Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Agricoltura e zootecnia, Diritto processuale penale, Rifiuti Numero: 27413 | Data di udienza: 20 Giugno 2012

* RIFIUTI AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Gestione – Teloni e film di protezione di prodotti agricoli – Riciclabilità al termine del loro utilizzo – Obbligo – Gestione trasfrontaliera nella Repubblica cinese – Mancato rispetto della normativa – Provvedimenti cautelari nei confronti del trasgressore – Destinatarie che operano nel settore  – Omessa indicazione delle fonti normative – Irrilevanza – Concorso di un soggetto con i coindagati nella programmazione di una serie indefinita di esportazioni dei rifiuti – Condivisione del meccanismo fraudolento – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Integrazione della fattispecie di associazione a delinquere – Anche in assenza di accordi e progetti – Associazione a delinquere – Presupposti – Artt.182, 234, 256, c.1, lett.a), 259 e 260 d.lgs. n.152/2006.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Luglio 2012
Numero: 27413
Data di udienza: 20 Giugno 2012
Presidente: Franco
Estensore: Marini


Premassima

* RIFIUTI AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Gestione – Teloni e film di protezione di prodotti agricoli – Riciclabilità al termine del loro utilizzo – Obbligo – Gestione trasfrontaliera nella Repubblica cinese – Mancato rispetto della normativa – Provvedimenti cautelari nei confronti del trasgressore – Destinatarie che operano nel settore  – Omessa indicazione delle fonti normative – Irrilevanza – Concorso di un soggetto con i coindagati nella programmazione di una serie indefinita di esportazioni dei rifiuti – Condivisione del meccanismo fraudolento – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Integrazione della fattispecie di associazione a delinquere – Anche in assenza di accordi e progetti – Associazione a delinquere – Presupposti – Artt.182, 234, 256, c.1, lett.a), 259 e 260 d.lgs. n.152/2006.



Massima


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 11 luglio 2012 (Ud. 26/06/2012), Sentenza n. 27413

 
RIFIUTI – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Gestione – Teloni e film di protezione di prodotti agricoli – Riciclabilità al termine del loro utilizzo – Obbligo.
 
In materia di trattamento dei rifiuti plastici, i teloni e i film di protezione dei prodotti agricoli non costituiscono “imballaggio” bensì oggetti a composizione plastica destinati a supportare le attività agricole produttive; pertanto tali oggetti, indipendentemente dalla operatività del decreto 2/5/2006 del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, una volta cessato il loro ciclo di impiego, devono essere considerati come rifiuti destinati possibilmente al recupero. Il mancato conferimento ai consorzio Polieco di rifiuti plastici non può allo stato essere considerato condotta antigiuridica e valutabile come “abusiva” nei termini integrativi della fattispecie incriminatrice ex art.260 d.lgs. n.152/06. Tuttavia, i trasporti di rifiuti plastici non pericolosi destinati a impianti di recupero operanti all’interno della Repubblica popolare cinese debbono rispettare le formalità e le garanzie richieste, con conseguente illiceità anche per l’ordinamento italiano delle relative violazioni.
 
(Conferma ordinanza del 23.12.2011 della TRIBUNALE DI LECCE); Pres. Franco, Est. Marini, Ric. A.A.
 
 
RIFIUTI – Gestione trasfrontaliera nella Repubblica cinese – Mancato rispetto della normativa – Provvedimenti cautelari nei confronti del trasgressore – Destinatarie che operano nel settore –Omessa indicazione delle fonti normative – Irrilevanza.
 
I provvedimenti cautelari applicati al trasgressore della disciplina in materia di gestione transfrontaliera dei rifiuti e di spedizione a imprese che hanno sede nella Repubblica popolare cinese, sono manifestamente infondati quando sono volti ad eccepire la carente indicazione delle fonti normative, da cui discenderebbero gli obblighi e le garanzie previste dalla predetta disciplina, essendo chiaro alle persone che operano professionalmente nel settore, che: a) la disciplina ricavabile dal contenuto degli allegati ai regolamenti e dalle risposte dei Paesi non membri ai questionari integra la disciplina dei medesimi regolamenti, aventi efficacia immediata nel ordinamento italiano, sulla base del meccanismo disegnato e attuato col regolamento base, (CE) 2006/1013, in relazione a quanto previsto anche dall’art. 19 del regolamento (CE) 1993/259; b) il contenuto delle risposte ai questionari, ivi comprese le indicazioni dei rifiuti la cui importazione è vietata o soggetta a restrizioni e controlli e le indicazioni circa le regole che ogni Paese non membro chiede siano rispettate, è reso pubblico periodicamente dall’istituzione europea e dunque conoscibile da qualsiasi operatore e rappresenta il riferimento normativo per valutare la regolarità delle operazioni di spedizione dei rifiuti; C) tale disciplina è recepita dall’ordinamento italiano sulla base del rinvio alla disciplina europea contenuto nell’art. 194 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, così che le disposizioni vigenti in Italia sono integrate e specificate dal complesso delle disposizioni sopra richiamate e concorrono a definire in modo coerente gli obblighi cui debbono sottostare gli esportatori e i presupposti delle violazioni penalmente rilevanti.
 
(Conferma ordinanza del 23.12.2011 della TRIBUNALE DI LECCE); Pres. Franco, Est. Marini, Ric. A.A.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – RIFIUTI – Gestione – Concorso di un soggetto con i coindagati nella programmazione di una serie indefinita di esportazioni dei rifiuti – Condivisione del meccanismo fraudolento – Integrazione della fattispecie di associazione a delinquere – Anche in assenza di accordi e progetti. 
 
