Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 1260 | Data di udienza: 25 Settembre 2012

DIRITTO DELL’ENERGIA – Costruzione ed esercizio impianto fotovoltaico – Autorizzazione unica regionale – Necessità – Controllo amministrativo da parte dell’ente regionale – DIRITTO URBANISTICO – Permesso di costruire – Impianto senza il titolo abilitativo – Art. 44, lett. c), d.p.R. n. 380/2001 – Art. 12, c.3 d.lgs. 387/03 oggi art. 5, c.1 d.lgs. 28/2011.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Gennaio 2013
Numero: 1260
Data di udienza: 25 Settembre 2012
Presidente: Lombardi
Estensore: Franco


Premassima

DIRITTO DELL’ENERGIA – Costruzione ed esercizio impianto fotovoltaico – Autorizzazione unica regionale – Necessità – Controllo amministrativo da parte dell’ente regionale – DIRITTO URBANISTICO – Permesso di costruire – Impianto senza il titolo abilitativo – Art. 44, lett. c), d.p.R. n. 380/2001 – Art. 12, c.3 d.lgs. 387/03 oggi art. 5, c.1 d.lgs. 28/2011.



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10 Gennaio 2013 (CC. 25/09/2012) Sentenza n. 1260

DIRITTO DELL’ENERGIA –  Costruzione ed esercizio impianto fotovoltaico – Autorizzazione unica regionale  – Necessità – Controllo amministrativo da parte dell’ente regionale – DIRITTO URBANISTICO – Permesso di costruire – Impianto senza il titolo abilitativo – Art. 44, lett. c), d.p.R. n. 380/2001 – Art. 12, c.3 d.lgs. 387/03 oggi art. 5, c.1 d.lgs. 28/2011.
 
In materia di energia da fonti rinnovabili, l’autorizzazione unica regionale è espressamente qualificata  dall’art. 12, comma 3 d.lgs. 387/03 ora art. 5, comma 1, del d. lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) come necessaria non solo per la costruzione degli impianti e delle opere ed infrastrutture connesse, ma altresì per l’esercizio degli impianti stessi. E’ evidente che la ratio della norma è costituita dalla finalità che il controllo amministrativo da parte dell’ente regionale competente venga assicurato non solo nella fase della costruzione dell’impianto fotovoltaico, ma anche e soprattutto nella fase del suo esercizio. Pertanto è  irrilevante, sotto questo specifico aspetto, che l’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, faccia riferimento soltanto al permesso di costruire. E ciò sia perché l’art. 44 viene in rilievo come norma sanzionatoria, mentre la norma precettiva è contenuta nell’art. 12, e sia perché, quand’anche si ipotizzasse che la sanzione penale si possa applicare soltanto alla realizzazione dell’impianto senza il titolo abilitativo mentre il suo esercizio senza titolo sia punita solo con una sanzione amministrativa, non potrebbe comunque disconoscersi che la mancata sottoposizione dell’esercizio dell’impianto al controllo della competente autorità costituirebbe ugualmente una protrazione e un aggravamento delle conseguenze dannose del reato.
 
(annulla con rinvio ordinanza emessa il 5/10/2011 dal tribunale del riesame di Brindisi) Pres. Lombardi, Est. Franco, Ric. PM in proc. Puliafico ed altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10 Gennaio 2013 (CC. 25/09/2012) Sentenza n. 1260

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
 
1. Dott. Alfredo Maria Lombardi – Presidente
2. Dott. Mario Gentile – Consigliere
3. Dott. Aldo Fiale – Consigliere
4. Dott. Amedeo Franco – Consigliere Rel.
5. Dott. Santi Gazzara – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
– sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Brindisi;
– avverso l’ordinanza emessa il 5 ottobre 2011 dal tribunale del riesame di Brindisi;
– udita nella udienza in camera di consiglio del 25 settembre 2012 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
– udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Tindari Baglione, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata;
– uditi i difensori avv.ti Massimo Manfreda, Federico Massa e Antonino Salvatore Isgrò;
 
Svolgimento del processo
 
Con decreto emesso in data 22 luglio 2011 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi dispose il sequestro preventivo d’urgenza degli impianti di produzione di energia elettrica tramite conversione fotovoltaica, contrassegnati dalle sigle FV011, (sito in Brindisi, località Monticelli) e FV012 (sito nella stessa località), in relazione al reato di cui all’art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto i due impianti erano da considerarsi in realtà un unico impianto di potenza nominale complessiva di 2 MWe, realizzati in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale e del permesso di costruire, eludendo il regime abilitativo richiesto dalla vigente normativa mediante l’avvio di due distinte procedure semplificate e due distinte denunzie di inizio attività. Il P.M. paventò poi il rischio che la libera disponibilità dei beni potesse aggravare e protrarre le conseguenze del reato, trattandosi di impianti ultimati e in fase di ultimazione.
 
