RIFIUTI – Attivita’ di gestione di rifiuti non autorizzata – Rifiuti contenenti olio – Trasporto non autorizzato di olio contenuto in bidoni – Attività reiterata nel tempo non occasionale – Art. 6, c.1, lett. d), d.l. n. 172/2008, conv. con mod., dalla L. n.210/2008 – Reato di trasporto abusivo di rifiuti pericolosi – Configurabilità – Art. 256 e All. D d.lgs. n. 152/2006 – Condotte illecite di gestione dei rifiuti – Provvedimento dichiarativo dello stato di emergenza – Calabria – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di cassazione – Preclusione della rilettura degli elementi di fatto.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Dicembre 2018
Numero: 54704
Data di udienza: 13 Novembre 2018
Presidente: ANDREAZZA
Estensore: REYNAUD
Premassima
RIFIUTI – Attivita’ di gestione di rifiuti non autorizzata – Rifiuti contenenti olio – Trasporto non autorizzato di olio contenuto in bidoni – Attività reiterata nel tempo non occasionale – Art. 6, c.1, lett. d), d.l. n. 172/2008, conv. con mod., dalla L. n.210/2008 – Reato di trasporto abusivo di rifiuti pericolosi – Configurabilità – Art. 256 e All. D d.lgs. n. 152/2006 – Condotte illecite di gestione dei rifiuti – Provvedimento dichiarativo dello stato di emergenza – Calabria – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Corte di cassazione – Preclusione della rilettura degli elementi di fatto.
Massima
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 07/12/2018 (Ud. 13/11/2018), Sentenza n.54704SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 07/12/2018 (Ud. 13/11/2018), Sentenza n.54704
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1)- Cirullo Luca, nato a Cassano allo Ionio;
2)- Cirullo Antonio, nato a Cassano allo Ionio;
avverso la sentenza del 12/12/2017 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonietta Picardi, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Paola Landriani in sostituzione dell’avv. Cristofaro Salerno, che ha concluso chiedendo l’accoglimento delle conclusioni del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 12 dicembre 2017, la Corte d’appello di Catanzaro, giudicando sull’appello proposto dagli odierni ricorrenti, ha confermato la sentenza che li aveva ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. d), decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, per avere trasportato rifiuti pericolosi in mancanza del prescritto titolo abilitativo.
2. Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore di fiducia, hanno proposto ricorso Antonio Cirullo e Luca Cirullo, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3. Con un primo motivo, comune, i ricorrenti lamentano violazione di legge con riguardo all’acquisizione al fascicolo del dibattimento della comunicazione notizia di reato, con gli allegati, redatta dai Carabinieri.
4. Con il secondo motivo, parimenti comune, si deduce violazione di legge in relazione alla mancanza di prova dell’elemento soggettivo e dell’incolpevole ignoranza della speciale norma incriminatrice, essendo soltanto da poco stato deliberato lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nel territorio della Regione Calabria.
5. Con un terzo motivo comune, i ricorrenti lamentano la mancanza di prova circa la natura di rifiuti pericolosi di quelli nella specie trasportati, essendo stata la prova ricavata soltanto dalle equivoche dichiarazioni rese dai Carabinieri escussi come testimoni, senza che fosse stata accolta la richiesta di rinnovazione dell’istruzione per disporre sul punto perizia.
6. Con un ulteriore motivo, il solo ricorrente Luca Cirullo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per aver la Corte territoriale illogicamente negato attendibilità alle dichiarazioni rese dal coimputato circa la propria estraneità al reato ascritto, essendosi quest’ultimo limitato a dargli un passaggio sul camioncino.
7. I ricorsi sono inammissibili e possono essere decisi con sentenza a motivazione semplificata.
7.1. Il primo motivo è assolutamente generico, posto che i ricorrenti non indicano quali elementi di prova sarebbero stati tratti dalla c.n.r. illegittimamente inserita nel fascicolo del dibattimento e ciò benché la sentenza impugnata – respingendo per irrilevanza l’identica censura dedotta con i motivi di appello – attesti che la stessa non era stata utilizzata a fini di prova, emergendo questa dalle deposizioni testimoniali dei militari operanti.
7.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
E’ pacifico che le condotte di gestione dei rifiuti di cui all’art. 6 del d.l. n. 172 del 2008, convertito in L. n. 210 del 2008, hanno rilievo in quelle parti del territorio nazionale destinatarie della dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi della L. n. 225 del 1992 (Sez. 3, n. 15630 del 21/02/2013, Messina, Rv. 255251) e non è neppure contestato che, nella regione Calabria, il provvedimento dichiarativo dello stato di emergenza, adottato ai sensi dell’art. 5 legge 24 febbraio 1992, n. 285, è stato da ultimo prorogato sino al 31 dicembre 2011 con d.p.c.m. 17 dicembre 2010, sicché la speciale disciplina normativa in parola era da tempo applicabile in
Calabria al momento dei fatti (6 ottobre 2011). Con motivazione assolutamente logica, tenendo anche conto del fatto che Antonio Cirullo aveva dichiarato di raccogliere professionalmente il ferro per poi rivenderlo, la sentenza impugnata esclude, pertanto, una incolpevole ignoranza della norma incriminatrice.
7.3. Del pari manifestamente infondato – oltre che generico – è il terzo motivo.
Ed invero, la sentenza impugnata attesta come sul camion degli imputati vi fosse un bidone che sul fondo aveva tracce di olio motore e la correttezza dell’affermazione non è inficiata dalle critiche circa un travisamento della prova al proposito mosse in ricorso, allegandosi la trascrizione di stralci della deposizione del teste Lo Zito e dell’altro carabiniere escusso: la lettura delle dichiarazioni, anzi, conferma, la ricostruzione operata in sentenza.
Ciò premesso, va ricordato che l’All. D al d.lgs. 152 del 2006 classifica come rifiuti pericolosi, con il codice CER 16 07 08, i "rifiuti contenenti olio", pertanto, sia che il bidone in questione fosse esso stesso un rifiuto, come ritenuto dalla sentenza, sia che – come allegano i ricorrenti – si trattasse di un mero recipiente utilizzato per riporvi i rifiuti trasportati (magari, appunto, quelli contenenti olio, per evitare che la sostanza si disperdesse sul cassone del veicolo), è comunque provato il reato di trasporto abusivo di rifiuti pericolosi. Di fatti, come detto, la sentenza attesta che non si trattava di un trasporto di rifiuti occasionale – ciò che, peraltro, non costituirebbe neppure reato (cfr. Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836; Sez. 3, n. 269 del 10/12/2014. dep. 2015, Seferovic, Rv. 261959) – ma di una attività reiterata nel tempo, che, proprio per la prova ricavabile dall’olio contenuto nel bidone, aveva certamente ad oggetto (anche) rifiuti pericolosi.
7.4. Manifestamente infondato, da ultimo, è il motivo proposto dal solo ricorrente Luca Cirullo, non essendo manifestamente illogiche le circostanze valorizzate dalla sentenza impugnata (pag. 1) al fine di disattendere la
dichiarazione del fratello circa il fatto che il primo si trovava occasionalmente sul camion soltanto per essergli stato offerto un passaggio, avendolo il fratello casualmente incrociato per strada. La doglianza del ricorrente si traduce in una inammissibile censura sul travisamento del fatto (Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099). Alla Corte di cassazione, invero, sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
8. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 2.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2018.