Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime |
Categoria: Diritto processuale penale,
Rifiuti
Numero: 46355 |
Data di udienza: 15 Novembre 2016
RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Natura di reato "permanente" e/o "istantanea con effetti eventualmente permanenti" – Accertamento della natura giuridica della condotta – Decorso del termine di prescrizione Fattispecie: materiale proveniente da demolizioni – Artt. 183 e 256, d. lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio dell’ <<al di là di ogni ragionevole dubbio>> – Applicazione e limiti – Dati acquisiti al processo non meramente ipotetici o congetturali – Esclusione della punibilità – Particolare tenuità del fatto – Questione di applicabilità – Concessione delle attenuanti generiche – Verifiche elementi e circostanze.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Ottobre 2017
Numero: 46355
Data di udienza: 15 Novembre 2016
Presidente: CAVALLO
Estensore: SOCCI
Premassima
RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Natura di reato "permanente" e/o "istantanea con effetti eventualmente permanenti" – Accertamento della natura giuridica della condotta – Decorso del termine di prescrizione Fattispecie: materiale proveniente da demolizioni – Artt. 183 e 256, d. lgs. n.152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio dell’ <<al di là di ogni ragionevole dubbio>> – Applicazione e limiti – Dati acquisiti al processo non meramente ipotetici o congetturali – Esclusione della punibilità – Particolare tenuità del fatto – Questione di applicabilità – Concessione delle attenuanti generiche – Verifiche elementi e circostanze.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/10/2017, (Ud. 15/11/2016) Sentenza n. 46355
RIFIUTI – Deposito incontrollato di rifiuti – Natura di reato "permanente" e/o "istantanea con effetti eventualmente permanenti" – Accertamento della natura giuridica della condotta – Decorso del termine di prescrizione – Fattispecie: materiale proveniente da demolizioni – Artt. 183 e 256, d. lgs. n.152/2006.
Il reato di deposito incontrollato di rifiuti ha natura "permanente" se l’attività illecita è prodromica al successivo recupero o smaltimento, delle cose abbandonate, e, quindi, la condotta cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella del rilascio, o, invece, natura "istantanea con effetti eventualmente permanenti", se l’attività illecita si connota per una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti, che, per la sua episodicità, esaurisce gli effetti della condotta fin dal momento dell’abbandono e non presuppone una successiva attività gestoria volta al recupero o allo smaltimento. Ai fini dell’accertamento della natura giuridica della condotta e, conseguentemente, del "dies a quo" per il decorso del termine di prescrizione, costituiscono significativi indici rivelatori della permanenza la sistematica pluralità di azioni di identico o analogo contenuto ovvero la pertinenza del rifiuto al circuito produttivo dell’agente)". (Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014 – dep. 15/07/2014, Ottonello). (Nella specie la quantità dei rifiuti, la eterogeneità degli stessi ed il luogo, depongono per la non episodicità della condotta. Nell’area risultava depositato, in modo sparso, materiale proveniente da attività edilizia e rocce da scavo; quindi in considerazione della natura disomogenea dei vari cumuli di rifiuti, il giudice di merito escludeva che gli stessi potessero essere oggetto di attività di recupero di rifiuti prodotti in loco).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio dell’ <<al di là di ogni ragionevole dubbio>> – Applicazione e limiti – Dati acquisiti al processo non meramente ipotetici o congetturali.
Una rivalutazione del fatto di regola non è ammessa in sede di legittimità. Pertanto, il principio dell’ <<al di là di ogni ragionevole dubbio>>, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali.
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Esclusione della punibilità – Particolare tenuità del fatto – Questione di applicabilità.
In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità. (Fattispecie relativa ad esercizio in forma ambulante, senza titolo abilitativo, dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi).
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Concessione delle attenuanti generiche – Verifiche elementi e circostanze.
La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio.
(Dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del 17/03/2016 del TRIBUNALE di RAGUSA) Pres. CAVALLO, Rel. SOCCI, Ric. Marinero
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/10/2017, (Ud. 15/11/2016) Sentenza n. 46355
SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^ 09/10/2017, (Ud. 15/11/2016) Sentenza n. 46355
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da MARINERO CARMELO nato il 06/10/1959 a SCICLI;
avverso la sentenza del 17/03/2016 del TRIBUNALE di RAGUSA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLO CANEVELLI, che ha concluso per: "Inammissibilità del ricorso";
Udito il difensore, Avv. Giorgio Terranova, sostituto processuale, che ha concluso per: "Accoglimento del ricorso".
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Ragusa, con sentenza del 17 marzo 2016, condannava Marinero Carmelo per il reato di cui agli art. 81 cod. pen. e 256, del d. lgs 152 del 2006 (accertato ad Ispica – RG – in data 6 ottobre 2011) alla pena di ( 3.000,00 di ammenda oltre alle spese processuali.
2. Marinero Carmelo propone ricorso per Cassazione, tramite difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 256 e all’articolo 183, primo comma, lettera M, d. lgs. 152 del 2006.
Nella fattispecie in esame, non sussistono gli estremi del deposito incontrollato, nè sotto il profilo oggettivo e né sotto quello soggettivo.
Per esigenze di cantiere il costruttore, unico proprietario dell’intera area, procedeva a depositare i rifiuti a rotazione, prima su un lotto e poi su un altro invece il giudicante ha ritenuto di escludere che i rifiuti fossero raggruppati nel luogo della loro produzione, non essendo svolta nel terreno alcuna attività edilizia ammessa, e non potendosi certamente ritenere i rifiuti (trattandosi di materiale roccioso e da demolizione) relativi all’oggetto dei lavori autorizzati dal Comune di Ispica, per il ripristino del fondo.
