Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Acqua - Inquinamento idrico, Agricoltura e zootecnia, Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 24361 | Data di udienza: 13 Aprile 2016

CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Acque provenienti da frantoio – Pratica della fertirrigazione – Disciplina in deroga alla normativa sui rifiuti – Effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze nella stessa attività agricola – Artt. 133, 137 e 256 D.Lvo n. 152/06ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento di acque di vegetazione dei frantoi oleari – Acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari – Inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività – Sanzioni e limiti – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Nozione di fertirrigazione – Presupposti – Esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento – Quantità, qualità, modalità e tempi degli effluenti siano adeguate al tipo di coltivazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di appello – Riforma di una sentenza assolutoria in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione – Ricorso in Cassazione – Declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 10 Giugno 2016
Numero: 24361
Data di udienza: 13 Aprile 2016
Presidente: Ramacci
Estensore: Mocci


Premassima

CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Acque provenienti da frantoio – Pratica della fertirrigazione – Disciplina in deroga alla normativa sui rifiuti – Effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze nella stessa attività agricola – Artt. 133, 137 e 256 D.Lvo n. 152/06ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento di acque di vegetazione dei frantoi oleari – Acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari – Inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività – Sanzioni e limiti – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Nozione di fertirrigazione – Presupposti – Esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento – Quantità, qualità, modalità e tempi degli effluenti siano adeguate al tipo di coltivazione – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di appello – Riforma di una sentenza assolutoria in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione – Ricorso in Cassazione – Declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi.



Massima

 


CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 10/06/2016 (Ud. 13/04/2016) Sentenza n.24361



CODICE DELL’AMBIENTE – RIFIUTI – Acque provenienti da frantoio – Pratica della fertirrigazione – Disciplina in deroga alla normativa sui rifiuti – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze nella stessa attività agricola – Artt. 133, 137 e 256 D.Lvo n. 152/06
 
La pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, rispetto alla quale è autonoma ed indipendente e non richiede che gli effluenti provengano da attività agricola e siano riutilizzati nella stessa attività agricola, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che essa sia di una qualche utilità per l’attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica, con la conseguenza che, in difetto, essa resta sottoposta alla disciplina generale sui rifiuti. Pertanto, integra il reato previsto dall’art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 lo smaltimento, lo spandimento o l’abbandono incontrollati delle acque provenienti da un frantoio oleoso, potendosi applicare la disciplina prevista dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità aì fini agricoli (Cass. Sez. 3, n. 40533 del 17/06/2014 (dep. 01/10/2014), Pellegrino).
 
 
RIFIUTI – ACQUA – INQUINAMENTO IDRICO – Utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento di acque di vegetazione dei frantoi oleari – Acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari – Inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività – Sanzioni e limiti.
 
Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 5, prevede un’ipotesi dì illecito amministrativo, salvo che il fatto costituisca reato, per l’ipotesi di inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 170, comma 7, fino all’emanazione della disciplina regionale dì cui all’art. 112, comma 2, mentre l’art. 137, comma 14°, stabilisce l’applicazione della sanzione penale per l’effettuazione dell’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure in caso di inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività e, infine, per l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente. Da ciò consegue, come già rilevato (Cass. Sez. 3^ n. 38411, 9/10/2008,) che, stante la presenza, nell’articolo 133, della clausola che fa salva l’applicabilità della sanzione penale, l’irrogazione della sanzione amministrativa è consentita ” …solo per quelle violazioni delle disposizioni regionali che non consistano nell’esercizio della utilizzazione agronomica fuori dei casi e delle procedure previste, o nell’inizio della attività senza previa comunicazione all’autorità competente, ovvero nell’inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività”.
 

AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Nozione di fertirrigazione – Presupposti – Esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento – Quantità, qualità, modalità e tempi degli effluenti siano adeguate al tipo di coltivazione.
 
Presupposto imprescindibile per l’effettuazione della pratica della fertirrigazione è l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l’attività sia di una qualche utilità per l’attività agricola svolta nonché un’indagine sullo stato, le condizioni e le modalità dì utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un’attività la cui finalità sia effettivamente il recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali. Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, la quantità e qualità degli effluenti sia adeguata al tipo di coltivazione, i tempi e le modalità dì distribuzione siano compatibili ai fabbisogni delle colture e, in secondo luogo, che siano assenti dati fattuali sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta, effettuato a fine ciclo vegetativo, oppure senza tener conto delle capacità di assorbimento del terreno con conseguente ristagno.
 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Giudizio di appello – Riforma di una sentenza assolutoria in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione – Ricorso in Cassazione – Declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi.
 
Nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione, nella diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, esprima una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio [Sez. 3, Sentenza n. 6817 del 27/11/2014 Ud. (dep. 17/02/2015)]. Inoltre, la declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità [Cass. Sez. U, Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc. (dep. 21/2/2000) e, da ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 28848 dell’8/0S/2013 Ud. (dep. 08/07/2013)].

(conferma sentenza del 12/06/2014 della Corte d’Appello dì Lecce, sez. distaccata di Taranto) Pres. RAMACCI, Rel. MOCCI, Ric. Bitetti
 

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 10/06/2016 (Ud. 13/04/2016) Sentenza n.24361

SENTENZA

 

 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 10/06/2016 (Ud. 13/04/2016) Sentenza n.24361
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
 
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
omissis
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA 
 
– sul ricorso proposto da Bitetti Felice, nato a Ginosa il 12/05/1956
– avverso la sentenza del 12/06/2014 della Corte d’Appello dì Lecce, sez. distaccata di Taranto
– visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
– udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
– udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario Fraticelli, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con sentenza del 20 maggio 2013, il giudice monocratico del Tribunale di Taranto, sez. distaccata di Ginosa, assolveva Felice Bitetti dai reati di cui agli artt. 137 commi 1 ° e 2° del D.Lvo n°152/06 e 256 comma 2° del D.Lvo n°152/06
 
Al prevenuto era contestato di non aver ottemperato al regolamento regionale in tema di utilizzo agronomico delle acque dì vegetazione, avendole convogliate nella rete fognaria, e dì aver abbandonato, in un terreno di sua proprietà, acque di vegetazione per un quantitativo di mq. 364.
 
2. Su gravame del Procuratore generale in ordine al capo e) – art. 256 comma 2° del D.Lvo n°152/06 – la Corte d’Appello dì Lecce, sez. distaccata di Taranto riformava la sentenza impugnata, condannando l’imputato alla pena di € 7.500,00 di ammenda.
 
Affermava il giudice di secondo grado che l’esame approfondito delle risultanze processuali induceva a ritenere realizzato il reato in contestazione. Avrebbe dovuto, all’uopo, reputarsi rilevante la deposizione Di Fuscolo, da cui era emerso che la superficie interessata aveva ricevuto 300 mc. dì acqua di vegetazione, mentre avrebbe potuto tollerarne al massimo 30-40 mc., determinando in tal modo la modifica della configurazione dei luoghi. Così si sarebbe realizzata la fattispecie vietata dall’art. 256 cit. con riguardo all’immissione sul suolo e sottosuolo di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solìdo o liquido.
 
3. Ha proposto ricorso per cassazione il Bitetti, sulla scorta dì tre motivi [manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606 lett. e) c.p.p.: inosservanza o erronea applicazione della legge penale, art. 606 lett. b) c.p.p.: decorso del tempo dì prescrizione del reato].
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Mediante il primo motivo, il ricorrente assume che la Corte territoriale, dopo aver enunciato le molteplici ragioni che avevano indotto il Tribunale ad assolvere l’imputato, le avrebbe poi ignorate. Pertanto, di fronte alle plurime ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della statuizione assolutoria, l’affermazione secondo cui il primo giudice avrebbe liquidato sbrigativamente le risultanze processuali sarebbe stata del tutto illogica e gratuita. D’altronde, la motivazione della sentenza impugnata avrebbe tratto spunto da dichiarazioni testimoniali, che avevano invece evidenziato la mancanza della prova del fatto, e sì sarebbe riferita alla condotta del Bitetti, che pure non era stato autore né del trasporto né dello spandimento. Sarebbe stato del tutto contraddittorio ìl richiamo alla documentazione planimetrica.
 
2. La seconda censura s’impernia sul fatto che la fattispecie avrebbe dovuto assumere ì contorni dell’art. 137 comma 14° del D.Lvo n. 152/2006, norma speciale rispetto a quella generale dì cui all‘art. 256 comma 2° del cit. D.Lvo, trattandosi di acque vegetative derivanti dalla molitura delle olive. 
 
3. Con la terza doglianza, ìl Bitetti fa rilevare che il reato sarebbe in ogni caso prescritto.
 
4. Il ricorso è manifestamente infondato.
 
Va preliminarmente ribadito l’insegnamento, secondo il quale nel giudizio di appello, per la riforma di una sentenza assolutoria, in mancanza di elementi sopravvenuti occorre che la motivazione, nella diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, esprima una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio [Sez. 3, Sentenza n. 6817 del 27/11/2014 Ud. (dep. 17/02/2015) Rv. 262524].
 