Quando è assodato che per un ampio arco temporale un soggetto abbia concorso con i coindagati nella programmazione di una serie indefinita di esportazioni dei rifiuti, nella predisposizione degli strumenti tecnici e dei supporti personali necessari per operare un traffico di ingenti dimensioni che richiede visione strategica, selezione dei porti di volta in volta più adatti, capacità di rispondere alle difficoltà che si manifestano, divenendo così parte essenziale del complessivo meccanismo fraudolento di cui ha condiviso finalità, modalità e programmazione aperta al massimo numero possibile, non è necessario che esistano accordi e condivisione del progetto fra l’agente e tutti gli altri partecipi del programma criminoso, risultando sufficiente, per l’integrazione di gravi indizi di sussistenza della fattispecie associativa, la condivisione del progetto criminoso e l’apporto dell’agente alla sua realizzazione.

(Conferma ordinanza del 23.12.2011 della TRIBUNALE DI LECCE); Pres. Franco, Est. Marini, Ric. A.A.
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – RIFIUTI – Gestione – Associazione a delinquere – Esistenza del vincolo associativo – Presupposti.
 
In tema di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati riguardanti la gestione dei rifiuti, l’esistenza del vincolo associativo ben può desumersi dalla stabilità dei rapporti e del reciproco affidamento che caratterizzano le condotte di chi sistematicamente si rivolge ad una struttura che opera illecitamente nel settore della gestione dei rifiuti, traendone vantaggi, e nello stesso tempo in modo consapevole aderisce al progetto criminoso e contribuisce a rafforzarlo.

(Conferma ordinanza del 23.12.2011 della TRIBUNALE DI LECCE); Pres. Franco, Est. Marini, Ric. A.A.

 

 


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 11 luglio 2012 (C.c. 260/06/2012), Sentenza n. 27413

SENTENZA

 
 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
 
 Amedeo Franco                                         – Presidente
Silvio Amoresano                                       – Consigliere
Luigi Marini                                                – Consigliere Rel.
M.Pia Gaetana Savino                                 – Consigliere
Elisabetta Rosi                                           –  Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da  AMENDOLAGINE Arcangelo, nato a Bitonto il 28/4/1956
avverso l’ordinanza del 23/12/2011 del Tribunale di Lecce, quale giudice del riesame, che ha confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa il 21/11/2011 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce in ordine ai reati, commessi in Taranto e Napoli dal 17/1/2008 all’attualità, previsti da:
Al) art.416, commi 1 e 2, cod. pen. e 4 della legge n.146 dei 2006 quale partecipante dell’associazione;
B1) artt.81, 100 cod. pen. 256, comma 1, lett.a), 259 e 260 del 152/2006; C1) artt.81, 110, 483, 48-479 cod. pen.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Fulvio Ricca, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
 
1. Con ordinanza emessa il 21/11/2011 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce ha applicato al sig. Amendolagine la misura cautelare della custodia in carcere in ordine ai reati continuati, commessi in Taranto e Napoli dal 17/1/2008 all’attualità, di associazione per delinquere, quale partecipe della medesima, traffico di rifiuti speciali e falsità in atti pubblici contestati ai capi A.1, B.1 e C.1 della imputazione cautelare. II giudice ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati contestati al ricorrente quale amministratore di fatto della società “RECUPERI Sud S.r.l.”, amministrata da Emanuele Amendolagine, reati consistiti nella esportazione illegale e mediante ricorso a n.49 dichiarazioni doganali ideologicamente false di oltre tre milioni di chilogrammi di rifiuti speciali. Ha ritenuto, quindi, sussistere anche esigenze cautelari che imponevano la misura della custodia in carcere.
 
2. Avverso l’ordinanza cautelare è stata avanzata dal sig. Amendolagine una istanza di riesame accompagnata dalla presentazione di numerosi motivi di censura, che riguardano sia profili procedimentali (vizio di competenza territoriale; esistenza di provvedimenti di archiviazione preclusivi delle nuove indagini) sia profili attinenti il merito delle contestazioni sia, infine, profili attinenti l’esistenza di esigenze cautelari.
 
3. Con l’ordinanza oggetto del ricorso in esame il Tribunale di Lecce ha, in sintesi, statuito che:
a. L’emissione di misura cautelare non è consentita per i reati contravvenzionali ex artt.256, comma 1, lett.a), e 259 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 e per il delitto previsto dall’art.483 cod. pen., dovendosi peraltro escludere la sussistenza degli estremi del reato previsto dagli artt.48 e 479 cod. pen.;
b. Devono dunque essere esaminati il delitto previsto dagli artt.416 cod. pen., aggravato ai sensi dell’art.4 della legge n.146 del 2006 (capo Al), e quello previsto dall’art.260 dei d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 (capo B1), reato quest’ultimo che comporta l’attribuzione della competenza al Giudice delle indagini preliminari del capoluogo di distretto (artt.328, comma 1-bis, e 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.);
c. Deve essere respinta l’eccezione in ordine alla competenza territoriale, occorrendo fare riferimento ai criteri residuali fissati dall’art.9, comma 3, cod. proc. pen. e alla individuazione del luogo di prima iscrizione della notizia di reato, cioè Taranto;
d. Deve essere respinta la questione relativa alla preclusione che discenderebbe dai provvedimenti di archiviazione invocati dall’indagato, posto che i provvedimenti avevano ad oggetto singole ipotesi di illecita esportazione e non i più vasti e articolati fatti oggetto della presente indagine;
e. Sussistono gravi indizi di sussistenza dei delitti sopra richiamati (pag.5 e ss.) della motivazione) e di partecipazione del ricorrente ai medesimi (pag.12 e ss.), non risultando accoglibili le osservazioni difensive (pag.15);
f. Sussistono rilevanti esigenze cautelari, anche il relazione alla disposizione prevista dall’art.275, comma 3, cod. proc. pen., e non assumono rilevanza in questa sede le questioni concernenti la compatibilità delle condizioni di salute dell’indagato con la custodia in carcere.
 
