Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti
Numero: 17819 | Data di udienza: 17 Gennaio 2012
* RIFIUTI – Stoccaggio di rifiuti – Rifiuti raggruppati in un luogo diverso di produzione – Deposito temporaneo – Esclusione – Art. 183, lett.1), d.lgs. n.152/2006.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Maggio 2012
Numero: 17819
Data di udienza: 17 Gennaio 2012
Presidente: Teresi
Estensore: Andronio
Premassima
* RIFIUTI – Stoccaggio di rifiuti – Rifiuti raggruppati in un luogo diverso di produzione – Deposito temporaneo – Esclusione – Art. 183, lett.1), d.lgs. n.152/2006.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 11 maggio 2012 (Ud. 17/01/2012) Sentenza n. 17819
RIFIUTI – Stoccaggio di rifiuti – Rifiuti raggruppati in un luogo diverso di produzione – Deposito temporaneo – Esclusione – Art. 183, lett.1), d.lgs. n.152/2006.
Deve, escludersi la configurabilità di un mero deposito temporaneo dei rifiuti, quando gli stessi non sono raggruppati nel luogo della loro produzione ma in un luogo diverso, in altri termini, si è in presenza di un vero e proprio stoccaggio, ai sensi dell’art. 183, lettera 1), del d.lgs. n. 152 del 2006, e non di deposito temporaneo, per il quale é richiesto (Cass. Sez. III, 9/12/2008, n. 45477) che i rifiuti siano raggruppati nel luogo di produzione e non altrove.
(dich. inamm. sentenza n. 9965/2010 TRIBUNALE di MILANO, del 24/03/2011) Pres. Teresi, Est. Andronio, Ric. Meli
Allegato
Titolo Completo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 11 maggio 2012 (Ud. 17/01/2012) Sentenza n. 17819SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALFREDO TERESI – Presidente
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Consigliere
Dott. ALDO FIALE – Consigliere
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
– sul ricorso proposto da MELI CESARE N. IL 12/05/1950
– avverso la sentenza n. 9965/2010 TRIBUNALE di MILANO, del 24/03/2011
– visti gli atti, la sentenza e il ricorso
– udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
– Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Giuseppe Volpe che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
– Udito il difensore Avv. Luigi Vulcano
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 24 marzo 2011, il Tribunale di Milano ha condannato l’imputato alla pena dell’ammenda, oltre al risarcimento dei danno al Comune di Milano, costituitosi parte civile, perché, quale titolare di una società edile, abbandonava o, comunque, depositava in modo incontrollato rifiuti non pericolosi e, in particolare, il materiale edile derivante da demolizioni e ristrutturazioni codice CER 101311, nonché imballaggi in legno con codice CER 150103.
2. – Avverso tale provvedimento ha proposto appello l’imputato, tramite il difensore. La Corte d’appello di Milano, rilevata l’inappellabilità della sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda, ha trasmesso gli atti a questa Corte.
Con un primo motivo di doglianza, si ribadisce l’eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile del Comune di Milano, per genericità nell’allegazione delle spese e dei danni asseritamente subiti.
Si rileva, in secondo luogo, la mancanza dei requisiti soggettivi e oggettivi del reato. Ad avviso la difesa, gli oggetti che si trovano sul terreno della società non sono altro che materiali edilizi pronti per l’uso, mentre gli scarti dei cantieri si trovano all’interno di cassoni appositamente forniti, come per legge, da altra società autorizzata appositamente allo smaltimento. Eventuali rifiuti presenti al di fuori della proprietà della società non sono alla stessa attribuibili, posto che la strada di accesso è aperta al pubblico transito, anche se, ogni tanto e comunque costantemente, la società dell’imputato provvede alla pulizia delle rive, pur in assenza di specifici obblighi di manutenzione a suo carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – L’impugnazione – che deve essere riqualificata come ricorso per cassazione essendo stata proposta nei confronti di una sentenza non appellabile – è inammissibile, perché basata su motivi generici o manifestamente infondati.
Quanto alla pretesa genericità dell’atto di costituzione di parte civile del Comune di Milano, è sufficiente rilevare che la stessa risulta meramente asserita dalla difesa del ricorrente.
Dalla semplice lettura dell’atto di costituzione risulta, infatti, che il pregiudizio economico prospettato dalla parte civile è analiticamente evidenziato, in quanto consistente nei costi che l’amministrazione ha sostenuto e dovrà sostenere per il ripristino ambientale dei siti inquinati, per l’impiego di personale specializzato nel procedimento amministrativo svolto dagli uffici e per le indagini effettuate dalla polizia locale, nonché nei danni morali e all’immagine.
Relativamente poi alla motivazione circa la sussistenza del reato – oggetto dei secondo motivo di impugnazione – deve osservarsi che il ricorrente muove rilievi che non si concretizzano in censure di carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ma nella sola prospettazione di spunti critici e di possibili interpretazioni alternative del dato probatorio. Deve, peraltro, rilevarsi che la sentenza censurata appare correttamente e coerentemente motivata, laddove desume gli elementi di responsabilità a carico dell’imputato: dalle dichiarazioni dell’agente operante in ordine allo stato dei luoghi, dall’accertamento della mancanza delle prescritte autorizzazioni allo smaltimento, dai rilievi fotografici che documentano lo stato del deposito di rifiuti, costituiti da prodotti derivanti da demolizioni e ristrutturazioni svoltesi in altri luoghi. Deve, dunque, escludersi la configurabilità di un mero deposito temporaneo dei rifiuti stessi, perché – come ben chiarito dal Tribunale – i rifiuti non erano stati raggruppati nel luogo della loro produzione, ma in un luogo diverso. ai trattava, in altri termini, di vero e proprio stoccaggio, ai sensi dell’art. 183, lettera 1), del d.lgs. n. 152 del 2006, e non di deposito temporaneo, per il quale é richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. III, 9 dicembre 2008, n. 45477) che i rifiuti siano raggruppati nel luogo di produzione e non altrove.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2012.