Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale, Diritto processuale penale Numero: 28697 | Data di udienza: 30 Marzo 2017

* DIRITTO DEMANIALE – Abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo – Esercizio non transeunte di un diritto di proprietà o di godimento – Impedimento della fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso – Artt. 54 e 1161 cod. nav.. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Travisamento probatorio la prova – Presupposti – Onere di allegazione – Art. 581,  591 e 606 cod.proc.pen. – Giurisprudenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Giugno 2017
Numero: 28697
Data di udienza: 30 Marzo 2017
Presidente: SAVANI
Estensore: Di Stasi


Premassima

* DIRITTO DEMANIALE – Abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo – Esercizio non transeunte di un diritto di proprietà o di godimento – Impedimento della fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso – Artt. 54 e 1161 cod. nav.. – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Travisamento probatorio la prova – Presupposti – Onere di allegazione – Art. 581,  591 e 606 cod.proc.pen. – Giurisprudenza.



Massima

 

 
 
 
 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 30/03/2017) Sentenza n.28697


DIRITTO DEMANIALE – Abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo – Esercizio non transeunte di un diritto di proprietà o di godimento – Impedimento della fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso – Artt. 54 e 1161 cod. nav..  
 
Il reato di occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire e mantenere senza autorizzazione il possesso o la detenzione dello stesso in modo corrispondente all’esercizio non transeunte di un diritto di proprietà o di godimento, in modo da impedirne la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso (cfr Sez.3, n.42404 del 29/09/2011, che ha ravvisato il reato nel fatto che i dipendenti di un albergo trasportavano e posizionavano ogni giorno sulla spiaggia, dall’alba al tramonto, un rilevante numero di ombrelloni e lettini a disposizione dei clienti a prescindere dall’effettiva presenza sul posto degli stessi con conseguente interclusione dell’accesso a terzi).
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Travisamento probatorio la prova – Presupposti – Onere di allegazione – Art. 581,  591 e 606 cod.proc.pen. – Giurisprudenza.
 
La novella dell’art. 606, comma primo lett. e), cod. proc. pen. ad opera della L. n. 46 del 2006 consente che per la deduzione dei vizi della motivazione il ricorrente faccia riferimento come termine di comparazione anche ad atti del processo a contenuto probatorio, ed introduce così un nuovo vizio definibile come “travisamento della prova”, per utilizzazione di un’informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, entrambe le forme accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica. E necessario perché si possa fare utile applicazione della predetta disposizione che: sia specificamente indicato l’atto del processo dal quale risulterebbe in tesi il vizio motivazionale; sia individuato l’elemento fattuale o il dato probatorio emergente da tale atto e incompatibile con la ricostruzione propria della decisione impugnata; sia fornita la prova della corrispondenza al vero di tale elemento o dato; vengano indicate le ragioni per le quali tale dato, non tenuto presente dal giudice, risulti decisivo per la tenuta logica della motivazione già adottata, sia cioè tale da mettere in crisi, disarticolandolo, l’intero impianto argomentativo sottoposto ad esame (Sez. 6 n. 23781 del 2006 15/3/2006, Casula e 24/3/2006, Scazzanti); l’accesso agli atti del processo, in particolare, non è indiscriminato, ma veicolato dall’atto di impugnazione che deve indicare “specificamente” quali siano gli atti ritenuti rilevanti al fine di consentire il controllo della motivazione del provvedimento impugnato, indicazione che potrà assumere le forme più diverse (integrale riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, individuazione precisa della collocazione dell’atto nel fascicolo processuale di merito ecc.), ma sempre tali da non costringere il giudice di legittimità ad un lettura totale degli atti comunque esclusa dal preciso disposto della norma, tanto che la relativa richiesta con i motivi di ricorso deve ritenersi sanzionata dall’art. 581 cod.proc.pen., comma 1, lett. e), e art. 591 cod.proc.pen.( Sez.3, n.12014 del 06/02/2007; Sez.2, n. 31980, del 14/06/2006). Nel caso di specie, il ricorrente non ha adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, essendosi limitato solo ad indicare quale atto oggetto di travisamento probatorio la prova testimoniale, senza integrale riproduzione nel testo del ricorso o allegazione in copia del relativo verbale di udienza (cfr Sez.4,n.37982 del 26/06/2008, che ha affermato che in forza della regola della “autosufficienza” del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo apprezzamento del vizio dedotto, nonché in termini Sez. F, n.32362 del 19/08/2010). Ne consegue, l’inammissibilità del motivo proposto (Sez.6, n.29263 del 08/07/2010; Sez.2, n.26725 del 01/03/2013; Sez.3, n.43322 del 02/07/2014; Sez.4, n.46979 del 10/11/2015).
 