4. Avverso l’ordinanza il sig. Amendolagine propone unitamente ai Difensore ricorso col quale prospetta censure che attengono:
 
A) Al controllo CCIC
A.1 – errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per inosservanza del Regolamento Europeo CE 1418/2007 del 29/11/2007, che con riferimento alle esportazioni verso la Cina non include i rifiuti plastici in polietilene e alcun riferimento al CCIC;
A.2 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. con riferimento alla disciplina che imporrebbe l’obbligo dell’ispezione del CCIC;
A.3 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. con riferimento alla presunta illiceità di una spedizione di rifiuti destinata alla Cina con scalo a Hong Kong;
I motivi di ricorso espongono le ragioni che escludono i materiali esportati dal ricorrente dagli obblighi attinenti il conferimento al Consorzio Polieco, al controllo CCIC e alla licenza AQSIQ. Muovendo dal contenuto del Regolamento CE 1418/2007 del 9/11/2007, e dalle differenze che esso contiene rispetto ai regolamenti CE 1547/99 e 801/2007, il ricorrente evidenzia che il Regolamento CE 354/2000 del 16/2/2000 ha abolito l’ispezione del CCIC e che l’ispezione “a cura delle autorità cinesi”, è stata reintrodotta dal Regolamento CE 105/2005 senza che sia presente – a differenza di quanto avveniva con disciplina del 1999 – la dizione “obbligatoria”. Venendo al Regolamento CE 1418/2007, il ricorrente osserva che in ordine ai controlli e alle procedure, la pag.L316/7 reca il testo dell’art.i e questo opera un rinvio all’allegato che (pag.L316/20) per la Cina non include affatto il rifiuto recuperato plastico B 3010, con la conseguenza che per il polietilene non sussiste alcuna restrizione. Si deve concludere che l’ispezione da parte della ditta cinese destinataria, avvenuta nei casi in esame, è sufficiente.
 
B) Alla licenza AQSIQ:
8.1 – errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento al Regolamento CE 1418/2007 che alle pag.L316/8 e L316/20 non include i rifiuti plastici fra quelli per cui occorre la licenza AQSIQ per la destinazione alla Cina;
B.2 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. per avere il Tribunale omesso radicalmente di indicare quale normativa imporrebbe la licenza AQSIQ per le esportazioni di rifiuti plastici, polietilene, in Cina;
B.3 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. con riferimento alla presunta illiceità di una spedizione di rifiuti destinata alla Cina con scalo a Hong Kong;
A parere del ricorrente difetta totalmente nella segnalazione di reato e nei provvedimenti giudiziaria l’indicazione della normativa che avrebbe imposto al sig. Amendolagine il possesso della licenza; parimenti, non è stata individuata la fonte normativa che rende irrilevante il transito dei rifiuti da Hong Kong, porto che fa parte del Paese di destinazione e che non prevede l’effettuazione di controlli, così che può essere legittimamente individuato come luogo di transito; infine, non è dato comprendere perché la spedizione con sbarco ad Hong Kong e prosecuzione del trasporto in altra area cinese sia considerata illecita sebbene i documenti formati dalla ditta del ricorrente indicassero le imprese realmente destinatarie dei rifiuti;
 
C) al Consorzio Polieco:
C.1 – errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. dell’art.234, punto 3, del digs. 3 aprile 2006, n.152 per avere i giudici di merito omesso di considerare che lo statuto del consorzio non è stato istituzionalizzato mediante il decreto ministeriale che lo stesso comma 3 prevede e di considerare che con lettera 30/5/2011 il Consorzio ha effettuato il previsto conferimento alla “RECUPERI Sud S.r.l.”, attestando l’iscrizione della società al consorzio a far data dal 24/1/2001, che perciò va considerata “soggetto incaricato” ai sensi del citato art.234. Come deciso da altre autorità giudiziarie (ad esempio il Tribunale di Ravenna quale giudice del riesame), il Polieco è soggetto con personalità giuridica di diritto privato e il suo statuto non può avere rilievo istituzionale e comportare obblighi in caso di mancato rispetto della procedura di approvazione prevista dallo stesso art.234, citato, rispetto che non vi è stato proprio per le materie plastiche, non previste dallo statuto approvato anteriormente all’entrata in vigore del T.U. ambiente. Infine, il ricorrente osserva che in ogni caso l’intervento Polieco è limitato ai rifiuti plastici destinati allo “smaltimento” e non a quelli destinati al recupero (art.182 del digs. 3 aprile 2006, n.152) e non può trattare gli imballaggi, quali sono i teloni plastici trattati nel caso in esame.
 
D) alla rilevanza delle intercettazioni:
D.1 – Vizio di motivazione ai sensi deli’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per essere l’argomentazione dell’ordinanza fondata su intercettazioni che non contengono alcun riferimento a violazioni di legge;
 
E) all’ingente quantitativo e alla tracciabilità del rifiuto:
E.1 – errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. dell’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 per essere stata la natura abusiva delle attività dedotta dal mancato rispetto di norme regolamentari senza avere riguardo alla esistenza o meno di una struttura organizzata professionalmente e sorretta dal dolo specifico del fine di lucro;
E.2 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento al pericolo di non tracciabilità dei prodotti, emergendo con chiarezza dalla stessa ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che le società cinesi indicate nella documentazione erano destinate a prendere in carico la merce per farla proseguire alle società destinatarie, regolarmente indicate;
per tali ragioni difettano i presupposti del reato previsto dall’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152;
 
F) al reato di associazione a delinquere:
F.1 – errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in quanto difettano tutti i presupposti applicativi della norma;
F.2 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alla esistenza degli elementi costitutivi del reato;
Osserva il ricorrente che non vi è prova in atti del “vincolo associativo” ulteriore rispetto al concorso nelle singole violazioni: difetta l’elemento di una condivisione degli utili; difettano i collegamenti con le diverse società italiane interessate dall’indagine; difetta il collegamento tra i soggetti, posto che il destinatario ha fatto ricorso a spedizionieri diversi a seconda del materiale e del porto di spedizione; difetta il collegamento del sig. Amendolagine con i sodalizi criminosi individuati alle pagg.223 e 224 dell’ordinanza;
 
