Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Rifiuti
Numero: 9947 | Data di udienza: 20 Gennaio 2016
* RIFIUTI – PROCEDURA PENALE – Trasporto abusivo di rifiuti – Decreto di sequestro preventivo del mezzo – Istanza di riesame – Presupposti giuridici e limiti – Artt. 322, 322 bis, 568, 586, 591, 606 e 616 cod. proc. pen. – Fattispecie.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Marzo 2016
Numero: 9947
Data di udienza: 20 Gennaio 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: Riccardi
Premassima
* RIFIUTI – PROCEDURA PENALE – Trasporto abusivo di rifiuti – Decreto di sequestro preventivo del mezzo – Istanza di riesame – Presupposti giuridici e limiti – Artt. 322, 322 bis, 568, 586, 591, 606 e 616 cod. proc. pen. – Fattispecie.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10/03/2016 (ud. 20/01/2016) Sentenza n.9947
RIFIUTI – PROCEDURA PENALE – Trasporto abusivo di rifiuti – Decreto di sequestro preventivo del mezzo – Istanza di riesame – Presupposti giuridici e limiti – Artt. 322, 322 bis, 568, 586, 591, 606 e 616 cod. proc. pen. – Fattispecie.
L’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Cass. Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Marenco, Rv. 263799; Sez. 2, n. 17852 del 12/03/2015, Cavallini); affinchè sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Pascale). Fattispecie: istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip relativamente all’autocarro utilizzato per il trasporto abusivo di rifiuti.
(conferma ordinanza del 18/05/2015 del Tribunale di Palermo) Pres. RAMACCI, Rel. RICCARDI, Ric. Piances
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^ 10/03/2016 (ud. 20/01/2016) Sentenza n.9947SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da Piances Giuseppe, nato a Palermo il 11/03/1973
– avverso l’ordinanza del 18/05/2015 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
– lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
– udito il difensore dell’indagato, Avv. Giuseppe Agnello, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 18 maggio 2015 il Tribunale di Palermo, in funzione di riesame, dichiarava l’inammissibilità dell’istanza di riesame proposta da Piances Giuseppe avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese il 05/05/2014, relativamente all’autocarro Iveco Turbo Daily, tg. DF 113 EN, utilizzato per il trasporto abusivo di rifiuti, accoglieva l’istanza con riferimento ai rifiuti metallici, in ragione dell’autorizzazione al commercio ambulante, e rigettava con riferimento agli altri rifiuti (batterie, scaldabagni, bombole gas, parti meccaniche di veicoli, ecc.).
In particolare, la dichiarazione di inammissibilità era fondata sul rilievo che l’indagato non è legittimato a proporre riesame, essendo l’autocarro in sequestro appartenente a terza persona (Urso Angelina).
2. Avverso tale provvedimento ricorre il difensore dell’indagato, Avv. Giuseppe Agnello, articolando un unico motivo di gravame, qui enunciato, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
Il ricorrente deduce violazione di legge sostanziale e processuale ex art. 606, comma 1, lett. b) e e), cod. proc. pen., lamentando che il tribunale ha omesso qualsivoglia motivazione in ordine alla dedotta insussistenza del periculum, ed essendo l’indagato legittimato alla richiesta di riesame anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Preliminare ed assorbente appare la questione concernente la legittimazione alla proposizione del riesame in capo all’indagato, in quanto non proprietario del mezzo sequestrato.
I giudici del riesame hanno ritenuto determinante, per negarne la legittimazione, il fatto che Piances Giuseppe non fosse il proprietario dell’autocarro adoperato per il trasporto illecito di rifiuti, essendo il veicolo formalmente intestato a tale Urso Angelina.
Al riguardo, va evidenziato che l’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., la cui lettura non può essere disgiunta dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione proposta “da chi non è legittimato o non ha interesse”.
Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, e condivisibile, di questa Corte di Cassazione, l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (ex multis, Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Marenco, Rv. 263799; Sez. 2, n. 17852 del 12/03/2015, Cavallini Rv. 263756); affinchè sia legittimato a proporre impugnazione, pertanto, l’indagato o l’imputato deve reclamare una relazione con la cosa a sostegno della sua pretesa alla cessazione del vincolo, in quanto il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante (Sez. 1, n. 15998 del 28/02/2014, Pascale, Rv. 259601).
Questo Collegio non ignora l’esistenza di un (almeno apparentemente) diverso e minoritario indirizzo, che ritiene l’indagato sempre legittimato al riesame indipendentemente dal fatto che i beni siano sottratti alla sua disponibilità o a quella di terzi (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco, Rv. 251091: “L’interesse alla proposizione della richiesta di riesame di un provvedimento di sequestro preventivo sussiste in capo all’imputato (e all’indagato) pur quando il sequestro abbia ad oggetto beni intestati a terzi, perché l’interesse si misura sulla possibilità del dissequestro, a prescindere dalla spettanza del diritto alla restituzione dei beni”; Sez. 4, n. 21724 del 20/04/2005, Ventrone, Rv. 231374: “La persona sottoposta alle indagini nei cui confronti sia stato adottato un decreto di sequestro preventivo è legittimata a richiedere l’appello, ex art. 322-bis cod. proc. pen., di detto provvedimento anche se la cosa sequestrata sia di proprietà di terzi, non potendosi contestare l’interesse al gravame ogni qual volta venga in discussione la natura del reato o la qualificazione giuridica del fatto o comunque sia configurabile un ‘influenza sul procedimento penale”).
Tuttavia, il contrasto è, ad avviso di questo Collegio, apparente, alla luce di una appropriata operazione di c.d. distinguishing, che comporta l’inosservanza di un precedente giurisprudenziale non già per la fallacia argomentativa o la non condivisibilità, bensì in ragione dell’eccessiva ampiezza del principio di diritto espresso nella motivazione rispetto alla fattispecie concreta (c.d. restrictive distinguishing): invero, la fattispecie a fondamento dell’affermazione della legittimazione dell’indagato non titolare del bene era il trasferimento fraudolento di beni mediante intestazione fittizia (art. 12 quinquies, d.l. 306 del 1992), laddove il presupposto del sequestro preventivo risiedeva proprio nel potere di disposizione dell’indagato sui beni fittiziamente intestati (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco); di conseguenza, l’interesse alla restituzione dell’indagato, sebbene non titolare formale del bene in sequestro, era fondato sul presupposto fattuale dell’imputazione contestata, ovvero la disponibilità di fatto dei beni in sequestro, in quanto fittiziamente intestati.
Va dunque ribadito il principio di diritto secondo il quale l’accusato (secondo l’omnicomprensiva espressione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo) non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale, fondato su una relazione con la cosa, alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro; in tal senso, rileva anche la natura del reato contestato, la qualificazione giuridica attribuita al fatto e l’influenza immediata sul procedimento penale (si pensi all’indagato per trasferimento fraudolento di beni che, contestando la sussistenza del fumus commissi delicti, ha un concreto ed attuale interesse alla restituzione dei beni sequestrati, in caso di disconoscimento del quadro indiziario sulla finalità elusiva o agevolatoria).
Del resto, le norme che disciplinano i soggetti legittimati al riesame (o all’appello) non necessariamente devono ritenersi integrare ipotesi di antinomie reali, da sciogliersi mediante applicazione di una sola delle norme in conflitto: l’orientamento che sostiene la generale legittimazione dell’indagato a proporre riesame, infatti, fonda l’interpretazione sulla lettera dell’art. 322 cod. proc. pen. (“l’imputato…, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione … “), “rafforzata dal principio generale espresso dall’art. 586 c.p.p., comma 3” (Sez. 2, n. 32977 del 14/06/2011, Chiriaco).