(dich. inammissibili il ricorso avverso sentenza del 19/09/2014 TRIBUNALE DI LATINA, sez. dist. di Terracina) Pres. SAVANI, Rel. DI STASI, Ric. Martufi
 
 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 30/03/2017) Sentenza n.28697

SENTENZA

 

 

 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 09/06/2017 (Ud. 30/03/2017) Sentenza n.28697
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da MARTUFI MARIO, nato a San Felice Circeo il 17/03/1947;
 
avverso la sentenza del 19/09/2014 del Tribunale di Latina, sez. dist. di Terracina
 
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
 
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Giuseppe Corasaniti, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione. 
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 19/09/2014, il Tribunale di Latina, sez. dist. di Terracina dichiarava Martufi Mario responsabile del reato di cui agli artt. 54 e 1161 del codice della navigazione- perché, al fine di occuparla, ampliava di mq 1020,00 circa, mediante invasione e posizionamento di attrezzature balneari nell’adiacente arenile libero e dell’attigua c.d.m., la superficie della propria concessione demaniale marittima assentita alla M.A.L.A. srl denominata “La Caletta”, fatto commesso ed accertato in San Felice Circeo il 1.8.2010, con permanenza- e lo condannava al pagamento della pena di euro 300,00 di ammenda.
 
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Martufi Mario, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
 
Con il primo motivo violazione di legge in relazione agli artt. 54 e 1161 cod.nav., argomentando che la sentenza impugnata non avrebbe valutato le dichiarazioni testimoniali rese dal teste della difesa all’udienza del 19.9.2014, secondo le quali l’attrezzatura balneare rinvenuta all’esterno dell’area in concessione demaniale era stata semplicemente noleggiata ai clienti giornalieri; tale risultanza istruttoria comproverebbe l’insussistenza dell’occupazione abusiva del demanio marittimo.
 
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 54 e cod.nav. e 157 cod.pen., argomentando che la sentenza impugnata ometteva di dichiarare la evidente estinzione del reato, tenuto conto della cessazione della permanenza alla data dell’accertamento.
 
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
 
Va ricordato che il reato di occupazione arbitraria di bene demaniale marittimo consiste nell’acquisire e mantenere senza autorizzazione il possesso o la detenzione dello stesso in modo corrispondente all’esercizio non transeunte di un diritto di proprietà o di godimento, in modo da impedirne la fruibilità da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso (cfr Sez.3, n.42404 del 29/09/2011, Rv.251400, che ha ravvisato il reato nel fatto che i dipendenti di un albergo trasportavano e posizionavano ogni giorno sulla spiaggia, dall’alba al tramonto, un rilevante numero di ombrelloni e lettini a disposizione dei clienti a prescindere dall’effettiva presenza sul posto degli stessi con conseguente interclusione dell’accesso a terzi).
 
Il Tribunale, in linea con il suesposto principio, ha fondato l’affermazione di responsabilità sulla circostanza che sull’area demaniale libera, che non rientrava nella metratura che era stata regolarmente concessa in uso all’imputato, erano stati apposti sdraio, ombrelloni e lettini riconducibili per colore, forme e modello a quelli utilizzati nello stabilimento balneare del Martufi, attrezzature balneari che erano non solo fornite ai clienti ma anche installate da personale dello stesso stabilimento balneare.
 
Il ricorrente censura tale decisione sotto il profilo di vizio motivazionale per travisamento della prova, deducendo che il Tribunale non avrebbe considerato le risultanze della prova testimoniale adotta dalla difesa, che comprovavano, invece, che l’attrezzatura balneare era solo noleggiata ai clienti giornalieri dello stabilimento.
 
Va osservato che la novella dell’art. 606, comma primo lett. e), cod. proc. pen. ad opera della L. n. 46 del 2006 consente che per la deduzione dei vizi della motivazione il ricorrente faccia riferimento come termine di comparazione anche ad atti del processo a contenuto probatorio, ed introduce così un nuovo vizio definibile come “travisamento della prova”, per utilizzazione di un’informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova, entrambe le forme accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica.
 