G) alla competenza territoriale:
G.1 – mancata applicazione ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. dell’art.8 cod. proc. pen. ed errata applicazione dell’art.9 cod. proc. pen. in quanto dagli atti emerge la competenza del Tribunale di Pisa e non di quello di Lecce;
G.2 – vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. in quanto, una volta individuato nel sig.Zhang Xiao Wu il capo dell’associazione e accertato che le condotte a lui riferibili hanno avuto inizio in Pisa, la competenza viene individuata presso l’autorità giudiziaria di Lecce, dovendosi rilevare che la competenza distrettuale della DDA di Lecce è sorta dopo l’entrata in vigore della legge n.136 del 13/8/2010, mentre i reati contestati al ricorrente si sono esauriti in epoca anteriore all’insorgere della competenza dell’autorità leccese
Inizialmente assegnato all’udienza del 20/6/2012 il ricorso è stato rinviato, anche su sollecitazione della Difesa, all’udienza odierna per essere trattato congiuntamente ad altri ricorsi che concernono la medesima misura cautelare.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. L’ampia esposizione dei fatti contenuta nell’ordinanza cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari e la motivazione dell’ordinanza del riesame non rendono necessario operare un esame delle emergenze probatorie se non nei limiti strettamente necessari alla valutazione di specifiche questioni poste dal ricorrente.
 
La Corte ritiene di dover prendere le mosse dai motivi di ricorso che attengono all’esistenza dei presupposti di emissione della misura cautelare, la cui assenza comporterebbe l’annullamento della misura stessa, affrontando solo in un secondo momento la questione relativa alla competenza territoriale.
 
2. Occorre, dunque, considerare che la misura cautelare si fonda sui presupposto che le attività poste in essere dal ricorrente integrino gli estremi del delitto previsto dall’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 e che la loro realizzazione abbia assunto in concreto gli estremi della partecipazione intenzionale ad un meccanismo fraudolento organizzato riconducibile al delitto previsto dall’art.416 cod. pen., aggravo ex art.4 della legge n.146 del 2006.
 
A sua volta, l’ipotesi di sussistenza del delitto ex art.260, citato, si fonda sul presupposto dell’esistenza di plurime violazioni alla normativa in materia di trattamento dei rifiuti plastici e di gestione transfrontaliera degli stessi, violazioni che consistono nel mancato rispetto degli obblighi inerenti l’attività del consorzio Polieco e degli obblighi inerenti la destinazione dei rifiuti ad imprese operanti nel territorio della Repubblica popolare cinese e cioè, segnatamente, nell’assenza della certificazione AQSIQ in capo alla “RIFIUTI Sud S.r.l.” e nella mancanza dei controlli preventivi operati dalla CCIC.
 
Rinviando alle ordinanze del Giudice delle indagini preliminari e del Tribunale del riesame e allo stesso ricorso per quanto concerne la definizione della certificazione AQSIQ e dei controlli CCIC, con riferimento ai motivi di ricorso che censurano l’esistenza di gravi indizi della violazione dell’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 si osserva quanto segue.
 
3. II delitto previsto dell’art.260 risulta integrato da plurimi elementi concorrenti:
a) La finalità di profitto ingiusto;
b) La condotta di chiunque “cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente” rifiuti;
c) La quantità ingente del rifiuti stessi;
d) L’esistenza di “più operazioni” poste in essere “attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate”.
 
3.1 – Deve a questo proposito osservarsi che l’ordinanza impugnata, anche attraverso il rinvio alla più articolata ordinanza applicativa della misura, offre adeguata motivazione in ordine alla natura organizzata e continuativa delle operazioni di esportazione poste in essere dal ricorrente e della quantità ingente dei rifiuti così gestiti, nonché della finalità di profitto ingiusto che caratterizza l’azione del ricorrente stesso. Si tratta di motivazione logica e priva di contraddizioni, fondata anche su specifiche risultanze delle intercettazioni telefoniche da cui emergono, così come chiarito nell’ordinanza cautelare e ancora nell’ordinanza dei tribunale del riesame alle pagine 8-12 e 14, le strategie commerciali adottate dagli indagati e le ragioni di convenienza che conducevano a scegliere le destinazioni dei prodotti e le modalità di predisposizione della documentazione accompagnatoria delle singole spedizioni.
 
3.2 – Più complessa è, invece, la questione concernente la natura “abusiva” della gestione dei rifiuti plastici, ed è su questo aspetto che occorre concentrare l’attenzione della Corte, muovendo dalla premessa, su cui non è necessario spendere ulteriori parole, che la condotta di “gestione” dei rifiuti ex art.260, citato, ricomprende pacificamente le condotte contestate al ricorrente, anche alla luce del contenuto degli artt.182 (smaltimento), 183 (definizioni) e 194 (spedizioni transfrontaliere) del d.lgs. n.152 del 2006 e successive modifiche, in particolare quelle apportate dai d.lgs. 16/1/2008, n.4.
 
Come si è detto, la illiceità delle condotte di gestione ed esportazione dei rifiuti viene ricondotta dal tribunale del riesame a tre profili: il mancato rispetto degli obblighi concernenti il Consorzio Polieco derivanti dalle disposizioni contenute nell’art.234 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152; la sottrazione all’obbligo di titolarità della certificazione AQSIQ e la sottrazione agli obblighi di preventiva ispezione da parte dell’ente cinese, CCIC, preposto ai controlli delle spedizioni di rifiuti in territorio cinese.
 
