Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 28350 | Data di udienza: 21 Maggio 2013

* RIFIUTI – Rifiuti vegetali – Manutenzione delle infrastrutture e aree comunali adibite a verde pubblico – Fattispecie – Artt. 183 lett. m), 206, 230 e 256, c. 1, lett. a) d. Lgs. n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Inammissibilità  del ricorso – Effetti – Rilievo di cause di non punibilità – Preclusione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Luglio 2013
Numero: 28350
Data di udienza: 21 Maggio 2013
Presidente: Fiale
Estensore: Andreazza


Premassima

* RIFIUTI – Rifiuti vegetali – Manutenzione delle infrastrutture e aree comunali adibite a verde pubblico – Fattispecie – Artt. 183 lett. m), 206, 230 e 256, c. 1, lett. a) d. Lgs. n. 152/2006 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Inammissibilità  del ricorso – Effetti – Rilievo di cause di non punibilità – Preclusione.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 1 Luglio 2013 (Ud. 21/5/2013), Sentenza n. 28350

 
RIFIUTI – Rifiuti vegetali – Manutenzione delle infrastrutture e aree comunali adibite a verde pubblico – Fattispecie – Artt. 183 lett. m), 206, 230 e 256, c. 1, lett. a) del d. Lgs. n. 152/2006.
 
E’ da escludere la possibilità di applicazione della disciplina ex art. 230 del d. Lgs. n. 152 del 2006 riguardante i rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture posto che, a prescindere dalla possibilità di ricomprendere o meno nella nozione di infrastruttura cittadina le aree comunali adibite a verde pubblico, difetta in ogni caso il presupposto, cui è condizionata la equiparabilità al luogo di produzione dei rifiuti del luogo di concentramento ove il materiale viene trasportato, che in tale ultimo luogo avvenga esclusivamente l’individuazione del materiale effettivamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza l’effettuazione di alcun trattamento. Nella specie,  i rifiuti vegetali rinvenuti nell’area assoggettata a sequestro non erano in alcun modo riutilizzabili e venivano altresì sottoposti ad un trattamento di riduzione volumetrica mediante triturazione costituente già una fase di smaltimento.
 
(conferma sentenza del Tribunale di Cagliari in data 29/06/2011) Pres. Fiale, Est. Andreazza, Ric. Balloi
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ricorso in Cassazione – Inammissibilità  del ricorso – Effetti – Rilievo di cause di non punibilità – Preclusione.
 
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa l’estinzione del reato per prescrizione, maturata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo detto ricorso inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione.
 
(conferma sentenza del Tribunale di Cagliari in data 29/06/2011) Pres. Fiale, Est. Andreazza, Ric. Balloi
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 1 Luglio 2013 (Ud. 21/5/2013), Sentenza n. 28350

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. ALDO FIALE         – Presidente
Dott. Guicla Mulliri – Consigliere  
Dott. Giulio Sarno – Consigliere 
Dott. Santi Gazzara – Consigliere  
Dott. Gastone Andreazza – Consigliere Rel.
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da: Ballai Alessandro, n. a Cagliari il 03/07/1967;
avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari in data 29/06/2011;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T. Baglione, che ha concluso per l’inammissibilità;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1.. Con sentenza del 29 giugno 2011 il Tribunale di Cagliari dichiarava Balloi Maurizio colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) del d. Lgs. n. 152 del 2006 per avere, quale presidente della cooperativa “Sa Striggiula”, effettuato, in assenza di autorizzazione, attività di gestione di rifiuti vegetali.
 
Con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 183 lett. m), 206, 230 e 256 del d. Lgs. n. 152 del 2006; richiama innanzitutto la sentenza della Corte di Cassazione n. 33866 del 2007 con cui la stessa, intervenendo in fase cautelare nel procedimento in oggetto, ha, tra le altre argomentazioni, ritenuto irrilevante la proposta questione della qualificazione del verde comunale quale infrastruttura cittadina, connettendosi l’inapplicabilità dell’art. 230 del d. Lgs. cit. all’inesistenza della valutazione tecnica cui la norma è finalizzata.
 
In altri termini, secondo detta pronuncia, occorreva verificare innanzitutto se la manutenzione del verde pubblico potesse intendersi quale manutenzione di una infrastruttura e, successivamente, se i rifiuti vegetali fossero o meno riutilizzabili, se i registri di carico e scarico fossero stati tenuti regolarmente, e se su tali rifiuti fosse stata effettuata o meno la valutazione tecnica prima di un eventuale loro trattamento. Secondo il Tribunale, nella specie, si versava in ipotesi di manutenzione di una infrastruttura con la conseguente applicazione della fictio iuris ex art. 230 cit.; inoltre, prima di qualsiasi trattamento, i rifiuti vegetali erano sottoposti al vaglio del direttore tecnico della cooperativa e, altrettanto certamente, quest’ultima aveva regolarmente compilato i registri di carico e scarico dei rifiuti vegetali. Ciò posto, era allora necessario accertare se, una volta fatta la valutazione tecnica sui vegetali ed effettuata la scelta di quelli idonei ad essere riutilizzati e di quelli destinati ad essere smaltiti, fosse possibile per la cooperativa ridurre la dimensione dei vegetali da destinare allo smaltimento senza incorrere in violazione di legge penalmente rilevante. Sul punto il testimone Falqui Gian Luigi, direttore tecnico della cooperativa, aveva riferito che il materiale veniva ridotto di misura perché in discarica non venivano accettati pezzi grandi. Sicché la riduzione volumetrica dei vegetali dopo la valutazione tecnica sugli stessi doveva essere considerata cosa lecita.
 