Il giudice avrebbe dovuto invece accertare la circostanza che si trattasse di materiale roccioso e da demolizione proveniente dallo stesso luogo di produzione, a disposizione della stessa impresa; luogo di deposito funzionalmente collegato al luogo di produzione. Accertamento che è mancato completamente, inoltre la sentenza non indica nemmeno se siano stati superati i 20 m3, nell’anno, o il periodo temporale di tre mesi previsto dal d. lgs. 3 aprile 2006 numero 152.
2. 2. Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativamente alle non riconosciute attenuanti generiche; applicabilità al caso dell’articolo 131 bis, cod. pen.
In considerazione della particolare tenuità del fatto al caso doveva applicarsi l’articolo 131 bis del cod. pen. Sussistevano tutti i presupposti richiesti dal detto articolo per la declaratoria della particolare tenuità del fatto, causa di non punibilità.
Si eccepisce inoltre il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle generiche articolo 62 bis del cod. pen., poiché non sono state opportunamente valutate sia la modestia dell’azione criminosa, sia lo stato di incensuratezza dell’imputato, e la particolare circostanza in cui si è svolta la condotta oggetto dell’imputazione.
2. 3. Violazione dell’articolo 157 e 159 del cod. pen.
Alla data di emissione della sentenza di primo grado era già maturata la prescrizione.
Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e per assenza di richiesta al giudice di merito dell’applicazione dell’art. 131 bis, cod. pen., pur nel vigore della norma al momento della decisione.
La decisione impugnata con motivazione adeguata, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ha rilevato come nel terreno in oggetto il ricorrente aveva depositato in maniera incontrollata diversi cumuli di roccia da scavo e di materiale edile da demolizione, senza alcuna autorizzazione al deposito. Inoltre il ricorrente era autorizzato ad un miglioramento fondiario da realizzarsi esclusivamente con materiale di ripristino consistente in sabbia e terra vegetale. Da ciò il giudice riteneva che il materiale (proveniente da demolizioni) non fosse proveniente da lavori in loco (assenti), ma da altri siti.
Il ricorso, sul punto, è articolato solo in fatto e mira, valutato nel suo complesso, ad una rivalutazione del fatto non ammessa in sede di legittimità; inoltre esprime dubbi soggettivi, non rilevanti in Cassazione, in quanto non relativi ad atti processuali, ma a mere prospettazioni soggettive, ipotetiche (vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 – dep. 08/05/2014, c e altro, Rv. 260409: "La regola dell’ <<al di là di ogni ragionevole dubbio>>, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali").
4. Relativamente alla richiesta applicazione dell’art. 131 bis del cod. pen. (norma che alla data della decisione impugnata era già in vigore), non risulta che la stessa sia stata effettuata al giudice di merito, e quindi l’istanza è inammissibile in sede di legittimità (vedi Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017 – dep. 21/04/2017, Celentano, Rv. 26991301: "In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità. (Fattispecie relativa ad esercizio in forma ambulante, senza titolo abilitativo, dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi)", e Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016 – dep. 17/10/2016, Savini, Rv. 26828101).
5. Anche il motivo relativo all’omessa motivazione sulle circostanze attenuanti generiche risulta manifestamente infondato poiché le stesse non sono state richieste al giudice di merito e quindi nessuna motivazione era dovuta: "La concessione delle attenuanti generiche deve essere fondata sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza in favore dell’imputato; ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio" (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015 – dep. 09/03/2016, Piliero, Rv. 26646001). Nel nostro caso, oltre all’assenza degli elementi idonei per la concessione, manca proprio la richiesta delle circostanze attenuanti generiche.
6. Relativamente alla prescrizione si deve rilevare che il reato in oggetto è di natura permanente: "In tema di gestione dei rifiuti, il reato di deposito incontrollato di rifiuti ha natura "permanente" se l’attività illecita è prodromica al successivo recupero o smaltimento, delle cose abbandonate, e, quindi, la condotta cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella del rilascio, o, invece, natura "istantanea con effetti eventualmente permanenti", se l’attività illecita si connota per una volontà esclusivamente dismissiva dei rifiuti, che, per la sua episodicità, esaurisce gli effetti della condotta fin dal momento dell’abbandono e non presuppone una successiva attività gestoria volta al recupero o allo smaltimento. (In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini dell’accertamento della natura giuridica della condotta e, conseguentemente, del "dies a quo" per il decorso del termine di prescrizione, costituiscono significativi indici rivelatori della permanenza la sistematica pluralità di azioni di identico o analogo contenuto ovvero la pertinenza del rifiuto al circuito produttivo dell’agente)". (Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014 – dep. 15/07/2014, Ottonello, Rv. 260011).
Nel nostro caso la quantità dei rifiuti, la eterogeneità degli stessi ed il luogo, come adeguatamente evidenziato nella motivazione della sentenza impugnata depongono per la non episodicità della condotta.
Nell’area risultava depositato, in modo sparso, materiale proveniente da attività edilizia e rocce da scavo; quindi in considerazione della natura disomogenea dei vari cumuli di rifiuti, il giudice di merito, con motivazione adeguata e immune da vizi logici o da contraddizioni, escludeva che gli stessi potessero essere oggetto di attività di recupero di rifiuti prodotti in loco (come sopra visto).
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/11/2016