3.3 – Occorre sul punto premettere che non può accogliersi l’impostazione del ricorrente allorché qualifica come “imballaggi” i materiali oggetto delle spedizioni e fa discendere da tale impostazione la sottrazione delle spedizioni agli obblighi concernenti la gestione di “rifiuti”. Sul punto appare evidente che anche i teloni e i film di protezione dei prodotti agricoli non costituiscono “imballaggio” bensì oggetti a composizione plastica destinati a supportare le attività agricole produttive; con la conseguenza che tali oggetti, indipendentemente dalla operatività del decreto 2/5/2006 del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, una volta cessato il loro ciclo di impiego, vanno considerati rifiuti destinati possibilmente al recupero. In particolare, sia l’esame della tabella allegata al regolamento (CE) 2007/1418 sia di quella allegata al regolamento (CE) 2009/967 consente di includere i “film” e gli altri teloni utilizzati in agricoltura all’interno dei rifiuti previsti dalla colonna d). Né può dimenticarsi che il motivo di ricorso proposto sul punto dal ricorrente risulta viziato da genericità, limitandosi apoditticamente a parlare di prodotti per imballaggio, oltre che in contrasto con le stesse emergenze probatorie in ordine alla consapevole gestione da parte degli indagati di materiali rientranti nella “lista verde”.
 
3.4 – Venendo così al primo dei profili di “abusività” ritenuti sussistenti dall’ordinanza cautelare e da quella del tribunale del riesame, la Corte ritiene fondata l’obiezione posta dal ricorrente alla obbligatorietà dei conferimenti al consorzio Polieco. Non è qui in questione il contenuto dello statuto del consorzio, e cioè se il conferimento debba riguardare o meno anche il recupero dei rifiuti plastici. Il ricorrente ha evidenziato come l’art.234, citato, contenga al comma 1 il riferimento espresso ai soli rifiuti plastici destinati allo “smaltimento” e non includa quelli destinati al “recupero”, ma deve rilevarsi che il successivo comma 8 individua l’obiettivo delle attività dei consorzi nella promozione delle attività di recupero e riciclaggio e individua l’oggetto nelle iniziative coerenti con tale scopo.
 
Si è in presenza, dunque, di questione che non può essere risolta nei termini prospettati dal ricorrente mediante il semplice rinvio al comma primo e che impone di avere riguardo allo Statuto dei singoli consorzi, come approvato dal ministero competente e quindi pubblicato in Gazzetta ufficiale, e ciò vale ovviamente anche per il consorzio Polieco.
 
Fatta questa premessa, l’esame della disciplina complessiva impone alla Corte di rilevare che l’art.234 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 al comma 3 prevede che il consorzio, soggetto di diritto privato senza scopo di lucro “già riconosciuto dalla previgente normativa”, adegui il proprio statuto alla disciplina introdotta col testo unico e che, ove questo non avvenga, le modifiche siano apportate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (di seguito Ministero dell’ambiente), di concerto col Ministero dello sviluppo economico, con successiva pubblicazione del decreto di approvazione sulla Gazzetta ufficiale. Il successivo comma 14 dell’art. 234 pone espressamente come termine iniziale per l’operatività dell’obbligo di conferire « rifiuti di beni in polietilene … a uno dei consorzi riconosciuti» il decorso di « novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei decreto di approvazione dello statuto di cui al comma 3».
 
Ebbene, il D.M. 2 maggio 2006, come risulta dal comunicato ufficiale pubblicato sulla GU il 26 giugno 2006, non è stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei conti, e conseguentemente è giuridicamente non produttivo di effetti.
Muovendo da tali considerazioni va, conclusivamente, affermato che sul punto il ricorso deve ritenersi fondato in quanto il mancato conferimento al consorzio Polieco da parte del ricorrente non può allo stato essere considerato condotta antigiuridica e valutabile come “abusiva” nei termini integrativi della fattispecie incriminatrice ex art.260, citato.
 
3.5 – Passando adesso all’esame dei restanti profili di “abusività” che le ordinanze individuano nel mancato rispetto degli obblighi e delle garanzie previste dalla disciplina in materia di gestione transfrontaliera dei rifiuti e di spedizione a imprese che hanno sede nella Repubblica popolare cinese, la Corte, ribadita la natura di rifiuti speciali non pericolosi dei materiali avviati all’esportazione dal ricorrente, osserva in via generale:
 
1. II rinvio operato dall’art.194 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 alle regole che discendono “dai regolamenti comunitari che regolano la materia, dagli accordi bilaterali di cui all’articolo 19 del regolamento (CEE) 1° febbraio 1993, n. 259” deve intendersi esteso ai regolamenti della Comunità o dell’Unione che hanno integrato o modificato tale disciplina, a partire dal regolamento (CE) 2006/1013 del Parlamento e del Consiglio in data 14/6/2006 (GUE 14/7/2006) per arrivare al regolamento (CE) 2007/1418 del 29/11/2007 (GUE 4/12/2007), al regolamento (CE) 2009/967 de129/11/2007 (GUE 4/12/2007) e, limitatamente alla valenza interpretativa del meccanismo di formazione della legge, al regolamento (UE) 2010/837 del 23/9/2010 (GU dell’Unione europea del 24/9/2010), successivo alla cessazione delle condotte contestate al ricorrente;
 
2. Risulta così evidente che la normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti è integrata da quella adottata dall’istituzione europea mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e dagli accordi bilaterali perfezionatisi ai sensi dell’art.19 del regolamento 1993/259 e ai sensi dei regolamenti successivi;
 
3. A sua volta la struttura dei regolamenti europei comporta il recepimento delle risposte che gli stati non OCSE hanno fornito al questionario loro inviato e ai periodici aggiornamenti di tali risposte, avendo l’istituzione europea ritenuto di fare proprie su base pattizia la determinazione e la disciplina che il singolo Stato non membro intende applicare ai rifiuti non pericolosi inclusi nella lista verde provenienti dall’area comunitaria, rifiuti soggetti in via generale a procedure semplificate;
 
4. Tale impostazione emerge con chiarezza dal contenuto degli artt.35, 36 e 37 del regolamento n.1013/2006, cui deve farsi riferimento anche nella vigenza delle integrazioni successive, nonché dai principi generali contenuti nel successivo art.49, disposizione che fa obbligo a tutti i privati coinvolti nelle spedizioni di operare nel rispetto dei principi di trasparenza e tracciabilità e nel rispetto della salubrità delle operazioni, e fa carico all’istituzione europea e ai singoli Paesi membri di adoperarsi per garantire la regolarità delle fasi e dei contenuti delle spedizioni e di assicurarsi del rispetto di detti principi, anche avendo riguardo alle caratteristiche dell’impianto estero di destinazione che curerà il recupero, fino a vietare i trasporti ove le garanzie necessarie non siano assicurate;
 