3. Con un secondo motivo lamenta la insussistenza dell’elemento psicologico del reato; dopo avere ricordato che la fattispecie contravvenzionale in esame è punita quanto meno a titolo colposo, precisa che la sentenza non ha espresso alcuna motivazione sul punto.
 
Nella specie evidenzia invece la propria buona fede atteso che, anche a fronte della necessità di considerare le difficoltà interpretative connesse alla non semplice questione della manutenzione della infrastruttura, egli aveva osservato quanto la complessa normativa ambientale imponeva alla cooperativa da lui presieduta; nella specie poi l’elemento della buona fede dovrebbe essere indotto dalla implicita imposizione della pubblica amministrazione di ridurre di dimensione il vegetale da conferire allo smaltimento pena l’impossibilità di smaltimento stesso, da ciò derivando anche l’inesigibilità di un contrario comportamento.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il primo motivo è manifestamente infondato.
 
Questa Corte, intervenuta nella fattispecie in esame in relazione alla fase cautelare, ha già escluso, contrariamente all’assunto del ricorrente, con la sentenza n. 33866 del 08/06/2007, Balloi, Rv. 237217, la possibilità di applicazione della disciplina ex art. 230 del d. Lgs. n. 152 del 2006 riguardante i rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture posto che, a prescindere dalla possibilità di ricomprendere o meno nella nozione di infrastruttura cittadina le aree comunali adibite a verde pubblico, difetta in ogni caso il presupposto, cui è condizionata la equiparabilità al luogo di produzione dei rifiuti del luogo di concentramento ove il materiale viene trasportato, che in tale ultimo luogo avvenga esclusivamente l’individuazione del materiale effettivamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza l’effettuazione di alcun trattamento. Nella specie, infatti, i rifiuti vegetali rinvenuti nell’area assoggettata a sequestro non erano, come già osservato sempre dalla Corte, in alcun modo riutilizzabili e venivano altresì sottoposti ad un trattamento di riduzione volumetrica mediante triturazione costituente già una fase di smaltimento.
 
L’impugnata sentenza, dopo avere ritenuto di annoverare tra le infrastrutture anche le aree adibite a verde pubblico la cui manutenzione era stata data in appalto anche alla cooperativa rappresentata dal ricorrente, ha osservato essere stato accertato che nel luogo ove i vegetali venivano ammassati si procedeva, oltre che alla separazione degli stessi dai rifiuti organici, anche alla triturazione onde pervenire ad una significativa riduzione volumetrica; di qui, in applicazione del principio sopra ricordato, la corretta esclusione sia dell’applicabilità dell’art. 230 del d. Lgs. n. 152 del 2006 sia, conseguentemente, della ravvisabilità di una condotta di deposito temporaneo ai sensi del previgente testo dell’art. 183 lett. m) del d. Lgs. cit.
 
5. Il secondo motivo è inammissibile giacché, nel sollevare formalmente una pretesa mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, introduce in realtà, sul presupposto della natura complessa della normativa in oggetto, una pretesa di scusabilità di ignoranza della legge penale che si pone, in assenza di elementi indicativi della inevitabilità della stessa, in contrasto con il dettato dell’art. 5 c.p.; va in proposito rammentato che presupposto della responsabilità penale è la conoscibilità, da parte del soggetto agente, dell’effettivo contenuto precettivo della norma dovendo considerarsi, secondo la sentenza n. 364 del 1988 della Corte Costituzionale (in relazione alla previsione dell’art. 5 c. p.), quale limite alla responsabilità personale soltanto l’oggettiva impossibilità di conoscenza del precetto (cd. ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale) anche in relazione alla veste del soggetto agente e al grado di conoscenza, per ragioni professionali, della materia in oggetto. Nella specie, a fronte di motivazione, che, nell’analizzare la condotta posta in essere dall’imputato ha, per ciò stesso, implicitamente ritenuto l’elemento soggettivo della contravvenzione, caratterizzato dalla colpa, nessun indice, tra quelli già considerati dalla giurisprudenza quali rilevanti al fini della sussistenza della buona fede, il ricorso appare avere, in realtà, indicato.
 
6. In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
 
L’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo delle cause di non punibilità, ivi compresa l’estinzione del reato per prescrizione, maturata successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, essendo detto ricorso inidoneo ad instaurare validamente il rapporto di impugnazione (cfr., per tutte, Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca).
 
7. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del grado, e della somma indicata in dispositivo, ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p.
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
 
Così deciso, in Roma il 21 maggio 2013

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