Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 11993 | Data di udienza:

DIRITTO URBANISTICO – Manufatto abusivo – Affidamento all’amministrazione comunale da parte del Pubblico Ministero l’intervento demolitorio – Legittimità del provvedimento – Artt. 61 e 62 d.P.R. n.115/2002 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di interesse ad impugnare – Interesse concreto ed attuale – Necessità – Art. 568, c.4 cod. proc. pen..


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Marzo 2014
Numero: 11993
Data di udienza:
Presidente: Squassoni
Estensore: Ramacci


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – Manufatto abusivo – Affidamento all’amministrazione comunale da parte del Pubblico Ministero l’intervento demolitorio – Legittimità del provvedimento – Artt. 61 e 62 d.P.R. n.115/2002 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di interesse ad impugnare – Interesse concreto ed attuale – Necessità – Art. 568, c.4 cod. proc. pen..



Massima

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13 Marzo 2014 (Ud. 4/03/2014), Sentenza n. 11993

 
DIRITTO URBANISTICO – Manufatto abusivo – Affidamento all’amministrazione comunale da parte del Pubblico Ministero l’intervento demolitorio – Legittimità del provvedimento – Artt. 61 e 62 d.P.R. n.115/2002. 
 
E’ perfettamente legittimo il provvedimento con il quale il Pubblico Ministero affida all’amministrazione comunale l’intervento demolitorio di un manufatto abusivo, in quanto esplicita una mera richiesta di collaborazione e non una delega ad un organo terzo nell’esecuzione dell’ordine di demolizione non comportando, quindi, violazione degli artt. 61 e 62 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e della relativa Convenzione ministeriale 15 dicembre 2005 (Cass. sentenza 346292010).
 
(conferma ordinanza n. 1103/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 22/02/2013) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Ayala
 
 
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Nozione di interesse ad impugnare – Interesse concreto ed attuale – Necessità – Art. 568, c.4 cod. proc. pen..
 
L’art. 568, comma 4 cod. proc. pen. stabilisce che, per proporre impugnazione, occorre avervi interesse e si rileva come detto interesse debba comunque essere concreto ed attuale. Sicché, la nozione di interesse ad impugnare deve individuarsi in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo (Cass. SS.UU. n. 6624, 17 febbraio 2012).

(conferma ordinanza n. 1103/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 22/02/2013) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Ayala

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^ 13 Marzo 2014 (Ud. 4/04/2014), Sentenza n. 11993

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
Dott. CLAUDIA SQUASSONI – Presidente 
Dott. LUCA RAMACCI – Consigliere Rel. 
Dott. ALDO ACETO – Consigliere 
Dott. ANDREA GENTILI – Consigliere 
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere 
 
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 
sul ricorso proposto da AYALA FLORES ELISABETH N. IL 22/04/1957
avverso l’ordinanza n. 1103/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 22/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
 lette le conclusioni del PG Dott. G. Marotta inammissibile con condanna alle spese e a una somma Cassa Ammende.
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. La Corte di appello di Napoli, con ordinanza del 22.2.2013 ha revocato la sospensione – disposta con ordinanza 16.7.2012 – dell’ordine di demolizione imposto con sentenza, irrevocabile il 16.10.2003, di un fabbricato in Procida di proprietà di Flores Elisabeth AYALA, rigettando anche l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione presentato nell’interesse della stessa.
 
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.
 
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che il Pubblico Ministero avrebbe di fatto abdicato alle proprie funzioni delegando l’esecuzione dell’intervento demolitorio all’amministrazione comunale.
 
3. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 61 e 62 d.P.R. 115\2002, che si sarebbe concretata attraverso l’indebito affidamento della demolizione all’amministrazione comunale.
 
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
4. Il ricorso è inammissibile.
 
Occorre rilevare che le questioni prospettate in ricorso sono state già risolte ed affrontate in una precedente decisione di questa Corte (Sez. III n.34629, 24 settembre 2010) opportunamente richiamata nel provvedimento impugnato ed i contenuti della quale sono stati riportati nella requisitoria scritta del Procuratore Generale.
 
5. Invero, si è osservato, in quell’occasione, che la proposizione di siffatte deduzioni denota la evidente carenza di interesse del ricorrente.
 
L’art. 568, comma 4 cod. proc. pen. stabilisce che, per proporre impugnazione, occorre avervi interesse e, nella richiamata decisione, si rilevava come detto interesse debba comunque essere concreto ed attuale.
Successivamente, le Sezioni Unite penali hanno precisato che la nozione di interesse ad impugnare deve individuarsi «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo» (SS.UU. n. 6624, 17 febbraio 2012).
 
6. Ciò premesso, si rileva che, analogamente a quanto riscontrato nella sentenza 34629\2010 in precedenza menzionata, nel caso in esame la ricorrente non ha fornito alcuna prova del suo interesse ad impugnare, come era suo onere, trattandosi di un requisito di ammissibilità del gravame, omettendo qualsivoglia indicazione in tal senso, riguardante, ad esempio, la valutazione della economicità della procedura in concreto posta in essere, limitandosi a rilevare la illegittimità della scelta operata dal Pubblico Ministero procedente senza alcuna specifica considerazione sulle concrete conseguenze che questa potrebbe aver determinato nei suoi confronti.
 
Va inoltre rilevato che, al fine di confutare l’affermazione della Corte territoriale, secondo la quale l’ufficio di Procura non aveva inviato all’amministrazione comunale una delega in senso proprio, bensì una mera richiesta di collaborazione, la ricorrente sostiene che, al contrario, di vera e propria delega si tratterebbe, limitandosi ad aggiungere, a tale apodittica affermazione, un mero richiamo agli estremi del provvedimento del Pubblico Ministero, senza tuttavia allegarlo, sicché il ricorso appare in tal caso carente anche del necessario requisito dell’autosufficienza.
 
7. Occorre pertanto ribadire, in piena adesione a quanto già affermato nella più volte menzionata sentenza 34629\2010, la legittimità del provvedimento con il quale viene dal Pubblico Ministero affidato all’amministrazione comunale l’intervento demolitorio di un manufatto abusivo, in quanto integrante una mera richiesta di collaborazione e non una delega ad un organo terzo nell’esecuzione dell’ordine di demolizione che non comporta violazione degli artt. 61 e 62 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e della relativa Convenzione ministeriale 15 dicembre 2005.
 
8. Del resto, come pure si è osservato, si tratta di situazione analoga a quella che si verifica nel caso in cui si richiede l’intervento delle strutture tecnico operative del Ministero della difesa ai sensi dell’art. 61 d.P.R. 115\2002.
 
9. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00
 
P.Q.M.
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
 
Così deciso in data 4.3.2014
 

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