5. Deve, dunque, concludersi che sono manifestamente infondati i rilievi del ricorrente con riferimento alla carente indicazione delle fonti normative da cui discenderebbero gli obblighi che le ordinanze assumono violati, essendo chiaro, soprattutto a persone che operano professionalmente nel settore, che: a) la disciplina ricavabile dal contenuto degli allegati ai regolamenti e dalle risposte dei Paesi non membri ai questionari integra la disciplina dei medesimi regolamenti, aventi efficacia immediata nel nostro ordinamento, sulla base del meccanismo disegnato e attuato col regolamento base, (CE) 2006/1013, in relazione a quanto previsto anche dall’art.19 del regolamento (CE) 1993/259; b) il contenuto delle risposte ai questionari, ivi comprese le indicazioni dei rifiuti la cui importazione è vietata o soggetta a restrizioni e controlli e le indicazioni circa le regole che ogni Paese non membro chiede siano rispettate, è reso pubblico periodicamente dall’istituzione europea e dunque conoscibile da qualsiasi operatore e rappresenta il riferimento normativo per valutare la regolarità delle operazioni di spedizione dei rifiuti; C) tale disciplina è recepita dall’ordinamento italiano sulla base del rinvio alla disciplina europea contenuto nell’art.194 del d.igs. 3 aprile 2006, n.152, così che le disposizioni vigenti nel nostro Paese sono integrate e specificate dal complesso delle disposizioni sopra richiamate e concorrono a definire in modo coerente gli obblighi cui debbono sottostare gli esportatori e i presupposti delle violazioni penalmente rilevanti;
 
3.6 – Così individuate le fonti degli obblighi che si assumono violati, occorre procedere all’esame specifico del loro contenuto per verificare se risulti fondata l’impostazione con cui il ricorrente esclude che le operazioni di spedizione cui egli ha concorso violino la disciplina esistente. A questo proposito la Corte osserva quanto segue:
1. Le indicazioni provenienti dalla Repubblica popolare cinese includono i rifiuti aventi codice internazione B3010 tra quelli oggetto di attenzione: avendo riguardo al prospetto allegato ai regolamenti, alcuni di essi, e cioè le resine, sono presenti nella colonna a), relativa ai prodotti di cui è vietata l’importazione, altri, e cioè quelli qualificabili come polimeri o come polimerizzati, sono presenti nella colonna d), relativa ai prodotti importabili nel territorio della Repubblica popolare cinese nel rispetto dei previsti adempimenti;
2. Sempre sulla base delle indicazioni provenienti dalla Repubblica popolare cinese, come rinvenibili nella documentazione pubblicata sul sito della Direzione generale per il commercio della Commissione europea i cui dati essenziali confluiscono negli allegati ai regolamenti, quanto meno a far data dalla risposta al questionario del 2007 gli adempimenti relativi ai rifiuti non pericolosi consistono nella sottoposizione delle spedizioni ai controlli preventivi CCIC (certificato di ispezione pre-spedizione) e nel rispetto di quanto previsto delle autorizzazioni / licenze SEPA e AQSIQ. Si tratta di previsioni ben note agli operatori del settore e allo stesso ricorrente, come emerge dagli elementi indiziari ricordati nell’ordinanza cautelare, tanto che il ricorso provvede a fornire una specifica (e diversa) lettura delle disposizioni operanti per la Repubblica popolare cinese muovendo nella sostanza dalle medesime fonti;
3. Tali adempimenti, che rispondono alla disciplina cinese operante nell’anno 2007 e che sono stati confermati nella risposta al questionario operante dall’anno 2008, prevedono che “ogni spedizione di rifiuti deve essere accompagnata dai seguenti documenti”, tra i quali sono specificamente indicate la licenza MEP (del Ministero della protezione ambientale della Cina), essendo competente l’Amministrazione per la protezione statale dell’ambiente (SEPA); la licenza AQSIQ (della Amministrazione generale di supervisione della qualità, ispezione e quarantena della Cina), il certificato CCIC (certificato di ispezione pre-spedizione rilasciato dalla specifica autorità operante per conto delle autorità cinese presso alcune sedi europee);
4. L’esame della documentazione in parola consente, altresì, di rilevare che le autorità cinesi, ribadita la necessità delle licenze e dei certificati ora citati, considerano che nei modello europeo che deve accompagnare i prodotti durante la spedizione colui che viene definito “consignee” (casella due) coincide con I’ “importatore” (casella uno della licenza di importazione SEPA); che l’impianto di ricezione (casella otto del modello europeo) deve coincidere con l’impianto che opera il riciclaggio (casella tre della licenza SEPA); che il notificatore/esportatore (casella uno del modello europeo) deve coincidere con il possessore delle licenze e dei certificati richiesti dalla normativa cinese, con ciò rendendo evidente che sia i mittenti sia gli importatori sia gli impianti di riciclo debbono essere in possesso della licenza quale garanzia dell’affidabilità del soggetto operante, affidabilità che risponde a specifiche esigenze quali emergenti dalla complessa modulistica che dette autorità richiedono a coloro che intendono ottenere la licenza AQSIQ;
5. L’esame dei regolamenti e della documentazione presso la citata Direzione generale del Commercio impone, poi, di rilevare che la disciplina comunicata dalle autorità della Repubblica popolare cinese non coincide con quella comunicata dalle autorità di Hong Kong, così che deve ritenersi manifestamente infondata la proposizione del ricorrente allorché prospetta la coincidenza delle due discipline in forza della appartenenza di Hong Kong alla medesima Repubblica e l’assenza di ragioni men che lecite nella indicazione di una impresa con sede in Hong Kong quale destinataria delle spedizioni. Per quanto concerne Hong Kong, infatti, a differenza di quanto si è visto per la Repubblica popolare cinese la specifica risposta al questionario chiarisce che l’importazione e l’esportazione di rifiuti non pericolosi della “lista verde” – consistenti in carta, plastica solida e gomma destinati al riciclaggio – non sono soggette a controlli sulla base di legislazione in materia ambientale (mentre lo sono quelli destinati allo smaltimento, che devono rispettare la Ordinanza Smaltimento Rifiuti, WDOLD, sorretta dall’applicazione di sanzioni penali). Inoltre, le autorità di Hong Kong (Dipartimento per la protezione ambientale, EPD) offrono indicazioni ai soggetti interessati a far proseguire i rifiuti nella Repubblica popolare cinese circa la necessità che i rifiuti spediti a Hong Kong con ulteriore prosecuzione “in terraferma” siano rispettosi degli obblighi e delle forme che le autorità di detta Repubblica richiedono nei termini sopra sintetizzati.
 