E necessario perché si possa fare utile applicazione della predetta disposizione che: sia specificamente indicato l’atto del processo dal quale risulterebbe in tesi il vizio motivazionale; sia individuato l’elemento fattuale o il dato probatorio emergente da tale atto e incompatibile con la ricostruzione propria della decisione impugnata; sia fornita la prova della corrispondenza al vero di tale elemento o dato; vengano indicate le ragioni per le quali tale dato, non tenuto presente dal giudice, risulti decisivo per la tenuta logica della motivazione già adottata, sia cioè tale da mettere in crisi, disarticolandolo, l’intero impianto argomentativo sottoposto ad esame (Sez. 6 n. 23781 del 2006 15/3/2006, Casulae 24/3/2006, Scazzanti); l’accesso agli atti del processo, in particolare, non è indiscriminato, ma veicolato dall’atto di impugnazione che deve indicare “specificamente” quali siano gli atti ritenuti rilevanti al fine di consentire il controllo della motivazione del provvedimento impugnato, indicazione che potrà assumere le forme più diverse (integrale riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, individuazione precisa della collocazione dell’atto nel fascicolo processuale di merito ecc.), ma sempre tali da non costringere la Corte di cassazione ad un lettura totale degli atti comunque esclusa dal preciso disposto della norma, tanto che la relativa richiesta con i motivi di ricorso deve ritenersi sanzionata dall’art. 581 cod.proc.pen., comma 1, lett. c), e art. 591 cod.proc.pen.( Sez.3, n.12014 del 06/02/2007, Rv.236223, Sez.2, n. 31980, del 14/06/2006, Rv. 234929).
 
Nel caso di specie, il ricorrente non ha adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, essendosi limitato solo ad indicare quale atto oggetto di travisamento probatorio la prova testimoniale, senza integrale riproduzione nel testo del ricorso o allegazione in copia del relativo verbale di udienza (cfr Sez.4,n.37982 del 26/06/2008, Rv.241023, che ha affermato che in forza della regola della “autosufficienza” del ricorso, operante anche in sede penale, il ricorrente che intenda dedurre in sede di legittimità il travisamento di una prova testimoniale ha l’onere di suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto delle dichiarazioni rese dal testimone, non consentendo la citazione di alcuni brani delle medesime l’effettivo apprezzamento del vizio dedotto, nonché in termini Sez. F, n.32362 del 19/08/2010, Rv.248141).
 
Ne consegue, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’inammissibilità del motivo proposto (Sez.6, n.29263 del 08/07/2010, Rv.248192; Sez.2, n.26725 del 01/03/2013, Rv.256723; Sez.3, n.43322 del 02/07/2014, Rv.260994; Sez.4, n.46979 del 10/11/2015, Rv.265053).
 
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
 
Va ricordato che il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo ha natura permanente e cessa solo quando vengano meno l’uso ed il godimento illegittimi; il termine di prescrizione del reato di abusiva occupazione di spazio demaniale (artt. 54 e 1161 Cod. nav.) non decorre, pertanto, dalla data dell’accertamento ma dalla data di rilascio della concessione o da quella dello sgombero, individuandosi in tale momento la cessazione dell’illegittimo uso e godimento di fatto del bene demaniale, ovvero con la sentenza penale di condanna di primo grado (Sez.3, n.16859 del 16/03/2010, Rv.247160; Sez.3,n.1546 del 14/05/1998, Rv.211198).
 
Nella specie, il ricorrente deduce che la cessazione della permanenza coinciderebbe con il momento dell’accertamento, perché in tale data sarebbe stata effettuata la definitiva rimozione delle attrezzature balneari; tale allegazione non solo è del tutto generica, in quanto assertiva e priva dì concretezza, ma risulta anche manifestamente infondata in quanto, pur volendo far decorrere il termine prescrizionale quinquennale di cui agli art. 157, 160 e 161 cod.pen. dalla data dell’accertamento (1.8.2010) esso non era non ancora decorso alla data di pronuncia della sentenza impugnata (19.9.2014).
 
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 
 
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
 
5. L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez.U. n. 12602 del 25.3.2016, Ricci; Sez.2, n. 28848 del 08/05/2013, Rv.256463; Sez.U,n.23428 del 22/03/2005, Rv.231164; Sez. 4 n. 18641, 22 aprile 2004).
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 30/03/2017
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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