Con decreto del 4 agosto 2011 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Brindisi emise ordinanza di convalida del decreto di sequestro preventivo d’urgenza del Procuratore della Repubblica e, contestualmente, decreto di sequestro preventivo degli impianti di produzione di energia elettrica di cui sopra ritenendo sussistente il fumus del reato contestato e concreto il pericolo di aggravamento e protrazione delle conseguenze del reato nel caso in cui i beni fossero rimasti nella libera disponibilità degli interessati.
 
Gli interessati formularono richiesta di riesame.
 
Con ordinanza 5 ottobre 2011 il tribunale del riesame di Brindisi annullò l’ordinanza di sequestro preventivo, disponendo la restituzione dei beni. Il tribunale ritenne sussistente il fumus del reato contestato, ma insussistente il periculum in mora, mancando in concreto un rischio di aggravamento delle conseguenze del reato ulteriori rispetto a quelle già irrimediabilmente compromesse con l’installazione della struttura.
 
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Brindisi propone ricorso per cassazione, deducendo:
1) illogicità della motivazione in ordine alla esclusione del periculum in mora, diversamente da quanto dallo stesso tribunale del riesame ritenuto in una vicenda similare, e senza tener conto dell’impatto negativo sul territorio in presenza di un vincolo paesaggistico;
2) violazione dell’art. 12, comma 3, 1. 29 dicembre 2003, n. 387, il quale prevede l’autorizzazione unica regionale non solo per la costruzione ma anche per l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La mancanza del titolo abilitativo impedisce anche l’esercizio dell’impianto ed è soggetta alla sanzione di cui all’art. 44 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380 e comunque rappresenta un aggravamento e protrazione delle conseguenze illecite del reato. Il legislatore infatti vuole sottoporre la realizzazione e l’esercizio di tali impianti ad uno stringente controllo amministrativo che non è limitato alla sola fase della costruzione ma anche e soprattutto alla fase successiva del suo esercizio.
 
Gli avv.ti Antonino Isgrò, Massimo Manfreda e Federico Massa, per conto degli interessati Antonino Puliafico, Natale Cicciari, Sebastiano Buglisi, Fotonpuglia srl e Solarpuglia srl, hanno depositato memoria con la quale deducono:
1) inammissibilità o infondatezza del primo motivo di ricorso;
2) infondatezza del secondo motivo, in quanto la disposizione di cui si denuncia la violazione non è integrativa di una norma penale in bianco. Nella specie il reato contestato è quello di cui all’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, che punisce l’esecuzione di lavori in totale difformità o in assenza del permesso di costruire. E difatti il pubblico ministero aveva contestato la condotta della realizzazione di un impianto in assenza della prescritta autorizzazione unica regionale e del permesso di costruire, mentre non aveva contestato anche l’esercizio degli impianti, in quanto tale condotta si colloca al di fuori del precetto penale.
 
Il precetto aggiuntivo ed autonomo contenuto nell’art. 12, comma 3, 1. 29 dicembre 2003, n. 387, relativo all’esercizio dell’impianto non prevede alcuna sanzione e non può determinare effetti sanzionatori o cautelari in sede penale, non rientrando nemmeno fra le conseguenze del reato contestato.
 
Motivi della decisione
 
Il ricorso, nella parte in cui denuncia violazione di legge ed erronea applicazione di norme di diritto (non essendo, come è noto, proponibili in questa sede di legittimità, avverso provvedimenti in tema di misure cautelari reali, vizi di motivazione, se non consistenti nella assoluta mancanza di motivazione) è fondato.
 
Il giudice a quo ha invero ritenuto inesistente nella specie un qualsiasi periculum in mora osservando che l’impianto è installato in una zona non soggetta a particolare caratterizzazione paesaggistica, stante l’assenza di particolari vincoli di natura ambientale, compromettibili attraverso il funzionamento dell’impianto, il completamento della struttura e la connessione alla rete elettrica. Ciò, secondo il tribunale del riesame, determina l’insussistenza di un rischio in concreto di aggravamento delle conseguenze del reato ulteriori rispetto a quelle già irrimediabilmente compromesse con la materiale installazione della struttura abusiva.
 
La statuizione è palesemente infondata perché il tribunale del riesame – come esattamente lamenta il PM ricorrente – si è erroneamente limitato a considerare esclusivamente le conseguenze sugli aspetti ambientali e paesaggistici e (implicitamente) sul c.d. carico urbanistico, senza considerare le ulteriori conseguenze che la violazione delle norme relative ai titoli abilitativi occorrenti e l’integrazione della fattispecie criminosa contestata con il capo di imputazione producono sul complesso degli interessi e dei beni giuridici tutelati dalle norme in esame.
 
Giustamente il PM osserva che nella specie è stata contestata la violazione del precetto contenuto nella disposizione di cui all’art. 12, comma 3, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale dispone che «La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili … nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico». Analoga disposizione reca ora l’art. 5, comma 1, del d. lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE).
 
L’autorizzazione unica regionale, pertanto, è espressamente qualificata dalla disposizione in esame come necessaria non solo per la costruzione degli impianti e delle opere ed infrastrutture connesse, ma altresì per l’esercizio degli impianti stessi. E’ evidente che la ratio della norma è costituita dalla finalità che il controllo amministrativo da parte dell’ente regionale competente venga assicurato non solo nella fase della costruzione dell’impianto fotovoltaico, ma anche e soprattutto nella fase del suo esercizio.
 