3.7 – Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene che i trasporti di rifiuti plastici non pericolosi destinati a impianti di recupero operanti all’interno della Repubblica popolare cinese debbono rispettare le formalità e le garanzie sopra indicate, con conseguente illiceità anche per l’ordinamento italiano delle relative violazioni. Da ciò può concludersi che, considerati gli accertamenti in fatto compiuti dal Giudice delle indagini preliminari e dal tribunale del riesame, le esportazioni cui il sig. Amendolagine ha concorso debbono ritenersi operate in modo “abusivo” e riconducibile alla sfera di applicabilità dell’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 in forza del carattere organizzato delle operazioni, della quantità ingente del rifiuti complessivamente movimentati e della finalità di ingiusto profitto (sull’interpretazione dell’art.260 con riferimento a tali profili si rinvia a Sez.3, n.47870 del 19/10/2011, Giommi e altri, rv 251965; Sez.3, n.28685 del 4/5/2006, Buttane, rv 234931; Sez.4, n.28158 del 2/7/2007, P.M. in proc. Costa, rv 236907).
 
Ad analoga conclusione deve giungersi considerando un diverso profilo di “abusività” delle attività svolte collegato alla presentazione di documenti ideologicamente falsi in sede di dichiarazioni per l’esportazione. La circostanza, negata dal ricorrente, è stata, invece, ritenuta provata sia dal Giudice delle indagini preliminari che ha emesso la misura sia dal Tribunale di Lecce, i quali affermano, con valutazione attinente la ricostruzione fattuale e non censurabile dalla Corte sulla base di censure generiche, che i documenti in parola recavano l’indicazione di un inesistente impianto di recupero con sede in Hong Kong e omettevano di indicare il reale destinatario dei rifiuti (pag.15 dell’ordinanza impugnata) così da non far emergere le carenze della pre-ispezione e della licenza ASQIQ in capo ai responsabili della spedizione e ai soggetti coinvolti nelle operazioni (come la “Talk Shing Co” e come la “Duesse S.r.l.”, pag.64 e ss dell’ordinanza cautelare) per i quali le autorità cinese lo richiedono (elementi oggetto delle intercettazioni telefoniche richiamate nell’ordinanza cautelare e in quella del riesame).
 
Sono presenti, dunque, ragioni per ritenere infondati i motivi d’impugnazione contenuti nella prima parte del ricorso con riferimento alla sussistenza di gravi indizi dei reato previsto dall’art.260, citato.
 
4. II ricorrente contesta la sussistenza di un grave quadro indiziario di partecipazione al reato associativo e della sua configurazione giuridica.
 
4.1 – Va premesso che questa Sezione della Corte ha già affrontato il tema della compatibilità della circostanza prevista dall’art.4 della legge 16/3/2006, n.146 con il reato associativo e, distinguendosi da un’unica decisione difforme pronunciata da altra Sezione (Sez.5, n.1937/2011 del 15/12/2010, Dalti e altri, rv 249099), con plurime decisioni ha ritenuto che la circostanza aggravante possa caratterizzare anche l’associazione criminale (Sez.3, n.35465 del 14/7/2010, Ferruzzi, rv 248481; n.10976 del 14/1/2010, Zhu e altri, rv 246336). Nel richiamare tali ultimi precedenti, deve osservarsi che la struttura sovranazionale e la realizzazione di stabili attività illecite oltre confine non solo accrescono il disvalore e la pericolosità di un sodalizio criminoso, ma ne aumentano la complessità della realtà e rappresentano un ostacolo aggiuntivo per le attività di contrasto delle autorità italiane: tutti elementi che risultano coerenti con la “ratio” della fattispecie legale introdotta con la legge n.146 del 2006.
 
4.2 – Passando così all’esame delle censure in ordine ai gravi indizi del reato associativo, la Corte ritiene che l’ordinanza impugnata abbia fornito sul punto una motivazione né incoerente né illogica e che, avuto riguardo anche alla motivazione dell’ordinanza cautelare, le censure del ricorrente non possano trovare accoglimento.
 
L’ordinanza cautelare ha reso ampia motivazione circa le ragioni che conducono a ritenere sussistente un’associazione criminale che si concentra su un nucleo essenziale composto dai suoi promotori e organizzatori, in particolare i Sigg.Schiavone e il sig.Zhang Xiao Wu (si vedano pag.78 e ss. dell’ordinanza cautelare), e da un’articolazione attorno a più settori di esportazione di rifiuti, ciascuno con le proprie peculiarità e i propri modelli organizzativi. In tale disegno complessivo a carico del Sig. Amendolagine sono ravvisati gravi indizi del ruolo di mero partecipe dell’associazione contestata al capo A.1 e non sono, invece, ravvisati indizi di legame con le associazioni contestate ai capi B1 e C.1.
 