4.1. Nella specie, e con riguardo al primo motivo, può oggettivamente dirsi che la sentenza della Corte d’Appello abbia discusso gli elementi che il Tribunale di Taranto aveva portato a sostegno dell’assoluzione dai reati ascritti al Bitetti e li abbia puntualmente confutati, con il richiamo alla testimonianza Di Fuscolo, nonché alla documentazione planimetrica e fotografica. In altri termini, il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale sulla scorta dei dati fattuali disponibili, imperniato sulla concreta inosservanza delle dichiarazioni rilasciate alla Pubblica amministrazione, appare logico e congruo e si sottrae pertanto a qualunque sindacato di legittimità.
 
4.2. Presupposto imprescindibile per l’effettuazione della pratica della fertirrigazione è l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che l’attività sia di una qualche utilità per l’attività agricola svolta nonché un’indagine sullo stato, le condizioni e le modalità dì utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica. In altre parole, deve trattarsi di un’attività la cui finalità sia effettivamente il recupero delle sostanze nutritive ed ammendanti contenute negli effluenti e non può risolversi nel mero smaltimento delle deiezioni animali.
 
Da ciò consegue la necessità che, in primo luogo, vi sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, la quantità e qualità degli effluenti sia adeguata al tipo di coltivazione, i tempi e le modalità dì distribuzione siano compatibili ai fabbisogni delle colture e, in secondo luogo, che siano assenti dati fattuali sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione quali, ad esempio, lo spandimento dì liquami lasciati scorrere per caduta, effettuato a fine ciclo vegetativo, oppure senza tener conto delle capacità di assorbimento del terreno con conseguente ristagno.
 
Per quanto riguarda il regime sanzionatorio applicabile, va osservato che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 5, prevede un’ipotesi dì illecito amministrativo, salvo che il fatto costituisca reato, per l’ipotesi di inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 170, comma 7, fino all’emanazione della disciplina regionale dì cui all’art. 112, comma 2, mentre l’art. 137, comma 14°, stabilisce l’applicazione della sanzione penale per l’effettuazione dell’utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all’art. 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure in caso di inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività e, infine, per l’utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente. Da ciò consegue, come già rilevato (Sez. 3^ n. 38411, 9 ottobre 2008,) che, stante la presenza, nell’articolo 133, della clausola che fa salva l’applicabilità della sanzione penale, l’irrogazione della sanzione amministrativa è consentita ” …solo per quelle violazioni delle disposizioni regionali che non consistano nell’esercizio della utilizzazione agronomica fuori dei casi e delle procedure previste, o nell’inizio della attività senza previa comunicazione all’autorità competente, ovvero nell’inottemperanza al divieto o all’ordine di sospensione dell’attività”.
 
È appena il caso dì precisare che la richiamata disciplina sanzionatoria presuppone, in ogni caso, lo svolgimento di un’attività effettivamente inquadrabile nella nozione di utilizzazione agronomica in precedenza delineata, come si ricava agevolmente dal tenore letterale della norma la quale, infatti, fa sempre riferimento a tale specifica attività, ancorché effettuata al dì fuori dei casi e delle procedure stabilite, con la conseguenza che ogni altra condotta non rientrante nella richiamata tipologia andrà opportunamente collocata entro ambiti diversi, comprendenti anche specifiche ipotesi di reato, quali quelle previste in caso di illecita gestione di rifiuti.
 
Alla luce delle considerazioni dianzi esposte va pertanto nuovamente affermato il principio secondo il quale la pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, rispetto alla quale è autonoma ed indipendente e non richiede che gli effluenti provengano da attività agricola e siano riutilizzati nella stessa attività agricola, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze, la quale implica che essa sia di una qualche utilità per l’attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica, con la conseguenza che, in difetto, essa resta sottoposta alla disciplina generale sui rifiuti. Pertanto, integra il reato previsto dall’art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 lo smaltimento, lo spandimento o l’abbandono incontrollati delle acque provenienti da un frantoio oleoso, potendosi applicare la disciplina prevista dalla legge 11 novembre 1996, n. 574 ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità aì fini agricoli [Sez. 3, n. 40533 del 17/06/2014 (dep. 01/10/2014), Pellegrino, Rv. 260755]. Nella specie, è emerso che la particella interessata al versamento, la n. 213 era diversa da quelle indicate nella dichiarazione resa alle autorità competenti (Comune di Ginosa ed ARPA) e dunque mancava, dì fatto, proprio ìl requisito dell’utilità.
 
4.3. La manifesta infondatezza dei motivi determina l’inammissibilità del ricorso, ex art. 606 comma 3° c.p.p.
 
A tale proposito, giova sottolineare che il reato contestato sì è prescritto il 20 gennaio 2015, ma la declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità [Sez. U, Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc. (dep. 21/2/2000) Rv. 217266 e, da ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 28848 dell’8/0S/2013 Ud. (dep. 08/07/2013) Rv. 256463].
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dì € 1.500 in favore della Cassa delle Ammende.
 
Così deciso il 13/04/2016
 
 
 

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