Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 8018 | Data di udienza: 16 Febbraio 2012

* RIFIUTI – Affidamento di rifiuti a soggetti terzi – Responsabilità del detentore – Obblighi di accertamento – Mancato controllo “culpa in eligendo” – Reato di cui all’art. 256, c.2, D. Lgs n. 152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 1 Marzo 2012
Numero: 8018
Data di udienza: 16 Febbraio 2012
Presidente: Mannino
Estensore: Lombardi


Premassima

* RIFIUTI – Affidamento di rifiuti a soggetti terzi – Responsabilità del detentore – Obblighi di accertamento – Mancato controllo “culpa in eligendo” – Reato di cui all’art. 256, c.2, D. Lgs n. 152/2006.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 1 marzo 2012 (Ud. 16/02/2012) Sentenza n. 8018

RIFIUTI – Affidamento di rifiuti a soggetti terzi – Responsabilità del detentore – Obblighi di accertamento – Mancato controllo “culpa in eligendo” – Reato di cui all’art. 256, c.2, D. Lgs n. 152/2006.
 
L’affidamento di rifiuti a soggetti terzi, al fine del loro smaltimento, comporta per il soggetto che li conferisce precisi obblighi di accertamento (in particolare, la verifica sia dell’affidabilità del terzo che dell’esistenza in capo al medesimo delle necessarie autorizzazioni e competenze per l’espletamento dell’incarico), la cui violazione giustifica l’affermazione della responsabilità penale per il mancato controllo a titolo di “culpa in eligendo”  (Cass. sez. III, 19.12.2007 n. 6101 del 2008, Cestaio; Cass. sez. III, 1.4.2004 n. 21588, Ingrà e altri; Cass. sez. III, 19.2.2003 n. 16016, Battaglino). Pertanto, il detentore dei rifiuti, ha l’obbligo di disfarsene in conformità delle prescrizione dettate dall’art. 10 del D. Lgs n. 22/1997, attualmente DPR n. 152/2006, lo stesso ne risponde, a titolo di colpa, in concorso con i terzi non autorizzati cui abbia incautamente affidato lo smaltimento dei rifiuti stessi.
 
(dich. inamm. ricorso avverso sentenza del 2.11.2010 ribunale di Foggia) Pres. Mannino, Est. Lombardi, Ric. Celino


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 1 marzo 2012 (Ud. 16/02/2012) Sentenza n. 8018

SENTENZA

 

 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
III SEZIONE PENALE
 
composta dagli ill.mi Signori:
 
Presidente Dott. Saverio Mannino
Consigliere Alfredo Teresi
Alfredo Maria Lombardi 
Aldo Fiale
Alessandro Andronio 
 
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA
 
– Sul ricorso proposto dall’Avv. Mario Antonio Ciarambino, difensore di fiducia di Celino Libera, n. a Ascoli Satriano il 6.5.1960, avverso la sentenza in data 2.11.2010 del Tribunale di Foggia, con la quale venne condannata alla pena di € 4.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 2, del D. Lgs n. 152/2006.
– Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
– Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
– Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Giuseppe Volpe, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Foggia ha affermato la colpevolezza di Celino Libera in ordine al reato di cui all’art. 256, comma 2, del D. Lgs n. 152/2006, a lei ascritto perché quale titolare della ditta “Dire Fare Sognare di Celino Libera” abbandonava o depositava con modalità incontrollate vari quantitativi di rifiuti speciali, costituiti da indumenti, nonché confezioni di cartone e plastica, su un’area facente parte del demanio fluviale.
 
I rifiuti di cui alla contestazione erano stati rinvenuti da agenti del Corpo Forestale dello Stato, i quali tramite una fattura commerciale intestata alla ditta di cui era titolare l’imputata erano risaliti a quest’ultima quale proprietaria dei rifiuti. Si accertava inoltre che gli indumenti abbandonati risultavano in parte bruciati e che il locale in cui era ubicata l’azienda gestita dalla Celino aveva subito un incendio alcuni mesi prima.
 
La sentenza impugnata, nell’affermare la colpevolezza della Celino in ordine al reato ascrittole, ha ritenuto irrilevanti le deduzioni difensive con le quali si era sostenuto che l’imputata, a seguito di un’ordinanza sindacale di sgombero, aveva abbandonato i locali in cui era ubicata la ditta ed aveva autorizzato il proprietario degli stessi “a rimuovere e trasportare a rifiuto tutte le merci e gli altri beni di sua proprietà che fossero ancora presenti nel locale in questione”.
 
Sul punto la sentenza ha osservato che l’imputata non poteva delegare per lo smaltimento dei rifiuti presenti nel locale un privato, ma avrebbe dovuto servirsi dei soggetti autorizzati alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.
 
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell’imputata e l’impugnazione è stata trasmessa a questa Corte ai sensi dell’art. 568, ultimo comma, c.p.p..
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
 
Con un unico mezzo di annullamento si deduce che l’imputata doveva essere assolta dal reato ascrittole con la formula per non aver commesso il fatto.
 
In sintesi, si ribadisce che il locale in cui era ubicata l’azienda gestita dalla Celino, a seguito dell’incendio, era stato oggetto di un’ordinanza sindacale che inibiva a chiunque l’accesso, disponendone lo sgombero. A seguito di tale provvedimento e di un ulteriore danneggiamento da parte di ignoti la Celino aveva comunicato al sindaco il cambio di sede operativa e la risoluzione del contratto di locazione. L’imputata, pertanto, aveva perso la disponibilità dell’immobile e non poteva essere ritenuta responsabile di fatti commessi da terzi.
 
Il ricorso è manifestamente infondato.
 
La ricorrente si limita a formulare esclusivamente deduzioni di natura fattuale, già prospettate dinanzi al giudice di merito e ritenute irrilevanti con motivazione giuridicamente corretta, senza che sia fatto alcun riferimento a violazioni di legge o vizi di motivazione del provvedimento impugnato.
 
La sentenza, infatti, ha correttamente osservato in punto di diritto che l’imputata, in quanto detentrice dei rifiuti, aveva l’obbligo di disfarsene in conformità delle prescrizione dettate dall’art. 10 del D. Lgs n. 22/1997, attualmente DPR n. 152/2006, sicché la stessa risponde, a titolo di colpa, in concorso con i terzi non autorizzati cui abbia incautamente affidato lo smaltimento dei rifiuti stessi, cosi come accertato in punto di fatto dal giudice di merito.
 
Sul punto è appena il caso di ricordare il principio di diritto reiteratamente affermato da questa Corte in materia, secondo il quale l’affidamento di rifiuti a soggetti terzi, al fine del loro smaltimento, comporta per il soggetto che li conferisce precisi obblighi di accertamento (in particolare, la verifica sia dell’affidabilità del terzo che dell’esistenza in capo al medesimo delle necessarie autorizzazioni e competenze per l’espletamento dell’incarico), la cui violazione giustifica l’affermazione della responsabilità penale per il mancato controllo a titolo di “culpa in eligendo“. (sez. III, 19.12.2007 n. 6101 del 2008, Cestaio, RV 238991; sez. III, 1.4.2004 n. 21588, Ingrà e altri, RV 228798; sez. III, 19.2.2003 n. 16016, Battaglino, RV 224249).
 
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606, ultimo comma, c.p.p. con le conseguenze di legge.
 
P.Q.M.
 
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali , nonché della somma di € 1.000,00 alla cassa delle ammende.
 
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 16.2.2012.

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