Tuttavia, a parere di questo Collegio, la legittimazione all’impugnazione va valutata alla luce di tutte le norme che vengono in rilievo, che, all’esito di un’operazione di interpretazione rivolta a determinare l’esatto significato delle varie disposizioni, nei loro rapporti reciproci e nelle connessioni con le altre norme dell’ordinamento, consentono di individuare una ipotesi di antinomia apparente, in quanto il risultato dell’interpretazione abbia reso compatibili disposizioni e norme prima facie contraddittorie.
Nel caso della legittimazione al riesame reale, infatti, vengono in rilievo non soltanto le norme ‘settoriali’ poste nell’ambito della disciplina delle impugnazioni dei sequestri preventivi – gli artt. 322 e 322 bis cod. proc. pen. -, ma altresì le norme generali in materia di impugnazione (in particolare, gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen.): ebbene, una lettura solipsistica delle disposizioni condurrebbe ad individuare un’ipotesi di antinomia reale, che dovrebbe essere risolta mediante il ricorso ai classici criteri regolativi (cronologico, gerarchico, competenza), per l’individuazione della disposizione prevalente, e dunque applicabile; viceversa, una lettura sistematica delle disposizioni consente di affermare che si tratta di antinomia apparente, non essendoci reale contraddittorietà tra le norme che, da un lato, individuano la legittimazione all’impugnazione nei procedimenti cautelari reali nell’accusato, sebbene non titolare del bene, ovvero, dall’altro lato, sulla base dell’interesse concreto, nell’accusato titolare del bene in sequestro.
Invero, trattandosi di disposizioni per le quali non viene in rilievo il criterio gerarchico, né quello cronologico, trattandosi della medesima fonte normativa, né, infine, il criterio di competenza, essendo quantomeno controverso che disciplinino procedimenti diversi, deve ritenersi preferibile un’interpretazione che consenta una reductio ad unum del sistema di disposizioni: le norme sull’interesse all’impugnazione, infatti, sono generali, essendo poste nel libro IX sulle impugnazioni, e nel Titolo I sulle “disposizioni generali”; dunque, l’interesse all’impugnazione è requisito generale per tutte le impugnazioni, anche quelle cautelari.
Tali norme generali non possono ritenersi derogate dalle norme in tema di impugnazioni delle misure cautelari reali, che, indicando tre categorie di “legittimati” (“l’imputato … , la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione … “), individua il genus di persone che avrebbero astratto interesse alla proposizione del riesame o dell’appello, trattandosi di categorie alternative – come indiziato dall’uso della congiunzione “e” – e non necessariamente sovrapponibili; le norme sulle impugnazioni in generale, invece, disciplinano il diverso profilo dell’ammissibilità, postulando la necessità di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va dichiarata inammissibile.
In altri termini, l’art. 322 cod. proc. pen. individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione ‘reale’, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale.
Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo è proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare; ed anche nelle ipotesi in cui è stata ammessa la legittimazione dell’indagato non titolare del bene, come si è evidenziato, non è stato l’astratto interesse connesso alla categoria soggettiva ad avere fondato l’ammissibilità dell’impugnazione, bensì il concreto interesse alla restituzione del bene in sequestro, sulla base della relazione con la cosa ovvero della peculiare qualificazione giuridica dei fatti.
3. Nel caso di specie, risulta dal ricorso e dal provvedimento impugnato che l’indagato era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria mentre trasportava i rifiuti indicati con un autocarro intestato a tale Urso Angelina.
Tuttavia, lo stesso ricorrente non ha dedotto, né tanto meno provato, una relazione con il bene in sequestro suscettibile di fondare un concreto interesse alla restituzione dell’autocarro. Non ricorre, pertanto, il requisito valutato da Sez. 3, n. 34917 del 09/07/2015, Caccamo, che, in analoga fattispecie di trasporto abusivo di rifiuti, ha riconosciuto l’interesse alla restituzione del veicolo, solo formalmente intestato alla moglie dell’indagato, ma da questi utilizzato per l’esercizio dell’attività di commercio ambulante, sul presupposto di una accertata relazione con il bene sequestrato.
4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen..
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 20/01/2016