale con adeguata e logicamente ineccepibile motivazione ha chiarito in fatto e nel merito perché, concretamente, i materiali rivenuti presso la Bindi spa non potessero considerarsi “sottoprodotti”, bensì appunto “rifiuti speciali”. La Corte territoriale puntualmente ha rilevato che nessuna delle condizioni previste dall’art. 184 bis, comma 1, lett. a/d, d.lgs. 152/2006 potevasi riscontrare nel caso di specie ed in particolare quella di cui alla lett. a), trattandosi di impresa  che ha anche come oggetto la produzione del fresato, quella di cui alla lett. b), poiché incerto il concreto riutilizzo del fresato stesso, quella di cui alla lett. c), in quanto il materiale di recupero dalle manutenzioni stradali era sicuramente rilavorato nello stabilimento della Bindi, quello di cui alla lett. d), poiché il processo produttivo presso la Bindi non dava le garanzie richieste a tutela dell’ambiente e della salute umana.
 
Oltre tali, essenziali, considerazioni questa Corte in ogni caso non può andare, seguendo il percorso argomentativo della censura in esame, trattandosi di valutazioni meritali che le sono precluse.
 
3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’accertamento dei quantitativi di materiale effettivamente trattati dalla Bindi spa.
 
La censura è inammissibile, poiché chiaramente implica considerazioni valutative delle fonti probatorie che pacificamente non pertengono al giudizio di legittimità, secondo il principio che «Anche a seguito della modifica apportata all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile i nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito» (tra le molte, Sez.6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
 
4. Per la stessa ragione va rilevata l’inammissibilità del terzo motivo, con il quale si duole il ricorrente di violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla affermazione di “abbandono incontrollato” del deposito di materiali di cui al capo C della rubrica.
 
Peraltro si deve anche osservare che, essendo pacifico in fatto che il deposito de quo fosse situato al di fuori dell’area produttiva della Bindi spa, per ciò stesso risulta adeguata e logica l’affermazione del giudice di merito che si tratta di un deposito “incontrollato”.
 
5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione alla determinazione della pena, affermandone l’eccessività.
 
Il motivo è infondato.
 
Basti considerare che il giudice di merito ha irrogato la pena pecuniaria, in alternativa a quella detentiva, partendo da una pena base assai prossima al “medio edittale”, il che, per giurisprudenza di legittimità pacifica, rende insindacabile il punto decisionale in questa sede, secondo il principio che «La determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.» (tra le molte, Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197).
 
6. Il ricorso va dunque rigettato ed il ricorrente dev’essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 09/06/2016
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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