L’ordinanza impugnata si fonda sull’assunto che la realizzazione di un impianto in assenza del relativo titolo abilitativo, costituito dalla autorizzazione unica regionale, comporta l’applicazione della sanzione indicata dall’art. 44 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380. Il PM ricorrente sostiene che la medesima sanzione deve applicarsi anche per l’esercizio abusivo, ossia senza il dovuto titolo abilitativo, di un impianto fotovoltaico, sicché tale esercizio rappresenta anch’esso un aspetto della condotta vietata e comunque rappresenta un aggravamento o una protrazione delle conseguenze illecite del reato contestato.
 
Con la memoria depositata la difesa contesta questo assunto sostenendo innanzitutto che il PM non ha contestato, oltre alla realizzazione, anche l’esercizio abusivo degli impianti in questione.
 
L’eccezione è infondata sia perché, come è noto, in questa fase cautelare la contestazione ha carattere fluido, sia perché, comunque, deve ritenersi che la violazione dell’art. 12, comma 3, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e quindi anche la condotta illecita ivi prevista, sia stata implicitamente contestata in fatto. L’eccezione è comunque irrilevante, così come sono irrilevanti tutte le altre (pur se a volte suggestive) questioni prospettate dalla difesa, ossia se il citato art. 12, comma 3, sia un precetto integrativo di una norma penale in bianco, se lo stesso art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia una norma penale in bianco, se l’art. 12, comma 3, cit. sia a sua volta una norma penale o una norma di cui si debba tener conto nella applicazione della legge penale, se il precetto in essa contenuto abbia o meno natura penale o sia assistito da una sanzione penale.
 
Quel che rileva in questa sede cautelare, infatti, è solo che il citato art. 12, comma 3, contiene sicuramente una norma che impone la necessità, in relazione agli impianti come quello in questione, della autorizzazione unica regionale sia al fine della costruzione dell’impianto sia anche al fine del suo successivo esercizio. La norma quindi richiede, in considerazione delle caratteristiche dell’impianto, che il controllo sulla sua realizzazione e sul suo concreto esercizio sia svolto da quella specifica autorità ritenuta competente, ossia dalla regione e non solo dai singoli comuni. Tanto la realizzazione tanto l’esercizio senza il necessario titolo abilitativo costituiscono pertanto violazioni della suddetta norma precettiva e producono entrambi una grave lesione dell’interesse tutelato dalla norma stessa. L’errore di diritto commesso dal tribunale del riesame è quello di aver ritenuto che il bene protetto, la cui perdurante lesione potrebbe giustificare il periculum in mora, sia costituito esclusivamente dal c.d. carico urbanistico o dall’interesse paesaggistico e ambientale. In realtà, come emerge dalla semplice lettura della norma precettiva, l’interesse da questa tutelato comprende anche l’esigenza che il concreto controllo sul corretto esercizio di impianti di questo genere sia svolto dall’autorità regionale e non da quella comunale. Nel caso in esame gli indagati, secondo quanto ritenuto dal tribunale del riesame, hanno appunto eluso la competenza regionale e il necessario sistema di controlli regionali che deve svolgersi per tutta la durata dell’esercizio dell’impianto. Ne deriva che, anche dopo l’ultimazione della sua realizzazione, l’utilizzazione dell’impianto senza il possesso del titolo abilitativo occorrente continua a produrre una lesione del bene giuridico protetto, ossia dell’interesse alla permanente vigilanza da parte dell’autorità competente anche sull’esercizio dell’impianto stesso, e pertanto aggrava o comunque protrae le conseguenze negative del reato ipotizzato.
 
E’ appunto irrilevante, sotto questo specifico aspetto, che l’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, faccia riferimento soltanto al permesso di costruire. E ciò sia perché l’art. 44 viene in rilievo come norma sanzionatoria, mentre la norma precettiva è contenuta nell’art. 12, e sia perché, quand’anche si ipotizzasse che la sanzione penale si possa applicare soltanto alla realizzazione dell’impianto senza il titolo abilitativo mentre il suo esercizio senza titolo sia punita solo con una sanzione amministrativa, non potrebbe comunque disconoscersi che la mancata sottoposizione dell’esercizio dell’impianto al controllo della competente autorità costituirebbe ugualmente una protrazione e un aggravamento delle conseguenze dannose del reato.
 
In accoglimento del ricorso del PM, l’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al tribunale di Brindisi.
 
E’ appena il caso di osservare che la conclusione qui raggiunta non si pone certamente in contrasto con la sentenza di questa Sezione del 13.4.2012, n. 24986, Di Giglio, la quale ha riguardato un caso diverso in cui non era stata nemmeno prospettata la violazione di legge circa l’erronea individuazione dei beni protetti dalla norma, ma si ponevano solo questioni di merito.
 
Per questi motivi
 
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Brindisi.
 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 25 settembre 2012.
 

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