Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 20410 |
Data di udienza: 8 Febbraio 2018
* RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito temporaneo – Applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali – Onere della prova gravante sul produttore dei rifiuti – Art. 256, c.1, lett. a) e c.2, in relazione all’art. 183, c.1 e 230 d.lgs. 3/4/2006, n. 152 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto – Assenza dei presupposti – Art. 131-bis cod. pen. – Principio di proporzionalità – Giurisprudenza.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Maggio 2018
Numero: 20410
Data di udienza: 8 Febbraio 2018
Presidente: RAMACCI
Estensore: CERRONI
Premassima
* RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito temporaneo – Applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali – Onere della prova gravante sul produttore dei rifiuti – Art. 256, c.1, lett. a) e c.2, in relazione all’art. 183, c.1 e 230 d.lgs. 3/4/2006, n. 152 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto – Assenza dei presupposti – Art. 131-bis cod. pen. – Principio di proporzionalità – Giurisprudenza.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/05/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.20410
RIFIUTI – Gestione dei rifiuti – Attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi – Deposito temporaneo – Applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali – Onere della prova gravante sul produttore dei rifiuti – Art. 256, c.1, lett. a) e c.2, in relazione all’art. 183, c.1 e 230 d.lgs. 3/4/2006, n. 152.
In tema di deposito temporaneo, lo stesso deve essere realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta eccezione per i rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione alle infrastrutture per i quali detto luogo può coincidere con quello di concentramento ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento (Sez. 3, n. 33866 del 08/06/2007, Balloi). Mentre, in tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (per tutte, Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, Di Stefano). Tra l’altro tale principio, specificamente riferito al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cuì venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali. Fattispecie: deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi e svolgimento di attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto – Assenza dei presupposti – Art. 131-bis cod. pen. – Principio di proporzionalità – Giurisprudenza.
L’assenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita (in specie era stato ritenuto infondato il motivo di ricorso relativo all’assenza di motivazione in ordine alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., ravvisando nel passaggio della motivazione della sentenza della corte di appello relativo alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 1, cod. pen., che l’appellante chiedeva di escludere, un’implicita esclusione della particolare tenuità del fatto) (Sez. 5, n.24780 del 08/03/2017, Tempera). Pertanto, l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l’esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto (Sez.5, n. 39806 del 24/06/2015, Lembo). Laddove, parimenti, è stato sottolineato come l’esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con l’irrogazione del minimo della pena, atteso che l’art.131-bis cod. pen. può trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 44417 del 22/10/2015, Errfiki). Nella specie, da un lato vi è stato espresso motivato diniego stante la pregressa condanna per fatti della medesima indole, d’altro canto è stata comunque inflitta una pena ben superiore al minimo edittale (”ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi"), sì che in ogni caso non è ravvisabile alcuna particolare tenuità.
(dich. inammissibile i ricorsi avverso sentenza del 26/07 /2016 – TRIBUNALE DI ALESSANDRIA) Pres. RAMACCI, Rel. CERRONI, Ric. Boccaccio
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/05/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.20410
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/05/2018 (Ud. 08/02/2018), Sentenza n.20410
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. Boccaccio Isidoro Pancrazio, nato a Ovada il 12/05/1935
2. Boccaccio Pierluigi, nato a Ovada il 18/07 /1937
3. Boccaccio Giuseppe, nato a Ovada il 25/11/1948
avverso la sentenza del 26/07 /2016 del Tribunale di Alessandria visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26 luglio 2016 il Tribunale di Alessandria, concesse agli imputati le attenuanti generiche, ha condannato Isidoro Pancrazio, Pierluigi e Giuseppe Boccaccio, nella qualità di legali rappresentanti della s.n.c. Fratelli Boccaccio di Boccaccio Isidoro, Pier Luigi e Giuseppe (avente ad oggetto l’attività sociale di estrazione inerti e scavi), alla pena di euro 9000 di ammenda per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a) e comma 2, in relazione all’art. 183, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in conseguenza del deposito incontrollato di rifiuti speciali non pericolosi e dello svolgimento di attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
2. Gli imputati hanno proposto impugnazione, articolata su due motivi, avanti alla Corte di Appello di Torino, che ha trasmesso gli atti a questa Corte in ragione dell’inappellabilità della decisione a norma dell’art. 593 cod. proc. pen..
2.1. In particolare, col primo motivo è stata dedotta violazione dell’art. 183, lett. bb) e 230 d.lgs. 152 del 2006, atteso che non era stata accertata la permanenza dei rifiuti per un periodo superiore al trimestre (per cui il dato quantitativo di trenta metri cubi non era di per sé sufficiente). Del pari non era stato condotto alcun accertamento sulla provenienza dei rifiuti, quanto all’affermazione della non configurabilità del deposito temporaneo.