La motivazione piuttosto sintetica con la quale il Giudice delle indagini preliminari e quindi il Tribunale del riesame hanno risposto ai dubbi difensivi in ordine alla posizione Amendolagine é ritenuta da questa Corte priva di elementi di illogicità o di contraddittorietà. E’ ben vero, infatti, che il fulcro delle attività illecite fa capo al sodalizio Schiavone-Zhang Xiao, ma non vi è dubbio che la condotta del ricorrente difetta dei caratteri di episodicità ed estraneità che qualificherebbero il ricorrente come mero “cliente” dei servizi altrui e semplice concorrente nei reati commessi in occasione delle singole spedizioni. La lettura della motivazione delle ordinanze consente di ritenere che per un ampio arco temporale il ricorrente abbia concorso con i coindagati nella programmazione di una serie indefinita di esportazioni dei rifiuti, nella predisposizione degli strumenti tecnici e dei supporti personali necessari per operare un traffico di ingenti dimensioni che richiede visione strategica, selezione dei porti di volta in volta più adatti, capacità di rispondere alle difficoltà che si manifestano. Tutto questo egli ha fatto per un numero di molte decine di trasporti e per ingenti quantità di rifiuti, divenendo così parte essenziale del complessivo meccanismo fraudolento di cui ha condiviso finalità, modalità e programmazione aperta al massimo numero possibile, e dunque indefinito, di spedizioni. Se tali sono le caratteristiche della condotta del ricorrente e dei coindagati sopra richiamati, non è necessario che esistano accordi e condivisione del progetto fra il sig. Amendolagine e tutti gli altri partecipi del programma criminoso contestato al capo A.1, risultando sufficiente per l’integrazione di gravi indizi di sussistenza della fattispecie associativa la condivisione del progetto criminoso dei sigg.Schiavone e Zhang Xiao e l’apporto alla sua realizzazione.
 
Sul punto può rinviarsi all’ampia motivazione della sentenza con cui questa Sezione (n.46189 del 14/7/2011, Passariello e altri, non massimata sul punto) ha affrontato il tema della stabilità dei rapporti e del reciproco affidamento che caratterizzano le condotte di chi sistematicamente si rivolge ad una struttura che opera illecitamente nel settore della gestione dei rifiuti, traendone vantaggi, e nello stesso tempo in modo consapevole aderisce al progetto criminoso e contribuisce a rafforzarlo (vedi anche Sez.3, n.9499 del 29/1/2009, Pellegrino e altro, rv 243016).
 
In conclusione, anche il motivo di ricorso relativo al difetto di motivazione e alla insussistenza dei presupposti del reato associativo deve essere respinto.
 
E tale conclusione assume rilievo dirimente anche con riferimento alle esigenze cautelari ex art.274 cod. proc. pen. e alla scelta della misura ex art.275 cod. proc. pen., avendo correttamente il Giudice delle indagini preliminari richiamato l’operatività della disposizione contenuta nei terzo comma dell’art.275, citato, e avendo il Tribunale di Lecce (pag.16) offerto specifica ulteriore motivazione in ordine alla sussistenza; inoltre, il presente giudizio deve essere limitato ai presupposti esistenti al momento dell’emissione della misura cautelare e dei riesame della stessa e non a vicende processuali successive.
 
5. Una volta escluso che l’ordinanza debba essere annullata per difetto dei presupposti di legge o per vizio di motivazione sugli stessi, occorre affrontare la censura concernente il difetto di competenza territoriale in capo all’autorità giudiziaria di Lecce.
 
L’esame di tale censura richiede una duplice premessa.
 
Il motivo di ricorso presenta un evidente profilo di genericità nella parte in cui ritiene adeguatamente provato che la competenza in ordine al reato associativo vada individuata in capo all’autorità giudiziaria di Pisa. Si tratta di affermazione che non è supportata da alcuna specifica indicazione e non si confronta con l’argomento del Tribunale, secondo cui il reato associativo contestato al capo A.1 presenta una propria struttura in parte autonoma rispetto alte più articolate attività facenti capo ai sigg. Schiavone e al sig.Zhang Xiao.
 
Va, poi, premesso che l’applicazione delle norme procedurali risponde al generale principio “tempus regit actum”, così che al presente procedimento avviato nell’anno 2011 è stata correttamente applicata con riferimento al reato ex art.260 del digs. 3 aprile 2006, n.152 la disciplina in ordine alla competenza della Direzione distrettuale antimafia introdotta dall’art.11 della legge 13/8/2010, n.136, mediante la inclusione di tale delitto tra quelli previsti dall’art.51, comma 3-bis, cod. proc. pen.
 
Venendo così al lamentato vizio di errata applicazione della disciplina in tema di competenza territoriale, la Corte ritiene che in presenza di un reato associativo articolato su plurime aree geografiche, quale emerge dalla motivazione delle ordinanze e dello stesso ricorso, possa concludersi, allo stato degli atti, che in difetto dei presupposti di applicazione delle regole fissate dall’art.8 cod. proc. pen. è doveroso dare applicazione alle regole suppletive fissate per il reato più grave dall’art.16 in relazione all’art.9 cod. proc. pen. Tuttavia, mentre il Tribunale ha chiamato in causa il comma 3 dell’art.9, citato, occorre chiedersi se non sia possibile determinare la competenza ai sensi del primo comma di tale articolo, guardando all’ultimo luogo in cui è stata posta in essere una condotta integrante il reato associativo. Tale domanda non sembra avere una risposta certa, almeno sulla base degli atti a disposizione della Corte e di quanto si legge nelle ordinanze e nel ricorso, con la conseguenza che non sussistono elementi per censurare il ricorso operato dal Tribunale di Lecce al criterio contenuto nel comma 3, sopra richiamato, che guarda al momento in cui è stata effettuata la prima iscrizione della notizia di reato.
 
Sulla base delle considerazioni che precedono i motivi di ricorso proposti dal sig. Amendolagine devono essere respinti, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese del presente giudizio , ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen.

P.Q.M.
 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Cosi deciso il 20 Giugno 2012
 

 

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