2.2. Col secondo motivo gli imputati hanno osservato che era stata esclusa la speciale tenuità in ragione dell’abitualità della condotta, affermata solamente sulla base di condanne ormai risalenti nel tempo.
2.3. Con memoria aggiunta i ricorrenti hanno rilevato che dovevano ormai ritenersi compiuti termini di prescrizione, trattandosi di fattispecie contravvenzionale contestata tra l’aprile ed il maggio 2012.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono inammissibili.
4.1. In relazione invero al primo motivo di censura, nulla anzitutto è stato contrastato in relazione all’affermazione della sentenza impugnata circa lo svolgimento, da parte della società degli odierni ricorrenti, di attività non autorizzata di gestione e recupero di rifiuti speciali non pericolosi, attesa la frantumazione dei rifiuti presente nell’area tramite il macchinario ivi presente.
4.1.1. In ordine poi alla rivendicata esistenza di deposito temporaneo, vero è che per "deposito temporaneo" si intende "il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti … alle seguenti condizioni:
1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo.
4.1.2. Ciò posto, deve altresì ricordarsi che la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel ritenere che, in tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (per tutte, Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, Di Stefano, Rv. 267636). Tra l’altro tale principio, specificamente riferito al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cuì venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali.
4.1.3. Alla stregua di quanto appena richiamato, quindi, va altresì ricordato che costituisce regola generale in tema di deposito temporaneo quella secondo cui lo stesso deve essere realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta eccezione per i rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione alle infrastrutture per i quali detto luogo può coincidere con quello di concentramento ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento (Sez. 3, n. 33866 del 08/06/2007, Balloi, Rv. 237217).
In proposito, peraltro, non è stato dimostrato alcun presupposto idoneo all’applicazione della norma eccezionale di cui all’art. 230 d.lgs. 152 cit. ("1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento. 2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1. 4 …. i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dai soggetti e dalle attività di cui al presente articolo possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti così come definito nel comma 1. "). Non risulta essere stata eseguita alcuna valutazione tecnica, non risulta la presenza di registri di carico e scarico, non risulta alcuna separazione dei rifiuti per categorie. Il motivo di ricorso in definitiva è in proposito del tutto generico, ed in realtà, tenuto conto altresì degli oneri probatori ricordati, non si confronta né col contenuto della decisione impugnata né con la normativa di riferimento.
4.2. In relazione al secondo motivo di ricorso, ed alla mancata applicazione della norma di cui all’art. 131-bis cod. pen., l’invocata disposizione stabilisce che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale (in particolare, l’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Mentre il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate).
4.2.1. In specie il provvedimento impugnato ha negato l’applicabilità della speciale causa di non punibilità osservando che gli imputati erano stati condannati per reati della stessa indole. Oltre a ciò, è stata inflitta ai medesimi odierni ricorrenti una pena di euro 12.000 di ammenda, ridotta ad euro 9000 stante la concessione delle attenuanti generiche, "tenuto conto della mole di rifiuti rispetto al limite previsto dalla legge per il deposito temporaneo e considerata altresì l’uso del trituratore".
4.2.2. Al riguardo, vero è altresì che l’assenza dei presupposti per l’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto può essere rilevata anche con motivazione implicita (in specie era stato ritenuto infondato il motivo di ricorso relativo all’assenza di motivazione in ordine alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., ravvisando nel passaggio della motivazione della sentenza della corte di appello relativo alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 1, cod. pen., che l’appellante chiedeva di escludere, un’implicita esclusione della particolare tenuità del fatto) (Sez. 5, n.24780 del 08/03/2017, Tempera, Rv. 270033). Ciò premesso, da un lato vi è stato espresso motivato diniego stante la pregressa condanna per fatti della medesima indole, d’altro canto è stata comunque inflitta una pena ben superiore al minimo edittale (”ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi"), sì che in ogni caso non è ravvisabile alcuna particolare tenuità.
Infatti l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l’esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto (Sez.5, n. 39806 del 24/06/2015, Lembo, Rv. 265317). Laddove, parimenti, è stato sottolineato come l’esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con l’irrogazione del minimo della pena, atteso che l’art.131-bis cod. pen. può trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti (Sez. 6, n. 44417 del 22/10/2015, Errfiki, Rv. 265065).
5. La manifesta infondatezza dei ricorsi ne comporta inevitabilmente la loro inammissibilità. In ragione di ciò, l’inammissibilità dell’impugnazione non comporta la nascita del rapporto processuale (giur. pacifica), per cui non può essere rilevata l’intervenuta prescrizione.
Tenuto infine conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. ed a carico di ciascun ricorrente, l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 08/02/2018